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Autore: Princess Kurenai    03/02/2023    0 recensioni
Akaren Week 2022 | Day 4 - Cyberpunk
«Salve, sono PL690, un modello di assistenza domestica come il mantenimento della casa e dei suoi abitanti. Lieto di fare la vostra conoscenza!» dichiarò osservando le reazioni dei due alla sua presentazione.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Hakuji/Akaza, Kyoujurou Rengoku
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'AkaRen Week 2022'
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Pubblicata qui su EFP in ritardo ma almeno tutta la raccolta ora è completa ahaha

Quindi... Detroit: Become Human!AU... si può dire cyberpunk, giusto?
Il modello citato (PL690) è una mia invenzione.
Adoro scrivere questo tipo di AU, mi sono divertita parecchio!

Buona lettura!!





[AVVIO SISTEMA IN CORSO… 

- Inizializzazione dati… 

. Modello: PL690

. Numero di Serie: #910 225 175 

DIAGNOSI DEL SISTEMA IN CORSO 

* CONTROLLO BIOCOMPONENTI… 100%

* CONTROLLO LIVELLO THIRIUM… 100%

* CONTROLLO SOFTWARE… 100%

DIAGNOSI DEL SISTEMA COMPLETATO  

* CARICAMENTO MEMORIA… 100%

* CARICAMENTO INTERFACCIA GRAFICA... 100%

AVVIO SISTEMA COMPLETATO…

ACCENSIONE…]

PL690 aprì gli occhi e la sua interfaccia grafica scansionò subito l’ambiente che lo circondava.

Si trovava in un normale salotto di una casa, ordinato e arieggiato, e con lui c’erano due esseri umani che lo guardavano con curiosità. Erano chiaramente imparentati vista la somiglianza e PL690, richiamando i protocolli che erano stati installati nella sua memoria, piegò le labbra in un sorriso cordiale.

Era necessario imitare le reazioni umane e le loro espressioni per creare un rapporto.

«Salve, sono PL690, un modello di assistenza domestica come il mantenimento della casa e dei suoi abitanti. Lieto di fare la vostra conoscenza!» dichiarò osservando le reazioni dei due alla sua presentazione.

Il più giovane, che aveva un’età compresa tra i dieci e gli undici anni, aveva sgranato gli occhi, mentre il cuore, secondo l’analisi dell’androide, aveva iniziato a battere più velocemente. Non sembrava per paura o per timore, infatti PL690 registrò quella reazione come sorpresa ed emozionata.

L’altro invece, poco più che diciottenne secondo quanto gli suggeriva l’interfaccia grafica, teneva un tablet con tutte le istruzioni per l’avvio degli androidi e gli rivolse un ampio sorriso, accogliente e felice.

«Benvenuto a casa nostra!» esclamò infatti abbassando poi lo sguardo sul tablet, assumendo un’espressione che l’androide riconobbe come pensierosa. «Ora… dovrei registrarmi come il suo padrone e dargli un nome. C'è scritto che è opzionale, ma lo faremo di sicuro. Non mi va di chiamarlo con il numero del modello!»

Il più giovane ridacchiò.

«No, non piace neanche a me,» ammise.

«Benissimo allora!» dichiarò il primo. «PL690, registra il tuo padrone».

A quell’ordine l’androide fece lampeggiare il led sulla sua tempia, pronto a registrare le informazioni che gli venivano fornite.

«Rengoku Kyojuro,» pronunciò con voce chiara il giovane uomo, e l’androide registrò nella sua scheda personale quel nome.

«Sono l'androide di Rengoku Kyojuro,» confermò subito dopo, facendo lampeggiare il led.

«Ora dovremo pensare al nome…», proseguì il suo padrone, Kyojuro , guardando il più giovane. «Idee?»

«Uhm…» il ragazzino esitò e si mosse un poco nervoso. «Avevo pensato ad Hakuji ? Ti piace? In fondo… è qui per proteggere anche la casa, no? Come i komainu! »

L’interfaccia grafica dell’androide gli fornì subito una spiegazione a quelle parole mentre Kyojuro ridacchiava per la risposta dell’altro.

 

[Komainu (狛犬) 

kanji giapponese

Coppie di creature simili a statue di leoni che sorvegliano l'ingresso o honden. ]

 

[Ji (治) 

kanji giapponese

Curare, guarire. ]

 

Il nome proposto, Hakuji, conteneva il primo kanji di komainu e infine quello di cura e guarigione. Era un nome particolare che, come notò Kyojuro scompigliando i capelli del minore, doveva essere già stato scelto in precedenza dal più giovane.

«Ci pensavo da quando mi hai detto che avresti preso un androide…» ammise e PL690 registrò una reazione simile all’imbarazzo.

Erano persone molto espressive e tutti quei dettagli stavano andando a formare un primo quadro dei suoi padroni. Più scopriva sul loro conto, più sarebbe stato facile per lui compiere il lavoro per il quale era stato programmato.

« Hakuji… » ripeté alla fine il suo padrone. «Mi piace. Quindi… PL690 registra il tuo nuovo nome: Hakuji. »

Il led sulla tempia dell’androide lampeggiò.

«Il mio nome è Hakuji e sono l’androide di Rengoku Kyojuro.»

 

.-.-.

 

La Stazione di Ricarica era stata sistemata in una stanza a nord della casa dei Rengoku. Non era grandissima ma, cosa che causò un leggero avviso di Instabilità del Software nell’androide, era presente un piccolo letto occidentale, un comodino con un’abat-jour e dei libri.

Kyojuro, che lo aveva condotto fin lì dopo aver terminato le ultime pratiche di registrazione, incrociò le braccia al petto e gli rivolse un sorriso.

«Questa è la tua camera,» annunciò mentre PL690 - Hakuji - scansionava la stanza.

«Gli androidi non utilizzano letti,» fece presente, ma quello sembrò non disturbare particolarmente il suo padrone.

«Così mi è stato detto,» confermò. «Ma vivrai qui per tanto tempo e… un letto mi sembra d’obbligo quando non ci saranno faccende domestiche da fare,» spiegò con un vago cenno della mano.

Non era davvero necessario, di quello Hakuji ne era certo, ma tenne per sé quella considerazione. Era parte del suo protocollo comportamentale in fondo. Non doveva contraddire i suoi padroni, se pensavano fosse necessario per lui avere una camera con un letto, allora lui lo avrebbe accettato.

«Ti ringrazio,» rispose infatti, lasciando che sul suo viso si formasse un sorriso.

«Quindi… i tuoi compiti,» riprese Kyojuro, facendogli cenno di seguirlo fuori dalla stanza per continuare il breve tour della dimora.

L’androide lo seguì in silenzio, registrando ogni informazione riguardante la casa della quale si sarebbe dovuto occupare. Memorizzò la posizione di uno dei bagni e della cucina, poi anche della stanza di Kyojuro che si trovava vicino alla sua.

«Il tuo compito principale sarà quello di occuparti di mio fratello, Senjuro,» spiegò Kyojuro, mostrandogli la lavanderia.

Avevano lasciato il ragazzino nel salotto a controllare il tablet con tutte le funzioni di Hakuji - cosa che aveva permesso all’androide di registrare nella scheda del ragazzino diverse informazioni, come il fatto che fosse estremamente curioso e desideroso imparare.

«Devi proteggerlo se dovesse rivelarsi necessario. Devi assicurarti che stia bene, controllare che studi… sai, queste cose!»

«Sono stato programmato per prendermi cura della casa e di tutte le persone al suo interno,» rispose Hakuji prontamente.

«Sì, così diceva anche la pubblicità,» commentò Kyojuro. «Ammetto di non essere tanto convinto di questa cosa … avere un androide in casa, intendo. Non delle tue capacità! Ma mi rendo conto di avere davvero bisogno di una mano, ho appena iniziato a lavorare e temo di non potergli stare vicino come vorrei.»

Hakuji registrò nel suo database tutte le informazioni ottenute con quelle semplici frasi. Molte persone non apprezzavano gli androidi, era una nozione reperibile con una qualsiasi ricerca in rete, ma non leggeva nessun sentimento negativo nei suoi confronti.

«Dopo Senjuro, ci sono anche delle faccende domestiche ma ti assicuro che ti darò una mano quando non dovrò lavorare!» aggiunse il suo padrone.

Il secondo avviso di Instabilità del Software apparve nell’interfaccia grafica di Hakuji ma lo ignorò. Sapeva che, a causa delle tante informazioni ricevute e registrate con il suo arrivo in quella casa, poteva essere normale incappare in piccole instabilità.

«Sono stato programmato per questo,» fece presente ma Kyojuro in risposta rise.

«Lo so, lo so! Ma mi piace rendermi utile, in fondo è casa mia,» dichiarò per poi farsi un poco più serio. «Devi sapere che qui a casa c’è un’altra persona. Mio padre

Il tono di Kyojuro, registrò Hakuji, era grave e triste. Era un chiaro segno di disturbo e forse di vergogna, un qualcosa che il suo padrone non sembrava essere in grado di affrontare apertamente.

«Non è una persona cattiva ma… sta passando un brutto periodo e non è in grado di prendersi cura né della casa né di Senjuro. Forse neanche di se stesso,» mormorò.

«Devo prendermi cura di lui?» domandò Hakuji. Nel suo protocollo vi erano anche delle azioni che poteva intraprendere per aiutare delle persone affette da depressione o altri disturbi mentali.

Kyojuro scosse il capo.

«No, il tuo compito principale è il benessere di Senjuro. Poi la casa quando necessario. Per quanto riguarda mio padre… cerca solo di… stargli lontano il più possibile,» disse il giovane uomo ed Hakuji annuì.

«Occuparmi di Senjuro e della casa,» ripeté per confermare la sua comprensione degli ordini ricevuti.

Il suo padrone gli rivolse un sorriso grato.

«Fantastico, ora finiamo il giro della casa!»

 

.-.-.

 

Erano trascorsi due giorni dall’arrivo di Hakuji nella casa dei Rengoku e aveva sin da subito appreso numerose nozioni e informazioni riguardanti la famiglia della quale doveva prendersi cura.

Non aveva ancora incontrato il padre dei due - Shinjuro Rengoku -, ma la sua interfaccia grafica aveva ugualmente inserito davanti alla porta dell’uomo una scritta di pericolo rossa che riportava la dicitura: “Off-Limits - Camera di Rengoku Shinjuro” .

Per quanto riguardava il resto delle sue mansioni, non erano state pesanti o bisognose di un impiego eccessivo delle sue energie. La casa era ordinata e pulita, e Senjuro si era dimostrato sin dal principio un ragazzino educato e anche indipendente. Decisamente maturo per la sua età.

Ciononostante Hakuji sapeva di avere bisogno di ulteriori informazioni sui suoi padroni per potersi occupare al meglio di loro, e colse l’occasione nel tardo pomeriggio di quel secondo giorno. Stava preparando la cena per i membri della famiglia - preparava anche la porzione per Shinjuro, che veniva portata nella stanza dell’uomo da uno dei due figli -, e il ragazzino si sedette al tavolo, guardandolo un poco incuriosito.

«Posso fare qualcosa per te, Senjuro-sama?» domandò, facendo sussultare il ragazzino. Non era la prima volta che il minore della famiglia mostrava quel disagio, e Hakuji cercò di comprenderne il motivo. Fisicamente non sembrava avere problemi, forse era una questione emotiva.

«Io… potresti chiamarmi… solo Senjuro?» riuscì a dire dopo un momento, accennando un sorriso come per chiedergli scusa per quella strana richiesta.

Hakuji inclinò il capo poi annuì, eliminando l’onorifico dalla scheda di Senjuro. Era suo compito metterlo a suo agio e occuparsi di lui, se quel nome lo infastidiva allora avrebbe acconsentito alla sua richiesta.

«D’accordo, Senjuro,» rispose osservando il disagio del più giovane sparire dietro un altro sorriso.

«Stai già preparando la cena?» lo interrogò.

«Sì. Hai qualche richiesta in particolare?» gli chiese.

«Oh, no no! Volevo solo… parlare con te,» ammise Senjuro. «È strano avere un’altra presenza in casa… ed ero incuriosito. Spero di non averti disturbato.»

La gentilezza e incertezza di Senjuro erano uno dei tratti distintivi del ragazzino.

«Non sei di disturbo,» lo rassicurò, dando alla sua voce un tono comprensivo. «Al contrario, spero di non essere io ad aver stravolto gli equilibri domestici.»

Senjuro scosse subito il capo, rifiutando all’istante quell’affermazione.

«Certo che no! Ma questo non toglie che sia strano. Per anni siamo stati solo io e mio fratello…»

Quelle parole, notò l’androide, nascondevano più di un’informazione che Hakuji registrò nel suo database come molto importante.

Il fatto che Senjuro fosse stato da solo con il fratello implicava un rapporto strettissimo tra i due, dettaglio che aveva già avuto modo di notare in quei giorni. Dall’altra parte però, quell’affermazione escludeva la presenza del padre nella loro vita.

Aveva già avuto modo di fare diverse ipotesi riguardanti la natura del rapporto tra i due giovani Rengoku e il padre, ma non aveva trovato una risposta certa.

«Kyojuro-sama è molto affezionato a te,» disse notando come il nominare il maggiore dei due fratelli avesse avuto sin da subito un effetto calmante nell’altro.

«Sì, anche io lo sono…» mormorò con un sorriso ed Hakuji, intenzionato a mostrarsi sempre utile a quella famiglia, cercò tra i suoi protocolli l'azione migliore da attuare in quei momenti.

«Potremo preparare il suo piatto preferito per quando ritorna,» disse infatti. In quel modo avrebbe non solo compiaciuto Kyojuro, ma avrebbe anche iniziato a legare con Senjuro e ottenuto altre informazioni.

«Un po’ complicato visto che ogni piatto è il preferito di mio fratello!» svelò il ragazzino. «Ma… forse qualcosa con le patate dolci dovrebbe andare bene.»

Hakuji registrò subito quell’informazione e sorrise a Senjuro.

«Il tuo invece?» gli chiese, sempre mantenendo un tono leggero e amichevole.

«Neanche io ho un piatto preferito,» ammise. «Ma se posso… mi piacciono i takoyaki

«Per cena allora avremo anche il dolce,» decretò l’androide osservando la gioia e l’eccitazione dipingersi sul viso del ragazzino.

Per quanto Hakuji fosse stato programmato per lo svolgimento di quelle attività, in quel momento non poté fare a meno di pensare a quanto fosse facile parlare con Senjuro. Forse era il suo protocollo che lo stava portando a simulare emozioni umane per richiamare l’empatia necessaria a mettere a loro agio gli abitanti delle case alle quali i suoi modelli venivano assegnati, ma… era davvero semplice.

 

.-.-.-.

 

Hakuji bussò alla porta di Kyojuro attendendo paziente che il giovane uomo al suo interno gli desse il permesso di entrare.

Erano trascorsi tre mesi dal suo arrivo a casa dei Rengoku e ormai Hakuji aveva appreso tutto sulle abitudini dei suoi abitanti, anche quelle di Shinjuro. Lo aveva visto un paio di volte in quei mesi e l’uomo, che presentava nel corpo un alto tasso alcolemico, non era stato gentile nei suoi confronti… e non lo era stato neanche con i figli.

Quell’atteggiamento aveva causato nell’androide più di un avviso di Instabilità del Software. Le azioni di Shinjuro andavano contro i suoi incarichi primari in quella casa che riguardavano prima di tutto la protezione di Senjuro e il benessere degli altri abitanti.

Non aveva compiuto gesti eccessivamente preoccupanti ma l’uomo mostrava dei chiari segnali di violenza e rabbia. Era un campanello d'allarme e ' fare finta di niente ', non gli sembrava la soluzione migliore.

Era però un ordine diretto di Kyojuro.

Ciononostante, Hakuji faticava per davvero dinanzi al preoccupante atteggiamento di Shinjuro e al suo utilizzo d’alcol… anche perchè intervenire contro l’uomo significava andare contro le regole basilari della sua programmazione, che gli imponevano di non ferire nessun essere umano .

Inoltre, si ripeté mentalmente: Kyojuro gli aveva ordinato di lasciarlo perdere.

Era comunque una fortuna il fatto che Shinjuro vivesse quasi da recluso nella sua stanza e che quindi le occasioni di vederlo, e mettere in dubbio gli ordini del suo padrone e quelli della sua programmazione, fossero ridotte al minimo.

«Avanti!» la voce di Kyojuro spinse Hakuji a tornare alla realtà, mettendo da parte nella sua memoria le informazioni che aveva raccolto sul capo famiglia dei Rengoku.

«Chiedo scusa per il disturbo, Kyojuro-sama,» dichiarò entrando nella stanza del suo padrone che, come era solito fare, gli rivolse un ampio sorriso. Era seduto alla sua scrivania, con addosso una vecchia felpa arancione con le maniche arrotolate, e un sacco di fogli sparsi davanti a sé - stava probabilmente correggendo dei compiti, visto che Kyojuro lavorava in una scuola.

Tutti del suo padrone era accogliente e luminoso, e ogni volta il suo atteggiamento caldo, che non sarebbe mai dovuto essere indirizzato ad un androide, causava in Hakuji non poche instabilità.

Ignorò quegli avvisi per farsi avanti all'interno della camera. Tra le braccia l'androide portava diversi indumenti di Kyojuro che aveva appena stirato e piegato, pronti per essere messi negli armadi del giovane uomo.

«Non disturbi,» rispose l’altro. «Stai solo facendo il tuo lavoro.»

Hakuji si spostò verso l’armadio, aprendo i cassetti più in basso per iniziare a riporre tutti gli indumenti. Sentiva su di sé lo sguardo di Kyojuro, ma non lo infastidiva.

«In questi giorni sta… andando tutto bene a casa?» domandò ad un certo punto. La voce del suo padrone suonò strana e incerta, e Hakuji si voltò verso di lui cercando di comprendere il motivo di quel netto cambiamento.

«Senjuro sta studiando e non segnalo nessun disagio o problema da parte sua. Shinjuro-sama è uscito stamani per delle compere e dopo essere tornato a casa si è chiuso nelle sue stanze,» rispose con tono fermo.

«Devi sapere che… questo fine settimana… saranno dieci anni che mia madre è morta,» svelò con un sorriso triste.

La madre si chiamava Ruka Rengoku. Era un’informazione che Hakuji aveva ottenuto sin dalla sua prima settimana di permanenza in quella casa. Era stato Senjuro a fornirgli quelle informazioni mentre indicava una foto su una mensola del salotto - Hakuji stava spolverando i ripiani di quella stanza e il ragazzino, nonostante gli fosse stato detto di non preoccuparsi delle faccende domestiche, aveva insistito per aiutarlo.

«Per tutti noi è ancora una ferita aperta,» continuò. «Ma mio padre non ha mai superato il lutto, quindi… se dovesse comportarsi in modo più ostile del solito, perdonalo . D’accordo?»

Hakuji non comprendeva quella richiesta. Per gli androidi il ‘perdono’ non esisteva. Non venivano offesi come gli esseri umani né potevano provare risentimento.

«Sì,» annuì però per assecondare la richiesta di Kyojuro.

«Ti ringrazio,» sorrise ancora il giovane uomo. «Non so cosa farei senza di te Hakuji…»

L’androide non lesse nessuna frase di circostanza o menzogna nelle parole del suo padrone e non poté fare a meno di sentire il componente che pompava il thirium nel suo corpo aumentare l’intensità di quelli che gli umani avrebbero definito battiti .

Non era la prima volta, e se proprio doveva tirare le somme, era Kyojuro la maggior causa degli avvisi di instabilità che riceveva… e con il tempo Hakuji aveva iniziato a comprenderne il motivo, almeno in parte.

I Rengoku, escluso Shinjuro, lo avevano sin da subito trattato come uno di loro . Non un androide, non una macchina né uno schiavo. Ma come un umano.

Era strano e assurdo, ma in loro non aveva mai visto nessun sentimento di sufficienza o maligno, e tutto quello generava in lui quelle reazioni tanto assurde… ed era soprattutto con Kyojuro che quegli avvisi si facevano più frequenti.

Ma alla fine Hakuji sentiva di poter sopportare quei piccoli problemi, perché i Rengoku erano diventati la sua famiglia.

 

.-.-.-.

 

Con il tempo le Instabilita del Software erano aumentate e per quanto Hakuji si fosse detto pronto ad affrontare quegli avvisi, legandoli all'atteggiamento accogliente dei Rengoku, c'erano dei momenti nei quali arrivava a supporre di avere un qualche difetto di fabbrica che neanche con i suoi continui riavvii e analisi del sistema riuscivano a individuare.

L'unico punto fermo nella maggior parte di quegli avvisi era sempre Kyojuro, e Hakuji non aveva potuto fare a meno di registrare e proteggere all'interno del suo database ogni singolo dettaglio di quelle instabilità.

Non sapeva perché lo avesse fatto, ma erano preziosi.

Come quando Kyojuro, nei primi mesi di convivenza in quella casa, gli aveva fatto cambiare colore dei capelli dal castano chiaro, quello con il quale era uscito dalla fabbrica, al nero.

«Credo che sia giusto che tu abbia un tuo aspetto più personale,» gli aveva detto, incoraggiandolo poi a cercare a sua volta un aspetto che gli piacesse di più.

Hakuji aveva tentato di accontentarlo.

Nella sua prima prova, fatta più che altro per divertire il suo padrone, aveva imitato l'aspetto dei Rengoku - capelli e occhi- e Kyojuro aveva riso a tal punto da iniziare quasi a piangere.

La sua risata era forte e alta, rumorosa come i tuoni ma fresca come la pioggia.

Poi Hakuji era andato oltre e tentando di assecondare del tutto la richiesta di Kyojuro, sul cercare un suo 'aspetto più personale ', si era ritrovato di nuovo con i capelli neri, occhi blu e delle ciglia rosa generate per via di un errore nella sua interfaccia di modifica. 

Quell'errore però era piaciuto a Kyojuro.

«Ti donano,» aveva sussurrato posando una mano sul suo viso per toccare con il pollice le lunghe ciglia rosa. «Dovresti restare così, Hakuji.»

La mano di Kyojuro gli era sembrata subito calda sulla sua pelle sintetica, e quella notte nella sua Stazione di Ricarica , Hakuji era stato costretto a riavviarsi per ben due volte per permettere alla pompa del thirium di lavorare ad un regime normale.

Poi, quasi un anno e mezzo dopo, c'era stata quella volta che Kyojuro aveva invitato un suo amico a casa, Tengen Uzui, e lì aveva sentiti parlare di un locale che, tramite una rapida ricerca in rete, Hakuji aveva scoperto essere un sex club con la nomea di avere "Gli androidi più sexy della città".

Kyojuro era un giovane uomo con normali pulsioni ormonali, ed era più che naturale che cercasse determinate compagnie, ma Hakuji non aveva potuto fare a meno di chiedersi se lui , che doveva occuparsi dei membri della famiglia, potesse fare qualcosa a riguardo… e se Kyojuro l'avesse potuto desiderare come desiderava gli androidi del locale che aveva frequentato con l'amico.

Sapeva di esserne in grado perché il suo modello, a differenza dei PL600 - che erano andati incontro ad un lento declino nel mercato -, era stato ideato per cercare di 'accontentare il più possibile gli umani' quando fosse stato richiesto.

Kyojuro però non aveva mai fatto nessuna richiesta simile, ma lo aveva guardato in modo strano per il resto della serata dopo la visita del suo amico.

E c'erano stati tanti eventi simili.

Kyojuro che gli sorrideva come se fosse felice di vederlo o della sua compagnia, Kyojuro che di tanto in tanto arrossiva nel guardarlo, Kyojuro che si masturbava su un video omoerotico tra un uomo e un androide, Kyojuro che cercava di aiutarlo nelle faccende domestiche. 

Kyojuro. Kyojuro. Kyojuro.

Era sempre lui, e Hakuji aveva salvato ogni ricordo nella sua memoria, e il solo entrare in quella minuscola e privata parte della sua mente generava in lui delle piacevoli instabilità.

Forse era davvero difettoso, ma non gli sembrava poi così grave visto che era in grado di svolgere le sue mansioni senza le lamentele dei Rengoku.

 

.-.-.-.

 

Fu un notiziario il primo a parlare al mondo della rivolta dei devianti di Detroit. Erano trascorsi due anni dall’ingresso di Hakuji nella dimora dei Rengoku e quella era la prima volta che in quelle quattro mura si faceva parola così apertamente del termine ‘deviante’ .

L’androide sapeva benissimo di cosa si trattasse e tutta la sua programmazione aveva iniziato ad avvisarlo con invadenti e frequenti segnalazioni di Instabilità del Software quando aveva fatto delle ricerche per approfondire quanto stava accadendo a Detroit.

Inizialmente né Senjuro e né Kyojuro avevano commentato quella notizia quando l’avevano sentita, ma Hakuji aveva ugualmente notato un certo disagio in loro, come se la possibilità di devianza del loro androide li spaventasse o preoccupasse.

Hakuji però avrebbe preferito arrestare il suo sistema in modo definitivo al ferire la sua famiglia.

Tuttavia, come sempre i Rengoku erano in grado di generare in lui reazioni anomale e quando Senjuro lo aveva guardato, Hakuji non aveva letto nessun sentimento realmente negativo.

«Se tu deviassi, cosa faresti?» gli aveva chiesto con l’innocenza tipica della sua età.

Non era la prima volta che gli venivano poste domande che richiedevano una sorta di risposta umana . Quella volta però l’implicazione era ben diversa perché deviare significava conquistare una presunta umanità anche se si era degli androidi.

Come era possibile? Come potevano sostenere di essere vivi quando erano fatti di materiali sintetici come lui?

Non lo comprendeva, ma al tempo stesso voleva ugualmente rispondere a Senjuro.

«Continuerei a prendermi cura di voi,» rispose.

Kyojuro ridacchiò e lo guardò inclinando il capo.

«Anche da deviante resteresti qui? Con noi?»

Hakuji annuì.

«Certo. Sono al vostro servizio.»

Senjuro si mise più dritto nel divano sul quale era seduto con il fratello.

«Ma se diventassi un deviante potresti… cercare di ottenere dei diritti! Come stanno facendo a Detroit!» spiegò. «Non dovresti essere costretto a stare qui a prenderti cura di noi…»

La pompa del thirium nel petto di Hakuji si agitò non poco e un altro avviso si fece avanti nella sua interfaccia grafica.

«Restare qui… mi piace ,» disse, notando come fosse stato semplice pronunciare quelle parole, ma anche quanto fossero anomale per un androide.

«Anche a noi piacerebbe che tu restassi… fai parte della famiglia ormai. L’importante è che non diventi violento come alcuni di quei devianti, d’accordo?» ridacchiò Kyojuro. Dal tono non sembrava credere minimamente a quell’ipotesi e la fiducia che Hakuji avvertì nelle sue parole gli fece sentire una sorta di… rassicurante calore in petto .

 

.-.-.-.

 

Il silenzio della casa venne improvvisamente spezzato dal rumore di un vetro infranto che, seguito dalla forte voce di Shinjuro, attirò l’attenzione di Hakuji. Il led sulla sua tempia lampeggiò di arancione, costringendolo ad abbandonare sul ripiano del bagno i panni che stava preparando per la lavatrice.

Si diresse senza esitazione  verso il salotto, la stanza che aveva individuato come fonte del rumore.

Erano quasi le sei del pomeriggio, notò grazie ad un rapido controllo della sua interfaccia grafica, e da lì a mezz’ora Kyojuro sarebbe rientrato dal suo turno di lavoro, di conseguenza a casa c’erano solamente Shinjuro e Senjuro.

Fu subito un forte odore di alcol ad accoglierlo in prossimità del salotto, insieme a delle parole d’astio, un poco biascicate, che sentì pronunciare da Shinjuro e che non furono abbastanza alte per il suo udito da coprire i singhiozzi di Senjuro.

La pompa per il thirium all’interno del corpo di Hakuji iniziò subito a lavorare freneticamente nell’ormai normale avviso di Instabilità del Software .

Attraversò la porta e i suoi occhi registrarono lo scenario che, ovviamente, non servì a cancellare l’avviso che gli era apparso nell’interfaccia grafica.

[INSTABILITÀ DEL SOFTWARE].

L’aria era ancor più pregna d’alcol, proveniente da una bottiglia di sake rotta, il cui liquido era stato quasi assorbito dal tappeto.

Vi era uno scatolone non lontano dal divano.

[Averi di Ruka Rengoku] .

Lo informò la sua interfaccia grafica.

Le due figure umane all’interno del salotto erano vicine. Shinjuro aveva in corpo un alto tasso alcolemico e stava tenendo Senjuro per il colletto della felpa che indossava. Quest’ultimo piangeva e il battito del suo cuore era veloce ed agitato… ma ciò che fece lampeggiare di rosso il led nella tempia di Hakuji fu del sangue che usciva dal naso del ragazzino.

Non sembrava essere un’emorragia grave, e dal rossore della guancia era chiaro che fosse stato uno schiaffo. Non fu difficile per il sistema dell'androide ricostruire parte della scena.

La bottiglia era stata scagliata contro i piedi di Senjuro, viste le gocce che macchiavano i pantaloni. Shinjuro doveva avergli urlato contro qualcosa, forse legato ai ricordi della moglie defunta, e lo aveva schiaffeggiato.

Per quanto l'emorragia non fosse grave, per Hakuji lo era eccome. Ciò che era accaduto era molto grave.

[Devi proteggere Senjuro] .

Era stato quello uno dei primi ordini che Kyojuro gli aveva assegnato quando lo aveva portato in quella casa ormai due anni e mezzo prima. Era compito di Hakuji proteggere Senjuro, fargli compagnia e accudirlo quando Kyojuro era fuori casa per lavoro.

Il suo modello era stato programmato per occuparsi della casa e dei suoi abitanti. Era quello il suo compito… e Senjuro in quel momento era in pericolo. Era agitato e spaventato.

«Shinjuro-sama,» esordì cercando di farsi avanti e calmare l’uomo che, nervoso ed adirato, strattonò il ragazzino che emise un verso strozzato.

«Stanne fuori, lattina!» ringhiò Shinjuro.

[Devi proteggere Senjuro] .

Quell’ordine era chiaro e lampeggiava nella sua interfaccia grafica per spingerlo ad agire.

[Non devi far del male agli esseri umani] .

C’era tuttavia quell’altro ordine, una delle regole basilari della sua programmazione.

Non poteva agire direttamente contro Shinjuro, soprattutto quando quest’ultimo non solo aveva i sensi offuscati dall’alcol ma non si era mai mostrato accondiscendente nei suoi confronti, non lo aveva mai ascoltato così come ignorava i figli o qualsiasi richiesta da parte della sua famiglia.

[INSTABILITÀ DEL SOFTWARE].

[Devi proteggere Senjuro].

[Non devi far del male agli esseri umani].

[INSTABILITÀ DEL SOFTWARE].

[Devi proteggere Senjuro].

[Non devi far del male agli esseri umani].

[INSTABILITÀ DEL SOFTWARE].

Gli avvisi e gli ordini si accumularono l'uno sull'altro, facendo aumentare l'intensità del thirium che gli scorreva in corpo.

«H-hakuji…» pigolò Senjuro e l’androide sentì qualcosa spezzarsi.

Era stato quel lamento di Senjuro, il suo singhiozzo, a generare in Hakuji una scelta che lo spinse praticamente a prendere a pugni quel divieto che gli impediva di intervenire e proteggere il ragazzino.

Non gli importava se una delle sue regole di fabbrica gli imponeva di non far del male agli esseri umani, perché Kyojuro gli aveva detto di proteggere Senjuro e lui voleva proteggerlo anche al di là degli ordini.

Scattò in avanti e con la mano strinse il braccio sollevato di Shinjuro, impedendogli di colpire ancora il ragazzino.

Aveva numerose frasi da utilizzare in quelle occasioni per spingere una persona a non ricorrere alla violenza, ma il suo sistema vocale gli impedì di pronunciarle. Si limitò a fissare l'uomo, con il led nella sua tempia che aveva smesso di lampeggiare per restare di un acceso color rosso.

«Che cosa credi di fare, lattina?» ringhiò Shinjuro, lasciando Senjuro per tentare di colpire Hakuji che, molto più rapido di un normale umano - e soprattutto molto di più di uno ubriaco -, schivò l’attacco per colpirlo con precisione nella nuca.

Il corpo dell’uomo crollò subito per terra privo di sensi, ed Hakuji ignorandolo si accucciò per soccorrere Senjuro che lo guardava con il naso sanguinante e gli occhi sgranati.

Era agitato e spaventato, ed Hakuji cercò in tutti i suoi protocolli un modo per calmarlo… ma tutto ciò che il suo corpo lo portò a fare fu attirarlo a sé in un abbraccio.

Il ragazzino tremò contro di lui ma ricambiò subito quella stretta, aggrappandosi al suo corpo come se temesse di cadere.

«Va tutto bene Senjuro, ci sono qui io…» lo rassicurò.

«I-io… non volevo… non volevo… » mormorò.

«Cosa è successo?» gli chiese, accarezzandogli i capelli lentamente.

Non ottenne risposta inizialmente e attese con pazienza che il ragazzino riuscisse a parlare senza singhiozzare. Aveva ormai compiuto tredici anni, e per quanto potesse apparire maturo e indipendente, era ancora un bambino .

«Ho… stavo cercando una vecchia macchina da scrivere in soffitta… per il progetto scolastico…. e… ho trovato la scatola delle cose della mamma e… la stavo solo guardando…»

Senjuro non aveva fatto nulla di male. Non avrebbe mai potuto fare un qualcosa di sbagliato, decretò Hakuji.

«Volevi solo guardare i ricordi di tua madre, non è sbagliato,» gli disse con sicurezza, allontanandosi per osservarlo in viso e mostrargli tutta la sua comprensione e supporto.

«Ma… mio padre non…»

«Non giustifico Shinjuro-sama, non dirò che era ubriaco, perché niente giustifica il fatto che ti abbia colpito,» dichiarò con decisione. «Hai ogni diritto di ricordare tua madre.»

Senjuro tirò su con il naso ma annuì ed Hakuji gli accarezzò il viso, cercando di asciugargli le lacrime.

«Ora controlliamo il naso, poi…»

«Mio padre…» lo interruppe però il ragazzino, investito all’improvviso da quella realizzazione. «Lo hai… colpito

Hakuji non reagì, ovviamente non poteva negarlo né dire che non l'avrebbe più fatto. Pur di proteggere la sua famiglia avrebbe colpito ancora e ancora quell’uomo, anche senza l'intenzione di metterlo solo al tappeto… anche se quello equivaleva ad una segnalazione di malfunzionamento e di pericolosità. Hakuji sapeva benissimo cosa significava tutto quello ed era pronto ad affrontarlo.

«Dovevo proteggerti,» rispose però con fermezza mentre una nuova realizzazione attraversava il viso del più giovane. Il silenzio che ne seguì però aveva il peso di mille parole.

«P-portiamolo in camera e… puliamo il salotto… f-forse penserà che… che non sia mai successo!» biascicò rapido Senjuro cercando di alzarsi.

«Senjuro…»

«No. Faremo così, Hakuji ,» lo interruppe con una ritrovata decisione. Era come un ordine, e per quanto Hakuji non sentisse realmente l’impulso di ubbidire - qualcosa si era spezzato quando aveva preso la sua decisione di intervenire contro Shinjuro -, decise ugualmente di volerlo eseguire.

Si allontanò dal ragazzino per poter sollevare Shinjuro da terra. Il corpo dell’uomo gravò come un peso morto sul suo, e per un solo istante, nel sentire l’odore fortissimo d’alcol invadergli il sistema olfattivo, Hakuji fu tentato dal farlo ricadere per terra. Riuscì in qualche modo a trattenersi e seguì il ragazzino fino alla stanza di Shinjuro che, per la prima volta, non era avvolta dall’avviso rosso di Off-Limits .

La attraversò senza nessuna esitazione e, approcciandosi al futon dell’uomo, lo fece distendere - con poca gentilezza, ma non gli importava più di tanto.

Senjuro, al suo fianco, si premurò di coprire il corpo dell’uomo poi, afferrando Hakuji per il polso, lo trascinò fuori dalla camera. L’agitazione era cresciuta in lui ma sembrava al tempo stesso averne il totale controllo.

Si lasciò portare in salotto e lì il ragazzino lo fronteggiò. Era tremendamente simile a Kyojuro in quel momento, vedeva in lui la stessa forza e determinazione del maggiore.

«Hakuji… non ne faremo parola con nessuno. Neanche con mio fratello,» dichiarò.

«Non posso,» rispose però l’androide. Quello che era successo non poteva essere tenuto nascosto.

«Possiamo,» tagliò corto Senjuro, e per quanto stesse cercando di mantenere un’espressione decisa, Hakuji notò la sua incertezza e paura, e per un momento pensò… che fosse a causa sua. Che Senjuro avesse paura di lui.

«Non ti farei mai del male,» disse infatti e quell’affermazione fece sobbalzare il ragazzino che scosse la testa.

«Lo so! Non mi faresti mai del male! Mi hai protetto!» esclamò sincero. «Ma Kyojuro… potrebbe arrabbiarsi con nostro padre o… prendersela con te… e non voglio che accada.»

Senjuro, realizzò l’androide, stava cercando di proteggere entrambi.

«Ma deve saperlo… è il mio padrone.»

«Non più,» mormorò Senjuro. «Sei… un deviante . Nessuno può essere il tuo padrone…»

Quell’affermazione colpì Hakuji. Aveva evitato quella parola - deviante - fino a quel momento. Sapeva benissimo cosa aveva fatto e il peso delle sue azioni, e… si sentiva davvero vivo e libero. Capiva quello che gli altri devianti avevano dichiarato nei mesi precedenti, quando si erano battuti per ottenere dei diritti.

Lo comprendeva e ne era spaventato. Quelle sensazioni, che in realtà aveva sempre avvertito agitarsi nel suo corpo, erano diventate intense e difficili da controllare.

« Sono un deviante ,» ripeté ascoltando dalla sua stessa voce il suono di quella semplice affermazione.

«E… lo hai fatto per me,» disse piano Senjuro. «Grazie, davvero…»

«Lo farei anche altre volte.»

«Però devi davvero promettermi che Kyojuro non lo verrà a sapere, non subito almeno… non credo che potrebbe davvero arrabbiarsi con te, ma… temo per nostro padre…»

Quello era un sentimento che Hakuji non riusciva realmente a comprendere, non gli sembrava giusto proteggere Shinjuro… ma era consapevole che gli servisse una mano.

Non potevano continuare a ‘dargli tempo’ come sosteneva Kyojuro, con quel suo sguardo triste e con sempre meno speranza. All'uomo era bastato vedere dei ricordi della moglie morta per reagire contro il suo stesso figlio, e se era stato in grado di farlo una volta… niente gli avrebbe impedito di compiere lo stesso gesto una seconda, una terza e per chissà quante altre volte.

Senza un aiuto psicologico e fisico, Shinjuro era un pericolo per tutta la sua famiglia e per se stesso.

«D’accordo,» rispose però, certo che avrebbe ugualmente portato all’attenzione di Kyojuro il pericolo rappresentato dal padre. «Ora però fammi controllare il naso, poi sistemiamo il salotto,» decretò e il ragazzino, forse rincuorato dalla sua risposta, annuì.

 

.-.-.-.

 

«Sei strano ultimamente Hakuji,» quel commento di Kyojuro colse non poco di sorpresa l’androide.

«Non ho nulla di mal funzionante, Kyojuro-sama,» rispose cercando di comprendere quale problema avesse visto il maggiore dei fratelli in lui.

Era passata una settimana dall’incidente con Shinjuro, e Hakuji aveva fatto in modo di comportarsi come sempre. Evitava la camera dell’uomo - che sembrava non ricordare effettivamente niente dell’accaduto -, e si occupava della casa e dei suoi abitanti come se non fosse successo nulla. 

Come se lui non fosse diventato un deviante.

Kyojuro ridacchiò.

«No, non credo che tu sia guasto… sei solo…» esitò, come se stesse cercando le parole adatte. «Non prenderlo come un insulto, ma sembri più umano. »

Per un momento Hakuji desiderò ridere e riuscì a trattenere quella reazione dietro un sorriso.

«Gli androidi non possono sentirsi offesi,» gli fece presente, anche se in un certo qual modo sentiva che fosse una bugia in quel momento.

In quella settimana Hakuji aveva affrontato diversi sentimenti mai provati fino a quel momento, ed era certo che potesse anche sentirsi offeso… ma di certo la definizione di ‘ umano ’ non lo avrebbe mai potuto offendere, anzi: si sentiva quasi lusingato da quelle parole. Cosa che non si sarebbe mai aspettato di poter provare.

«È piacevole in ogni caso,» riprese Kyojuro. «Magari stai deviando e non te ne stai rendendo conto!»

Hakuji aprì bocca ma la richiuse. Per quanto avesse inizialmente deciso di parlare con Kyojuro del padre, non aveva mai trovato il momento giusto e, di conseguenza, non gli aveva neanche detto di essere già un deviante. 

Si sentiva in colpa per avergli tenuto nascosto quel dettaglio, ma non riusciva ad intavolare il discorso. Era come se tutti i suoi protocolli si fossero spenti per lasciar spazio al riguardo che gli umani riservavano a certi argomenti particolarmente delicati.

«Vorresti che io diventassi un deviante?» gli chiese però, rendendosi conto di voler davvero avere una risposta a quel quesito.

Kyojuro lo guardò in viso e gli sorrise - non c’erano più avvisi di instabilità nel vedere quel sorriso, ma la pompa del thirium impazzì come al solito.

«Mi piacerebbe,» ammise. «Credo che tutti, anche voi androidi, abbiate il diritto di… vivere. Anche se non siete fatti di carne ed ossa come noi, penso che molti di voi possano essere più umani di molte altre persone.»

 

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«Hakuji!»

La voce di Kyojuro raggiunse l'androide che si stava occupando delle succulente del salotto.

Hakuji si fermò voltandosi per affrontare Kyojuro che, raggiungendolo accanto alle piante grasse, gli rivolse uno dei suoi soliti sorrisi.

Era trascorsa un'altra settimana dall'incidente con Shinjuro, e Hakuji non era ancora riuscito a parlare con Kyojuro di quanto era accaduto con il padre e della sua devianza.

«Oggi non ci sarò a cena,» lo avvisò e l'androide annuì, controllando rapidamente il suo calendario interno per verificare che non ci fossero appuntamenti importanti.

«Vuoi che ti scaldi qualcosa al tuo rientro?» gli domandò.

«No, non preoccuparti! Si tratta di una cena di lavoro con Tengen e gli altri insegnanti,» gli disse. «Poi so accendere il microonde.»

«Lo so,» rispose Hakuji. «Ma non cambia il fatto che io voglia prendermi cura di voi.»

In passato, si rese conto l'androide, non avrebbe mai utilizzato una frase simile. Avrebbe soppesato le sue parole e le avrebbe pronunciate seguendo i protocolli installati nel suo sistema.

L'aver deviato aveva solamente accentuato il suo desiderio di occuparsi dei Rengoku e… voleva davvero prendersi cura della sua famiglia.

Non voleva essere da nessun'altra parte e con nessun'altro.

«Va bene, va bene,» concesse Kyojuro rimanendo poi in silenzio ad osservare l’androide usare il contagocce per dare l’acqua alle piante grasse. Come sempre, la sua presenza non era invadente o fastidiosa, ma in quelle ultime due settimane come deviante Hakuji si era scontrato contro una strana sensazione di disagio .

Non ne comprendeva la natura, ma con Kyojuro era sempre stato tutto strano e naturale al tempo stesso.

«Sai, Hakuji… » esordì il giovane uomo, si era fatto stranamente serio e da come aveva iniziato a muoversi, cambiando il peso da un piede all’altro, l’androide dedusse che Kyojuro fosse un poco nervoso. «Ho letto un articolo di cronaca riguardante Detroit e come si sta evolvendo la situazione dopo i tumulti. Sai, i diritti degli androidi, il fatto che ora vengano pagati per il loro lavoro e altro…»

Hakuji continuò con il suo lavoro ma gli rivolse un’occhiata tranquilla.

«Non ho bisogno di denaro, se è qui che desideri arrivare,» gli fece presente.

«Ma sarebbe un tuo diritto, lavori qui!»

«Vivo anche qui, ma non pago nessun affitto, Kyojuro-sama,» rispose con un mezzo sorriso che strappò nell’altro una piccola risata.

«Stai diventando un po’ troppo spiritoso!» commentò, aggiungendo poi con leggerezza un: «Ho letto anche che sono aumentate le relazioni sentimentali tra uomini e androidi…»

Nel sentire quella frase, Hakuji si lasciò sfuggire il contagocce dalle mani, che cadde su una delle succulente spinose.

«Credevo fosse un articolo di cronaca, non di pettegolezzi,» insinuò l’androide tentando di mantenere il controllo. Non capiva perché si fosse sentito così a disagio al solo far parola di relazioni sentimentali uomo-androide .

«Ho letto tanto, non solo cronaca!» si difese Kyojuro. «Mi piace essere informato su tutto!»

Hakuji aprì bocca per rispondere, senza però sapere esattamente cosa dire all’altro. Non era certo di sapere come affrontare quell’argomento né perché lo stesse mettendo a disagio .

Tentò quindi di riprendere il contagocce, sobbalzando quando una spina gli tagliò il dito, lasciando uscire qualche goccia di thirium.

«Ti sei fatto male?!» intervenne subito Kyojuro, prendendogli la mano per controllare l’entità del graffio che, ovviamente, non era nulla di grave. Infatti la sua interfaccia grafica non gli mostrò nessun avviso riguardante ipotetici danni ai suoi componenti.

«È solo un graffio. I tessuti sintetici si rigenereranno in qualche minuto,» fece presente Hakuji, ma l’altro sembrò non volerlo ascoltare.

«Il tuo sangue è blu! È per via del thirium immagino,» notò Kyojuro quasi affascinato, per poi iniziare a trascinarlo lontano dalle piante grasse senza lasciargli il polso. «In ogni caso bisogna curarti!»

«Kyojuro-sama, non è necessario. Come ho detto, guarirà da solo,» dichiarò Hakuji, senza però fare alcuno sforzo per allontanare la mano dalla presa di Kyojuro o per fermarlo. Forse perché sentiva un piacevole calore provenire da dove l’altro lo stava tenendo.

Raggiunsero il bagno e solo lì Kyojuro lasciò la presa sul polso dell’androide per poter aprire l’armadietto delle medicine e prendere il contenitore dei cerotti.

«Non è necessario,» ripeté Hakuji, ricevendo in risposta un divertito “Shh” da parte di Kyojuro, che gli rivolse un sorriso trionfante e soddisfatto quando gli avvolse il dito ferito con un cerottino.

«Fatto! E non fare quella faccia contrariata!» rise il giovane uomo. «Devo per caso darti un bacino per farlo guarire più velocemente?»

Un improvviso surriscaldamento investì l’intero corpo dell’androide per quella proposta ma ancor prima di rispondere o di poter comprendere cosa gli stava accadendo, il cellulare di Kyojuro iniziò a squillare e questo distrasse il giovane uomo.

Hakuji ne approfittò subito per allontanarsi dal bagno e cercare di tornare al suo lavoro. Ci mise qualche minuto prima di riuscire a riprendere il controllo del suo corpo e allontanare quella strana sensazione di surriscaldamento.

Tentò di svolgere una veloce analisi del sistema, ma sfortunatamente non trovò nulla che potesse anche solo dargli una vaga indicazione di cosa gli fosse accaduto e quello lo portò a intuire che potesse riguardare la sua natura di deviante e i sentimenti umani che stava imparando a conoscere.

 

.-.-.-.

 

Hakuji si era rintanato nella stanza di Senjuro dopo che Kyojuro aveva lasciato la casa per raggiungere i suoi colleghi - era passato Tengen Uzui a prenderlo in macchina, annotò l’androide, ed era quindi probabile che avrebbe avuto anche un passaggio per rientrare a casa.

Aveva trascorso le ultime due ore a fare delle ricerche in rete per comprendere i sentimenti che lo avevano portato a surriscaldarsi, e sfortunatamente non aveva trovato nulla di utile. Solo dei siti di dubbia natura che lo avevano costretto ad un riavvio completo del suo sistema a causa di alcuni fastidiosi e invadenti pop-up clickbait che recitavano cose del tipo “Segui Questi 10 Trucchi E Lui Cadrà Ai Tuoi Piedi!” oppure “Pazzesco! Si Innamora Del Datore Di Lavoro E Non Immaginerai Mai Cosa Gli Succede!” .

Era stato davvero frustrante, e suo malgrado Senjuro era l'unica persona con la quale poteva parlare per cercare di mettere un po’ d’ordine nella sua mente.

Il ragazzino aveva ascoltato i suoi dubbi con pazienza e con un sorriso in viso, e alla fine gli aveva detto: «Ora che stai provando emozioni umane, stai iniziando anche a provare affetto . È difficile non voler bene a mio fratello e ti sei affezionato a lui.»

Hakuji aveva trovato quella risposta soddisfacente e sensata, ma anche incompleta anche se non ne comprendeva il perché.

«Voglio bene anche a te, Senjuro,» aveva dichiarato infatti, come se fosse importante precisarlo, e il ragazzino gli aveva rivolto un ampio sorriso.

«Anche io te ne voglio, Hakuji!»

Era piacevole quell'affetto e avere la certezza di essere ricambiato, ma quelle sensazioni continuavano a sembrargli incomplete se associate a Kyojuro. 

Gli voleva bene, senza nessun ombra di dubbio, ma… c'era di più?

Ragionò su quel dettaglio fino alle due di notte quando sentì una macchina fermarsi fuori dall'abitazione dei Rengoku. Ipotizzando fosse Kyojuro, Hakuji raggiunse la porta d'ingresso, restando spiazzato nel vedere il giovane uomo appeso al fianco di Tengen Uzui.

L'odore di alcol fece lampeggiare il led nella tempia di Hakuji che, analizzando Kyojuro, notò subito un discreto - ma non preoccupante - tasso alcolemico.

Era strano . Kyojuro non beveva a causa del padre perché temeva di diventare come lui - gli aveva confessato quel timore quasi un anno prima. Di conseguenza non era possibile che avesse bevuto di sua spontanea volontà.

Hakuji lanciò quindi un'occhiataccia a Uzui, che lo guardò con un’espressione tra il divertito e il colpevole.

«Hakuji~» biascicò Kyojuro con una leggera risata. Lasciò il fianco dell'amico e si attaccò al corpo dell'androide.

Hakuji lo sostenne subito, chiedendo però delle spiegazioni ad Uzui, il quale ridacchiò.

«Colpa mia, pensavo avesse bisogno di rilassarsi! Siamo andati in un locale dopo la cena e… e non ho pensato a quanto fosse poco abituato all'alcol,» ammise.

«Gli hai fatto bere qualcosa contro la sua volontà?» domandò Hakuji. Sentiva l'irritazione salire e non era certo di potersi controllare, soprattutto con Kyojuro abbracciato a lui in quel modo.

«L'ho riportato a casa sano e salvo,» scrollò le spalle Uzui.

«Questo non cambia la gravità di ciò che hai fatto,» sibilò e la sua reazione fece per un momento sgranare gli occhi dell'altro uomo.

Forse era stato troppo iroso, si rese conto, e quell’atteggiamento doveva essere apparso sospetto.

Tentò di calmarsi e, piegandosi un poco, passò un braccio dietro le ginocchia di Kyojuro per prenderlo in braccio.

«Ti ringrazio per averlo portato a casa. La tua presenza non è più necessaria,» dichiarò freddo, chiudendo la porta con un piede senza dare modo a Uzui di dire qualcos'altro.

Strinse a sé Kyojuro, che si era praticamente addormentato contro di lui, e camminò verso la sua stanza. Nonostante l'odore d'alcol, poteva ancora sentire chiaramente il profumo di Kyojuro e il calore emesso dal suo corpo era quasi intossicante.

Si impose la calma e una volta raggiunta la camera del giovane uomo lo fece distendere più delicatamente possibile.

Kyojuro era bello .

Era un pensiero strano per un androide, ma Hakuji era certo che anche per i canoni umani Kyojuro doveva essere affascinante.

Senza trattenersi gli accarezzò il viso, sfiorando le labbra socchiuse e umide con il pollice. 

La pompa del thirium nel suo petto impazzì per quel calore, ed Hakuji si costrinse ad allontanare la mano seppur a malincuore. Si concentrò sul cercare di aiutare Kyojuro a dormire più comodo possibile, ed iniziò quindi con il togliergli le scarpe e le calze.

Il giovane uomo mugugnò un poco per quel movimento ma non sembrò intenzionato a svegliarsi. Quello incoraggiò Hakuji a continuare il suo lavoro e, con un leggero accenno di esitazione, spostò le mani sulla cintura tentando di slacciarla senza strattonare troppo Kyojuro.

Una volta che riuscì ad aprirla, spostò le dita sui pantaloni del giovane, sfilando il bottone dall’asola e abbassando lentamente la zip, per poi tentare di farli scivolare con altrettanta attenzione lungo i fianchi.

Non era di per sé un lavoro difficile, ma Hakuji si sentiva non poco nervoso all’idea di toccare in quel modo Kyojuro. La sua devianza lo aveva portato a provare e affrontare nuove sensazioni, che se venivano unite agli innumerevoli avvisi di Instabilità del Software che aveva affrontato a causa di Kyojuro… il quadro d’insieme non era dei più comprensibili.

Strinse le labbra ma alla fine riuscì a sfilare i pantaloni senza svegliare o disturbare eccessivamente Kyojuro, che si concesse solo un vago mugolio.

Soddisfatto, l’androide si spostò verso il cesto della biancheria da lavare e, dopo aver tolto la cintura e svuotato le tasche dei pantaloni - c’era un ticket d’ingresso al sex club , ma decise di ignorarlo - , mise questi ultimi insieme al resto degli indumenti.

Tornò sul letto con l’intenzione di coprire Kyojuro, ma si bloccò quando lo vide sollevarsi un poco sui gomiti e fissarlo con gli occhi socchiusi e un poco confusi.

«Come ti senti?» gli chiese, pronto ad agire alla minima richiesta d’aiuto. Non vedeva sintomi di nausea o di altri disturbi nella sua analisi, ma era in ogni caso al servizio di Kyojuro anche solo per portargli un bicchiere d’acqua.

«Hakuji…» lo sentì mormorare senza però aggiungere altro. Allungò però la mano come per invitarlo ad avvicinarsi ulteriormente, cosa che Hakuji non gli negò. Si sedette sul bordo del letto allungando il braccio per posare il dorso della mano sulla fronte del giovane e raccogliere ulteriori informazioni sulla sua temperatura e salute.

Kyojuro sospirò per quel contatto. La pelle dell’androide era molto più fresca in confronto alla sua, e da come si spinse verso di lui alla ricerca della sua mano, Hakuji dedusse che fosse molto più accaldato di quanto aveva immaginato.

«C’è qualcosa che posso fare per te?» lo interrogò ancora con tono comprensivo e calmo. «Vuoi dell’acqua fresca? Andare in bagno?»

Il giovane uomo lo guardò ancora poi sollevò la mano per portarla sulla guancia dell’androide. Quella carezza, timida e incerta, fece agitare ulteriormente i componenti interni di Hakuji, ma non si scostò, lasciando che Kyojuro facesse scivolare le dita sulla sua nuca per toccargli i corti capelli neri.

Solo dopo qualche istante, Kyojuro iniziò ad esercitare una leggera pressione, alla quale l’androide non si sottrasse, neanche quando le labbra chiuse dell’altro si posarono sulle sue.

Rimase immobile. Troppo sorpreso per reagire a quel contatto casto e timido, troppo agitato per capire come doversi comportare.

Poteva chiaramente sentire il thirium all’interno del suo corpo agitarsi con il vibrare dei suoi componenti, e un netto aumento della sua temperatura corporea: come se fosse sul punto di andare in surriscaldamento.

Esattamente come era accaduto quel pomeriggio.

Quel bacio si interruppe poco dopo ma la sensazione che aveva investito l’androide restò ad aleggiare sul suo corpo senza abbandonarlo - anche se non sembrava esserci nessun avviso di pericolo o di un reale surriscaldamento.

Kyojuro crollò sul letto senza allontanare però la mano dalla nuca di Hakuji, e si concesse una risata quasi sciocca oltre che divertita.

«Desideravo… baciarti da così taaaaaanto tempo,» dichiarò Kyojuro con tono un poco strascicato, segno fin troppo visibile della sbornia.

Hakuji era stato programmato per essere in grado di esaudire tutti i desideri dei suoi padroni, ma quella frase riuscì ugualmente a frastornarlo e a farlo sentire incerto di tutte le sue capacità e abilità.

Già da tempo aveva compreso l’interesse di Kyojuro verso gli androidi, o comunque un suo atteggiamento favorevole nel campo sessuale, data la sua frequentazione del sex club e la masturbazione su dei video erotici tra uomini e androidi. Aveva pure letto di relazioni tra umani e androidi, e anche quello era un segnale del suo interesse… ma il desiderio di baciarlo era diverso. Era più intimo, ed Hakuji non sapeva come affrontarlo.

I suoi sentimenti umani erano troppo confusi, troppo intensi e alle volte incoerenti.

Inoltre, Kyojuro era ubriaco e non era in sé. Gli sembrava ingiusto e pericoloso… ma come poteva comportarsi? Doveva dirgli della sua devianza in quel momento? Allontanarsi per fargli passare la sbornia e sperare che non ricordasse nulla l’indomani?

Hakuji era talmente confuso che quando Kyojuro si spinse di nuovo verso di lui, facendo incontrare ancora le loro labbra, non poté far altro se non chiudere gli occhi e lasciarsi andare, trovando molto più facile la resa al continuare a pensare a come agire in quella situazione.

Al contrario del primo bacio, la pressione della mano di Kyojuro sulla sua nuca si fece gradualmente più forte e con la lingua iniziò a percorrere le labbra chiuse dell’androide cercando di approfondire quel bacio. Hakuji non gli negò quel desiderio, lasciando che Kyojuro prendesse possesso della sua bocca, esplorandola e vezzeggiando la sua lingua alla ricerca di una risposta.

I sensori di Hakuji erano programmati per reagire con scosse e brividi a quelle sollecitazioni. Era stato creato con l’intento di simulare piacere e reazioni fisiche per compiacere gli umani… ma al tempo stesso era certo che quei brividi che gli percorrevano tutto il corpo fossero reali , che non fossero parte della sua programmazione.

Kyojuro continuò a baciarlo, mugolando nel sentire le loro lingue scontrarsi l’una contro l’altra ed allungando entrambe le braccia per cingere le spalle dell’androide ed impedirgli di allontanarsi - cosa che Hakuji non voleva fare.

Come il primo, anche quel bacio si interruppe dopo un po’, e il giovane uomo, guardandolo con gli occhi ancora offuscati dall’alcol, rotolò di lato per trascinare Hakuji con sé, costringendolo disteso sul letto.

Hakuji sentì il thirium riversarsi sul suo viso quando Kyojuro, soddisfatto da quella nuova posizione, gli salì a cavalcioni, piegandosi in avanti per rubargli un bacio più leggero e rapido sulle labbra.

«Sei blu…» mormorò Kyojuro, spostandogli le labbra per sfiorargli le guance, sulle quali si era riversato il sangue blu che scorreva nel corpo degli androidi. «Mi piace tanto…» proseguì cercando di nuovo la sua bocca per coinvolgerlo in un bacio.

La lingua di Kyojuro si scontrò subito contro quella di Hakuji, e le mani del giovane uomo iniziarono a vagare sotto la maglietta indossata dall’androide, percorrendo la forma degli addominali e infine dei pettorali. Le dita erano ruvide e calde contro la pelle liscia e fredda di Hakuji, che si contorse un poco quando le sentì soffermarsi sui capezzoli.

I nervi che componevano la sua pelle reagirono a quella sollecitazione, mandando per un momento in tilt il suo corpo e dalla sua bocca uscì un alto gemito che mise la parola fine al bacio.

Sorpreso tanto quanto Hakuji per quel verso, Kyojuro si sollevò per guardare in viso l’androide, muovendo ancora le dita sui capezzoli di Hakuji, massaggiandoli e tirandoli un poco tra l’indice e il pollice.

L’androide gemette ancora, inarcandosi sotto il corpo di Kyojuro alla ricerca di quelle carezze. Gli sembrava di aver perso del tutto il contatto con la realtà e, soprattutto, con il suo corpo. Si stava comportando in maniera sconsiderata e anomala, ma dall’altra parte… era davvero piacevole . Non voleva che Kyojuro smettesse di toccarlo in quel modo.

«K-kyojuro-sama,» ansimò senza rendersene conto, restando addirittura sorpreso dal tono di voce lascivo che giunse alle sue orecchie.

Ricevette un altro bacio in risposta ma, al contrario dei precedenti durò di meno e si concluse con un lamento da parte del giovane uomo che, smettendo improvvisamente di accarezzarlo, nascose il viso tra la spalla e il collo dell’androide.

«Hakuji… non posso…» mugugnò, spiazzando non poco Hakuji.

L’androide rimase immobile incerto su come reagire a quell’affermazione.

Perché non potevano? Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Aveva frainteso l’interesse di Kyojuro? O questo si era reso conto di provare disgusto verso gli androidi? Oppure era Hakuji stesso il problema? Non gli andava bene?

«Kyojuro-sama…»

Il giovane si sollevò, aveva gli occhi ancora offuscati dal’alcol, ma sembrava sia deciso che triste per quanto stava accadendo.

«Non voglio costringerti, Hakuji…» dichiarò. «Non… non posso farlo. Lo stai facendo perché… perché ti hanno programmato così. Deve essere un tuo diritto rifiutare e non farlo solo perché sono il tuo padrone…»

Hakuji lo ascoltò incredulo iniziare a bofonchiare qualcosa sui diritti degli androidi, sul fatto che potessero essere considerati vivi come era successo a Detroit.

Era davvero quella la preoccupazione di Kyojuro? Il fatto che lui si stesse facendo toccare solo perché era il suo padrone e non perché lo desiderasse per davvero?

Kyojuro era… una persona fantastica. Non aveva nessun altro modo per definirlo e per quanto Hakuji volesse che il giovane continuasse a toccarlo - tutti i suoi componenti stavano ancora vibrando per le carezze che aveva ricevuto fino a quel momento -, non poté non abbracciarlo, dandogli un bacio sulla fronte quando Kyojuro crollò contro di lui mugugnando.

«Vorrei tanto… che tu fossi libero… » disse e Hakuji emise un basso verso d’approvazione, accarezzandogli i capelli.

«Ricordati di questo quando sarai sobrio, Kyojuro…» commentò, sperando di riuscire l’indomani ad affrontare quel discorso.

 

.-.-.-.

 

Hakuji lasciò il letto di Kyojuro alle cinque del mattino, avviandosi per svolgere le sue mansioni domestiche come ogni giorno.

Alla fine, quando il giovane uomo si era addormentato, aveva trascorso il resto della nottata a pensare a quanto era accaduto e alle parole e ai gesti di Kyojuro, cercando al tempo stesso di formulare le frasi giuste per affrontare il discorso della devianza con l’altro - e di conseguenza anche il come era diventato un deviante.

Aveva atteso fin troppo tempo, e anche se non si erano verificati altri incidenti con Shinjuro, sapeva di non poter attendere oltre.

Avviò la lavatrice poi andò in cucina, dove iniziò a preparare la colazione.

Le abitudini alimentari degli abitanti della casa erano ormai impresse nella sua memoria e, come sempre, dedicò una particolare importanza nel donare a tutti e tre i Rengoku - Shinjuro compreso quindi - il giusto apporto energetico e salutare per affrontare la giornata.

Si mosse avanti e indietro tra i fornelli, concentrato sul suo lavoro, e solo quando iniziò a prendere le varie stoviglie si rese conto della presenza proprio di Shinjuro fermo sulla porta della cucina.

L’odore di alcol era meno forte, ma era probabile che non avesse ancora iniziato a bere vista l’ora… in realtà, notò l’androide con un pizzico di sorpresa, Shinjuro sembrava sobrio. 

Hakuji, in ogni caso, faticò ad assumere un’espressione cordiale e sicuramente quella sua ostilità venne percepita dall’uomo.

Shinjuro, infatti, fece una smorfia con le braccia incrociate al petto.

«La colazione non è ancora pronta, Shinjuro-sama,» dichiarò l’androide. «Più tardi posso portarla io in camera questa mattina, senza disturbare Senjuro-sama e Kyojuro-sama.»

«No,» rispose l’uomo, lasciando interdetto Hakuji. Shinjuro fece qualche passo all’interno della cucina, sedendosi su una sedia di fronte al tavolo.

Gli altri abitanti della casa si sarebbero svegliati molto più tardi… e di conseguenza Hakuji sarebbe rimasto da solo ad affrontare Shinjuro.

«So cosa hai fatto,» dichiarò l’uomo e, senza dare tempo all’androide di rispondere, proseguì con tono calmo ma velatamente ostile, anche se non sembrava diretto ad Hakuji. «Due settimane fa, quando mi hai colpito.»

Quella precisazione fece irrigidire Hakuji. Sia lui che Senjuro avevano sperato e creduto che l’uomo non ricordasse niente, che l’alcol avesse offuscato i suoi ricordi… ma evidentemente si sbagliavano.

Tuttavia, Hakuji si sentì pronto ad affrontare quel discorso con Shinjuro. Non lo temeva e di certo lo detestava non poco per l’atteggiamento che aveva sempre assunto nei confronti dei figli.

«Lo rifarei,» rispose serio.

«Lo so, e… voglio che tu lo rifaccia ,» ringhiò nervosamente.

«Come?!»

Shinjuro si passò una mano tra i capelli, distogliendo lo sguardo.

«Questo non giustifica il mio atteggiamento in questi ultimi anni… lo so benissimo. Non sono stato un padre per i miei figli…» ammise. « Ma mi dispiace …»

Hakuji lesse del vero rimorso nelle parole di Shinjuro, lo notava nei battiti del suo cuore e nella tonalità della sua voce.

«Quando mi hai colpito… ho avuto modo di pensare a cosa ho fatto in questi anni. Ho… colpito mio figlio solo perché stava cercando dei ricordi della madre…» ammise con vergogna nascondendo gli occhi dietro il palmo della mano. «Non ho giustificazioni per questo… e ieri Kyojuro mi ha chiamato, era ubriaco e… mi ha insultato …»

Hakuji aggrottò le sopracciglia, sorpreso da quell’informazione. Non sapeva della chiamata di Kyojuro, ma poteva immaginare ciò che gli aveva potuto dire senza freni inibitori.

«Non sono degno di essere chiamato padre, non in queste condizioni…» concluse. Sembrava averci pensato realmente a lungo e stava facendo uno sforzo per ammettere quel problema, e di quello Hakuji se ne stava rendendo conto nonostante fosse ancora un poco dubbioso.

Si fece quindi avanti, serio e controllato.

«Hai bisogno d’aiuto,» dichiarò e l’uomo annuì.

«Lo so,» rispose.

«Sono programmato per aiutare le persone in questi casi,» spiegò Hakuji. «Ma servirà comunque l’intervento di un esperto,» aggiunse, studiando la reazione di Shinjuro.

L’uomo abbassò le spalle e assentì. Aveva fatto un passo enorme, complice non solo le due settimane passate in isolamento dopo l’incidente con Senjuro ma anche la chiamata di Kyojuro.

«Ho… bisogno di una mano,» disse, ammettendo ad alta voce quella necessità, che vede abbassare notevolmente i sistemi d’allerta di Hakuji.

«Mi libererò di tutto l’alcol presente in casa, e prenoterò una visita,» fece presente all’uomo che annuì senza aggiungere altro. Sembrava sfiancato e distrutto per essere riuscito ad affrontare quell’argomento e, probabilmente, l’odore di alcol che l’androide aveva avvertito proveniva più dai suoi vestiti che da quanto ne aveva in corpo. 

Shinjuro sembrava più sobrio che mai.

Hakuji tornò ai fornelli.

«Desideri fare colazione con Kyojuro e Senjuro?» chiese.

«… sì, mi piacerebbe,» rispose per poi rimanere in silenzio mentre l’androide riprendeva a lavorare, ignorandolo completamente.

Solo dopo qualche minuto l’uomo sembrò voler riaprire bocca, emettendo un vago verso prima di chiamare l’androide per nome, cosa che fece bloccare prontamente Hakuji - abituato a ben altri epiteti.

«Grazie, Hakuji…» si sforzò infine di dire Shinjuro. «Per aver protetto Senjuro e per esserti preso cura di tutti qui, anche di me.»

Hakuji a quel punto non poté non accennare un piccolo sorriso e, senza aggiungere altro, riprese a cucinare… forse un po’ più fiducioso verso la ripresa di Shinjuro.

 

.-.-.-.

 

Trovare Shinjuro a colazione era stata una sorpresa sia per Senjuro che per Kyojuro che, increduli, avevano guardato prima il padre e poi Hakuji in attesa di risposte.

Alla fine fu l’uomo, al termine del pasto, a spiegare quanto era successo e la sua decisione, ed Hakuji decise di allontanarsi dalla sala per lasciare ai tre modo di chiarirsi e di parlare. Avevano bisogno di quel confronto e lui era sicuramente di troppo.

Iniziò con le sue normali faccende domestiche, soffermandosi nella lavanderia solo quando gli giunse l’avviso che la lavatrice aveva finito il suo ciclo.

Si occupò dei panni bagnati, stendendone alcuni e inserendone altri nell’asciugatrice, per poi andare nella stanza di Shinjuro a occuparsi, come promesso, degli alcolici.

Li buttò tutti, nessuno escluso, e quando rientrò in casa dopo aver lasciato il vetro all’esterno per la raccolta differenziata, si scontrò con Kyojuro.

Aveva un aspetto un po’ stravolto ed Hakuji non era certo che fosse solo per aver affrontato il padre, era infatti probabile che stesse soffrendo per i postumi della sbornia.

«Kyojuro-sama,» lo salutò educato. «Va tutto bene?»

Kyojuro incrociò le braccia al petto.

«Leggero mal di testa ma sto bene,» rispose. «Perché non me lo hai detto subito?» chiese subito, senza riuscire a trattenersi.

«Senjuro non voleva che ti arrabbiassi con Shinjuro-sama,» spiegò l’androide.

«Non mi riferisco a questo, cioè sì, anche a questo… ma al fatto che sei un deviante!» esclamò.

«Non trovavo il momento giusto,» ammise. «Perché per affrontare quel discorso, dovevo affrontare anche quello su Shinjuro-sama…»

Kyojuro mugugnò a labbra strette.

«Lo capisco,» commentò.

«Mi dispiace, non volevo tenertelo nascosto,» aggiunse. «Ma alla fine sembra che tuo padre abbia compreso l’errore.»

Il giovane uomo accennò un sorriso.

«Sono sorpreso… ma in positivo. Anche se mi fa rabbia pensare che per arrivare a questo ci sia dovuto passare Senjuro… ma ti ringrazio per esserti messo in mezzo.»

Hakuji sorrise.

«Lo farei ancora se necessario, non permetterò a nessuno di toccare Senjuro,» dichiarò e Kyojuro ridacchiò.

«Grazie, davvero.»

Calò il silenzio. Per quanto Hakuji fosse programmato per riuscire ad affrontare anche quei silenzi, in quell’istante non era certo di sapere cosa dire. Nessuno dei suoi protocolli era adatto alla situazione e, soprattutto, i suoi sentimenti erano un qualcosa di troppo complesso per essere rilegati dietro delle frasi fatte.

Tentò comunque di ricomporsi e di mantenere il controllo e, sorridendo, tentò di superare Kyojuro.

«Se hai bisogno di qualcosa sono in cucina a lavare i piat-» le parole gli morirono in gola quando la bocca di Kyojuro si posò sulla sua in un bacio carico di trasporto, che gli causò un brivido e un gemito quando la lingua del giovane uomo andò a cercare la sua.

Kyojuro, con le mani strette sui fianchi dell’androide, fece arretrare Hakuji fino al muro per poterlo bloccare contro la parete con il suo corpo.

«Mi ricordo… e sono sobrio…» mormorò Kyojuro staccandosi leggermente per poter pronunciare quelle parole, ricordando perfettamente le parole che l’androide gli aveva rivolto la notte prima.

«Ah…»

Kyojuro rise e posò la fronte contro quella di Hakuji.

«Non credevo fosse possibile lasciare senza parole un androide,» ammise, rubandogli un altro bacio più casto che generò in Hakuji quello che ormai aveva compreso essere imbarazzo.

Il thirium infatti si riversò sul suo viso che venne subito vezzeggiato da altri leggeri baci del giovane uomo.

«Sei di nuovo blu e mi piace tantissimo,» dichiarò. «E mi piaci anche tu, da quando… beh, credo di essermi preso una cotta per te sin da quando ti sei acceso la prima volta.»

Hakuji aprì bocca, sorpreso da quell’affermazione, così diretta e sincera - tipica di Kyojuro.

«Ero… una macchina ,» commentò.

«A me sembravi già parecchio umano , e se la memoria non mi inganna… anche ieri mi sei sembrato molto umano. »

L’androide sentì il blu aumentare d’intensità ma non si tirò indietro, sentendosi al contrario quasi più libero.

«Peccato che tu ti sia messo a sparlare sui diritti degli androidi, bloccandoti sul più bello,» insinuò con un mezzo sorriso.

A quel punto fu il turno di Kyojuro di mostrarsi imbarazzato.

«Perdonami se credo fermamente nei tuoi diritti e volevo il tuo consenso,» borbottò, emettendo poi un verso sorpreso quando l’androide, cambiando improvvisamente posizione, lo schiacciò a sua volta contro il muro per baciarlo.

Insinuò subito la lingua nella bocca di Kyojuro, sentendolo trattenere il respiro e mugolare per il piacere per via dell’impetuosità che Hakuji non si stava minimamente curando di trattenere… e che tuttavia si concluse prima che il giovane uomo potesse tentare di rispondere con altrettanto ardore.

Hakuji si allontanò, leccandosi le labbra come per sentire meglio il sapore di Kyojuro.

«Hakuji…»

«Farai tardi a lavoro,» gli disse facendo qualche passo verso la cucina per mettere distanza tra i loro corpi - era quello ciò che gli umani chiamavano tentazione?! «Riprenderemo il discorso più tardi, Kyo~ju~ro~ »

Kyojuro si lamentò rumorosamente, diventando rosso per il tono utilizzato dall’androide.

«D’accordo! Ma dopo non mi scappi, Hakuji!» gli fece presente con un'espressione risoluta ma divertita al tempo stesso, e Hakuji non poté ignorare il brivido attraversò tutti i suoi componenti, generando una certa aspettativa per quando Kyojuro sarebbe rientrato dopo il lavoro.

Se quello era essere vivo, allora Hakuji era davvero felice di esserlo.



Piccola redenzione per Shinjuro. Dovevo farlo.
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