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Autore: Brume    05/02/2023    4 recensioni
"…Ho passato anni immersa nella mia missione, nel mio mondo.
Ho sempre guardato avanti e accettato le sfide, combattuto contro nemici in forma umana e verso i miei demoni finché, ad un certo punto della mia vita, mi sono accorta che - come lama il cui filo è rovinato da chissà cosa - anche io ho cominciato ad osservare piccole crepe, pertugi che aprendosi nel cuore e nell’ anima si andavano a dilatare ed allargarsi sempre più, facendosi contaminare da una serie di cose… dal sentimento, dalle passioni…Ecco; per questo motivo, ad un certo punto, non me la sono più sentita di portare avanti la mia missione: stavo cambiando, inesorabilmente.
Ma non ho in ogni caso dimenticato chi sono, né ho mortificato me stessa.
Ho solo accettato alcune cose, ho lasciato che i sentimenti si avvicinassero sempre più al raziocinio. Ho aperto il mio cuore, ho amato, sono stata amata. Ho portato avanti i miei ideali, accettando questo cambiamento, lasciando che la vita mi travolgesse…e ne è uscito un quadro fantastico. "
NB: Aggiornamenti settimanali, compatibilmente con impegni lavorativi.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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17 dicembre 1789, Doullens

 
 
 
Oscar

Quanto siamo cambiati, André, rispetto a qualche mese fa?
Quanto eravamo ingenui, sotto alcuni punti di vista, come  permeati… avvolti  dal disincanto tipico dei sognatori, di coloro che senza tanti drammi attendono l’ arrivo del nuovo giorno senza mai perdere la speranza…
Adesso, invece…chi siamo? Cosa faremo? So di non dover lasciarmi prendere dallo sconforto, ma da quando abbiamo lasciato Compiègne, più di una settimana fa – e con essa la mia, la tua famiglia - ne sono accadute un po' di tutti i colori: prima il malanno di Alain, poi la tua caduta…infine,  a pochi passi dalla mèta, la mia febbre accompagnata una tosse che fino a ieri non mi faceva respirare…

“Oscar, ho pensato che ad Arras potrei andarci da solo. Tu non stai ancora bene e, considerato il tuo stato di salute…”


 Ti sei appena alzato ; seduto sul bordo del letto, lo sguardo che osserva un cielo inaspettatamente sereno, ancora prima di darmi il buongiorno… te ne esci con questa frase.
“André, io sto meglio” rispondo da sotto le coltri   “ se vuoi, posso accompagnarti…”

Ti giri, mi osservi, sorridi.
“Non voglio obbligarti ad un viaggio di un’ora e mezza alla quale sommare – credo – un’ altra oretta seduta nello studio di un notaio. Anche se riuscissi a concludere tutto oggi la casa potrebbe non essere proprio abitabile quindi…sarebbe un viaggio a vuoto.” Sei sempre molto attento con me, capisco ciò che intendi; tuttavia, vorrei essere con te in un momento così importante.

Ti alzi, ti rechi verso il camino ,sistemi della legna poi mi raggiungi verso il lato del letto in cui dormo. Mi accarezzi i capelli.

“Dunque…che ne pensi?” domandi.

“Se te la senti, André, vai pure. Avrei voluto essere con te e, non ti nego, mi dispiace un po'…” rispondo sincera “ …tu, piuttosto,come stai? Zoppichi ancora parecchio.”
Per un attimo fissi la tua caviglia ancora gonfia; sei stato fortunato, le ferite si sono rimarginate senza causare danni.
“Abbastanza bene, ne ho passate di peggio. Sono guarito da ferite ben peggiori nel giro di tre, quattro giorni…” dici.  Mi tornano alla mente alcuni ricordi. E’ vero, quante volte te la sei cavata con poco, nonostante le botte prese….
Dopo un attimo di indecisione  vai verso il bacile, prepari il necessario per raderti.
Mi metto a sedere, non oso ancora alzarmi, la testa mi gira un poco ma è solo per una frazione di secondo.
“Andrai via subito?”
Ti togli la camicia, la sistemi sullo schienale della sedia, inizi a lavarti.
“Si…”
“E quanto starai via? Tornerai per sera? “
“Credo…spero. In fondo si tratta di una formalità…”
Il fuoco inizia a scaldare ben bene l’ ambiente, regalando un piacevole tepore. Allungo le braccia, mi stiracchio.
“Alain verrà con te?”
Inizi a raderti alla bell’e meglio ; con una mano sostieni uno specchietto che ha visto tempi migliori e con l’ altra maneggi la lama.
“No, mi ha detto che voleva approfittare di questi giorni di sosta forzata per trovarsi qualche piccolo lavoretto. I soldi per il medico non li aveva proprio previsti così si è trovato con meno denaro di quanto sperasse e…insomma, tra il viaggio e tutto…”
Annuisco, sposto lo sguardo dalla tua schiena nuda alla parete ed al camino. Dopo qualche minuto torni da me.
“Adesso cerca di riposare, Oscar. Prima di uscire lascerò detto a Jeanne, la figlia di Monsieur Thomas, di badare a te”. Mi passi una mano tra ciuffi di capelli spettinandoli ancora di più, infine ti infili gli stivali. Dopo avermi posato un bacio sulle labbra finisci di sistemarti e raggiungi la porta.
“A stasera, Oscar…” dici sorridendo.
Alzo una mano, ti guardo con dolcezza.
“A presto, André” rispondo.  La porta si richiude e resto sola, dopo tanto tempo,  senza né te né Alain nei paraggi; questo mi fa paura ora più che mai , perché so che tra non molto torneranno pensieri che con tutta me stessa ho provato ad arginare.

Si: quel ricordo.

Sono passati pochi giorni e te lo assicuro,  mi sono impegnata davvero molto per non lasciarmi andare ma voci, pensieri …mio padre, le sue parole…
Fa male.
Molto male.
Non avrei mai pensato ad un epilogo simile, in fondo rimango sempre sua figlia ma, a quanto pare – ed è comprensibile – in questo tragico susseguirsi di eventi in cui ha visto il mondo in cui è cresciuto crollare così …gli ho dato solo che il colpo di grazia…

…cosa avrei dovuto fare, Padre?
Non rinnego il mio passato, non rinnego voi tutti, la mia famiglia; ho preferito dare la priorità a me stessa, alla mia vita: hai mai pensato, Padre, che un giorno o l’ altro sarebbe successo? Era, è inevitabile. Il fatto che tutto sia accaduto a ridosso di una Rivoluzione, ti assicuro, è stato del tutto casuale perché da tempo, oramai, il mio essere pretendeva spazio, ascolto, cura…
Riuscirai mai a perdonarmi? Riuscirai mai a capire che sono tua figlia, che darei la vita per te….?


Mi guardo intorno, ricaccio indietro le lacrime, è presto e si prospetta una lunga giornata.
Cercherò di riposare dico tra me; e torno a posare la mia testa sul cuscino. Morfeo mi raggiunge quasi subito.




 
André

Mi è dispiaciuto lasciarti sola, amore; avrei voluto vivere questo importante momento con te; ci ho pensato bene, sai, ma  non me la sono sentita di rischiare. Anche se Luc ha chiaramente espresso il suo parere in modo favorevo, anche se ha detto che ti sei ripresa, ogni volta che non stai bene mi spavento, come è logico che sia. Non voglio rischiare di perderti: abbiamo ancora tanta strada da fare insieme…

Ho quasi raggiunto la città e ti penso tanto, Oscar.
Rivedere Arras dopo così tanto tempo porta alla memoria molti ricordi della nostra gioventù: le locande dove ci siamo fermati molte volte, la residenza della tua famiglia…,entre il cavallo percorre piano questi ultimi metri, sono tante le cose che mi riempiono il cuore. Ciò che ho sempre sognato – vivere con te, vivere ad Arras – sta, piano piano, realizzandosi. Sono davvero emozionato, amore mio…
Ora non mi resta che trovare il luogo in cui esercita Monsieur Aurelien: credo mi fermerò a chiedere informazioni, piuttosto che proseguire alla cieca, perdendo tempo…
Non vedo l’ ora di tornare da te, mostrarti le chiavi di casa, abbracciarti e tenerti stretta. Ci siamo quasi… ci siamo quasi!
 
***


“Dunque voi siete il piccolo André? Devo dire che siete cresciuto parecchio, dall’ ultima volta che vi ho visto. Siete stato qui insieme a vostra nonna, avrete avuto si e no otto anni. Fu prima che partiste, definitivamente, per Parigi.”
Il notaio è un uomo imponente, somiglia più ad un campagnolo avvezzo alla zappa piuttosto che ad un uomo di cultura; ha un aspetto gioviale, sembra una persona schietta.
“Può essere; deve scusarmi, ma ho pochi ricordi della mia infanzia..” rispondo cercando di non risultare maleducato. Lui si alza, va verso una secretaire e, dopo aver preso una chiave, apre uno dei cassetti ed estraendo questo un incartamento che , una volta tornato alla scrivania, lascia cadere con un tonfo prima di sedersi a sua volta.
“ Ecco, qui vi sono alcuni documenti che potrebbero tornarvi utili; il vostro atto di nascita, l’ atto di proprietà della casa, alcune altre cose inerenti le proprietà della vostra famiglia….”
Lo interrompo subito: quali proprietà? Domando. Non credevo di averne.
Lui mi fissa, forse pensava che fossi al corrente di qualcosa.
“Non ne sa nulla?” chiede, giocherellando con un bottone della giacca.
Nego.
Monsieur si sistema sulla sedia, quasi avesse paura di dire qualcosa di scomodo e, per un attimo, mi preoccupo. Il suo sorriso affabile mi tranquillizza.
“ Come credo sappiate, vostra nonna ha affidato alla mia persona i vostri guadagni e la cura della vostra casa paterna …e non solo; vi sarebbe, infatti, una sorta di lascito a suo tempo fatto dal Conte Jarjayes in virtù dell’ affetto e della lealtà che lo ha sempre legato a Madame Grandier: si tratta della proprietà che esso possiede in Normandia.”
A momento cado dalla sedia, tanta è la sorpresa.

“La…la tenuta in Normandia? Come è possibile?”

L’ uomo afferra – tra le pila di scartoffie – un foglio ancora sigillato con la ceralacca che apre davanti ai miei occhi.
“Ecco: questa dichiarazione è stata firmata dal Conte, controfirmata da me…” dice indicando con il dito una riga “ …qui, se leggete bene, vi è messa per iscritto la volontà del Generale Jarjayes. Credo sia stato lungimirante: forse ha fiutato il pericolo che effettivamente di questi tempi si è palesato…”
Prendo il foglio, lo leggo con calma, partendo dall’ inizio…non credo che nonna sapesse qualcosa, perché qui non vedo la sua firma. Leggo solo che…che la casa è stata ufficialmente donata ed una sorta di usufrutto ne permette l’ uso anche ad i parenti più prossimi. La firma è di un paio di anni fa dunque…nemmeno Oscar sapeva nulla?
“..:Va da sé che voi, essendo l’ unico nipote, potrete disporne come meglio credete, qualora dovesse interessarvi  E’ scritto qui, nella terzultima riga…”  dice.
Lo fisso, sono incredulo. Lui afferra piuma e calamaio e me li porge. Firmo, la mano un poco tremante ed infine, riconsegno il tutto a lui.
“Bene: ora le consegnerò il suo denaro, le chiavi della casa di Arras e gli altri documenti; poi, siamo a posto. Ah, un’ ultima cosa: negli ultimi tempi ho incaricato mia nipote affinché provvedesse di tanto in tanto a controllare casa vostra. Sa, lasciandola inabitata per tanto tempo….”
Mi alzo, gli stringo forte la mano. Lui mi consegna il tutto.
“Vi auguro una buona giornata e vi aspetto per delineare la questione patrimoniale” dice quando sono ormai sulla porta. Ancora un saluto veloce ed esco: suona mezzogiorno e devo fare alla svelta, vorrei riuscire a vedere la casa e rientrare prima di sera. Oscar mi aspetta…

“…André? Sei tu, André?”
Ho appena mosso qualche passo che , dietro di me, sento provenire una voce femminile. Curioso, mi volto; una bellissima donna mi sta fissando. Indossa abiti ricercati ma non fastosi, non sembra proprio una popolana. La mia mente si mette subito in moto per capire chi sia, considerando anche la confidenza con la quale si rivolge a me.

“Ci conosciamo?” rispondo, per non essere maleducato.
Lei sorride, si avvicina.Ha degli occhi bellissimi, di un colore che si avvicina all’ oro, con qualche chiazza di verde.

No, non può essere lei…

Un dubbio si instilla dentro me. Magari farò una figuraccia…

“Chri- Christine? Sei tu?”

I suoi occhi si illuminano e le labbra pittate di un colore chiaro, naturale si aprono in un sorriso; tende le mani, mi viene incontro, stringe le mie.
“André! Sei stato da Zio Aurelien? Sapevo che saresti passato di qui, me lo ha detto. Ma non credevo così presto.”
Zio? Dunque è lei…è lei la nipote di cui mi parlava?
“…si “
rispondo ancora incredulo “ avevo alcune carte da ritirare…”

Lei si adombra, pare d’ un tratto preoccupata.

“Tua nonna…?” domanda, con timore. Ci metto un po' a realizzare: quindi, la rassicuro subito.

“Sta bene, grazie a Dio. Ma…vedi, sono successe parecchie cose...” buttò li.

Christine si guarda in giro.

“Hai tempo, André? Vorresti fare due passi?” chiede.

Dopo averci pensato un attimo le rispondo in maniera affermativa.
Comunque, devo passare a vedere casa, prima di programmare qualsiasi altro spostamento.
“Certo; anzi, potresti accompagnarmi, vorrei dare una occhiata alla casa, prima di tutto….”
Christine mi prende sottobraccio.
“…Zio Aurelien ti ha detto che mi sono occupata, su suo preciso incarico, di casa…casa tua?”
Annuisco.
“L’ ho fatto volentieri. Sai, dentro di me sapevo che un giorno saresti tornato…non sai quanto ho pianto, quando sei andato a Parigi…eri l’ unico amico che avessi. ..” dice.
“Eravamo piccoli, praticamente siamo cresciuti insieme. Entrambi figli unici, le nostre famiglie si aiutavano a vicenda. Poi tua madre, rimasta vedova poco dopo la tua nascita…ha sposato il fratello di Monsieur Aurelien e ti sei trasferita a Calais…La nonna mi ha sempre tenuto aggiornato, sai? Credo che in cuor suo pensasse che un giorno ci saremmo sposati!” rispondo sorridendo. Lei fa altrettanto, coprendo le labbra con mani delicate per non apparire sfacciata.
Camminiamo per un centinaio di metri e poi svoltiamo a sinistra, seguendo una piccola vietta acciottolata. Lei non mi risponde, tiene il capo rivolto a terra.
“Sai, André…non sono più la ragazzina di un tempo. A Calais ci sono stata un gran poco: a quindici anni ho incontrato un uomo, un nobile…sono fuggita a Parigi con lui. Ero in età da marito e mia madre di certo non si è opposta. Una certa quantità di denaro le ha dato alla testa, non era più quella di un tempo” dice. Il suo tono di voce di fa malinconico, quindi non domando oltre, preferisco sia lei a parlare. “ I primi tempi mi ha trattata come una regina. Poi, dopo qualche anno e nessun matrimonio in vista, finalmente ho capito: non ero altro che una sua concubina. Pensa che…che ad un certo punto  mi ha pure obblicata ad accompagnare i suoi amici durante gli incontri ufficiali, talvolta anche all’ estero; ero una bambola, un oggetto di cui disporre. Una sera, mentre per l’ ennesima volta ero insieme ad un vecchio e viscido marchese  diretta a Versailles, sono riuscita a scappare…e sono tornata qui. Sono passati davvero molti anni, non mi è mai venuto a cercare: forse mi ha subito rimpiazzata con un’ altra, più giovane…..”


Mi fermo, sono davvero senza fiato. Povera Christine…

“Mi dispiace” riesco a dire. La fisso intensamente per un po', sono costernato, affranto. E’ come una sorella per me e sentire tutto questo mi ha fatto molto male…

“E tu, André? Hai detto che sono successe parecchie cose…lavori ancora per la famiglia de Jarjayes?” domanda.
Ricominciamo a camminare, lentamente.

“No, non più…”

Christine mi guarda. Conosco quell’ espressione, perché ogni volta che combinavo una marachella e non volevo dirle nulla, lei mi guardava così.
“Piccolo Grandier, ora dimmi tutto” esclama.Esattamente come allora…
“Sono rimasto a servizio della famiglia molti anni. Sono accadute molte cose, sai? Ero l’ attendente dell’ ultima figlia del Conte, Oscar-“

“Oscar? Una donna?”
“Si” annuisco “ …lei è…è divenuta mia moglie, qualche mese fa.. diciamo così. Poco prima della rivoluzione siamo di fatto scappati, sia per questo motivo che per abbandonare un mondo e ideali non più nostri. Avremmo voluto fare la rivoluzione ma…Oscar si è ammalata, abbiamo passato davvero un brutto periodo…il motivo per cui sono qui oggi è che…vorremmo vivere ad Arras, nella casa che la nonna mi ha donato”.
Il mio racconto è fatto tutto d’ un fiato, forse anche confuso, ma sono parole sincere quelle uscite  dalle mie labbra e va bene così. Christine , davanti a me, ha una espressione indecifrabile. Insieme, ricominciamo a camminare: casa è qui vicino se non ricordo male.
“Accidenti!” esclamo non appena la vedo. Immaginavo un rudere, invece mi trovo davanti ad una casupola curata, come se ci avessero vissuto fino a qualche mese prima. E’ un tuffo al cuore, in un silenzio quasi religioso mi avvicino, ne percorro il piccolo perimetro.  I muri sembrano ancora solidi e l’esterno è stato sistemato da non molto tempo; ante e porte, seppure datate, sono state anch’ esse sistemate e …il piccolo appezzamento che mamma usava per coltivarci qualche verdura è ancora li…così come il recinto. Con una mano sfioro il legno che mio padre ha sapientemente tagliato, assemblato, curato…l’ emozione mi assale. Quanto vorrei che tu fossi qui, Oscar!
“Tua nonna ha disposto che una volta l’ anno alla casa venissero fatti i lavori necessari per non lasciarla andare in rovina; inoltre, da quando sono tornata qui sette anni fa, almeno una volta la settimana mi occupavo di controllare che tutto fosse a posto…”


Christine è rimasta dietro di me. Mi giro e la raggiungo.

“Vuoi entrare? Zio ti ha dato la chiave?”
La mia mano si infila in tasca e la estrare. Lei sorride, mi esorta.
Con mano tremante mi accingo dunque ad aprire la porta, il cuore mi batte forte.

“Ma…è tutto rimasto come allora” esclamo; ho davvero pochi ricordi, ma quei pochi che ho sono vividi, non posso sbagliarmi.
I miei occhi esaminano ogni cosa: la stufa, il sobrio mobilio della cucina… un paio di poltrone, una sedia a dondolo e poi, poi il camino grande quasi quanto una parete…
Le mia dita sfiorano delicatamente ogni centimetro di questa abitazione; infine, raggiungo anche la camera dove dormivo, insieme ai miei genitori, in un piccolo letto…

“Non ho toccato nulla, ho solo fatto sistemare alcune cose, André” sento dire a Christine; tuttavia la mia mente è altrove, mi vedo qui, con Oscar…

“Grazie, Christine. Non so come sdebitarmi” rispondo.

Lei si avvicina, mi prende la mano, la stringe forte.

“Siamo sempre stati come fratelli, André; ricordo quando i tuoi genitori davano una mano a mia madre, ricordo tutto ciò che la tua famiglia ha fatto per noi. Forse sono stata più fortunata, crescendo non mi è mancato più nulla, ma non ho mai dimenticato da dove vengo… Ti sono debitrice, questo è quanto…”
Mi volto, la osservo.
“Non dire così… non è vero. La mia famiglia ha solo fatto ciò che riteneva più giusto fare…” rispondo. Christine sorride, sembra serena.

“Sono felice di averti rivisto, André. E’ stata davvero una bella sorpresa.”
“Anche per me lo è stato; quanti ricordi, quante emozioni mi hai fatto tornare alla memoria…”


Lei si aggiusta il cappuccio del mantello sul capo.

“Ora, però, devo proprio andare: zio Aurelien mi attende, dopo domani partiremo e dobbiamo ancora finire i bagagli…” dice. I suoi occhi si fanno tristi.
“…e dove andrete?” domando.
“Zio vuole trasferirsi. E’ vecchio e non ha più intenzione di esercitare. Pensava di andare in Italia, poi ha cambiato idea e ha considerato l’ Inghilterra…”
“Capisco. Anche un mio caro amico vorrebbe trasferirsi li. E’ rimasto solo e vorrebbe andarci in cerca di fortuna” rispondo.
“Potrebbe viaggiare con noi, se vuole. Un poco di compagnia non fa mai male…”
Effettivamente, non ha tutti i torti. Un’ idea inizia a balenarmi per la testa.
“Christine, ti andrebbe di accompagnarmi qui vicino? Alloggio in una locanda ad un paio di ore da qui…potrei presentarti questa persona. E’ affidabile, su questo posso giurarci…”
Lei nega.
“Sta venendo tardi, ho preso altri impegni: tuttavia domani, se vuoi, posso prendere il calessino e raggiungervi. In questo modo potrò avvisare in anticipo lo zio e sentire le sue impressioni” risponde.
“D’ accordo; allora…a domani. Io resterò ancora un attimo qui e poi farò ritorno alla locanda” rispondo: non vedo l’ ora di arrivare, Oscar mi manca già.

Ci salutiamo, felici di questo fortuito incontro;  decido di rimanere ancora un po' qui ma cerco di sfruttare il tempo a mio favore, annotando mentalmente tutto ciò che servirà per abitarci: candele, legna, cibo…infine, poco prima che il sole tramonti, mi metto in cammino.

Oscar si sarà stancata di aspettarmi...




Oscar
Ho passato il pomeriggio a dormire e, devo dire, ne ho tratto parecchio giovamento; la febbre non è più tornata, per fortuna e, se devo essere onesta, spero di riprendermi del tutto entro due o tre giorni; siamo così vicini alla méta…! André non è ancora tornato ma, si sa, tali faccende richiedono tempo. Tuttavia…credo sarà qui a momenti. Il sole è tramontato ormai da tempo.
Alain è arrivato verso metà del pomeriggio, ho sentito i suoi passi nel dormiveglia e sono quasi sicuro di aver sentito la porta discostarsi. Poi l’ ho sentito uscire, di nuovo è passato a controllare le mie condizioni, ma non  mi ha svegliata: probabilmente voleva solo controllare le mie condizioni.Ora, quasi quasi, provo almeno a mettermi seduta; vorrei darmi una rinfrescata ma temo di non riuscire a reggermi in piedi più di tanto …meglio aspettare André, si.
 Chiederò lui di darmi una mano.

Non devo attendere molto, fortunatamente. Sento i suoi passi lungo il corridoio e, dopo poco, noto anche la maniglia muoversi.
“Oscar, perdonami: ho fatto davvero tardi” dici. Sei stanco, lo noto dai lineamenti del suo viso; inoltre, ora zoppichi vistosamente.
“Bentornato, André: è andato tutto bene?” domando.
Entri. Ti togli il pastrano e la giacca, sfili gli stivali e mi raggiunge.
“Si, oserei dire benissimo! Devo riferirti molte cose…” risponde. Il tono è allegro, bene! Penso. Le sue labbra si avvicinano, mi bacia.
“Dimmi prima di te…cosa hai fatto durante la mia assenza? Ti sei riposata almeno un po'?” chiedi mentre ti stendi al mio fianco, sollevandoti sul gomito, la mano a reggere il viso.
“Ho riposato come non mai” dico “ e ciò è un bene. Almeno, non ho pensato..” Sorridi , allunghi una mano, mi accarezzi.
“Ne sono lieto, mio amore” rispondi. I tuoi occhi brillano, sono diversi dal solito.

Appoggio la mia mano sulla tua.
“Non mi racconti come è andata?” chiedo, curiosa.
Ti stendi supino, incroci le braccia dietro la testa.
“Ti devo dire talmente tante cose, Oscar…che non so da dove cominciare!” rispondi.
“Dimmi, ti ascolto” rispondo. Sono davvero curiosa!
“Innanzitutto…la casa è pronta per essere abitata. Monsieur Aurelien è un uomo gentile, ha perfino pensato a mantenere l’ abitazione come un tempo. Inoltre mi ha dato una notizia inaspettata…riguardo la tenuta di Normandia!”
Ti alzi e ti appoggi al muro, accanto alla finestra, le mani dietro la schiena.
 Io sono…sinceramente sorpresa: non sto più nella pelle, devo sapere!
“André, parla: che succede?” domando.
Senza dire nulla, il sorriso sulle labbra, raggiungi il tavolo dove poc’anzi hai posato alcuni incartamenti,  scartabelli un attimo e poi mi porgi un foglio. E’ una dichiarazione olografa, c’è la firma di mio padre…e quella di Nanny. Le riconosco a colpo d’ occhio.
Inizio a leggere, avidamente, spostandomi man mano verso il lume per essere certa di comprendere meglio; leggo quel foglio due, tre volte prima di appoggiarlo sul letto e guardarti.
“Ma…è una notizia…fantastica!” dico; riprendo il foglio, lo leggo…è proprio vero.
Torni a sederti, rileggi anche tu quel foglio.
“E’ stata una grossa sorpresa anche per me, se devo dire la verità: quando il notaio me lo ha comunicato, non volevo crederci. A quanto pare tuo padre, qualche mese fa, ha disposto che la tenuta fosse lasciata a mia nonna”. Fai una piccola pausa, forse stai realizzando ora, davvero, cosa significhi questo. Infine, riprendi a parlare.
“Non conosco il motivo, non voglio saperlo; spero solo tu sia felice, quella casa almeno verrà preservata, resterà a te…”
In realtà la casa è tua, è di tua nonna…penso. Tu che mi leggi dentro, da sempre, intervieni.
“Oscar, quella casa è ancora tua…” dici. Cerco le tue braccia forti, non aspetto molto prima che esse mi stringano. Sono…stranita, non so che dire.
“Tu come stai?” chiedi, infine.
“Bene, André. Sono sincera. Credo che tra un paio di giorni potrei pure azzardarmi ad uscire”
Le tue mani tastano il mio viso.
“Sono felice…non immagini quanto desideri che tu veda la mia…la nostra futura casa. Sempre che, date le novità, tu non voglia andare in Normandia…”
Ammetto che questa faccenda mi lascia sorpresa, a dirla tutta devo ancora rendermene conto, appieno…
Tu non mi lasci nemmeno rispondere che…hai ancora qualcosa da dirmi, ricominci a parlare.

“C’è poi un’altra cosa che dovresti sapere.”

 Sei allegro, sicuramente è qualcosa di buono.

“Ho rivisto una persona, si chiama Christine. Siamo cresciuti insieme…lei è la nipote del notaio che si è occupato di tutto…forse domani verrà qui.”

Christine? Non me ne avevi mai  parlato…verrebbe qui…e per fare che cosa?

“Christine? “
domando.

“Scusami, Oscar, se non ti ho mai detto nulla… Lei è come una sorella, per me. Tra qualche giorno partirebbe per l’ Inghilterra, le ho proposto di incontrare Alain. Magari possono fare il viaggio insieme, ci sarebbe anche lo zio di questa donna …”
Ad essere sincera, tutte queste novità mi stanno mettendo il mal di testa; ma ne prendo atto, anche se vorrei capire meglio.
Tu mi fissi, stai per dirmi qualcosa ma poi ti trattieni.

“D’ accordo, André” rispondo senza aggiungere altro.
“Qualcosa non va?” domandi.
“…No” ti rassicuro all’ istante “ è che…stanno succedendo così tante cose! Ma stai tranquillo, André; le affronteremo con calma, io non ho riserve di sorta.”
Sembri più tranquillo, ora, ne sono davvero felice. Ci sarà tempo per parlare….

Lo stomaco inizia a brontolare, comincio ad avere fame.

“Stasera proverò a scendere in sala, André. Oggi ho riposato bene e credo proprio di farcela” dico cambiando argomento; tu, felice, mi vieni incontro.
“Sei sicura?” chiedi.
Accenno un si; allora, subito, mi chiedi se ho bisogno di una mano a vestirmi.
“…vorrei anche farmi un bagno, ne ho bisogno” dico e nel farlo mi tocco e guardo i capelli, sono davvero in uno stato pietoso…

“Avviso subito la cameriera di portare una tinozza. Ti aiuterò io, Oscar, non preoccuparti; infine, se te la senti, scenderemo. Davanti ad un buon pasto potremo parlare con calma, ci sono ancora molte cose che vorrei mostrarti e riferirti” aggiungi.
“Sei molto caro… allora…ci pensi tu? Io, nel frattempo, se sei così cortese da passarmi la borsa da viaggio, vedrò cosa indossare. Negli ultimi giorni sono divenuta un tutt’ uno con la camicia da notte…”

Ti chini, allunghi un braccio sotto al letto e poi mi passi la borsa, inizio a frugare tra le poche cose che mi sono portata, scelgo un paio di pantaloni e una camiciola, con una giacca pesante. Niente gonne, corsetti o altro…non sarei in grado di reggerli, ultimamente.



André

La tua pelle…quasi ne avevo dimenticato il colore , il profumo; mentre passo la spugna sulla tua schiena e sul tuo collo mi fermo a pensare che è davvero molto tempo che…si, insomma, che non stiamo insieme e mi manchi, mi manca tremendamente il contatto dei nostri corpi…
Tu sei silenziosa: forse stai pensando a tutto ciò che ti ho riferito? …ne sono quasi certo; per questo vorrei parlare insieme a te, con calma.


“André?”
La mia mano sta percorrendo il tuo braccio, adagiato lungo i fianchi…
“ Sei pensieroso, devi dirmi qualcosa?” chiedi.
Mi fermo e cerco il tuo viso.
“No, perché? Più o meno ti ho già detto tutto ciò che dovevo…” rispondo.
“ A scanso di equivoci, vorrei subito dirti che non sto parlando di Christine. Prima…ecco, ti sei come incupito, i tuoi occhi sembravano velati di nostalgia…” dici.

Oscar…come faccio a dirti che ti desidero e che i miei pensieri erano riferiti a noi, al desiderio sempre presente in me? Non vorrei turbarti, sei così vulnerabile ultimamente…

“…”

Mi guardi, sorridi.
Afferri la spugna dalle mie mani e la passi sul tuo corpo.

“Oscar, io…mi manchi, ecco” dico, alla fine. Il tuo corpo nudo…mi sta mandando ai matti.
Lasci cadere la spugna.
Sciogli i tuoi capelli. Allunghi le braccia, mi afferri la camicia e mi tiri verso di te. I tuoi occhi mi bramano, lo vedo. E’ un richiamo irresistibile…

“…ti avviso che potrei non rispondere più di me” sussurro quando la mia bocca ha raggiunto il tuo viso.

Mi baci, esci dalla tinozza.

Ti stendi.

“ Anche tu mi manchi, André; mi manchi tanto. Non voglio aspettare oltre” mormori a tua volta: ed è la fine, perché…mi perdo immediatamente in te, senza pensare più a nulla. Non esiste davvero più niente intorno a noi. Solo questa stanza ed il fuoco che man mano va spegnendosi, ma noi non abbiamo freddo. Per nulla…



Più tardi, intorno alle otto e mezzo, raggiungiamo Alain che ci aspetta in sala. Con passi lenti ma sicuri, mano nella mano, percorriamo il corridoio e scendiamo, ancora accaldati dalla nostra…parentesi; ti sento sicura, i tuoi passi non sono più incerti…
“Se continuo così, non dico domani, ma il giorno seguente potremo davvero raggiungere Arras… ma dimmi: la casa? Come è?Pronta?” mi chiedi.
“Te ne avrei parlato con calma a cena …ad ogni modo si, lo è. Anche meglio di quanto pensassi. Ci sono delle migliorie da fare, questo si, ma è poca cosa “ rispondo
“Sono felice, André. Finalmente potremo vivere una vita tranquilla. Non chiedo altro…”

Siamo arrivati, vediamo Alain in fondo alla sala, accanto al camino.
 Sulla panca, vicino a lui, hanno preso posto altre due persone ma sembrano decisamente farsi i fatti loro.
“Anche per me è lo stesso…” rispondo stringendoti sempre più la mano. Facendoci strada tra gli avventori, ci sediamo accanto al nostro amico.

“Ce ne avete messo di tempo” dice Alain. Ha il viso tirato, stanco.
“Scusaci, Alain; pensavamo di fare prima ma…siamo stati ‘trattenuti’ ” rispondo.
Lui ci fissa, so già che sta per arrivare una delle sue battute.
“Si dice così, ora? Trattenuti?”
Oscar lo guarda, scuote il capo sconsolata. Infine, si siede vicino a lui ed io mi accomodo esattamente di fronte.
“…beh, non so cosa intendi…” dice lei ridacchiando. Alain sorride e ti chiede come va.
Thomas, l’ oste, arriva dopo una decina di minuti, c’è davvero tanta gente, stasera; ordiniamo tre minestroni , formaggio, delle patate.
“Come è andata, Alain? Hai avuto fortuna?” gli domandi. Lui si stiracchia, leva la giacca pesante.
“Si, considerati i tempi. Per lo meno oggi…domani, vedrò: ho avuto alcuni nomi, potrebbero servire un paio di braccia in più” risponde; allora, pronto, prendo l’ occasione e gli parlo di Christine ed in questo modo ho l’ occasione di approfondire il discorso anche con Oscar, che ascolta attenta.


“Devo dire che…è stato un pomeriggio ricco di sorprese, André” dici non appena finisco di parlare; sei sollevata, lo sono anche io. L’ unico ad essere pensieroso è Alain.
“Qualcosa non va?” domando.
“No, no affatto: mi ero fermato a riflettere sul fatto che…insomma, non sono pratico di questi discorsi ma…non credevo ci saremo divisi così presto e…”
Thomas arriva con i piatti, caldi e fumanti.

“…ecco, non so se sono pronto ad andarmene davvero.” Concludi.

Che dire, Alain? Nemmeno noi lo siamo: abbiamo condiviso molto, ti reputo come un fratello, anche Oscar ti vuole molto bene.
“Fermati ancora un po' ” dici “ dove c’è posto per due…c’è anche per tre…”
Alain ci pensa un po'. E’ molto combattuto.
“Dovrei pensarci. Comunque, domani, quando la tua amica verrà a trovarvi, cercherò di esserci.”

Ci guardiamo, sorridiamo. Sarà davvero dura separarci…
 Infine, iniziamo a mangiare pensando al fatto che questa, senza dubbio, è stata una giornata davvero, davvero lunghissima…e non ha ancora finito di stupirci: mentre ci alziamo, dopo aver consumato velocemente il pasto nel giro di una mezz’ora, dalla porta entra una persona, un volto a noi noto: Fersen.
   
 
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