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Autore: moira78    06/02/2023    11 recensioni
A volte basta un desiderio per cambiare il corso degli eventi. E se Anthony non fosse morto? Come sarebbero state le vite di Candy e di tutti gli altri?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione alle date, in alcuni capitoli sono fondamentali per capire il momento della vita di Candy & Co., se sto tornando indietro nel tempo o andando avanti!


 
Prologo

I morti non tornano in vita


Albert sentiva che il suo corpo era rannicchiato contro un altro corpo. La sensazione era strana, dal momento che gli parve di essere piccolissimo e, quando alzò lo sguardo, la vista era sfocata: i suoi occhi ne incontrarono un altro paio e fu come guardarsi allo specchio, perché riconobbe il colore azzurro chiaro.

"William Albert... ti chiamerai William Albert. Sii sempre felice, piccolo mio. Ti amo immensamente... ti amerò per sempre...". Le palpebre si richiusero lentamente, facendogli crescere un senso di panico così forte che scoppiò a piangere.

La sua voce era quella di un neonato.

Delle braccia lo portarono via e lui si rese conto che stava osservando il viso esanime di sua madre, morta poco dopo averlo dato alla luce. Trent'anni dopo.

Chicago, 1920, notte

Con un singulto strozzato scattò a sedere, ansimando a occhi spalancati, l'immagine era ancora impressa a fuoco davanti a sé. La mano andò alla testa e le dita si insinuarono fra i capelli, mentre Albert si guardava intorno riconoscendo la propria stanza.

La finestra alla sua destra, con le imposte aperte che gli mostravano l'ultimo quarto di luna accarezzato da lunghe nubi scure come dita scheletriche; il comodino con la lampada ancora accesa e un bicchiere d'acqua pieno per metà; l'armadio in pesante mogano.

E Anthony, in piedi, appoggiato alla parete.

Con un'espressione di costernato stupore, Albert arretrò sul materasso in un gesto istintivo. Era sempre stato un uomo pragmatico e razionale, ma non gli capitava certo tutti i giorni di trovarsi davanti a un fantasma.

Fa parte del sogno, certo. Sto sognando di essermi svegliato.

Mentre il cuore, che aveva accelerato, riprendeva un ritmo normale a quel pensiero, Anthony parlò e la sua voce era così reale che cominciò subito a dubitare del semplice concetto appena formulato.

"Mi dispiace, non credevo di spaventarti. Ti ho sempre visto come un uomo coraggioso ed equilibrato, zio William". Gli occhi erano vivi e sorridenti.

Coraggioso ed equilibrato. Certo. Fino a quando mi sono addormentato poche ore fa.

Aprì la bocca per parlare perché, anche se si trattava di un sogno o di una visione, quel nipote gli era tanto caro che non sarebbe rimasto in silenzio davanti a lui. "A...", fu l'unica vocale che gli uscì dalla gola riarsa. In realtà non sapeva neanche se stesse per pronunciare il suo nome o qualche altra frase di senso compiuto.

Seppe solo che le labbra del giovane si incurvarono e gli ricordarono dolorosamente Rosemary. Anthony aveva ancora quindici anni, a prima vista, e non poteva che essere così.

Era quella l'età in cui era morto e non sarebbe mai mutata.

Imponendosi controllo, Albert allungò la mano fino al bicchiere d'acqua e notò, con sommo disappunto, che gli tremava leggermente. Scolò tutto il contenuto in due sorsi, desiderando d'improvviso che si trasformasse in whisky, e tornò a guardare Anthony.

"Va un po' meglio?", domandò con le braccia ancora incrociate e la postura rilassata.

"Credo", si schiarì la voce, un po' arrochita, "credo di sì. Ma... insomma... sei un sogno, vero?", domandò gesticolando verso di lui.

La sua espressione divenne seria: "Puoi credere ciò che desideri, ma in realtà sono qui perché volevo parlarti. L'ultima volta che ti ho visto ero troppo piccolo e per anni mi sono quasi dimenticato di te: la tua sensazione di essere stato lasciato indietro dopo la morte di nonno William non era del tutto sbagliata. E mi addolora molto".

Albert deglutì, non sapendo cosa rispondere. Anthony era addolorato per lui? Anthony, che era morto nel fiore degli anni per una stupida caduta da cavallo, che se solo non avesse partecipato a una dannata caccia alla volpe...

"Non ti tormentare più, zio. Avete chiuso insieme quel capitolo della vostra vita, tu e Candy, giusto?".

Ancora una volta rimase senza parole. Non solo suo nipote gli aveva letto nel pensiero, ma sapeva della conversazione che aveva avuto con Candy a Lakewood qualche tempo prima, proprio nella radura dove lui era morto.

Il dolore lo assalì e Albert ebbe l'impulso di alzarsi e abbracciarlo, dirgli quanto gli dispiacesse, quanto gli volesse bene, quanto avrebbe voluto...

"Va tutto bene, zio Albert, davvero", disse con tono dolce, facendogli salire le lacrime agli occhi. Anthony lo stava rassicurando. No, di più: Anthony lo stava perdonando, cosa che pensava di aver già fatto con se stesso.

"Sai? Preferisco quando mi chiami zio Albert", disse con voce incrinata, come se lo avesse sempre chiamato così. In realtà, quando lo aveva visto vivo l'ultima volta, Anthony sapeva a malapena parlare.

"Bene, allora ti chiamerò così!", disse allegramente, il sorriso che si allargava. Si scostò un poco dal muro e camminò verso di lui. Albert scese dal letto e si ritrovò a fronteggiarlo, guardandolo dall'alto in basso come se non credesse ai suoi occhi.

Uno zio che rivede il nipote dopo tanto tempo lo avrebbe dovuto abbracciare, magari dirgli quanto fosse cresciuto. Ma Albert non fece nulla di tutto questo, limitandosi a imprimere quell'immagine nella sua mente.

Oh, caro Anthony...

"Cosa sta succedendo di preciso?", chiese con voce bassa e controllata. Non aveva paura di suo nipote. Se era lì per prenderlo con sé avrebbe solo avuto il rammarico di lasciare da sola Candy senza averla potuta salutare.

"Sono qui per farti due regali", ribatté senza perdere il sorriso, gli occhi blu così scintillanti che sembrava vivo. Semplicemente vivo.

Albert inclinò la testa di lato e socchiuse un poco le palpebre: "Come in quel libro di Dickens?", chiese.

Ma Anthony fece un segno negativo col capo: "Oh, no, non sono come il fantasma del Natale passato o qualcosa del genere e tu sei tutto l'opposto di Scrooge. Non ti mostrerò scene del futuro, ma a dire il vero un pezzo del tuo passato lo hai appena sognato. Volevo che avvertissi la sensazione di stare fra le braccia di tua madre, ma ho dovuto farti regredire di parecchio e comunque non è stato molto. Mi dispiace".

Lottando contro le emozioni forti che lo stavano sommergendo, non ultima proprio quella di calore tra le braccia materne, Albert deglutì forte cercando di mantenere ferma la voce: "Perché?", domandò.

"Perché dopo tanto dolore ti meriti un po' di dolcezza". E lui stesso aveva un viso dolce, etereo, colmo di tenerezza. Il suo giovane nipote aveva un cuore e un animo così puri che gli parve di poterli vedere e toccare.

Albert allungò una mano per farlo, sfiorando con il palmo la guancia calda del ragazzo, sentendosi commosso di poterlo fare e di poterlo sentire: "Anthony...", mormorò con voce rotta.

"Va tutto bene, zio ", ripeté. "Ma non ho molto tempo e devo parlarti di Candy". Emanava un tale senso di serenità che ne fu contagiato. Alla fine si somigliavano molto, sotto quell'aspetto, pur se in quel preciso istante Albert sentiva un turbine di emozioni riversarsi nell'anima come non gli capitava da anni.

"Di Candy...?", ripeté lasciando ricadere il braccio, curioso e al contempo quasi timoroso.

Anthony annuì: "Sai, voglio raccontarti una storia. Quando ho incontrato Candy, lei pensava che fossi il suo Principe della Collina. Ma ha capito quasi subito che non era così e ti confesso che per un periodo ne sono stato quasi geloso".

Albert spalancò gli occhi, incredulo: suo nipote... geloso di lui? O, perlomeno, del Principe?

"In seguito ne abbiamo riparlato e... beh, Candy mi ha detto che le piacevo semplicemente per quello che ero. È stato il momento più felice della mia vita".
Anthony chiuse gli occhi e Albert lo imitò. Quel nipote così generoso avrebbe meritato molti più momenti felici.

Molti, molti di più.

"Candy era destinata a te fin dall'inizio, zio". Quelle parole lo fecero sussultare come se avesse ricevuto uno schiaffo.

"Che... cosa stai dicendo?", non poté impedirsi di chiedere.

"La verità. Stavo per parlarle di te, rivelandole l'identità del suo Principe. Ma poi è accaduto...". Il ragazzo distolse lo sguardo e Albert provò una fitta al cuore. Dolorosa, insistente.

Stava per parlargli di lui. Dio del Cielo, suo nipote stava per rivelargli la sua identità prima di morire!

Passarono lunghi istanti, durante i quali le emozioni, lo stupore e la situazione così surreale gli impedirono di trovare le parole. Avrebbe voluto dirgli tante cose!

Che lo amava, come aveva amato Rosemary. Che voleva ringraziarlo per avergli donato quella gioia di sapere come erano le braccia di una madre. E voleva chiedergli, ancora una volta, perdono. Perché, nonostante tutto, il dubbio di cosa sarebbe accaduto se lui non avesse deciso di ordinare quella maledetta caccia alla volpe sarebbe sempre rimasto in un angolino nascosto della sua coscienza.

"Ora tocca a te farla felice", continuò Anthony all'improvviso.

"A me?", chiese spalancando gli occhi. "Ma io...".

Il ragazzo allungò una mano e gliela pose sul petto, proprio al centro, dove c'era il cuore. Il suo tocco era quello di una persona viva.

"Io vedo nel tuo cuore, zio. L'unico che si rifiuta di vedere sei tu. Sai da tempo quali sono i tuoi sentimenti per lei, fin da quando fuggisti in Africa come se così potessi anche allontanarti da quello che provavi".

"Era una ragazzina e io non ero ancora...!", s'interruppe, conscio di ciò che stava per dire ad alta voce.

"Lo eri, in una maniera acerba e non ancora completa. Proprio come lei. Vi appartenete da quando vi siete incontrati su quella collina e tu sei diventato il suo Principe".

"Anthony, io...".

"L'amore ha molte forme, zio. All'inizio era quello fraterno per una bambina sola e triste. Il tuo istinto di protezione le ha persino salvato la vita. Non c'è nulla di male se oggi che lei è una donna tu la ami in maniera diversa".

Albert sospirò e si allontanò da lui, chiedendosi ancora una volta se non fosse solo un sogno troppo vivido.

Eppure sento il pavimento freddo sotto i piedi scalzi e la stoffa del pigiama solleticarmi la pelle.

"Non lo è", disse d'improvviso Anthony facendolo voltare di scatto. Gli leggeva davvero dentro.

"Cosa dovrei fare, Anthony?", gli domandò, provando di nuovo l'emozione di potersi rivolgere a lui.

"Confessale solo ciò che provi. Non è difficile, sai?". Il sorriso del giovane era disarmante. Albert pensò che era così che doveva aver guardato Candy, quando si era innamorato di lei. Li immaginò, per un fugace istante, occhi negli occhi, giovani, imbarazzati e certi di avere una vita davanti.

Un brivido gelido gli attraversò la schiena: Candy e Anthony non avevano potuto vivere la loro storia d'amore per una fatalità.

"Non posso farlo", rispose asciutto, distogliendo di nuovo lo sguardo. Non riusciva a parlare dei suoi sentimenti nemmeno a se stesso, figurarsi al suo nipote defunto.

"E perché?", domandò Anthony allargando le braccia e inarcando le sopracciglia.

"Perché lei... potrebbe non ricambiarmi e spaventarsi, allora... l'avrei persa per sempre", concluse in un sussurro. Era la prima volta che esprimeva a voce una cosa simile. Avvertì come un'ondata crescente nel petto, che aveva cercato di trattenere lontana con tutte le proprie forze, ora avvicinarsi impetuosa.
Non poteva permetterlo.

"Non dirmi che non te ne sei mai accorto". La sua voce aveva una sfumatura di stupore.

"Accorto di cosa?", cadde dalle nuvole alzando le spalle. "Non mi verrai a dire...", iniziò con una punta d'ilarità che gli solleticava la gola. E con una di speranza che s'impose di tenere a bada.

"Lei ti ama quanto la ami tu, zio. Da prima ancora di prenderne coscienza lei stessa. In questo siete davvero molto simili".

Albert smise di respirare. Scosse la testa, aggrottò le sopracciglia e incurvò persino le labbra in un mezzo sorriso, ma non una parola uscì dalle sue labbra. Era sconvolto.

"Di me ti puoi fidare", continuò suo nipote sereno, disarmandolo.

Lui era morto. In qualche modo gli aveva letto dentro, perché non avrebbe potuto farlo con Candy? D'improvviso, gli parve una verità inconfutabile e sentì la bocca secca.

"Dici sul serio? Lei...?". La voce tremò un po'.

"Lo sapevo, non te ne sei mai accorto".

L'ho sperato tante volte, ma non volevo illudermi...

La risata fresca di Anthony gli strinse il cuore. Dentro di sé s'inseguivano la meraviglia e la gioia di sapere finalmente la verità sui sentimenti di Candy e il dolore per la consapevolezza che non lo avrebbe mai più sentito ridere. "Quindi, per favore", continuò lui, più serio, "smettetela di comportarvi come bambini e parlate. Potreste essere così felici insieme!".

Albert prese un grosso respiro: "Grazie, Anthony. Forse non so esprimerti come vorrei la felicità che provo, ma sappi una cosa: darei una parte della mia vita perché tu sia ancora tra noi".

Anthony chiuse gli occhi e lui non capì se la sua serenità fosse stata scalfita per un istante dalla consapevolezza che non avrebbe mai potuto avere una possibilità simile. La punta acuminata del senso di colpa gli mandò una fitta allo stomaco.

"Il mio destino era segnato fin dal giorno in cui sono nato, come quello di tutti noi. Non ero io a doverla rendere felice: sei tu". Lo guardò dritto negli occhi, quegli occhi più chiari di quelli di Rosemary, e che in realtà non avevano più luce da circa otto anni. Un brivido gelido gli attraversò la schiena a quel pensiero.

Per un attimo Albert si domandò se avrebbe dovuto chiedergli quale fosse il loro destino, se sarebbero veramente stati felici per il resto delle loro vite, ma capì che non poteva farlo. La semplice verità era che aveva paura. Dopo aver perso tante persone care, non era pronto a conoscere in anticipo aspetti sgradevoli del suo futuro e, a dirla tutta, non era neanche certo che fosse possibile per Anthony comunicarglielo.

Quello che stava accadendo in quella stanza, in quella notte estiva, era già un miracolo.

"Non te ne andare", disse con la voce spezzata mentre lui cominciava a voltarsi. Sarebbe semplicemente scomparso dietro al muro? O sarebbe svanito pian piano?

"Il tempo che mi è stato concesso è finito. Promettimi che parlerai con Candy come prima cosa domattina". Il tono era urgente, come se davvero non avesse più tempo.

"Io... io...". Perché non gli diceva solo di sì? Perché titubava?

"Promettimelo, zio Albert!", ora sembrava disperato.

"Se tu non fossi morto lei amerebbe ancora te!", esclamò in un impeto di consapevolezza. Appena ebbe finito di parlare, si sentì come se si fosse liberato da un peso.

Anthony, che era voltato quasi del tutto, si girò di nuovo per fronteggiarlo. In lui sembrava si stesse combattendo una lotta interiore e Albert si sentì quasi intimorito dall'intensità del suo sguardo.

"Lo pensi davvero?". Per quanto lo scrutasse non riuscì a capire se in lui albergasse davvero il dubbio o fosse solo una domanda retorica. Sapeva solo che amava immensamente quel nipote che aveva perso troppo presto e che aveva appena conosciuto da bambino.

Lui era l'ultimo membro diretto della sua famiglia.

"Candy era disperata quando ti ha perso. Sono certo che ti amasse moltissimo", concluse chiudendo gli occhi. "E... so che mi ripeto, ma se potessi tornare indietro... se solo potessi evitare che tu...". Deglutì un paio di volte, cercando di ricacciare in gola la voglia di piangere.

Quando riaprì le palpebre, attraverso il sottile velo delle lacrime non versate, vide Anthony a testa leggermente china, i pugni chiusi come se riflettesse: "Sento il tuo dolore", disse in un sussurro soffocato, che non avrebbe mai udito se non ci fosse stato silenzio assoluto nella stanza. "Sul serio tu... vorresti riportarmi indietro?".

"Sì!", quasi gridò, con veemenza, con l'assurda speranza che una cosa simile fosse davvero possibile.

"E se... se scoprissi che Candy fosse ancora innamorata di me?".

Il viso giovane, quei lineamenti così simili a quelli di sua sorella, ma soprattutto la luce. La luce vivida che brillava nelle iridi che avevano il colore del cielo estivo. Furono tutte quelle cose a non farlo vacillare, anche se sapeva che, molto probabilmente, stava rispondendo a una visione. La consapevolezza che avrebbe potuto davvero perdere Candy era una sensazione bruciante nel petto, ma sull'uomo innamorato prevalse il desiderio di ridare la vita a un ragazzo speciale che amava quanto il fratello minore che non aveva mai avuto. E quanto Rosemary.

"Anche... anche se scoprissi una cosa simile non mi importerebbe. È sempre stata libera di fare le sue scelte e se ci fosse anche una sola probabilità che tu tornassi in vita... anche solo una flebile speranza che quel maledetto giorno tu...". Sconfitto dall'impeto delle sue stesse emozioni, Albert si portò le mani al viso, lasciando che stille brucianti si staccassero finalmente dai suoi occhi.

Lui e Candy avevano perdonato loro stessi, un giorno, in quella radura di Lakewood. Ma poter riparare alla beffa di quel destino infame era qualcosa su cui non avrebbe mai avuto titubanze.

E ora, forse, gli si stava presentando l'occasione: non sapeva come fosse possibile, né se al suo risveglio avrebbe riso malinconicamente di se stesso per averci creduto sul serio.

Dopotutto, i morti non tornano in vita.

"Davvero vuoi scoprirlo, zio?". Sentì la mano di Anthony sulle sue e le allontanò dal viso per guardarlo.

Poté solo annuire in risposta poi, schiarendosi la gola per parlare, disse: "Ti voglio bene, Anthony. Sei mio nipote. Se posso assistere a questo miracolo sono disposto a vederti felice con lei". Allungò le dita tremanti per sfiorargli il viso, in un gesto quasi paterno.

Il sorriso che gli restituì gli fece capire che sì, stava davvero per assistere a un miracolo.

E mentre si domandava cosa sarebbe successo di preciso, la sua coscienza svanì, inghiottita dalle tenebre più fitte.

E quel William Albert Ardlay cessò di esistere. 

28 Giugno 1888

Priscilla Ardlay prese il suo bambino fra braccia tremanti, sapendo che la vita le stava scivolando già tra le dita.

Ma voleva stringere quel corpicino a sé una volta, anche una sola, nella flebile speranza che rimanesse impressa nella sua memoria persino quando lei non ci fosse stata più.

Incredibilmente, il piccolo aprì gli occhietti e la donna vi si specchiò, riuscendo a sollevare le labbra in un sorriso, nonostante la debolezza fosse sempre più intensa e i sensi offuscati.

"William Albert... ti chiamerai William Albert", ansimò a fatica perché le persone intorno a lei la sentissero. "Sii sempre felice, piccolo mio. Ti amo immensamente... ti amerò per sempre...". Le palpebre si richiusero piano e, prima di morire, l'ultimo suono che udì Priscilla fu il pianto di suo figlio.
 
 
   
 
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