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Autore: Rubra Bovina    08/02/2023    0 recensioni
Alcuni mesi dopo la sconfitta di Xana, i ragazzi ora vivono una vita normale, come tutti gli altri allenatori, si sono potuti dedicare alle loro squadre a tempo pieno e coltivare interessi diversi dal semplice dedicare le loro vite a salvare il mondo. Nemmeno l'arrivo nel prestigioso di due nuovi studenti sembra alterare questo equilibrio.
Tutto cambierà con l'incontro con un raro Pokémon, che spingerà il gruppo a ricercare una persona data scomparsa per anni.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Serena
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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                                                                                                Prologo



Non aveva idea di dove si trovasse, né tantomeno di come fosse sopravvissuto. La sola cosa che gli importava era quella di essere sopravvissuto, nonostante tutto. Il colpo che i suoi nemici gli avevano inferto era stato durissimo. Non era stato sufficiente ad ucciderlo, ma quel colpo lo aveva frammentato in numerosissime parti, che si erano sparse per tutto il mondo. Riusciva a percepire la loro presenza, anche se non riusciva a raggiungerle. Per lui sembrava impossibile persino muoversi. Era come se si trovasse in uno stato di sonno profondo. Un sonno che sarebbe anche potuto durare in eterno. A meno di venire interrotto.

Qualcosa colpì il cavo di fibre ottiche in cui si trovava.

Non poteva saperlo, ma la sua presenza stava causando dei problemi a quel cavo, rallentando le comunicazioni da e verso il Giappone.

Proprio a causa di questi problemi, da uno dei porti del Kanto, venne fatta partire una delle navi costruite appositamente per riparare i cavi in fibra ottica. 

I tecnici immaginavano che il cavo fosse stato danneggiato da qualche Pokémon abissale, magari un Lanturn, e che quindi andasse riparato e, nella peggiore delle ipotesi,  rinforzato.

Era capitato altre volte che dei Pokémon abissali avessero danneggiato con i loro attacchi quei cavi, magri mentre cercavano di cacciare alcune delle loro prede. 

Non si poteva dar loro colpa per questo. Vivevano negli abissi molto tempo prima che quei cavi venissero posati. Quindi bisognava tenere conto di quell’eventualità. 

La nave non era veloce. Avrebbe impiegato delle ore prima di raggiungere il punto in cui si presumeva che il cavo fosse danneggiato. Per la maggior parte del viaggio, la nave era governata dal pilota automatico, in modo da permettere all’equipaggio di concentrarsi sul lavoro. 

Appena la nave raggiunse la zona in cui, presumibilmente il cavo era danneggiato, gli addetti, sul ponte, calarono un sofisticato robot a controllo remoto. Un robot costruito per poter sopportare le enormi pressioni presenti a migliaia di metri di profondità, ma anche per poter lavorare precisamente.  Delle caratteristiche che collidevano e che avevano reso la progettazione e la costruzione del dispositivo assai difficili.

Il dispositivo, come del resto anche il cavo, era un oggetto estraneo all’ecosistema, per questo poteva scatenare la curiosità dei Pokémon della zona.in funzione di questo, i progettisti lo avevano dotato di un sistema che produceva una frequenza radio in grado di allontanare i Pokémon nel raggio di duecentocinquanta metri. 

Il segnale si attivò in automatico appena il dispositivo entrò in contatto con l’acqua. 

Lentamente, il dispositivo proseguì la sua discesa. Sebbene non fosse un essere vivente, per questioni di sicurezza era meglio non affaticare il metallo tutto in una volta. 

Dopo un po’ di tempo, finalmente raggiunse il fondale, a alcune migliaia di metri di profondità. A brevissima distanza dal cavo.

Gli operatori di terra e a bordo della nave avevano una visuale garantita dalle telecamere del dispositivo. Non erano in qualità altissima, ma erano sufficienti ad analizzare lo strato protettivo esterno del cavo. 

L’operatore a bordo della nave, che stava comandando il robot, decise, per scrupolo, di ispezionare anche zone più lontane rispetto a quelle indicate, non trovando dei danni visibili. Dopo aver svolto le sue analisi, comunicò a terra quanto aveva visto. «La protezione esterna non sembra abbia subito dei danni.»

La risposta da terra non si fece attendere.

«Abbiamo visto. Magari il problema è di un’altra natura. Prosegui, sai benissimo che non possiamo restare in questa situazione.» L’uomo che comandava il robot aveva attivato il braccio meccanico di quest’ultimo, tramite un dispositivo di controllo, simile al gamepad di una console. Era realizzato in robusta plastica grigia.

Appena il braccio del robot entrò in contatto con il cavo accadde qualcosa che mai prima di allora era accaduto.

Il robot non dava più alcun segnale. Come se fosse stato colpito da una potentissima scarica elettrica.  

L’operatore sulla nave si affrettò a comunicare a terra la situazione.

«Pare che il robot sia fuori uso, si è preso una bella scossa.»

«Come? È impossibile! Non dovrebbero accadere cose di questo genere. Rientrate immediatamente, dobbiamo analizzare il dispositivo.» Dalla nave non arrivarono risposte di alcun tipo, come se le comunicazioni fossero state bloccate da qualcosa. Pertanto, l’operatore da terra fece una nuova comunicazione. 

«Ora tutto è tornato a funzionare come deve. Potete rientrare.»

«Ricevuto.» Finalmente, dopo un’attesa apparentemente infinita, l’addetto sulla nave diede una risposta.

«Allora tutto funziona come deve. Ci avete fatto preoccupare, pensavamo fosse successo qualcosa. Ci avete fatto preoccupare!»

«Chiedo scusa, ma sembrava che qualcosa avesse bloccato le nostre comunicazioni. Non riuscivamo né a ricevere né a trasmettere alcunché»

Rispose l’addetto sulla nave, ancora non completamente calmo. 

«Ricevuto. Forse è un problema della zona. Anche se momentaneo. Ora sembra che anche il cavo abbia ripreso a funzionare, per cui potete tornare. Sapete che questo genere di operazioni è molto costosa, dobbiamo evitare di stare fuori più del necessario»

«Ricevuto, imposto la rotta di ritorno»

Rispose dalla nave.

Quello che né l’addetto sulla nave né il suo collega a terra potevano sapere era cosa il contatto tra il robot subacqueo e il cavo aveva causato.

Il contatto con quel qualcosa lo aveva svegliato in maniera brusca, talmente tanto brusca che la sua prima reazione fu quella di attaccare. Forse si trattò di una reazione esagerata, ma che gli aveva dato comunque la conferma di essere ancora in grado di comandare l’elettricità. E quello per lui era molto importante. Era solo grazie a quest’ultima che era stato in grado di avvicinarsi alla conquista del mondo… prima che i suoi nemici lo sconfiggessero.

Non ricordava altro a parte di essere stato colpito da una grandissima quantità di energia. Ma questo gli bastava. Desiderava unicamente una cosa. Vendicarsi.

In una delle tante città del Kanto la vita scorreva nella sua normale frenesia. Quella era una delle zone più densamente popolate e più industrializzate del Giappone, e forse del mondo intero. 

La palestra della città, specializzata nel tipo acciaio,  era un anonimo edificio in cemento in una delle tante trafficate vie della città. Si trovava in un edificio talmente anonimo, che avrebbe potuto essere scambiato per uno dei tanti edifici di uffici del quartiere. 

L’interno della palestra era un semplice campo lotta in terra battuta, circondato da degli spalti che permettevano  al pubblico di assistere alla lotta. Anche se ultimamente gli spalti erano sempre vuoti. Sembrava che a sempre meno persone importasse delle lotte in palestra. E questo mandava in bestia la capopalestra. Dopotutto lei e la sua squadra avevano fatto tanti sacrifici per giungere in quella posizione.

Dopotutto il lavoro da capopalestra non si limita unicamente al giudicare il talento dei propri sfidanti e dei loro Pokémon, ma è anche un ruolo di responsabilità sulla città, forse persino più importante di quello del sindaco.

Nella palestra erano presenti solo tre ragazze. La capopalestra era una bella ragazza, giovane, dai capelli neri e dalla carnagione pallida, questi cadaverica, ricordava, per certi versi Mercoledì Addams. Indossava una maglietta di una famosa band, un paio di jeans strappati e delle scarpe da ginnastica. Aveva degli orecchini d’oro. La sua sfidante era una ragazza di un paio di anni più grande di lei, dai capelli castani e dalla carnagione scura. Indossava una canadese grigia e una maglietta nera con disegnato un punto interrogativo, realizzato in modo da sembrare la coda di un Pachirisu. La terza ragazza era l'arbitro. Bionda e abbronzata che indossava la divisa ufficiale da arbitro, gialla e verde con una Pokéball stilizzata al centro della maglietta e nella parte laterale dei pantaloni della canadese. Lotta stava per incominciare. L'arbitro stava annunciando le regole della sfida.

«Inizia la sfida tra Mina, la capopalestra e Nuria, la sua sfidante. Entrambe le allenatrici potranno usare tre Pokémon.»

Terminata la frase, indicò la ragazza dalla parte destra del campo.

«Solo alla sfidante è concesso di sostituire un Pokémon prima che questi non sia in grado di lottare. La prima mossa spetta alla sfidante. Che la lotta abbia inizio!»

L’allenatrice e la capopalestra schierarono i loro Pokémon contemporaneamente.

«Metagross! Tocca a te!»

«Heracross, è il tuo momento!»

I due Pokémon si trovavano agli estremi del campo, pronti a ricevere ordini dalle rispettive allenatrici. Si stavano studiando l’un l’altro, allo stesso modo delle loro allenatrici.

«Vai Heracross, Megacorno!»

La Heracross della ragazza iniziò a correre verso l’avversario, pronta a colpirlo con il suo possente corno.

«Metagross, schiva!»

Il possente Pokémon ferrato si spostò, all’ultimo, quasi dando l’impressione di esser stato colpito. La sua avversaria rimase di sasso. Era incredibilmente veloce.

Era talmente sorpresa da non riuscire a muoversi. 

«Metagross, vai, usa Cozzata Zen.»

Il Metagross della capopalestra, colpì a gran velocità la Heracross avversaria, facendola sbattere contro la parte inferiore degli spalti, creando un grosso buco nel muro. Nonostante il colpo subito la Heracross non si diede per vinta, facendo segno alla sua allenatrice di essere ancora in grado di continuare. Entrambe le ragazze erano sorprese.

«Te la senti di continuare?»

La Heracross della ragazza, nel frattempo, era tornata in piedi. Dolorante ma ancora in grado di continuare.

«Molto bene, Heracross, vai con Zuffa!»

La Heracross della ragazza si avvicinò nuovamente al nemico, pronta a colpirlo con una raffica di pugni e calci.

«Metagross! Ferroscudo!» Ordinò la capopalestra.

Il corpo del Metagross della giovane cambiò colore e alterò la sua struttura molecolare, diventando molto più resistente. E potendo facilmente sopportare i colpi inflitti dalla sua avversaria.

«Metagross, ora, Meteorpugno!»

Il Metagross della capopalestra sferrò un potente pugno alla sua avversaria, spedendola nuovamente contro la parete opposta della gradinata.

«Heracross non può più continuare. Il vincitore è Metagross.»

Il giudizio dell’arbitro era inappellabile, e la sfidante fu costretta alla sostituzione. 

«Heracross, ritorna, hai fatto del tuo meglio. Ora tocca a te, Umbreon!»

Un Umbreon shiny uscì dalla Pokéball della ragazza. La differenza rispetto ad un esemplare normale, era il colore degli anelli sul corpo. In un esemplare normale, gli anelli sul corpo erano gialli, mentre negli esemplari shiny erano azzurri.

«In caso di sostituzione, la prima mossa tocca alla capopalestra.» Spiegò l’arbitro.

«Molto bene, Metagross! Usa Martelpugno!»

Il Metagross della capopalestra colpì l’Umbreon con un potente pugno, spedendolo, come la Heracross che ha sostituito, contro la parete opposta della palestra. 

Il Pokémon emise un grido di dolore.

La ragazza, dopo essersi assicurata che il suo Pokémon potesse continuare, passò al contrattacco. 

«Molto bene, Palla Ombra!»

Davanti alla bocca del Pokémon si formò una sfera di colore viola scuro, circondata da saette di energia, simili a fulmini,  che poi venne lanciata contro il Metagross nemico, che non fece in tempo a difendersi, subendo un duro colpo. Che comunque non fu sufficiente a sconfiggerlo.

«So che ce la puoi fare. Usa di nuovo Martelpugno!»

Il possente Pokémon obbedì, colpendo pesantemente l’Umbreon nemico, che barcollò, ma non si diede per vinto. Il suo sguardo era quello di chi era sicuro di poter ancora continuare.

La sua allenatrice sembrò comprendere questa sua volontà.

«Se te la senti di continuare allora io sono con te. Vai con Neropulsar!»

Gli anelli di energia oscura, generati dalla bocca del PK Lucelunare colpirono  in pieno il Metagross della capopalestra, decretando la sua sconfitta. La capopalestra si affrettò a richiamarlo. 

«Metagross non è più in grado di lottare. Vince Umbreon!» Decretò l'arbitro.

«Sei stato fantastico. Ora riposati.» Si complimentò la capopalestra. «Ora è il tuo momento Lucario!»

Un Lucario uscì dalla Pokéball della ragazza. Pronto a vendicare il compagno appena sconfitto.

«La prima mossa tocca alla sfidante.» Decretò l’arbitro.

«Umbreon, ritorna!» La ragazza richiamò il suo Pokémon, aveva subito delle ferite e voleva farlo riposare. E, dato che c’era, voleva tenerlo per la fase finale della lotta. Aveva subito già dei danni e lottare contro un avversario appena entrato in campo non era l'ideale.

«Adesso è il tuo turno Krookodile!»

«La prima mossa va alla sfidante!» Decretò nuovamente l’arbitro.

«Ok. Krookodile, usa Fossa.» Ordinò la sfidante.

Il Coccodrillo Tarra/Buio, dalla pelle rossa, scavò una buca nel terreno. E scomparve sottoterra.

«Lucario, usa il potere dell’aura per trovarlo e spostati.»

La sfidante, comprendendo le intenzioni della capopalestra, e conoscendo benissimo il potere del PK Aura, avendo in squadra un esemplare, doveva correre ai ripari al più presto.

«Mi senti? Muoviti il più possibile! Cerca di non farti trovare.»

Era una situazione di stallo. Krookodile sarebbe dovuto uscire.

Il più abile dei due avrebbe avuto un grosso vantaggio.

Il Krookodile nemico sbucò dal terreno. Aspettandosi di colpire l’avversario. Rimase alquanto deluso quando questi si trovava da tutt’altra parte.

«Lucario, vai, usa Forzasfera!»

La sfera di energia, dal colore azzurro, colpì il Krookodile della ragazza, facendolo cadere di schiena contro il terreno. 

«Krookodile, stai bene?»

Il tono della sua allenatrice era visibilmente preoccupato. Il semplice rimettersi in piedi del suo Krookodile, la rassicurò a sufficienza. 

«Benissimo, attaccalo con Breccia!»

Il Krookodile della ragazza si mise a correre contro il Lucario dell’avversaria, per poi colpirlo. Il suo braccio si era illuminato di una luce biancastra. 

«Lucario schiva!» Ordinò la capopalestra. 

Il PK, schivò all’ultimo. Talmente tanto da non far immediatamente capire alle due allenatrici se il contatto ci fosse  stato oppure no. La prima ad accorgersene fu la capopalestra.

«Lucario, usa di nuovo Forzasfera!»

La sfera di energia colpì il coccodrillo di tipo Terra Buio. Sconfiggendolo. 

«Krookodile non può più continuare. Vince Lucario.»

Alla sfidante restava solamente Umbreon, ancora provato dal precedente scontro con Metagross. 

Mostrava dei segni di fatica sin da appena uscito dalla Pokéball. Era consapevole del fatto che la sua allenatrice fosse alle strette. E lui voleva dare il meglio di sé, per lei. 

L'allenatrice, capendo di avere la piena fiducia del suo Pokémon, ed essendo di mano, ordinò un attacco.

«Forza, usa Psichico.»

L’attacco di Umbreon sollevò in aria il Lucario della capopalestra, cogliendo di sorpresa tanto il Pokémon, quanto l’allenatrice.

«Lucario, mantieni la calma. Impanicarsi non serve a nulla.»

Solo quando la capopalestra ebbe la certezza del fatto che il suo Pokémon fosse perfettamente in controllo, gli ordinò di sferrare l’attacco definitivo.

«Molto bene. Lucario usa Forzasfera!»

Il Pokémon della ragazza, che ancora levitava in aria,colpì l’avversario con un potente attacco, sconfiggendolo.

«Umbreon non è più in grado di lottare. La lotta è vinta dalla capopalestra.» Decretò l’arbitro. 

Le due ragazze si strinsero la mano, in segno di rispetto.

«Sei davvero forte, ma la prossima volta vincerò io, ci conto.»

«Non pensare che saremo più teneri la prossima volta.»

Dopo la lotta, la giovane capopalestra si era diretta in una stanza separata della palestra, dove si sarebbe occupata di registrare  i risultati delle ultime lotte disputate all’interno del database della Lega Pokémon locale, tra cui la sua vittoria di poco prima. A causa delle nuove disposizioni legislative, i capipalestra  non solo dovevano consegnare la medaglia in caso di sconfitta, ma dovevano anche registrare il risultato della lotta nel database della lega.

Troppe volte c’erano stati degli allenatori passati con medaglie false.

La stanza era piccola e non molto arredata. Solo una scrivania su cui era poggiato un computer fisso e una sedia da ufficio, dove la ragazza si era accomodata. 

Quel giorno il suo computer era particolarmente lento. Cosa che la infastidiva particolarmente, lei non era esattamente una persona paziente. Stava per tirare una manata al computer, nella vana speranza che, con la violenza, questo diventasse più veloce. Una parte di lei era consapevole del fatto che il problema dipendesse dalla rete e non dal suo computer. In ogni caso, qualcosa la fermò dallo scaricare la sua frustrazione sul computer.

Al centro dello schermo del computer apparve uno strano simbolo. Per certi versi ricordava un bersaglio delle freccette. Era formato da un pallino circondato da due cerchi concentrici, tutti di colore rosso, il tutto su uno sfondo nero. Contrariamente a un bersaglio, dalla parte inferiore del cerchio più esterno partivano tre stanghette, e, dalla parte superiore ne partiva una. 

La ragazza, pensando a un attacco di qualche hacker o a un virus, scattò una foto dello schermo, con l’intenzione di  mandarla a un amico, mago del computer.

Gli scrisse “Ciao, scusa se ti disturbo, ma non ho idea di cosa sia successo al mio computer. È apparso questo strano simbolo e non posso fare nulla”.

Il ragazzo le rispose poco dopo.

Non vedo nulla di strano. Mi sembra sia il normale programma per registrare gli allenatori dopo le lotte in palestra.”

Nessuno dei due poteva saperlo, ma entrambi avevano ragione.

Il file, prima di raggiungere il telefono del ragazzo, aveva compiuto un giro fra numerosi ripetitori, ma qualcosa nel processo cambiò il destino del messaggio. 

Una parte del codice che costituiva il file, intraprese un percorso diverso. Per potersi unire ai suoi simili che avevano avuto lo stesso destino. Tutte pronte a riunirsi in un’unica creatura con un solo e unico desiderio. Vendicarsi. 

Proprio in quel momento, fece capolino nella stanza una ragazza circa della sua età, lunghi capelli rossi, occhi verdi, pelle pallida e lentiggini.

Indossava un abito disegnato e realizzato da lei stessa, di colore nero, composto da una gonna ampia che le arrivava poco sopra le ginocchia. Abito senza spalline. In vita indossava una fascia verde chiaro. 

A completare l’outfit degli orecchini verdi. 

«Certo che ci tieni proprio al tuo lavoro! Potresti anche prenderti una pausa!»

Commentò, non appena entrata nella stanza.

«Certo che potresti anche non pensare solo al tuo debutto nelle gare! Quello sarà il decimo vestito che ti fai! Guarda che è solo una gara!»

La ragazza si sentì come ferita. Non era una semplice gara. Era il suo debutto e voleva che fosse perfetto.

«Non sono venuta di sicuro qui per sentirmi dire questo!»

Ero venuta per darti un biglietto per assistere alla gara, ma sembra che non ti interessi affatto! Pensi solo alle tue lotte in palestra!»

«Ti sbagli. È solo che penso che tu ti stia preoccupando troppo. Vincere un fiocco al debutto non è di certo facile. Lo sai!

«Dubiti delle mie capacità?»

«No, affatto. Semplicemente non voglio che tu ti illuda. Lo hai già fatto con le lotte in palestra. E sai com’è andata.»

«Sono anche più matura da allora! In ogni caso prendi questo biglietto. Finita la gara ne riparleremo.»

«Come vuoi!»

Mentre le due parlavano, la ragazza al computer si accorse di come la rete fosse tornata a funzionare regolarmente. 

Per cui poté completare rapidamente il suo compito. 

Le gare Pokémon sono tra gli eventi più seguiti a livello nazionale. Poco importa se si tratta di esibizioni a livello professionistico oppure amatoriale. 

Le tribune dell’arena della città erano piene. Era impossibile trovare un posto libero. Questo nonostante nessun grande nome partecipasse a quella gara. 

Tutti i coordinatori di alto livello si stavano preparando per la prestigiosa Coppa Adriano e avevano deciso di non partecipare a quella gara. Tutti sapevano che la Coppa Adriano stava alle Gare Pokémon stava come il Gran Premio di Monaco alla Formula Uno. 

Per i meno esperti, l’assenza di avversari di livello, era un’occasione d’oro e tutti avrebbero dato il massimo, e questo bastava per attirare del pubblico. 

Tra tutti i coordinatori ne spiccava una, una ragazza di quindici anni al suo debutto nelle gare. Dopo una non piacevole esperienza alla lega, dove era stata eliminata nelle fasi iniziali, aveva deciso di provare qualcosa di diverso. Non per forza più facile, anzi, tutt’altro, ma semplicemente qualcosa di diverso. 

Era tesa, come del resto chiunque alla sua prima esperienza. Anche se faceva di tutto per non darlo a vedere. Sapeva che la prima fase era fondamentale. Più della seconda. Nella seconda fase la sua esperienza con le lotte sarebbe stata  sicuramente di aiuto. 

Stava iniziando la prima fase della gara, il saggio di recitazione, e lei era la quarta a esibirsi. Aveva passato tutto il tempo prima della sua esibizione a osservare le esibizioni dei suoi potenziali rivali. E si era resa conto del fatto che emergere, non sarebbe stato affatto facile. 

Ora era il suo momento. La presentatrice dell’evento la stava annunciando.

«E ora accogliete con un applauso di incoraggiamento per Brigit! Una coordinatrice debuttante!»

Il pubblico stava applaudendo fragorosamente.

Lei ormai si trovava sul palco, davanti a migliaia di persone nell’arena e milioni in tutto il mondo. Doveva essere impeccabile. Tutti si aspettavano tanto da lei.

«Jolteon, tocca a te!»

Il PK uscì dalla Pokéball della ragazza, con un effetto di saette.

«Molto bene! Lancia una palla ombra in alto!»

Il Pokémon della ragazza eseguì il comando, lanciando in aria una sfera di energia dal colore viola scuro.

«Bene, ora colpiscila con Missilspillo!»

Il Pokémon eseguì, colpendo la sfera con una spilla appuntita uscita dal  collare bianco. Le sfera esplose creando una polvere luminosa.

«Bene, ora lasciane quante ne vuoi!»

Il Pokémon lanciò una decina di Palla Ombra verso il cielo.

I giudici erano perplessi, con quella tecnica, la ragazza rischiava di offuscare il Pokémon con le sue stesse mosse, un errore tipico dei principianti. 

«Ora vai con Comete!»

Il Pokémon creò un gran numero di stelle scintillanti. Anch’esse levitavano in aria. Nessuna delle stelle toccò le sfere di energia oscura. «Ora! Usa Fulmine!» 

Il Pokémon lanciò una potente attacco elettrico, che colpì e distrusse le stelle e le sfere di energia. La loro distruzione creò una tempesta di polvere colorata.

La ragazza fece un profondo inchino. 

I voti della giuria furono tutti alti. Era certa di esser passata alla fase successiva, ma era anche in ansia.

 Stava guardando le esibizioni dei suoi avversari. Anche loro erano stati bravi e avevano ottenuto delle ottime valutazioni da parte della giuria. 

Sapeva benissimo che avere un posto nei primi otto, sarebbe stato estremamente difficile. Sembrava che il tempo non passasse mai. Ogni esibizione sembrava durasse ore.

«E con questa abbiamo finito la prima fase! Ora i nostri giudici decideranno chi passerà alla fase successiva e chi, purtroppo dovrà seguire il resto dell’esibizione dagli spalti. Ma non vi preoccupate, non ci vorrà molto.»

Forse quella frase era valida per il pubblico a casa o nell’arena, ma non di certo per i coordinatori e le coordinatrici. 

Finalmente sul grande televisore apparvero le foto degli otto che avrebbero potuto partecipare alla fase seguente.

Brigit era felicissima. Aveva passato la prima fase. Quella che temeva di più. Ora non poteva di sicuro rilassarsi, ma era consapevole di avere un bagaglio di esperienza mica da ridere per quello che riguardava le lotte. Anche se sapeva che in questo caso lo sconfiggere l’avversario era in secondo piano. Mentre pensava a quelle cose, il sistema stava effettuando gli accoppiamenti. Aveva scovato il suo primo avversario. Un ragazzo di un paio d’anni più grande di lei. Come lei, era un coordinatore alle prime armi, che aveva da poco vinto il primo fiocco, e sperava di bissare il successo.

Dopo una breve attesa i due si trovarono una di fronte all’altro nel campo lotta. Si studiarono con lo sguardo. 

Appena venne data luce verde, entrambi schierarono i loro Pokémon.

Il ragazzo schierò un Jolteon.

Lei decise di «Iniziamo in bellezza, Jolteon! Usa Palla Ombra!»

schierare il suo Vaporeon. 

Ordinò il ragazzo.

Il suo Pokémon eseguì, creando una palla di energia oscura e scagliandola contro l’avversario. 

«Bene, grazie dell’idea! Vaporeon, colpiscila con Geloraggio e poi spediscila al mittente con la coda.»

Il Pokémon acqua lanciò il potente attacco di ghiaccio, che inglobò la sfera di energia, che, nel processo, aveva rallentato la sua corsa. Appena fu abbastanza vicina, spiccò un balzo e colpì la sfera con un movimento della coda. 

Questa venne rispedita al mittente, che venne colpito duramente. La palla si frantumò creando delle scintille colorate. Il suo avversario perse un quinto dei punti. 

«Passiamo al contrattacco! Missilspillo!»

Dal collare bianco del Jolteon del ragazzo si generarono numerosi aghi luminosi, che si dirigevano a gran velocità contro l'avversario.

«Vaporeon! Usa idrovampata!»

Il Pokémon Bollajet generò una coltre di acqua bollente che sciolse gli aghi. 

Il ragazzo non perse molti punti, ma a questo ritmo avrebbe perso, se non si fosse dato una mossa. 

«Forza! Usa Palla Ombra!»

«Anche te! Palla Ombra!»

I due attacchi si scontrarono al centro del campo, annullandosi a vicenda. Esplosero in una tempesta di scintille viola.

Entrambi persero un quinto dei loro punti. Mancavano due minuti e Brigit aveva un bel vantaggio sul rivale, anche se sapeva che non poteva di sicuro adagiarsi sugli allori.

«Jolteon! Chiudiamola qui! Usa Fulmine!»

«Su, usa Acquanello per proteggerti!»

Il Pokémon eseguì. La scarica elettrica venne immagazzinata negli anelli che roteavano attorno al corpo del Pokémon. 

Il suo avversario perse ulteriori punti.

«Bene ora lanciali contro di lui!»

Il Pokémon acquatico iniziò a eseguire l’ordine, una sirena decretò lo scadere del tempo. La presentatrice decretò la sua vittoria.  Ora non doveva fare altro che aspettare che anche i suoi avversari svolgessero la loro gara di lotta. Per conoscere il suo avversario o la sua avversaria. 

La sua avversaria sarebbe stata una ragazza e, eventualmente, anche la finalista.

In ogni caso non poteva pensare alla finale prima di aver superato quella fase. 

Ora si trovava davanti alla sua avversaria. Una giovane donna. Il suo vestito e i suoi accessori le davano un aspetto simile a Mismagius. che, non ironicamente era il suo Pokémon.

La giovane coordinatrice aveva deciso di schierare di nuovo Vaporeon. E di dare la prima mossa alla sua avversaria.

«Mismagius, mostra la tua potenza! Palla Ombra!»

La ragazza non ci pensò due volte. Usò la tecnica usata in precedenza.

«Vai! Colpiscila con Geloraggio e rispediscila al mittente con la coda!»

Il Pokémon eseguì, facendo perdere dei punti all’avversaria che, di sicuro non si aspettava di vedere ripetuta una combinazione precedentemente usata.

«Andiamo al contrattacco! Usa Neropulasar!»

La ragazza non ci pensò un attimo. 

«Congela il suo attacco!»

Il Vaporeon eseguì. Gli anelli violacei erano ora ricoperti dal ghiaccio. Altri punti guadagnati. Congelando anche Mismagius, che non poteva muoversi.

Brigit era quindi nuovamente di mano. 

«Usa idrovampata per sciogliere il ghiaccio!»

La sua avversaria era stupita. Perché scongelare Mismagius? Cosa aveva in mente?

Il potente getto di acqua bollente sciolse il ghiaccio e frantumò gli anelli, creando una combinazione d’effetto. E si, scongelò Mismagius, ma, nel farlo, la ferì. La sua allenatrice non se ne accorse. 

«Bene Mismagius; usa Palla Ombra!»

L’attacco fu più debole del previsto. E si disintegrò prima di arrivare dall’avversario.

«Vaporeon, usa Palla Ombra!»

L’attacco arrivò a destinazione, sconfiggendo Mismagius.

«Mismagius non è più in grado di lottare! Vince Vaporeon!»

Brigit saltò di gioia e abbracciò il suo Vaporeon.

«Sei stato mitico! Ora ti meriti un po’ di riposo!»

Era riuscita ad accedere alla finale. E non aveva vinto, ma aveva DOMINATO. Doveva comunque essere pronta per la finale. 

Solo una lotta, che, tra le altre cose, avrebbe svelato la sua avversaria, la separava dalla finale e, forse dall’ambito fiocco.

E in quella lotta, non sembrava che una coordinatrice prevalesse sull’altra.

Una aveva un Togekiss. L’altra una Lopunny. 

Dopo cinque minuti e con uno scarto minimo, vinse la prima.

Quella ragazza e il suo Togekiss sarebbero stati i suoi avversari per la finale.

Non le importava, l’avrebbe sconfitta comunque. Forse avrebbe preferito lottare contro l’altra, ma non dipendeva da lei, dopotutto. Era finalmente il suo momento. Era pronta e lo stesso si poteva dire della sua avversaria.

Lei aveva schierato Vaporeon, la sua avversaria Togekiss. 

Come sempre diede la prima mossa alla sua avversaria. Per poi comportarsi di conseguenza. 

«Togekiss, usa Forzasfera!»

Il Pokémon della sua rivale generò una sfera di energia azzurra, che scagliò contro l’avversario. 

«Vaporeon usa Palla Ombra!»

I due attacchi si scontrarono al centro del campo. In una spettacolare esplosione di polvere scintillante. Entrambe le coordinatrici persero la stessa quantità di punti. 

«Togekiss usa Aeoroattacco!»

Il Togekiss della ragazza salì verso l’alto, per poi scendere verso il basso ad alta velocità. 

«Vaporeon, Geloraggio!»

Il Vaporeon della ragazza attaccò con un potente geloraggio, che colpì il Togekiss in picchiata, facendolo sbilanciare e cadere a terra prima del dovuto. Facendosi seriamente male. La sua allenatrice perse una marea di punti. E Togekiss era parzialmente congelato e aveva delle difficoltà a muoversi. 

«Togekiss anche se non puoi volare provaci comunque. Usa Forzasfera!»

Il Togekiss caricò il suo attacco senza poter contare sul suo maggior punto di forza, il poter solcare i cieli. 

«Vaporeon, usa Palla Ombra!»

Vaporeon generò una gigantesca sfera di energia oscura, che inglobò la Forzasfera nemica, senza distruggerla. 

«E ora congelala con Geloraggio e poi colpiscila!»

Il Vaporeon eseguì. Colpendo Togekiss con un triplo attacco. 

«Togekiss non è più in grado di lottare. Vince Vaporeon!»

Le due coordinatrici ringraziarono i loro Pokémon e li ricoverarono nelle rispettive Pokéball, quindi si incontrarono al centro del campo e si strinsero la mano.

La presentatrice donò il fiocco alla ragazza.

«Ecco la vincitrice! Brigit. Complimenti, è il tuo primo fiocco!»

Da lì in poi fu un susseguirsi di festeggiamenti, che terminarono diverso tempo dopo.

La ragazza era poi tornata a casa, estremamente soddisfatta per la vittoria. Sapeva di dovere tutto ai suoi Pokémon, a Jolteon per la prima fase e a Vaporeon per la seconda. Dopo aver ricevuto i complimenti dai suoi famigliari, che avevano seguito la sua gara in diretta televisiva, la ragazza decise di andare nella sua stanza. Come i suoi Pokémon, che erano stati presi in cura dall’infermiera, aveva bisogno di riposarsi. O almeno così aveva detto ai suoi. Il motivo per cui era salita in camera sua era un altro.

Aveva vinto ma non si sentiva soddisfatta. Voleva migliorare le performance sue e della sua squadra. 

E a suo modo di vedere il solo modo per migliorarsi era studiare chi era più esperto di lei. 

Dopo una rapidissima ricerca trovò un’esibizione di Lucinda, una coordinatrice del nord del Giappone.

Lucinda aveva circa la sua età, dai capelli blu e gli occhi dello stesso colore.

Lucinda era sempre accompagnata da un Piplup. Anche quando quest’ultimo non partecipava direttamente alle gare, faceva sempre il tifo per lei dagli spalti vestito di rosso e con dei pon pon. 

Durante l'esibizione, la ragazza indossava un abito senza maniche. Che passava gradualmente dal bianco della parte superiore a un blu scuro mano a mano che si andava verso la parte inferiore. Vestito era decorato con un colletto blu scuro, una cintura di perline bianche trattenuta da un nastro blu scuro e balze bianche. Al colletto e alla cintura erano attaccate alcune perline bianche e gialle, a forma di mezzaluna, altre, più piccole, erano a forma di stella.

Indossava dei guanti blu scuro e ai piedi, dei tacchi dello stesso colore. In quella particolare gara aveva schierato una Buneary e un Pachirisu. Due Pokémon di piccola taglia, ma non per questo da sottovalutare.

La ragazza stava prendendo appunti, sulle tecniche usate dalla ragazza e dalla sua avversaria, a detta della presentatrice una storica rivale, quando il filmato venne interrotto da un interferenza. 

Brigit era stupita. Queste cose non potevano accadere su internet. Al massimo accadevano in televisione, quando qualche burlone si divertiva a disturbare le trasmissioni. 

Ma sul suo computer…

Al centro dello schermo si era creato lentamente uno strano simbolo.

Era formato da un pallino circondato da due cerchi concentrici, tutti di colore  rosso, su sfondo nero. Contrariamente a un bersaglio, dalla parte inferiore del cerchio più esterno partivano tre stanghette, e, dalla parte superiore ne partiva una.

La ragazza provò a cliccare sul simbolo. Ma non accadde nulla. Pensò che si trattasse di un qualche virus o simile. E che quindi, con grande dispiacere, avrebbe dovuto buttare il computer. Ma, così come era apparso, quello strano simbolo, scomparve. 

La ragazza decise di non dare troppo peso alla cosa. Tutto si era sistemato da sé, dopotutto, no?

A lui non interessava della reazione delle sue vittime. Gli interessava solamente recuperare i suoi frammenti.

Contemporaneamente, dall’altra parte del mondo, precisamente in Francia, il più prestigioso collegio del Paese, il Kadic, era in fermento. Le vacanze estive erano finite da poco e l’anno scolastico era iniziato. Ma tra gli anditi del collegio non si parlava di compiti e di lezioni, ma di una notizia trapelata dalla segreteria e fulmineamente riportata sul giornalino scolastico da Milly e Tamiya. Parrebbe infatti che sarebbero dovuti arrivare due nuovi studenti, o meglio un ragazzo e una ragazza. Non una novità eclatante, se non fosse che i due nuovi studenti sarebbero stati il monarca del torneo mondiale e l’attuale performer numero uno. Conosciuti al grande pubblico come Ash e Serena.

In molti stavano già sospettando che quell’articolo fosse l’ennesima storiella partorita dalle due per far parlare del giornalino.

Secondo la loro versione dei fatti, sarebbero arrivati qualche giorno dopo l’inizio effettivo delle lezioni e sarebbero dovuti essere inseriti nella seconda superiore.

Tanti pensavano che avessero affermato che sarebbero arrivati a giorni era un modo per pararsi qualora la notizia si fosse rivelata falsa. Dopotutto, passato qualche giorno, nessuno ne avrebbe più parlato.

Il suono della campanella costrinse gli studenti a separarsi e a recarsi nelle rispettive classi.

Gli studenti della seconda superiore ricevettero un'accoglienza diversa dal solito. Seduto sulla cattedra, infatti non c’era il professor Caggia, ma il preside, il signor Jean-Pierre Delmas. Un uomo non molto alto, di corporatura robusta, dai capelli grigi, barba dello sesso colore e baffi. Indossava un completo elegante marrone e scarpe in pelle dello stesso colore. 

Gli studenti, in coro, gli diedero un cordiale saluto.

«Buongiorno signor preside.»

Tutti gli studenti restarono in piedi nei loro posti, finché il preside non fece loro cenno di accomodarsi. In quella scuola la figura del preside era molto rispettata, quasi come una creatura mistica. Non un minimo brusio in quella classe.

«Miei cari studenti. Posso immaginare la vostra sorpresa nel vedermi qui, accomodato sulla cattedra al posto del professor Caggia, ma non vi preoccupate, arriverà presto. 

Nel frattempo ho da farvi un annuncio. Oggi accoglierete nella vostra classe due nuovi studenti. Viste come sono andate le ultime volte, non ritengo che per loro sarà un problema integrarsi con voi. 

Come ben sapete, in questo prestigioso istituto è sempre stata una tradizione che in questo istituto sia il preside a presentare i nuovi studenti. E questo caso non fa eccezione.

Altra tradizione di questo istituto è la presenza di studenti e studentesse provenienti da tutte le parti del mondo, tradizione che anche in questo caso verrà rispettata. 

I due nuovi studenti, un ragazzo e una ragazza, provengono rispettivamente dal Kanto, in Giappone e da un piccolo paese della Normandia. E a parere mio e di tutto il consiglio scolastico, contribuiranno ulteriormente a mantenere e alzare il prestigio di questo istituto che, sin dalle sue origini, oltre centoventi anni fa, ha sempre formato non solo allenatori e allenatrici, coordinatori e coordinatrici, ma prima di tutto dei ragazzi e delle ragazze pronti ad affrontare le sfide che il mondo reale riserva.

Come voi anche loro hanno compiuto diverse sfide e come voi premono per compierne di nuove. E siamo sicuri che saranno in grado di fornirvi dei nuovi stimoli per migliorarvi e spero che voi facciate altrettanto con loro. Come del resto avete dimostrato di saper fare con tutti gli altri studenti.»

Poi, guardando gli studenti, e notando i loro sguardi carichi di noia, decise di tagliare corto.

«Jim, falli entrare!»

Inizialmente entrò un uomo di circa quarant'anni, alto circa uno e settantacinque, di corporatura robusta, vestito con una maglietta di un colore indefinibile, una canadese nera e delle scarpe da ginnastica. I  capelli, castano scuro, erano trattenuti da una bandana bianca.

In faccia aveva un cerotto, probabilmente messo lì per nascondere un taglio fatto con il rasoio.

Quell’uomo era Jim Morales,  professore di educazione fisica, coreografo Pokémon e guardiano della scuola, e, come ordinatogli dal preside, aveva accompagnato all’interno della classe un ragazzo e una ragazza.

Il preside li presentò alla classe.

«Ecco, loro sono Ash e Serena.»

I due fecero un cenno di saluto.

Il ragazzo aveva i capelli neri e gli occhi castani. 

Indossava una maglietta bianca con in mezzo una striscia rossa e un paio di blue jeans. Aveva delle scarpe da ginnastica bianche di una nota marca. 

Alle spalle un semplice zaino a zip blu. Sulla spalla un Pikachu maschio.

La ragazza aveva capelli color miele e gli occhi azzurri. Indossava una maglietta nera, una gonna rossa, delle lunghe calze nere e degli stivaletti marroni.

Lei non aveva uno zaino, ma una borsa, nera. 

La ragazza attirò come un magnete lo sguardo di Odd.

Cosa che venne notata da Ash, che lo fulminò con lo sguardo. 

Il biondo non ebbe pace nemmeno dal compagno di banco Ulrich, che gli diede una gomitata nelle coste. 

«Credo che questa volta resterai a bocca asciutta!»

Odd fece una smorfia di dolore. Sia per la gomitata sia per l’infelice battuta dell’amico. Era suo vanto di aver avuto almeno un appuntamento con tutte le ragazze della classe, tranne Aelita, Sissi e Heidi. 

Non era mai uscito con Aelita perché sarebbe stato sospetto che un ragazzo avesse quel tipo di appuntamenti con quella che doveva essere sua cugina. Infatti, l'identità della ragazza era quella di una sua cugina proveniente dal Canada. In più ella aveva iniziato a sviluppare dei sentimenti verso Jeremy.

Tanto che i due si erano messi insieme.

Non era mai uscito con Sissi, la figlia del preside, sotto consiglio dell’amico e compagno di mille avventure Ulrich. La definiva come una ragazza vanitosa, snob e viziata. Oltre che gelosa e  incline a deridere o rimproverare gli altri, come Milly o Tamiya ai suoi due leccapiedi Nicholas e Hervé. L’ha descritta anche come molto ficcanaso.

Nonostante ciò, quantomeno inizialmente, la  trovava carina.

Infine non era mai uscito con Heidi, nonostante la stessa provasse dei sentimenti verso di lui a causa di alcune incomprensioni dovute a un attacco di Xana. 

Gli occhi della classe erano puntati tutti sui due. Sembravano quasi degli alieni. 

Ignorando totalmente la reazione della classe, Jim si riferì ai due.

«Forse è meglio che vi accompagni a sistemare le vostre cose. E che vi informi su alcune regolette.»

Il tono del professore era quello di chi voleva essere autoritario, ma proprio non ci riusciva.

I due, in ogni caso, lo seguirono. 

Dopo un lungo percorso, i tre raggiunsero i dormitori. Il professore iniziò a spiegare le regole.

«Il piano inferiore del dormitorio è quello dove dormono i ragazzi, quello superiore dove dormono le ragazze. Alle dieci di notte, tutti dovranno trovarsi nella propria stanza. Tranne ovviamente per andare al bagno, ma non pensate di usarla come scusa. Conosco questo edificio come le mie tasche.

Vi ricordo che la colazione è alle sette e mezza, alle dieci e mezza c’è la ricreazione, quindi potete andare al bar o alle macchinette. Il pranzo è servito all'una e mezza, cena alle otto e mezza. 

Dalle otto del mattino alle quattro e mezza del pomeriggio è vietato entrare in camera. Tranne per dieci minuti prima e dopo pranzo per prendere eventuali Pokémon. 

L’uomo si fermò. E i due fecero altrettanto.

«Ash… ti chiami così?»

Il ragazzo fece un piccolo cenno di approvazione.

«Questa sarà la tua stanza. La condividerai con Jeremy Belpois. Dato che ci sei metti le tue cose qui e lascia anche il tuo Pikachu. I Pokémon fuori dalle Pokéball non sono ammessi nelle aule. E le lotte e le esercitazioni sono permesse solo in aree specifiche.»

Il ragazzo ricevette dal professore una copia delle chiavi della stanza. E aprì la porta.

Non era una stanza enorme, ma nemmeno piccolissima. Due letti, due piccoli armadi e una scrivania. La stanza era illuminata da un'ampia finestra. 

Dando uno sguardo più approfondito alla stanza notò sulla parete di sinistra, sopra il letto, un poster di Albert Einstein, ritratto mentre faceva la linguaccia. Questo gli bastò a capire che quello era il letto del suo compagno di stanza.

Aveva anche notato come la scrivania fosse totalmente occupata da un gigantesco computer fisso e di come il suo enorme peso la curvasse.Il fatto che non si fosse spaccata, era un vero miracolo.

Aveva notato come alla base del suo letto vi fosse una cuccetta per Pokémon. 

Posò la sua valigia sul suo letto e  si rivolse al suo Pikachu.

«Scusa amico, ma dovrai restare qui, per ora. Poi verrò a prenderti,  mi raccomando, fai da bravo!»

Il ragazzo, per non far sentire Pikachu da solo, aveva fatto uscire dalla Pokéball il suo Lycanroc.

Fatto questo, il ragazzo uscì dalla stanza e chiuse la porta.

Sperava che almeno Serena avesse la fortuna di avere una singola. Almeno dalle quattro e mezza a poco prima delle dieci di notte avrebbero potuto avere un po’ di intimità.

Il professore gli fece cenno di aspettare. Avrebbe accompagnato la ragazza e sarebbe tornato.

Ash non poteva quindi saperlo subito, ma il suo desiderio si era trasformato in realtà. La stanza della sua ragazza era una singola. Il professore consegnò alla ragazza le chiavi della stanza. Come quella del ragazzo non era enorme, ma era molto ben illuminata da un'ampia finestra. L'arredamento era semplice. Un letto sul lato sinistro, un armadio e una scrivania. Con un computer fornito dalla scuola. Ai piedi del letto un tappeto rosa.  

La ragazza poggiò la valigia sul letto. 

«Devi ritenerti fortunata.»

Le spiegò il professore.

«Questa è la sola singola femminile rimasta.»

I due tornarono al piano inferiore, a riprendere Ash. arrivati lì, il ragazzo li aspettava fuori dalla porta. Serena scambiò con il ragazzo uno sguardo d’intesa. Questo non venne notato dal professore, troppo impegnato nel riaccompagnare i due in aula, dove era in corso la lezione del professor Caggia. Fatto questo, il professore tornò al suo lavoro.

Il suo viaggio alla ricerca di frammenti continuava.

Kyushu, città di Fukuoka, sud del Giappone. 

Lucinda era appena uscita dall’ospedale, dove si era recata per fare visita a Vera una sua carissima amica. La ragazza era  imbruconata durante una sessione di allenamento e aveva dovuto dare forfait per quanto riguardava la Coppa Adriano.

Durante la visita l’aveva bonariamente rimproverata per averle fatto perdere del tempo, anche perché era consapevole che anche a parti invertite lei sarebbe andata a trovarla.

Il giorno dopo avrebbe dovuto partecipare alla Coppa Adriano, dall’altra parte del Giappone. 

Per questo non si era potuta trattenere molto. Appena fuori dall'ospedale, aveva preso un taxi per farsi accompagnare all’aeroporto. Lì avrebbe preso un volo per casa sua, l’Hokkaido. Precisamente per la città di Sapporo. Da lì avrebbe avrebbe preso un treno per la città di Kushiro. Poco lontano da quella città si sarebbe svolta la competizione.

Il breve viaggio in taxi, circa nove chilometri, le costò duemila Yen. Molto meno delle quattordicimila per il biglietto aereo. Il più economico che aveva trovato, compagnia low cost e classe economica. Ma per un’amica questo e altro. 

Finito il viaggio in taxi, giunta alle partenze e superati i controlli, salì a bordo dell’aereo, un Airbus A320. Nonostante la frequenza elevata della tratta, l’aereo era stracolmo.  

Lei si trovava in un posto vicino al finestrino. Per questo si poté godere al meglio il viaggio. Che fu piuttosto tranquillo. Come anche l’atterraggio. Non aveva bagagli, per cui avrebbe fatto in fretta. 

Dopo un’altra corsa in taxi, costatale millesettecento Yen, era giunta alla stazione dei treni. Il che voleva dire altre diecimila Yen che volavano. Almeno dalla stazione in poi e, per qualche giorno non avrebbe dovuto preoccuparsi di spendere, dato che ci avrebbe pensato l’organizzazione. 

La Coppa si sarebbe svolta alcuni chilometri fuori dalla città, e sarebbe iniziata il giorno dopo. Avrebbe passato la notte in uno degli hotel della città, poi, durante la coppa, avrebbe risieduto nel villaggio messo a disposizione per i partecipanti.

Dopo cena non riuscì ad addormentarsi, così decise di fare una videochiamata con Ash, il suo migliore amico. Sapeva che si era trasferito in Francia, con la sua ragazza, ma nonostante si fosse fidanzato, i due erano comunque rimasti in contatto. Sebbene non avesse mai conosciuto Serena di persona, sapeva che, come lei, era una coordinatrice, oltre a essere una famosa performer.

Dopo non molto tempo Ash rispose alla sua chiamata. Erano le cinque del pomeriggio in Francia e lui si trovava nella camera che avrebbe condiviso con Jeremy. In quel momento era solo. Stava sistemando le sue cose, in compagnia di Lycanroc e Pikachu. Non aveva la minima idea di dove si trovasse il suo compagno di stanza. Ma gli importava poco. L’aveva già visto a lezione. Tuttavia qualcosa l’aveva spinto a non dirgli che sarebbe stato il suo compagno di stanza. Ma poco importava. Si era accorto del fatto che stava ricevendo una videochiamata, proprio da parte di Lucinda, per cui  abbandonò i suoi pensieri e rispose. Intanto Pikachu era salito sulla sua spalla. Esplose di gioia non appena vide Lucinda. 

«Ciao Ash!»

«Ciao Lucinda! Quanto tempo! Come va lì in Giappone?»

«Benissimo! Sto per partecipare alla Coppa Adriano. Quest’anno sarà vicino a Kushiro.»

«Bene. Immagino tu abbia studiato nuove combinazioni per la gara.»

«Non ti sbagli! Spero che tu riesca a seguirla, vedrai, ti stupirò. Ma… dove sei? Ti hanno arrestato? Dico davvero, sembra che ti trovi in carcere.»

«No, no, niente carcere, ma non ci sei andata lontano, ci hanno dato una borsa di studio per la scuola più prestigiosa di tutta la Francia e abbiamo deciso di accettare. Magari la prossima volta ti presento anche il mio compagno di stanza.»

«Ah, bene! Non so se hai sentito cosa è successo a Vera.»

«No, dimmi, è da un po’ che non la sento.»

«Durante una sessione di allenamento è caduta e, pare si sia rotta una gamba. Quindi ha dovuto dare forfait.» 

 «Spero si rimetta presto.»

«Oh, anche io.»

Intanto, si sentiva qualcuno bussare nella stanza di Ash.

«Scusa, ma ti devo lasciare. Ci sentiamo presto! Ah, giusto! Saluta Adriano da parte mia.»

«Lo farò! Ci vediamo!»

Poi la ragazza chiuse la videochiamata.

Ash si affrettò ad aprire la porta. Davanti a lui Jim Morales, il professore/coreografo/guardiano. Ash era intimidito. Pensava di aver combinato qualche disastro o simili. E, farlo da appena arrivato sarebbe stato un disastro. Ma, almeno in questo caso, le intenzioni dell’uomo erano tutt’altro che cattive.

«Ti aspettano ai campi lotta, vogliono che tu dia una dimostrazione.»

Ash era contento, voleva mostrare di cosa era capace. E di cosa erano capaci i suoi Pokémon.

«Lotterò contro di lei?»

«Oh, no. Niente affatto. Io sono stato un fortissimo allenatore, io e la mia squadra abbiamo vinto decine e decine di lotte…»

«Scusi se sono indiscreto, ma mi può dire perché non lotta più?»

«Preferirei non parlarne.»

Ash, essendo lì da poche ore non lo poteva sapere, ma, per il professore, quelle tre parole erano una sorta di rifugio. Le aveva usate tante di quelle volte che ormai aveva perso il conto. 

I due non parlarono per tutto il resto del tragitto, fino ai campi lotta. 

In questo caso utilizzarono quelli all’aperto. Era una bellissima giornata di fine estate, tanto valeva approfittarne. 

«Ulrich Stern, sarai tu il suo sfidante.»

Il ragazzo raggiunse l'estremità opposta del campo lotta, senza dire una parola. Nonostante sapesse di avere un avversario di alto livello, voleva mostrare il suo valore. Era il campione delle lotte in coppia, insieme a Yumi, la sua ragazza. E solo contro di lei aveva perso il titolo delle singole.

Ash, invece avrebbe voluto fare una bella figura con la sua ragazza. Anche lei stava seguendo la lotta, sempre dagli spalti.

«Io farò da arbitro. Sapete, una volta sono stato arbitro a livello professionistico, per le lotte del torneo della lega, ma… preferirei non parlarne. Ad ogni modo… schierate i vostri Pokémon e cominciate. Sarà una lotta uno contro uno. Vince chi rende non più in grado di lottare il Pokémon avversario. 

Si affronteranno Ulrich e Ash. Schierate i vostri Pokémon.»

«Pikachu ti va di lottare?»

Il Pokémon scese dalla spalla del ragazzo e si schierò in campo. In attesa di sapere contro chi avrebbe lottato.

«Gallade, tocca a te.»

Dalla Pokéball del ragazzo uscì un Gallade. Appena uscito si mise immediatamente sulla difensiva. 

«La prima mossa spetta a Ash.»

«Pikachu, su, usa Attacco Rapido!»

«Gallade proteggiti con le braccia!»

Il Pikachu corse a grande velocità contro l’avversario, colpendolo in pieno petto e facendolo sbilanciare, nonostante si fosse protetto. 

«Benissimo, ora usa Psicotaglio!»

Le braccia del Pokémon si estendettero e illuminarono di azzurro. Da esse uscirono delle lame di energia colorate. Che colpirono Pikachu, facendolo allontanare.

«Pikachu, usa Codacciaio per rallentare.»

Il Pokémon eseguì, infilando la coda nel terreno e fermandosi. Era tornato sulle sue zampe.

«Gallade, usa Zuffa!»

Il Gallade del ragazzo corse verso la metà campo avversaria, e iniziò a tirare una serie di calci e pugni al Pikachu avversario.

«Pikachu, non permettergli di colpirti. Usa Fulmine!»

Il Pikachu, che si trovava in aria, eseguì, lanciando contro l’avversario un potentissimo attacco elettrico. 

«Gallade usa Nottesferza!»

Le braccia del Pokémon si illuminarono di azzurro, e vennero circondate da un’aura dello stesso colore.

«Usa Codacciaio contro le sue braccia, prima che ti possa colpire!»

La dura coda di Pikachu colpì le braccia del Pokémon avversario, annullando l’attacco e facendolo arretrare e curvare in una posizione piuttosto scomoda. 

«Gallade, usa Psicotaglio per liberarti!»

La coda del Pokémon pressava contro le braccia di Gallade. Entrambi erano in una posizione piuttosto scomoda. E l’attacco, nonostante la scomoda posizione del Pokémon, fu sufficiente a spedire Pikachu oltre i confini del campo, senza che questi potesse in alcun modo attutire la caduta. 

Tutte le attenzioni erano puntate su di lui. Anche la telecamera di Tamiya che, insieme all’inseparabile amica Milly stavano riprendendo l’incontro. 

Jim si stava avvicinando al Pikachu, per comprendere se questi fosse o meno in grado di continuare. Ma prima che potesse raggiungerlo, lo vide rialzarsi. 

«Pikachu può ancora continuare!» Dichiarò.

Ash se lo aspettava. Quella lotta era niente in confronto a tante altre che avevano affrontato. E lo avrebbe dimostrato. 

«Pikachu, usa codacciaio, mira al ginocchio.»

Il Pikachu correva ad alta velocità contro il Gallade avversario. Pronto a colpirlo in un punto sensibile.

«Gallade, tieniti pronto. Quando te lo dico devi saltare.»

Sembrava che lo spazio tra i due Pokémon fosse infinito. Pikachu correva, Gallade restava fermo, sembrava che  i due non si raggiungessero mai. «ORA!» Gridò Ulrich.

Gallade saltò in aria pochi istanti prima che il colpo arrivasse. La coda di Pikachu non lo sfiorò nemmeno. Ma nonostante questo, Ash non era minimamente preoccupato.

«Pikachu, salta anche tu, e usa Attacco Rapido!»

Il Pokémon, dandosi propulsione con la muscolatura delle zampe posteriori, spiccò un balzo. Ora si trovava alla alla stessa altezza di Gallade. Pronto ad attaccare. 

Nemmeno il disperato tentativo di proteggersi con le braccia, poté fermare quell’attacco. Gallade era disteso a terra. Di schiena. Dolorante. Ma ancora in grado di lottare. Senza che il suo allenatore gli dicesse nulla, si rimise in posizione eretta, non era tipo da arrendersi facilmente. Come il suo avversario.

«Wow, è tale e quale al suo allenatore! Non si arrende mai!»

Commentò una Sissi, ancora innamorata di Ulrich, nonostante questi avesse, da qualche tempo, una relazione stabile con Yumi. Il ragazzo era troppo impegnato nella lotta per poterla sentire. 

«Gallade, usa di nuovo Zuffa!»

Gallade corse di nuovo verso Pikachu, con l’intenzione di colpirlo nuovamente con una serie di calci e colpi di lame, ma Ash non poteva permettere che Pikachu subisse nuovamente una simile raffica di colpi. 

Questa volta fu attendista. Gallade corse contro Pikachu. Che stava aspettando. Per ora era tutto solo nella mente di Ash, ma presto si sarebbe rivelato agli spettatori, che erano passati dall’essere poco più di una mezza dozzina, a essere oltre la metà dei collegiali. Data l’intensità dello scontro, nessuno osava proferire parola. Erano tutti in religioso silenzio, come in una partita di tennis. In attesa di quella che, forse, sarebbe stata l’ultima mossa, quella che avrebbe determinato l'esito dell’incontro. Gallade correva a grande velocità, Pikachu era fermo. Immobile, in attesa del comando del suo allenatore. 

Gallade era in procinto di raggiungerlo. Appena due passi. Ora solo uno. Ora era a una frazione di secondo dal colpirlo.

«ORA! Pikachu! Codacciaio!»

La coda del Pokémon si era indurita, diventando come una lama. Simile a quelle di Gallade. 

La coda di Pikachu colpì una delle gambe di Gallade, nella parte interna, facendolo cadere di faccia contro il terreno. 

Gallade provò a rialzarsi, ma era troppo debole.

«Gallade non è più in grado di lottare. Il vincitore è Pikachu!»

DichiaroJim.

Ulrich raggiunse il suo Pokémon, e, dopo averlo aiutato a rialzarsi, lo ricoverò nella Pokéball. 

«Non ti preoccupare, sei stato fantastico, ora ti puoi riposare, te lo meriti.»

Quindi raggiunse l’allenatore avversario, e gli porse la mano destra. Ash fece altrettanto. I due ragazzi si strinsero la mano.

Un gesto di estrema sportività, che venne gradito dal pubblico. Tutti i collegiali fecero partire un applauso.

«Sei davvero forte. Ma la prossima volta io e Gallade ti batteremo, vedrai!»

«Non contarci! Anche noi la prossima volta saremo più forti, vedrai.»

«Questi due ragazzi vi hanno dato una stupenda dimostrazione di una lotta, ora tocca alle ragazze, che si esibiranno in una gara di lotta. Serena e Aelita?»

Il fatto di non essere chiamata, fece particolarmente irritare Sissi. Le era stata preferita la sua acerrima rivale.

Per questo decise di andare al suo posto. 

Ash, notando questa ingiustizia, si rivolse alla sua ragazza.

«Falle vedere chi sei.»

La ragazza fece un cenno d’intesa. Come a intendere che lo avrebbe fatto comunque. Dopotutto la sua avversaria si era autoimposta. In ogni caso Jim, la professoressa Hertz e Yolanda, l’infermiera della scuola si erano accomodati nel pannello dei giudici. E il professore di educazione fisica accese il monitor. 

«E va bene. Cominciate.» 

«Delphox, tocca a te!»

« Ralts, brilla per me!»

Serena era stupita. Perché mandare contro una piccola Ralts contro la sua Delphox? Voleva davvero regalarle una vittoria così facile o c’era dell’altro? Dubitava del fatto che lei fosse una coordinatrice di alto livello? In ogni caso la sua intromissione non venne gradita dal pubblico, eccezion fatta per i suoi due leccapiedi. 

«La prima mossa tocca a Serena.» Dichiarò Jim.

«E perché non inizio io?» Si lamentò Sissi. «Ralts! Palla Ombra!»

«Delphox! Usa introforza!»

Una delle sfere di energia create dalla Delphox di Serena si scontrò contro la palla di energia oscura. 

«Ralts, usa psichico per rispedirle l’attacco!»

La Ralts della ragazza concentrò i suoi poteri e spinse le sfere di energia contro Delphox.

«Delphox, distruggile con Fuocobomba!»

La Delphox lanciò un potentissimo attacco di fuoco, simile ad una croce di fiamme, che distrusse le sfere di energia. E che colpì la Ralts avversaria. Sconfiggendola.

«Ralts non può più continuare! Vince Delphox. Di conseguenza la vincitrice è Serena.»

Sissi si allontanò senza nemmeno stringere la mano alla sua avversaria, con tanto dispiacere di quest’ultima.

«Serena, ti va una lotta?»

Alla ragazza le ci volle un attimo per capire chi le aveva fatto la proposta. Dopo uno sguardo più attento si accorse  che  a farle quella richiesta fosse una ragazza dai capelli rosa, tagliati corti.

Era forse lei Aelita, la ragazza che, inizialmente doveva essere la sua avversaria?

«Con piacere.»

I professori e l’infermiera, dopo la brutta figura rimediata di Sissi, si erano allontanati. Lasciando soli gli alunni. 

«Se non vi dispiace farò da arbitro.» 

Si offrì Ash.

Le due ragazze accettarono, dopotutto un arbitro sarebbe servito, no?»

«Bene, schierate i vostri Pokémon!»

«Delphox, vuoi lottare?»

La Delphox della ragazza accettò. Dopotutto la lotta contro quella Ralts, non era stata nemmeno un antipasto.

«Togekiss, conto su di te!»

Dalla Pokéball della ragazza uscì un esemplare di Togekiss, che iniziò immediatamente a svolazzare per il campo di lotta.

Ash annunciò le regole.

«Sarà una lotta uno contro uno. Vince chi riesce a sconfiggere il Pokémon avversario. Che la lotta cominci!»

«A te l’onore!»

Serena aveva la possibilità di fare la prima mossa. Voleva approfittarne. 

«Delphox! Usa Introforza!»

La Delphox della ragazza generò diverse sfere di energia di colore bianco. Lanciandole contro l’avversaria.

«Togekiss difenditi con Eterelama!»

La Togekiss della ragazza generò delle lame d’aria, che distrussero le sfere d’energia. E avvicinandosi pericolosamente a Delphox.

«Delphox, schiva!»

Delphox si spostò poco prima di venire colpita dall’attacco avversario, che colpì il campo lotta creando una nube di polvere. Sebbene non venne colpita dall'attacco, era stata parzialmente accecata.

«Delphox, usa Magifiamma!»

Delphox creò un cerchio di fuoco con il suo bastone. Dal centro di quel cerchio partì una grande fiammata.

«Togekiss,  schiva! Poi usa Palla Ombra!»

Il Pokémon si spostò dal flusso della fiammata, per poi lanciare contro l’avversaria una sfera di energia oscura. Nonostante la coltre di polvere si fosse parzialmente diradata, la visuale di Delphox era ancora parzialmente offuscata dalla polvere. Per questo venne colpita duramente dall’attacco.

«Delphox puoi rispondere, usa Psichico!»

I poteri psichici della volpe di fuoco fecero schiantare al suolo la Togekiss della ragazza. 

«Togekiss, stai bene? Puoi continuare?»

Nonostante il duro colpo, Togekiss si alzò nuovamente in volo.

«Molto bene Togekiss, usa Idropulsar!»

Dalla bocca del Pokémon della ragazza si generò un fortissimo getto d’acqua, che colpì in pieno la Delphox avversaria, facendola cadere a terra. Facendo si che si trovasse nella stessa posizione in cui poco prima si trovava Togekiss. Ergo in una posizione di enorme svantaggio. Togekiss volava sopra di lei. Alzarsi poteva significare perdere l’attimo.

«Delphox! Fuocobomba!»

Dal bastone della Pokémon, puntando verso l’alto venne generata una coltre di fuoco a forma di stella. 

«Togekiss! Lancia contro una Palla Ombra!»

Il Pokémon della ragazza dai capelli rosa eseguì. Lanciando verso il basso il potente attacco di tipo spettro. Che, nel suo cadere verso il basso, incrociò e dissolse l’attacco di fuoco, per poi colpire Delphox. 

«Delphox non è più in grado di continuare! Quindi vince Togekiss: La vincitrice dell'incontro è Aelita.»

La ragazza dai capelli rosa si avvicinò alla sfidante. Le due ragazze si strinsero la mano. 

«Vedo che non tutte sono come lei.»

Commentò Serena.

«Lei è il caso unico. È Sissi, la figlia del preside. Imparerai a conoscerla. Molto spesso si comporta così. Dando il cattivo esempio. Il suo modo di approcciarsi con gli altri lo si rivede anche nella sua squadra.

«Capisco. Cercherò di starle alla larga.»

Dopo essersi salutata con Ash, Lucinda aveva finalmente preso sonno. 

La ragazza cercò di cliccarci, per farlo sparire, ma non ottenne il risultato sperato. Anzi. Sentì come una piccola scossa sulle dita. Poi il simbolo scomparve.

La ragazza decise di spegnere il computer e di addormentarsi. Ne aveva visto abbastanza quel giorno. E poi tra qualche ora ci sarebbero stati i round preliminari della Coppa. Doveva essere riposata.

Intanto, si era fatta praticamente ora di cena. L’enorme serpente di ragazzi e ragazze, dopo aver condotto i loro Pokémon nello spazio appositamente dedicato a loro, si stava dirigendo al refettorio.

Non si parlava d'altro se non che delle lotte che erano avvenute in precedenza. 

Nessuno pensò particolarmente a cosa avrebbero mangiato quella sera, dopotutto, a pranzo, per via dell’arrivo dei due era andata anche troppo bene.

Tutto sommato la cena non fu male. Dopo aver mangiato, il serpente di ragazzi guadagnò il dormitorio. Avevano un’oretta prima di dover restare nella propria stanza. Jeremy la trascorse con i suoi amici nella stanza di Odd e Ulrich. Ash, invece la trascorse nella stanza della sua ragazza, ovviamente in sua compagnia.

Pochi istanti prima delle dieci, il ragazzo e il suo Pikachu erano scesi al piano inferiore.Ash aveva accompagnato Pikachu in camera, prima di andare al bagno. Jeremy si congedò con i suoi amici e si diresse in camera sua. Come anche Aelita, che nel salire le scale, aveva incrociato Ash.

Jeremy entrò nella sua stanza e accese la luce. Al centro della stanza vide un Pikachu. Gli ci volle un attimo per capire. Non poteva essere un esemplare selvatico. I Pikachu sono dei PK  notoriamente molto schivi. Nel boschetto vicino alla scuola ne erano presenti diversi, ma appena vedevano una persona, scappavano. Ergo quel Pikachu doveva essere di un qualche allenatore. Solo in un secondo momento si rese conto del fatto che avrebbe dovuto condividere la stanza con qualcuno. Con tutta probabilità l’allenatore di quel Pikachu.

E non si era sbagliato. Ash entrò poco dopo. 

«Piacere… Jeremy? Io sono Ash. Sarò il tuo compagno di stanza.»

«Piacere.»

«Devo ammettere che mi hai sorpreso  con le tue tecniche di lotta. Hai davvero uno stile unico.»

«Dici? Io semplicemente studio il modo di lottare del mio avversario, ne comprendo i punti di forza e debolezza e gli sfrutto a mio vantaggio.»

«E se uno dovesse improvvisare? Che fai?»

«Quando ti capiterà mai? Una, due volte?»

«Se non ti dispiace domani ci sfideremo. E le vedrai queste una o due volte.»

Intanto, mentre in Francia stava scorrendo la notte, in Giappone un nuovo giorno stava incominciando. Questo, per Lucinda voleva dire prepararsi e anche alla svelta, se non voleva arrivare in ritardo alle prove finali prima dell’esibizione. E lei non era tipo da prepararsi rapidamente, anzi. 

Per sua fortuna, però il pullman che avrebbe portato tutti i coordinatori al villaggio allestito appositamente per la manifestazione, ebbe un inconveniente e tardò non poco.

Almeno poté prepararsi con la dovuta calma e riuscì a essere pronta pochi minuti prima dell’arrivo del mezzo. 

Il viaggio durò una mezz’ora abbondante. Poi il pullman si fermò, permettendo a tutti di scendere. Il villaggio era costituito da alcuni edifici smontabili dove i coordinatori avrebbero dormito, da un edificio adibito a ristorante per i coordinatori e da alcune hospitality per il pubblico. 

L’arena dove si sarebbe svolta l’esibizione era direttamente costruita sull’acqua. 

Quel giorno erano unicamente in programma delle esercitazioni, ma sugli spalti era comunque presente del pubblico. 

Lucinda aveva approfittato di quell’occasione per fare le ultime prove. Voleva continuare la sua striscia di vittorie consecutive alla coppa e sarebbe dovuta essere impeccabile, e la sua squadra con lei.

Quel turno extra le fu molto di aiuto. Aveva deciso chi utilizzare sia durante la fase del saggio di recitazione, sia durante le gare. La Coppa Adriano non era una gara come le altre. Era valida per tutte le regioni del Giappone, pertanto il numero di concorrenti era molto maggiore rispetto al solito. Lucinda era comunque sicura che avrebbe passato la prima fase. Era una delle migliori coordinatrici del Giappone, non si sarebbe fatta scoraggiare da questo. Anzi. era uno stimolo per mostrare quanto valesse una super coordinatrice. E l’assenza di due rivali quali Vera, in ospedale con una gamba rotta e di Zoey, che aveva deciso di ritirarsi dalle gare, non l’avrebbe influenzata. 

Era il primo dei tre giorni di gara. Il primo era dedicato alle esibizioni. Il giorno seguente ci sarebbero stati gli ottavi e i quarti di finale. Il terzo e ultimo giorno, invece ci sarebbero state le semifinali e la finale. 

Lucinda sarebbe stata la terzultima a esibirsi, per cui avrebbe potuto saggiare il livello dei suoi avversari, prima di esibirsi. 

Ora si trovava sul palco. Vestita con il suo classico abito da gara. Ma poco importava. Non era lei la protagonista. 

«Togekiss sonoquì!»

La Togekiss della ragazza uscì dalla Pokéball contornata da dei cuori. Che, immediatamente lanciò verso il pubblico, tra gli applausi.

Quindi fece un volo radente con un’ala che sollevava una coltre d’acqua. 

«Togekiss usa Forzasfera, quindi colpiscila con Eterelama.»

Il Pokémon eseguì, creando una sfera di energia di colore azzurro, che poi venne colpita dalla lama d’aria. Questo polverizzò la sfera di energia. 

«Molto Bene! Ora usa di nuovo Forzasfera, poi inglobala in Palla Ombra.»

Il Pokémon eseguì, lanciando verso il cielo una sfera di energia azzurra, per poi fare lo stesso con una sfera di energia oscura. 

Poi, prima che i due attacchi si incontrassero, impartì un altro ordine.

«Benissimo, appena si toccano,colpiscile con Aeroattacco!»

La sfera oscura inglobò quella azzurra. Ora i due attacchi erano una sola cosa. La sfera oscura emanava anche dei bagliori di colore azzurro.

Togekiss la colpì creando polveri di vario colore. 

«Chiudiamo in bellezza! Usa di nuovo Palla Ombra e Forzasfera! Poi Eterelama!»

Togekiss eseguì. Questa volta i due attacchi non si incontrarono, ma rimasero sospesi alla stessa altezza. I due Eterelama gli distrussero in polvere colorata, prima di scontrarsi e fare altrettanto.

La ragazza si prese i complimenti da parte della giuria e uno scrosciante applauso dal pubblico. Il suo accesso alla fase seguente fu una semplice formalità.

Nonostante questo ebbe un piccolo brivido, mentre guardava il tabellone in cui apparivano i coordinatori che avrebbero acceduto alla fase seguente. Ovviamente lei era presente tra gli otto che avrebbero avuto accesso alla fase successiva.

Il giorno seguente la ragazza avrebbe affrontato la prima fase delle gare di lotta. 

Non si era curata di scoprire chi sarebbe stato il suo avversario o la sua avversaria. Aveva iniziato a farlo qualche tempo prima e da allora non aveva più smesso. Era riuscita a passare i quarti di finale senza troppi inconvenienti, e si era messa in contatto con la madre, per raccontarle di alcuni dubbi che la affliggevano.

Aveva chiuso la chiamata e stava per spegnere il suo portatile, ma qualcosa la dissuase dal farlo.  Al centro dello schermo del suo portatile era apparso uno strano simbolo. 

Per certi versi ricordava un bersaglio delle freccette. Era formato da un pallino circondato da due cerchi concentrici, tutti di colore rosso, su sfondo nero. Dalla parte inferiore del cerchio più esterno partivano tre stanghette, e, dalla parte superiore ne partiva una. La ragazza, pensando a uno scherzo, decise di cliccare sul simbolo. Una piccola scintilla uscì dal touchpad del suo portatile. La ragazza non si accorse di nulla. Spense il computer e decise di dedicarsi ad altro. 

Era giunta alla finale. E sapeva di avere tanti occhi addosso. La sua avversaria era una super coordinatrice, come lei. E aveva schierato un Umbreon. Lucinda aveva, invece, schierato Piplup. il Pokémon pinguino era avvantaggiato dal fatto di trovarsi nel suo ambiente naturale, l’acqua. E si aspettava che Lucinda sfruttasse questo a suo vantaggio.

«Umbreon, usa Neropulsar!»

Il Pokémon Lucelunare lanciò una serie di anelli di energia di colore viola scuro, tendente al nero.

«Piplup, assorbilo con Mulinello!»

Il Pokémon della ragazza generò un gigantesco vortice d’acqua, che venne circondato dall’attacco avversario e che si dirigeva a gran velocità contro l’Umbreon nemico.

La sua coordinatrice perse diversi punti, per questo. Ma non si diede per vinta. Era anche lei una super coordinatrice, dopotutto.

«Umbreon usa Psichico!»

I poteri psichici di Umbreon sollevarono in aria il piccolo Piplup, per poi farlo cadere in acqua. Lucinda perse una buona quantità di punti.

«Non facciamoci scoraggiare, Piplup! Mulinello!»

Il piccolo Pokémon pinguino generò un gigantesco vortice d’acqua, che intrappolò l’avversario. Umbreon sarebbe affogato se il suo allenatore non avesse reagito. 

«Umbreon, liberati! Usa palla ombra!»

Il Pokémon lanciò il potente attacco di tipo spettro. Le intenzioni del suo coordinatore erano quelle di bucare la coltre d’acqua. Cosa che riuscì solo parzialmente. L’attacco venne deviato verso l’alto dalla rotazione dell’acqua, non colpendo nessuno, ma esplodendo semplicemente. Facendo perdere pochissimi punti alla sua avversaria. Lucinda, capendo le intenzioni avversarie, decise di rendere la vita difficile al suo avversario.

«Piplup,Perforbecco!»

Il piccolo Pokémon si lanciò a gran velocità contro il nemico, mentre il suo becco roteava. Superò agilmente la coltre d’acqua e colpì l’Umbreon nemico. Facendolo cadere in acqua. Il suo coordinatore perse diversi punti. 

Se voleva vincere, doveva reagire. Solo che non aveva la minima idea di come fare. Sembrava che qualsiasi mossa facesse, la sua avversaria avesse la risposta pronta. Forse doveva improvvisare? Il tempo scorreva. Inesorabile. Ed era il suo turno. Altri cinque secondi e avrebbe perso metà dei suoi punti. 

«Umbreon usa…»

Prima che potesse impartire l’ordine, il tempo massimo consentito per ordinare un attacco era trascorso. E il coordinatore si era preso un cartellino giallo. Ora non aveva praticamente alcuna speranza di vittoria. In più, avendo perso il turno, ora toccava alla sua avversaria.

«Piplup, forza, usa Bollaraggio!»

Una coltre di bolle si stava giungendo contro l’Umbreon nemico. Il suo coordinatore doveva reagire. O avrebbe perso.

«Umbreon Psichico. Sulle Bolle!»

Il Pokémon di tipo buio concentrò i suoi poteri psichici sulle bolle, cercando di rispedirle al mittente.

«Piplup, difenditi con Mulinello!»

Il piccolo Pokémon pinguino generò nuovamente un grosso vortice d’acqua, che, non solo lo aveva protetto dalle bolle, ma aveva anche colpito l’Umbreon nemico. Facendo perdere gli ultimi punti al suo coordinatore.

«La vincitrice della Coppa Adriano, per la sesta volta consecutiva, è Lucinda!»

Al centro dello schermo, segnapunti, per un attimo, non apparve il suo volto, ma quello strano simbolo rosso a forma di occhio. Nessuno sembrò notarlo. Ma tutti si accorsero del fatto che Lucinda era svenuta. 

Quando la ragazza riaprì gli occhi si trovava in un ospedale, nella vicina città di Kushiro. La prima cosa che vide, a dir il vero, fu il soffitto della stanza. 

Un soffitto bianco con una lampada al neon al centro. Sentì la voce di una donna.

«Lucinda? Cosa ti è successo? Ricordi qualcosa?»

La ragazza non rispose.

«In ogni caso, per precauzione, passerai la notte qui.»

Appena Lucinda si accorse che la donna se n’era andata, scese dal letto e prese il suo computer portatile. Le dita delle sue mani si mossero come indemoniate. In quel momento non era la ragazza a controllarle. 

Aveva fatto tutto quello che doveva. Rimise il suo computer nella borsa e la prese. Doveva uscire da quel posto, ma non poteva di sicuro farlo da una tradizionale porta. La sola via di fuga era la finestra. Con tutti i rischi del caso. La ragazza si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra. Guardando verso il basso si accorse di come non fosse poi così in alto. Era al secondo piano e, poco lontano dalla finestra c’era il tubo di scarico dell’acqua piovana. La strada su cui dava quella finestra era poco trafficata. Per cui aveva ottime probabilità di successo. 

Aprì la finestra e si aggrappò al tubo. Lentamente era scesa fino a terra. Ora avrebbe dovuto raggiungere la stazione dei treni. Cosa che sicuramente non poteva fare a piedi. Farlo avrebbe significato perdere troppo tempo. E per lui il tempo era prezioso. Ogni secondo poteva fare la differenza.

Al Kadic era l’ultima terminata l’ultima ora di lezione della settimana. Per il lunedì, gli studenti di seconda superiore avevano un compito assegnato dalla professoressa Hertz. Fare delle ricerche su un Pokémon selvatico incontrato. A propria scelta. Volendo era possibile fare un lavoro di gruppo, anche se in quel caso la professoressa si era raccomandata di non far fare il lavoro solo a una persona.

Jeremy, Odd, Aelita e Ulrich avevano fatto gruppo, ovviamente, ma ancora non avevano deciso su che specie concentrarsi. A separare il collegio dal mondo esterno c’era un boschetto, popolato da diverse specie di Pokémon. Sceglierne solo una era davvero difficile. Gli amici stavano discutendo su chi scegliere, quando qualcosa attrasse l’attenzione di Aelita.

La vide appena di sfuggita, dirigersi verso il boschetto.

«Avete visto?»

Davanti al gruppo qualcosa passò molto rapidamente. Talmente rapidamente da risultare quasi invisibile. 

«Cosa?» Le risposero i tre. 

«Non so, penso sia un Pokémon, ma non credo di averlo mai visto prima.» Rispose la ragazza.

«Credo che potrebbe essere il soggetto ideale per la ricerca.» 

Le rispose Jeremy.

«Me lo sapresti descrivere? Così posso iniziare a fare uno schizzo.»

«Pensi che abbia un modo particolare di lottare?»

A chiederlo Odd e Ulrich.

«Non ne ho la più pallida idea. Ma direi di iniziare a seguirla. Qualsiasi cosa sia.»

I quattro si alzarono e si diressero verso il boschetto. Non si accorsero in alcun modo di essere seguiti. 

Fecero in modo di essere il più silenziosi possibile. Non volevano di sicuro spaventare quella misteriosa creatura. Qualsiasi cosa fosse. Erano talmente presi dal non accorgersi di essere seguiti. Ash era riuscito a convincere la sua ragazza di aver visto una strana creatura e di volerla esaminare. La ragazza, sebbene riluttante, aveva accettato. La sua convinzione era aumentata quando si era accorta di come Ash non fosse stato il solo ad accorgersene. 

Si erano fermati al confine di una radura. Al centro della quale vi era un tombino. Uguale in tutto e per tutto a quelli che si trovano nelle strade. Solo che si trovava totalmente fuori luogo. O almeno lo era per Ash e Serena. Per gli altri quattro quel tombino voleva dire solamente una cosa. Doversi difendere da uno degli attacchi di Xana. Quel tombino era solo uno dei possibili accessi alla vecchia fabbrica in cui si trovava il Supercomputer. Ma, tra tutti, era quello che avevano usato di più. 

La creatura, guardandosi intorno non si accorse di nessuno e aveva ripreso il suo aspetto. Quello di una creatura del corpo chiaro e snello, nero dal collo alla vita. Questo dava l'impressione che la creatura indossasse un abito, raccolto in vita con una fascia. I lunghi capelli, che erano raccolti da un fermaglio nero, ricordavano uno spartito, mentre le braccia avevano la forma di note musicali. Indossava un piccolo diadema sulla fronte, portava i capelli sciolti e aveva gli occhi azzurri. E in mano aveva un mazzo di fiori. 

La creatura, utilizzando i suoi poteri psichici sollevò il tombino e si infilò nelle fognature. Poi lo richiuse. I quattro aspettarono qualche istante, poi si calarono anche loro nelle fognature.

«Oh, proprio come ai vecchi tempi.»

Commentò Odd, in tono ironico.

«Avrei preferito non averci più a che fare.»

Gli rispose Ulrich, tappandosi il naso, per difendersi dal terribile odore delle fognature. Jeremy e Aelita non dissero nulla. Nonostante non si calassero nella fognatura da tempo immemore, avevano lasciato lì monopattini e skateboard. Portarli fuori sarebbe stato inutile. Erano ormai vecchi, e non avrebbe avuto senso tirarli fuori. Nonostante questo, riuscivano ancora nel loro scopo. Velocizzare la traversata delle fognature. 

Dopo aver percorso la tratta, che nel corso degli anni precedenti, avevano imparato a conoscere a memoria, giunsero  finalmente all’esterno. Il vecchio edificio, una ex fabbrica della Renault, abbandonata da anni, non era cambiata di una virgola dalla loro ultima visita. I quattro attraversarono il ponte e giunsero all’ingresso dell’edificio. Come da tradizione si appesero alle corde come se fossero liane e giunsero al piano terra. Percorsero la breve strada che li separava dal montacarichi e appena vi furono dentro, Aelita premette il bottone. La porta meccanica si chiuse e, lentamente, il montacarichi scese. Erano giunti nella sala del  terminale del supercomputer. Senza trovare tracce della creatura. Ripresero il montacarichi e scesero fino alla sala scanner.

 Qui la videro, mentre stava depositando il mazzo di fiori di fronte allo scanner centrale. 

Appena si accorse della loro presenza, cambiò totalmente aspetto. La capigliatura passò dall’essere sciolta e verde a raccolta e arancio. Dello stesso colore gli occhi, il diadema e la fascia in vita, il vestito si era trasformato, ricordando un tutu. Voleva essere pronta a lottare, tuttavia nessuno dei quattro, sembrava avesse intenzioni bellicose. Come se tutti tenessero particolarmente a quel luogo.

Poco dopo l’allontanamento dei quattro ragazzi, Ash e Serena stavano discutendo sul da farsi.

«Cosa ne pensi? Gli seguiamo?»

«Come vuoi. Ma almeno siamo sicuri di non esserci presi una cantonata?»

«Sicuro. Ti assicuro che è davvero Meloetta. È un Pokémon molto raro. Tempo fa ne ho incontrato un esemplare negli Stati Uniti. Che sia lei?»

Ash aveva raggiunto il tombino al centro della radura e si era inginocchiato, per sollevarlo.

«Sicuro che siano entrati qui dentro?»

«Non possono essersi teletrasportati.»

Ash sollevò, con fatica, la lastra di ferro, e venne accolto da un odore pestilenziale. Dopotutto erano sempre le fogne.

«E tu vuoi entrare la dentro? Sei folle.»

«Vuoi farti sfuggire un’occasione del genere?»

Il ragazzo aveva percorso l'intera scaletta, e si trovava sul marciapiede laterale. Guardando attentamente si era accorto di come, poggiato alla parete, ci fosse uno skateboard. 

Serena si sentì costretta a seguirlo. E anche lei aveva notato lo skate. Aveva anche notato che, sul legno della tavola, erano dipinte due lettere. “Y I”. La ragazza pensò che fossero le iniziali del proprietario o della proprietaria dello skate.

Non ci fece più di tanto caso.

«E ora dove andiamo?»

Ash si guardò attorno. E notò, nella parete dov’era poggiato lo skate una freccia dipinta con una bomboletta spray, che puntava proprio davanti a loro. Sul marciapiede erano visibili le tracce degli skate e dei monopattini.

«Seguiamo quella freccia. Male che vada torniamo indietro.»

La ragazza, riluttante, lo seguì. Ok che stavano insieme, ma a volte Ash aveva delle idee alquanto strane.

I due proseguirono nella camminata, fino a raggiungere la fine della fognatura. Sulla parete erano poggiati due monopattini e due skate. Su uno degli skate, in maniera simile a quello trovato all’ingresso della fognatura, solo che in questo vi erano scritte le lettere “U S”.  La fognatura terminava con una griglia che separava la fognatura dalla Senna. Il fiume che attraversava Parigi. Lì stesso doveva esserci un tombino aperto, che permetteva di risalire. Contrariamente a quella precedente, in questa i gradini partivano da più in alto. Ash si offrì di fare da scaletta per permettere alla sua ragazza di salire e di tornare a respirare aria pulita. Poi salì anche lui.

Si trovavano poco davanti a un ponte di ferro che conuceva a una fabbrica abbandonata. La scritta Renault, in nero era scolorita. Quell’edificio doveva essere abbandonato da molti anni. Guardandosi attorno i due si accorsero di quanto lontano si trovassero dal collegio. Da quel ponte erano appena visibili i tetti dell'edificio. Si erano avviati all’interno della fabbrica. La scala che un tempo permetteva un facile accesso al piano inferiore era caduta chissà quanti anni prima. Ash notò delle corde di metallo dall’aria robusta.

«Che ne pensi? Vuoi provare emozioni forti?»

Le propose Ash, cercando di non ridere.

«Sicuro che reggano? Sono più vecchie di Matusalemme!»

Gli rispose la sua ragazza, che, come spesso accadeva, faceva la voce della ragione.

«Hai ragione, meglio cercare un’alternativa.»

I due percorsero il ballatoio, alla ricerca di una seconda scala. Intanto poterono osservare l’interno della fabbrica. Che, per certi versi ricordava una discarica. Carcasse di auto, lattine e bottiglie di birra, pneumatici, rifiuti elettronici, materassi, lastre di eternit e quant’altro.

«Possibile che un Pokémon raffinato ed elegante come lei faccia visita a un posto così rosso e sporco?»

«Hai detto che aveva un mazzo di fiori? Magari ha perso un amico o un’amica qui e, avendo assimilato dagli esseri umani la tradizione di portare dei fiori. Sai, potrebbe essere interessante per la nostra relazione.»

Ash fece un semplice cenno di approvazione. La sua attenzione era focalizzata sulla scala che conduceva al piano terra. Sembrava abbastanza solida. I due scesero al piano terra. Dando uno sguardo generale, non trovarono alcuna traccia di Meloetta. Erano giunti davanti alla struttura del montacarichi. Poiché quest’ultimo si trovava a un piano inferiore, era possibile guardare all’interno della tromba. Erano ben visibili i cavi che reggevano il montacarichi e sembravano ben tesi. Ash si stava sporgendo all’interno della tromba.

«Ash, cosa fai? Sei matto?»

Ash non le rispose. 

«Sembra che l’ascensore non sia precipitato.»

Aggiunse la ragazza. 

«E allora chiamiamolo.»

Ash premette il pulsante per chiamarlo. Certamente non si aspettava che funzionasse. Quella fabbrica era abbandonata da moltissimi anni. Non c’erano motivi per cui doveva esserci la corrente.

Il rumore di un vecchio motore elettrico ruppe il silenzio dell’edificio. 

I quattro al secondo piano interrato si accorsero del rumore. 

«Che succede?»

Si chiese retoricamente Odd. tutti avevano sentito il rumore dell’ascensore. 

«Sarà Yumi. Magari non trovandoci a scuola o all’Hermitage, avrà pensato di cercarci alla vecchia fabbrica.»

Gli rispose Jeremy. Con il suo solito fare razionale.

«Si, può essere.»

Il montacarichi era salito al piano terra. Ash e Serena ci salirono dentro. Quindi il ragazzo premette il pulsante per scendere. Una serranda di metallo si abbassò e, molto lentamente l’ascensore giunse al primo piano interrato. La serranda si alzò, facendo spazio a una porta meccanica, che si aprì. Balzò agli occhi di entrambi come quella porta stonasse con l’edificio. Era troppo moderna. Ma quel pensiero durò ben poco. La stanza in cui erano entrati ricordava un film di fantascienza. Era illuminata da delle deboli luci al neon di colore verde e interamente rivestita di pannelli metallici.

Al centro della stanza si trovava una strana apparecchiatura. Il suo aspetto intimoriva. Ricordava un braccio meccanico. Con le travi di metallo a fare da scheletro e i cavi a fare da muscoli.

Accanto a questa apparecchiatura, sul pavimento vi era una sorta di pedana. 

Poco lontano dallo schermo si trovava una poltrona. Era posata su una piattaforma girevole, a sua volta posata su una sorta di monorotaia che portava la poltrona fino al monitor. 

Ash guardava quell’attrezzatura con occhi sognanti. Avrebbe potuto esaminare quelle attrezzature per ore. Ma non poteva dimenticare il motivo per cui erano lì.

I ragazzi, al piano inferiore, si accorsero di come il montacarichi non era giunto nella sala degli scanner, ma si era arrestato prima. 

«Non credo che sia Yumi. Se fosse stata lei, sarebbe scesa subito qui, qualora non ci avesse trovati nella sala del supercomputer.»

Tutti guardano Aelita. Aveva effettivamente ragione. Non poteva essere la loro amica. Ma se non era lei, allora chi era?

Al piano di sopra, dopo le notevoli insistenze della ragazza, Ash aveva accettato di continuare a cercare Meloetta. I due erano saliti nel montacarichi. Diretti al piano inferiore. Ash aveva alte aspettative su quello che avrebbe potuto trovare al piano inferiore.

Il montacarichi ci mise diverso tempo per scendere al piano inferiore. La serranda si sollevò e un’altra porta meccanica, simile a quella precedente, si aprì. 

Ash non si accorse della presenza dei quattro ragazzi e di Meloetta, che era passata alla forma Danza. Il suo sguardo era posato tre dispositivi metallici che ricordavano dei sarcofagi. O delle cabine doccia. Erano aperte e realizzate in metallo dorato. Dalla parte superiore dei dispositivi partivano degli enormi fasci di cavi che andavano verso l’alto. Verso la stanza dove si trovava quello strano dispositivo.

Ash sentì una mano fermarlo. Era la mano di Serena.

«Non ti sei accorto di nulla?»

Gli disse sottovoce. Per non farsi sentire. Tutti e quattro i ragazzi si erano girati verso Ash e Serena. 

«Posso spiegare…»

Ash cercò di difendersi. Ma come poteva? Era entrato in una proprietà privata, e di sicuro nessuno gli aveva dato il permesso di farlo.

La sua ragazza prese le redini della situazione.

«Abbiamo visto Meloetta e l’abbiamo seguita. Immagino come voi. Quindi siamo sulla stessa barca. O almeno credo. Solo che…»

«Solo che?»

Le chiese Aelita.

Meloetta, sentendosi chiamata in causa, era diventata invisibile. 

«Solo che sembra che voi conosciate questo posto. Abbiamo visto dei monopattini e degli skate poggiati contro la parete. E abbiamo visto delle tracce per terra.» 

Ash non aveva mai visto quel lato da investigatrice della sua ragazza. 

«Ok. Ci avete scoperto.»

Jeremy rispose alla ragazza.

I quattro amici si scambiarono uno sguardo d’intesa. Ash e Serena non si accorsero di nulla.  

«Venite con noi.»

Gli invitò Aelita.

I sei salirono sull’ascensore. Diretti a un piano ancora più interrato. Dopo un tempo che pareva infinito, i sei si trovavano nel terzo piano interrato della fabbrica.

Appena la porta di protezione si aprì, dal terreno uscì una sorta di struttura costituita da una piattaforma circolare alta una sessantina di centimetri e da un cilindro alto circa due metri al centro di esso.

Il tutto era di colore verde scuro e rivestito da svariate placche in oro. Appena uscito dal pavimento, del liquido di raffreddamento colò dal dispositivo.

«A te l’onore.»

Jeremy si riferiva ad Aelita, che, come gli altri, era scesa dal montacarichi, e si era, quasi istintivamente,  avvicinata allo strano dispositivo verde e oro. Permette un pulsante sul corpo del dispositivo. Lo sportellino si aprì e ne uscì un interruttore a leva. Aelita chiuse gli occhi e abbassò la leva. 

Dopo qualche istante il rivestimento dorato iniziò a brillare, quindi il dispositivo tornò nelle profondità della fabbrica.

Ash e Serena si scambiarono uno sguardo che valeva più di mille parole. Quello che stavano vedendo era la realtà o un sogno? Cos’erano tutti quei dispositivi? Come potevano quei quattro conoscere tutti quei segreti?

I quattro risalirono sul montacarichi. Ulrich fece segno ai due di seguirli. Il montacarichi risalì fino al primo piano interrato. Ora la stanza era illuminata dagli schermi della postazione di controllo. Il dispositivo aveva  appena terminato di caricare il sistema operativo del Supercomputer.

Jeremy si accomodò sulla poltroncina, che percorse la distanza fino alla postazione di controllo. Gli altri cinque lo seguirono. Il ragazzo fece girare la poltroncina nella loro direzione. Quindi iniziò a spiegare.

«In questa vecchia fabbrica si trova un supercomputer che al suo interno cela un mondo virtuale chiamato Lyoko, al quale si accede tramite quei dispositivi che si trovano al piano di sotto. 

All’interno del supercomputer e poi nella rete risiedeva una pericolosa intelligenza artificiale chiamata Xana. Aveva il potere di controllare qualsiasi  cosa riguardasse l’elettricità e il suo obiettivo era ucciderci per poter conquistare il mondo. Attaccava sulla Terra attraverso degli spettri polimorfi…»

«Hai detto spettri?»

Il tono di Serena era spaventato. Poteva accettare mondi virtuali, intelligenze artificiali con istinti omicidi, supercomputer all’interno di fabbriche abbandonate, ma non che ci fossero nel mezzo degli spettri. 

«Certo, come no! E voi pensate che me la beva?»

«Non ci credi? E allora te lo dimostreremo.»

Il tono di Odd intendeva lanciare una sfida. Aveva preso le parole del ragazzo assai sul personale. Tanto da offrirsi per il viaggio nel mondo virtuale.

«E va bene. Andate pure alla sala scanner.»

Odd, Ash e Serena scesero al piano inferiore. La sala degli scanner. 

Il biondo entrò in uno di essi. Appena Jeremy ebbe la conferma che il ragazzo fosse entrato all’interno del dispositivo, iniziò la procedura. Una procedura che aveva imparato a conoscere a memoria. Dagli altoparlanti della stanza era chiaramente udibile la voce del ragazzo. 

«Scanner Odd.»

Nella stanza si iniziava a sentire un rumore simile a quello di un ventilatore. All’interno dello scanner, Odd era stato sollevato e scannerizzato da una luce verde. Il supercomputer lo aveva riconosciuto.

«Virtualizzazione!»

«Si, come no!»

Commentò Ash. Non era un tipo avvezzo a queste cose, ma, nel corso del tempo era diventato un minimo furbo. Anche se, vedendo il dispositivo riaprirsi, in una nuvola di vapore, dovette ricredersi. Il ragazzo era scomparso. Provò anche a infilare una mano. Ma niente. Il dispositivo era vuoto. 

«Se volete potete anche salire.»

Gli esortò Jeremy.

I due seguirono il consiglio del ragazzo e giunsero al piano superiore. Rimasero entrambi stupiti nel vedere, sullo schermo del dispositivo, quello stesso ragazzo. Si trovava nel bel mezzo di una foresta. Una foresta che era palesemente finta. Sembrava fosse uscita da un videogioco. Il ragazzo, che ora indossava una tuta aderente principalmente viola e gialla, con diverse caratteristiche che gli davano un aspetto felino, come la mani, che ricordavano zampe, e la lunga coda,  si trovava nei pressi di una costruzione che, agli occhi di Ash e Serena appariva come una gigantesca candela, collegata al terreno con delle radici scure. In cima, come una fiamma, risplendeva un alone bianco. 

«Quella è una torre con ripetitore. Se vuoi puoi farti un giro negli altri settori di Lyoko.»

Odd non rispose. Si era già messo in moto, per percorrere la breve distanza che lo separava dalla Torre.

«Certo che senza i mostri di Xana, questo posto è davvero un mortorio!»

«Dobbiamo ricordarti il sacrificio per ucciderlo?»

Odd si stette zitto. 

Era entrato nella torre. Le pareti erano costruite da continui flussi di dati di colore azzurro. Sul pavimento quello che i quattro avevano imparato a conoscere come “Occhio di Xana” ma che a Ash e Serena appariva semplicemente come  un pallino circondato da due cerchi concentrici, di un colore tra il bianco e l'azzurrino, dalla cui parte inferiore del cerchio più esterno partivano tre stanghette, e, dalla parte superiore ne partiva una. 

Il ragazzo si era buttato dal bordo della piattaforma e, con un agile atterraggio, aveva raggiunto la torre successiva. 

Vi uscì e ora si trovava in mezzo al deserto. Anche questo appariva innaturale. Ampi spazi colorati di un arancio-rosso, qualche arbusto secco e delle pietre. 

Dopo qualche passo, il ragazzo entrò nuovamente nella Torre. Percorrendo un percorso simile e ritrovandosi ora in mezzo ai ghiacci. I colori dominanti erano l’azzurro, il bianco e il blu scuro.

Alcune lastre di ghiaccio virtuale ondeggiavano su dell’acqua virtuale. Il ragazzo rientrò di nuovo nella Torre, per l’ultima volta quel giorno. E ora si trovava nel settore delle montagne. A dominarlo un colore violaceo e delle nuvole. Il tutto appariva chiaramente irrealistico.

Sulla terra Ash e Serena erano ancora più stupiti. Quei quattro non mentivano.

«Bene, ora, se volete accoglierlo, io avvio le procedure di rientro.»

Ulrich, Ash e Serena presero il montacarichi, diretti al piano inferiore. Appena smise di sentire il rumore dell’ascensore avviò le procedure di rientro. Il corpo virtuale del ragazzo si stava lentamente disgregando. Lo scanner centrale si era chiuso. E si iniziavano a sentire rumori simili a quelli precedentemente uditi. 

Le porte del dispositivo si aprirono e Odd ne uscì. In una nuvola di vapore.

«Avevo quasi dimenticato che i viaggi virtuali fossero così tanto traumatici.»

Commentò, in tono ironico.

Aspettato qualche istante per farlo riprendere, i quattro salirono di nuovo nella stanza della postazione del supercomputer.

Jeremy stava pigiando rapidamente una serie di tasti della tastiera. Le sue dita danzavano sull’ampia tastiera, ingiallita dal tempo.

«Cosa stai facendo?»

Gli chiese Ash.

«Molto semplice. Farò in modo da farvi dimenticare ogni cosa riguardo Lyoko, riguardo la fabbrica, ma anche riguardo a Meloetta.»

«Credo che questo non lo dimenticherai facilmente.»

Serena diede un bacio in bocca a Ash, che rimase alquanto stupito.

«Ad ogni modo.»

Il tono di Jeremy si fece serio. 

«Ritorno al Passato! Ora!»

Dalla piattaforma accanto allo schermo uscì una luce bianca accecante, che prima avvolse l’intera fabbrica, poi l’intera Parigi, quindi tutta la Francia, l’Europa, il pianeta Terra, il Sistema Solare, la Via Lattea. L’universo intero.

Per lui non era un problema. Aveva già trovato la sua vittima e l’aveva già posseduta. Avrebbe solo dovuto ripetere l’esibizione e evitare di svenire. 

Lucinda aveva vinto la sua sesta Coppa Adriano. O meglio Xana aveva permesso al suo burattinaio di vincerla. Ma ora doveva essere lui a prendere le redini della situazione. E doveva farlo nel modo meno traumatico possibile. La fuga dall’ospedale era stata problematica. Per raggiungere Sapporo aveva dovuto picchiare una poliziotta e guidare la sua auto fino alla stazione dei treni. Quella volta avrebbe fatto le cose più progressivamente. Ma le cose non andarono poi diversamente. Come se lo svenimento della ragazza non dipendesse da lui. La ragazza venne caricata in un'ambulanza e portarla in uno degli ospedali della vicina città di Kushiro. Doveva trovare un modo di scappare. O il suo piano sarebbe fallito. Per sua fortuna, le persone che avevano soccorso la ragazza, avevano portato i suoi effetti personali. La borsa con i vestiti, il computer portatile e una stampante portatile. 

Durante la breve permanenza in ospedale, aveva già provveduto a comprare il biglietto per il treno diretto a Sapporo e per l’aereo, da quella città a Parigi. E a stamparli. Per far fronte a quelle spese e alle altissime spese della retta dell’istituto, avrebbe preso il denaro dai conti di una multinazionale, coprendoli come spese di gestione e mantenimento. Per far sì che il suo burattino si trovasse nelle migliori condizioni possibili, aveva prenotato i viaggi in aereo in prima classe. Solo per i voli avrebbe estratto dai conti dell’azienda oltre ventisettemila euro. Certo, era in Giappone. La valuta locale era lo Yen, ma Xana era abituato alla Francia, per cui ragionava con quella valuta.

Per non parlare poi delle migliaia di euro mensili per la retta del collegio. Ma non era un suo problema. Il giorno dopo il suo arrivo, il preside, il signor Jean-Pierre Delmas avrebbe accolto Lucinda a braccia aperte. 

Ora però doveva fuggire. E di sicuro non poteva farlo dalla porta di ingresso. Saeva che, come in precedenza, la sola via di fuga era la finestra. Dal momento in cui tutti gli eventi mondiali erano andati esattamente come prima, si trovava nella stessa stanza. Al secondo piano. Poco lontano dal tubo di scarico della grondaia. La ragazza ricoverò Piplup nella Pokéball. Per non avere un peso morto. La ragazza, controllata da Xana, usò quel tubo come via di fuga. E si trovò nella strada su cui dava il retro dell’ospedale. 

La notizia dello svenimento della coordinatrice alla Coppa Adriano era già stata diffusa, tanto dalla televisione quanto dalle radio. Percorse una buona distanza a piedi. Osservando attentamente l’ambiente circostante. Xana, attraverso gli occhi della ragazza, aveva notato come una signora di una certa età parlasse con una donna dentro una strana berlina. Nera nella parte inferiore, fino a circa l’altezza della cintura, e da allora bianca. Sul tetto delle strane luci.

Aveva sentito l’anziana ringraziare la donna a bordo dell’auto. Per cui aveva deciso di emularla.

Si avvicinò all’auto bianca e nera. 

«Scusi. Dove Treno?»

«Tu sei Lucinda? Non dovresti essere ricoverata dopo il tuo svenimento? Sali che ti riaccompagno.»

La ragazza, meccanicamente, salì a bordo.

«Dove Treno?»

«Ti porto all’ospedale. Domani potrai partire. Oggi è meglio che tu stia lì per la notte.»

L’auto guidata dalla donna iniziò a muoversi. Xana stava osservando ogni singolo movimento. Condurre quel mezzo non doveva poi essere così complicato. Certo. Per farlo prima doveva liberarsi della persona che lo stava conducendo. Toccò una spalla della poliziotta, che cadde come in un sonno profondo. Ora era al comando delle operazioni. 

Per prima cosa prese la radio dell’auto. Per comunicare con la stazione di polizia. Imitando alla perfezione la voce della donna. In modo così fedele da non far sospettare nulla alla sua interlocutrice.

«Dove treno?»

«Mi hanno detto che ti dovevi occupare di quella ragazza. Poi, in che modo parli? Ma lo hai fatto il turno di riposo?»

«Sistemata. Dove treno?»

«Segui le indicazioni stradali. E la troverai. Poi, mi raccomando, riposati.»

La ragazza seguì le indicazioni. La strada in cui si trovava sbucava sulla strada principale. E su quest’ultima si trovavano le indicazioni per la stazione dei treni. Con qualche scossone, riuscì a raggiungerla e a salire a bordo.

Il viaggio in treno fu tutto sommato tranquillo. Il suo burattino era arrivato a Sapporo sano e salvo. Con i suoi bagagli. Approfittò di un bancomat per prelevare del denaro. Sarebbe servito per pagare il taxi. Nulla di più facile. Gli bastò toccare il dispositivo per far si che vomitasse una grossa quantità di denaro. 

La ragazza raccolse sino all’ultima banconota. 

Ora era fuori dalla stazione. Trovare un taxi nei paraggi non fu difficile. Anzi. Aveva semplicemente l’imbarazzo della scelta. Ne scelse uno tra i tanti. Il tassista, un uomo sui quarant’anni, prese la sua borsa e la mise nel cosano. Quindi aprì la porta alla ragazza. E la chiuse non appena ella e il suo Piplup entrarono. 

«Oh, ma lo sai, una giovane coordinatrice con un piccolo Piplup hanno da poco trionfato alla Coppa Adriano! Deve essere stato emozionante.»

La ragazza non rispose. Piplup fece un cenno di orgoglio.

«In ogni caso… dove la porto?»

«Aeroporto.»

La laconica risposta della ragazza bastò all’uomo, che l’accompagnò fino all’aeroporto. Ricevendo un compenso ben maggiore  di quello necessario.

La ragazza riprese la borsa. Al suo interno anche il biglietto aereo per la lunghissima tratta Sapporo Parigi.

Aveva ancora del tempo. Si guardò attorno e si accorse di come ogni persona avesse dei vestiti diversi. Anche persone di età sovrapponibili, mentre il suo burattino aveva ben pochi cambi.

Visitò diversi negozi dell’aeroporto. Comprò diversi pantaloni, svariate gonne, biancheria, magliette, giacche, accessori. Oltre che delle valigie. Con il biglietto pagato aveva diritto a trentadue chilogrammi di bagaglio. E voleva sfruttare fino all’ultimo grammo. Cosa che riuscì alla perfezione.

Aveva superato tutti i controlli del caso ed era salita a bordo del Boeing 777. In prima classe. Ovviamente. La prima classe era occupata da uomini e donne d’affari, con delle voluminose ventiquattr'ore. Accorgendosi del fatto che era la sola ad avere un Pokémon e che questo avrebbe potuto causare dei problemi, decise di ricoverare Piplup nella Pokéball. Lo avrebbe fatto uscire solo all’aeroporto di Tokyo, dopo poco più di un’ora e mezza di volo. Qui avrebbe dovuto attendere circa due ore e mezza. Recuperato il bagaglio, decise di far uscire Piplup dalla Pokéball. Per permettergli di sgranchirsi. Secondo i suoi calcoli era altamente improbabile che in prima classe vi fossero dei Pokémon. Tuttavia decise di aspettare prima di ricoverarlo. Vi era una remota possibilità che altri allenatori lasciassero i loro Pokémon fuori dalla Pokéball.

Questa remota possibilità si avverò. Altri allenatori, nella prima classe di quel Boeing 747 avevano lasciato i loro Pokémon liberi. 

Potè così lasciare Piplup libero, senza doverlo far entrare nella Pokéball. Il viaggio era lunghissimo,  quasi quindici ore.  Per fortuna, nel costoso biglietto, il cibo, sia per gli allenatori che per i Pokémon, era compreso. Xana doveva assicurarsi che il suo burattino stesse bene. E nutrirsi era un buon modo per farlo.

Passò una buona parte del viaggio dormendo. Si svegliò giusto prima dell’atterraggio. In Germania, a Francoforte sul Meno. 

Anche qui avrebbe dovuto attendere poco più di due ore. Ma ehi! Era arrivato in Europa! E il suo burattino era in perfetta salute. 

La gente, in Germania, non aveva riconosciuto la famosa coordinatrice giapponese. Il che era un bene, per Xana. la ragazza si diresse a un bancomat, dove, come aveva fatto in precedenza, fece sì che erogasse una grossa quantità di denaro. E

Euro. Una valuta che ben conosceva.

Si accorse di come molte persone si stavano dirigendo verso un locale, dove servivano del cibo. Così Xana decise di fare lo stesso. Aveva ancora del tempo. E se tutte quelle persone andavano a mangiare, voleva dire che era ora di farlo.

Dopo aver mangiato era finalmente il momento di prendere il terzo e ultimo volo di giornata. Questa volta in classe business, su un Airbus A321. Poco male. Il volo sarebbe durato poco. Meno di un'ora e venti. 

Arrivata nella capitale francese, ora la sua preoccupazione era trovare un alloggio. Preoccupazione che durò poco. Nell’aeroporto, un servizio navetta poteva portare i passeggeri dei voli a un alloggio notturno. Una sorta di bed and Breakfast. Per sua fortuna servivano la colazione sin dalla mattina presto, per cui avrebbe potuto raggiungere il collegio in un orario decente. E permettere alla ragazza di essere accolta simbolicamente tra le braccia del signor Jean Pierre Delmas. E poi tra quelle dei suoi nemici.

Il viaggio temporale si era sentito anche in Francia. Il tempo si era riavvolto fino alla ricreazione. Poco prima dell’inizio della lezione della professoressa Hertz.

Aelita, Odd, Jeremy, Ulrich e Yumi si trovavano ai distributori automatici. Stavano approfittando della pausa per bersi un cappuccino. 

«Pensate che non me ne sarei accorta?»

Il tono di Yumi era arrabbiato. 

«Credimi, Yumi, era fondamentale. Avevano scoperto la vecchia fabbrica. E dovevamo proteggere il nostro segreto.»

Le rispose Jeremy.

«Chi vi ha scoperto?»

«Ash e Serena. I due nuovi arrivati. La Hertz ci assegnerà un compito, una ricerca su un Pokémon selvatico a nostra scelta. Presto apparirà un Pokémon molto raro, e noi lo seguiremo. Tuttavia Ash e Serena ci seguiranno.»

Le spiegò Jeremy.

«Quindi vuoi che li distragga?»

«Lo faremo insieme. Proporremo loro una lotta in doppio, così Jeremy, Odd e Aelita potranno occuparsi di quel Pokémon.»

«Accetto, soprattutto perché voglio vedere se Ash è così forte come dicono. Ma fate attenzione. Passate dall’Hermitage e non dal bosco.»

«Certo.»

La lezione della professoressa Hertz si era svolta. Esattamente identica a com’era avvenuta in precedenza. La professoressa aveva assegnato esattamente lo stesso compito. Con le stesse identiche modalità.

Puntuale con un orologio svizzero Meloetta apparve. Con lo stesso mazzo di fiori.

Jeremy, Odd e Aelita avevano raggiunto l’Hermitage. La casa dove Aelita aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita precedente. La villa presentava un collegamento con la fognatura che portava alla fabbrica. 

Ulrich e Yumi avevano visto Ash e Serena vicino a loro. 

Il ragazzo, che aveva un minimo di confidenza con Ash, si avvicinò a quest’ultimo. Era seduto su una panchina accanto a Serena.

«Ciao Ash. Che ne dici di una lotta?»

«Perché no?»

«Non ti dispiacerebbe una doppia? Sai io e Yumi siamo i campioni scolastici di lotte in doppio.»

«Si, cosa ne pensi?»

«Ash, ti devo ricordare del compito?»

«Anche io lo devo fare. Eppure sono qui. Vi ricordo che è solo venerdì, abbiamo tempo fino a domenica sera.»

Il ragazzo fu abbastanza convincente. 

Le due coppie si trovavano in uno dei campi lotta della scuola. Pronti a schierare i loro Pokémon.

Intanto i quattro avevano raggiunto la villa abbandonata. Avrebbero attraversato a piedi la fognatura e raggiunto la vecchia fabbrica.

Come in precedenza giunsero al piano terra con le corde metalliche e scesero direttamente nella sala scanner. Dove Meloetta aveva depositato il mazzo di fiori. Come prima di fronte allo scanner centrale.

Aelita la guardò, mentre depositava quei fiori. E, nella sua mente riaffiorarono dei ricordi. Ricordi degli ultimi anni della sua vita precedente. Quando il Darkrai, amico di suo padre, molto spesso era in compagnia di un Pokémon simile a Meloetta. Per via di tutto quello che era accaduto nella precedente linea temporale, non aveva avuto occasione di dirlo. 

«Ho avuto come una visione.»

Spiegò ai due ragazzi. Entrambi erano stupiti. A cosa si riferiva? 

«Vedete. Mi sono come ricordata di come, nella mia vecchia vita… Darkrai era spesso in compagnia di un Pokémon simile a lei. Sono passati degli anni, sono successe tante cose.»

Meloetta fece un segno di approvazione. La ragazza aveva capito perfettamente ciò che cercava.

«Capisco benissimo come ci si sente a perdere qualcuno che ti sta vicino. Mio padre è morto qualche mese fa e mia madre è scomparsa.»

La ragazza era in lacrime. 

Tutti cercarono di consolarla. Jeremy e Odd le avevano promesso che avrebbero fatto il possibile per trovare sua madre. E ovviamente lo stesso si poteva dire di Ulrich e Yumi. Non erano lì con loro, ma era chiaro come il Sole che per un’amica avrebbero fatto di tutto. 

Qualche ora dopo, i ragazzi si trovavano in mensa, per la cena.

«Non hai una bella cera.» 

Ulrich si stava rivolgendo da Aelita. La ragazza aveva uno sguardo triste e puntato verso il basso. 

«Hai presente Meloetta?»

«Si?»

«Ecco. Il motivo per cui si trovava alla vecchia fabbrica mi ha fatto pensare. Mi sono rivista molto in lei.»

«Puoi spiegarti?»

«Mi sono ricordata di come avesse un rapporto molto speciale con un Darkrai che viveva nei pressi dell’Hermitage. E ora crede che sia scomparso. Vederla mi ha fatto pensare a quanto anche a me manchi qualcuno.»

«Per te, faremo qualsiasi cosa.»

Trattenendo a fatica le lacrime, la ragazza abbozzò alcune parole.

«Sono felice di poter contare su di voi.»



Angolino dell’autore:

Volevo fare solo tre precisazioni per chi di lavoro mette i puntini sulle “i” degli altri, perché anche io so essere fastidiosamente preciso: 

1) Per praticità, userò, come hanno del resto fatto nel doppiaggio italiano di Code Lyoko, i gradi della scuola italiana. 

2) Ho scelto di usare l’universo narrativo di Code Lyoko per due motivi. Banalmente lo conosco meglio (essendo letteralmente il mondo reale) e in secondo luogo perché è più facile giustificare l’esistenza dei Pokémon in questo universo, piuttosto che giustificare due guerre mondiali e la Guerra Fredda nel mondo Pokémon. 

3) Ci saranno dei piccoli compromessi sulla provenienza di alcuni personaggi (Serena sarà francese, Ash e Lucinda giapponesi). 




   
 
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