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Autore: Kanako91    08/02/2023    1 recensioni
Chi erano l’Esterling Nero e il Re Stregone di Angmar prima di diventare famosi come Nazgûl?
Come sono entrati in possesso dei rispettivi anelli?
Nove erano gli anelli dati agli Uomini e questa è la storia di due di loro, tra Númenor e l’Est della Terra di Mezzo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Khamûl, Sauron, Stregone di Angmar
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Epilogo. Gli Spettri dell’Anello


Nomi utili:

Khamûl: tenente dei Nazgûl (unico con un nome canonico)
Doragmalik: titolo per "Gran Re"


Epilogo.




Gli Spettri dell’Anello




«Va’, portami il mio ultimo servitore» gli aveva detto il Signore, una voce nella sua testa, che Khamûl non poteva scacciare in alcun modo.

«Vai a chiamare il tuo capitano».

In groppa a un elegante cavallo nero del deserto, e con al seguito un altro cavallo nero, grosso il doppio, Khamûl partì nella notte, diretto verso la costa a cui non si avvicinava da anni senza sentirsi rivoltare dalla nausea.

Ma il Signore aveva dato l’ordine, Khamûl non aveva altra scelta se non rispondere.

Il corpo lo aveva finalmente abbandonato proprio mentre il suo stesso nipote moriva, per lasciare il regno a un erede che aveva contribuito alla caduta dei Regni del Sole.

Era stato quel disastro a fargli scoprire che lo straniero, con cui si era confidato in quelle notti nel deserto, altri non era stato se non il suo nuovo padrone. Lo stesso Signore che, prima ancora, era stato il Doragmalik, e che ora aveva preso dalle mani dei suoi discendenti il regno che Khamûl aveva rimesso insieme.

Per cui lui aveva sacrificato se stesso, e per cui il suo spirito era ora intrappolato in queste terre, insieme ad altri sette.

Otto, a giudicare dal compito che il Signore gli aveva appena affidato.

Per Khamûl che era stato il Gran Re, il signore dei Regni del Sole, stare al servizio di colui che aveva succeduto –e che ora si era ripreso il regno perso in guerra– aveva una certa amara ironia.

Quel che lo infastidiva di più, però, era la mancanza di scelta.

Dopo aver comandato eserciti e la natura stessa, si trovava in una condizione in cui non poteva ribellarsi a nessun ordine. Le parole che il Signore gli rivolgeva potevano indispettirlo e contrariarlo, ma l’anello che gli aveva donato lo costringeva a obbedirgli e la sola idea di toglierlo era rivoltante più dell’avvicinarsi alle acque.

Perciò Khamûl assecondava i suoi ordini. Si dimostrava sempre il migliore e teneva la sua posizione di tenente, il grado più alto a disposizione tra le schiere di cui faceva parte. E aveva messo gli occhi su un altro anello.

Quello che brillava all’indice del Signore.

L’anello che li comandava tutti.

Se avesse continuato a obbedire abbastanza a lungo e meglio degli altri, gli sarebbe stato permesso di stare ancora più vicino al Signore, e sarebbe giunto il giorno in cui Khamûl gli avrebbe sottratto l’Unico per indossarlo al posto di quello che aveva ricevuto da lui.

Doveva solo essere paziente e solerte.

Non sarebbe stato difficile: aveva tutta l’eternità davanti.

Anche se ora, il Signore lo aveva mandato a prendere un capitano. Qualcuno con un grado superiore al suo, e che nessun altro vantava. Qualcuno che rischiava di mettersi tra lui e il suo obiettivo.

Nonostante tutto, però, Khamûl avrebbe obbedito.

Così, nel cuore della notte successiva, giunse alla sua destinazione: l’altura sopra il porto che gli Uomini della Morte avevano fortificato anni prima, trasformando un porticciolo per le loro incursioni in una città fiorente, con una cinta muraria che non bastava più a contenere tutta la popolazione.

Su una roccia su quell’altura, era seduta una figura enorme, i capelli pallidi che li cadevano sulle spalle. Uno spadone a due mani era conficcato nella terra al suo fianco, come se la lama non avesse alcun valore e potesse pure perdere il filo senza che il suo proprietario ne traesse alcuno svantaggio.

Khamûl scese da cavallo e si avvicinò all’uomo seduto, fermandosi dal lato opposto alla spada.

«Il Signore ordina la tua presenza».

L’uomo si voltò a guardarlo e, sul volto lungo e scarno, gli occhi brillavano come fiamme pronte a divorare qualsiasi cosa su cui si posassero.

«Non aspettavo altro» disse quello e balzò in piedi, confermando l’idea che si era fatto sulla sua stazza.

Era un gigante.

Che sfilò lo spadone da terra e lo rinfoderò nella cintura che gli cingeva i fianchi.

«C’è un cavallo anche per me?»

«Sì» rispose Khamûl.

«Sì, capitano» precisò il gigante.

Khamûl sollevò il viso verso di lui, stringendo gli occhi. Chi era stato prima, da permettersi ora di parlare in quel modo? Di avere certe pretese? Non erano forse tutti sciocchi allo stesso modo, caduti nella trappola del Signore e strappati alle loro vite mortali, per esistenze immortali da schiavi?

«Uh, che sguardo cattivo» lo prese in giro il capitano. «Pensi davvero di spaventarmi?»

Con una risata secca e priva di gioia, il capitano si incamminò verso i cavalli, i passi pesanti che non lasciavano alcuna traccia sul terreno. Eppure l’aria stessa che lo circondava sembrava incresparsi e tremare al suo passaggio.

Chi era stato… prima?

Khamûl non aveva sentito di nessun uomo di quella stazza e con una simile presenza. Forse non c’entrava neppure chi fosse stato. Forse si permetteva di dargli ordini perché non era solo uno sciocco ingannato dal Signore, forse non era stato proprio ingannato.

Aveva un che di disumano che lui non aveva visto in nessuno degli altri spettri suoi compagni.

Quasi fosse nato così, e quella fosse solo la sua forma reale.

Ma erano tutte suggestioni. Nessun capitano, per quanto grande, grosso e arrogante, si sarebbe frapposto tra lui e il suo obiettivo.

A Khamûl non restava nient’altro, se non il desiderio dell’Unico.

«Dovrei spaventarmi io, piuttosto?» Khamûl lo raggiunse e montò a cavallo. «Non vedo perché tu dovresti essere il capitano, quando io ero il Gran Re».

Il capitano rise ancora e la sua risata sembrava fatta del suono dei terremoti.

«Pure mio fratello era un re. Spero che anche tu venga ricordato ancora da tutti, perché a me non è rimasto altro che questo titolo.

«Capitano».

Pronunciata quell’ultima parola, il capitano colpì i fianchi del massiccio cavallo nero e partì verso Nord.

A Khamûl non restò che stargli dietro.

Come fece per tutti gli anni a seguire.






Nota dell'autrice


Finisce così la mia avventura con Angmar e Khamûl!

Il resto lo lascio ai non-detti di Tolkien e a quel che si conosce delle epoche più tarde. Mi mancheranno entrambi, ma non ho finito col lato númenóreano: ho due OS in arrivo, decisamente piccanti ;)

Come di consueto, i ringraziamenti alle mie compagne di viaggio:

Grazie a Chià che si è letta la primissima (caotica) bozza e la seconda (più ordinata), nonostante Ciryandil la inquietasse da matti :P

Grazie Mel per aver letto la prima bozza e averci capito comunque qualcosa, oltre all’assistenza con i nomi dei personaggi originali númenóreani quando stavo iniziando a progettare questa storia :°)

Grazie a Los per aver letto tutto e commentato! Vuol dire tanto che tu abbia dedicato del tuo tempo a seguire questa storia nonostante sia fuori dall’ambito in cui leggi di solito ♥️

Infine, grazie a chi ha letto in silenzio per avermi dato la sensazione, sempre piacevole, di parlare da sola e con le mie amiche. Se volessi fare solo due chiacchiere con loro, potrei sempre limitarmi a condividergli le storie in privato ;)

E grazie in anticipo a chi è arrivato qui a storia conclusa!

Alla prossima,

Kan


   
 
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