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Autore: Morgana_82    11/02/2023    0 recensioni
«D'inferno uscito invano/Egli è,» iniziò a recitare Carlisle «l'inferno ha in cor, l'inferno intorno/Pertutto egli ha, nè per cangiar di loco/Al circondante orror più che a sé stesso/Può un sol passo involarsi. Il già sopito/Suo disperar di coscïenza al fero/Grido or si sveglia, e la mordace idea/Di quel ch'ei fu, di quel ch'egli è, di quello/Che in avvenir sarà…» s’interruppe.
«Paradiso perduto» sussurrò Rosalie, senza sollevare la faccia. Carlisle sorrise compiaciuto e la strinse a sé più forte per un momento «esatto… uno dei miei preferiti» .
Rosalie girò la testa leggermente e lo guardò di sottecchi, «Ma come fai ad avere sempre una citazione pronta per tutto?»
Carlisle rise «a che serve vivere seicento anni, se non ad accumulare inutili citazioni letterarie da snocciolare per tediare i propri figli?»
ATTENZIONE: in questa storia vi saranno scene di punizioni corporali.
Genere: Comico, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clan Cullen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
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I muscoli di Emmett guizzavano sotto la pelle tesa del petto e delle braccia come creature vive. Il giovane vampiro bruno incombeva alle spalle di sua moglie Rosalie e teneva gli occhi fissi su Edward. 
Lui e Rosalie si stavano fissando con odio nel bel mezzo della radura, e Emmett detestava non sapere quali pensieri della propria compagna suo fratello stesse percependo. Parole non molto gentili, probabilmente, dato che, d’un tratto il corpo di Edward si irrigidì e un ringhio ferino eruppe dalla sua gola.
Emmett strinse i pugni, tese i muscoli delle spalle e fece un passo avanti, pronto a scattare per difendere Rosalie. “Forza, cocco di papà, che cosa aspetti?” Pensò rivolto a Edward. Sapeva che suo fratello odiava essere chiamato così ed era divertente l’idea di stuzzicarlo in quel momento. 
«Levati di mezzo Em, questa cosa non ti riguarda», gli ringhiò in faccia Edward, poi si rivolse a Rosalie, con un sibilo feroce, «rimangiatelo Rose, rimangiatelo o ti farò mangiare la terra sotto ai miei piedi, brutta stronza».
Emmett scattò senza nemmeno pensare «A chi hai detto stronza?» ringhiò, e si lanciò sul fratello con tutto il proprio peso.
Carlisle era ad alcune miglia di distanza, sulle tracce di un alce, quando sentì il botto. Si fermò, perplesso, e voltò la testa in direzione del frastuono. Emmett e Edward? Che cosa poteva aver scatenato una lotta tra i suoi figli nel bel mezzo di una battuta di caccia? Scosse la testa e decise di non preoccuparsene più di tanto. Tra i due facilmente scattavano scintille ma dopo una sana scazzottata, avrebbero ripreso a cacciare tranquillamente. Portò di nuovo l’attenzione alle tracce del suo alce. 
Si fermò quasi subito, però, rendendosi conto, dai rumori che gli stavano arrivando alle orecchie, che quello non poteva essere un semplice bisticcio. La ferocia con cui si stavano battendo doveva essere stata scatenata da qualche cosa di grave. Sospirando, rinunciò all’idea dell’alce e si mise a correre, poco più di una scia colorata tra gli imponenti alberi della foresta di conifere, più silenzioso di un puma. In pochi attimi, piombò in mezzo a un turbinio di ruggiti e alberi abbattuti, il fracasso della lotta era probabilmente udibile per miglia e miglia di distanza.
«La ammazzo, la faccio a pezzi!» ringhiò Edward e si scagliò contro il fratello, il quale si frapponeva tra lui e Rosalie. La vampira bionda era al margine della radura squassata dal tornado Emmett/Edward e osservava la scena, impassibile. 
«Che cosa sta succedendo, Rosie?» le chiese Carlisle, sbalordito. Lei, per tutta risposta, girò le spalle e sparì nella foresta. 
Edward si fiondò per inseguirla, ed era talmente concentrato su di lei, che non si accorse di Emmett. Il grosso vampiro bruno lo afferrò per un braccio e, sfruttando l'effetto fionda, lo fece roteare come avrebbe fatto un lanciatore di martello, un piccolo tornado si formò nel centro della radura, fino a quando Emmer lasciò andare il braccio di suo fratello, che schizzò via come un proiettile, andando a impattare contro un secolare cedro rosso dal tronco del diametro di alcuni metri. Il botto fu come l’esplosione di una cannonata e l’onda d’urto sollevò un turbine foglie e rami. Il tronco si inclinò sotto l’impatto del corpo di Edward, che emise un grugnito sordo. Poi, dopo alcune frazioni di secondo di silenzio irreale, la foresta fu rotta di nuovo da un’assordante schianto di legno frantumato. Il tronco del cedro, alto almeno trenta metri, iniziò un inesorabile, fermo, lento, devastante tracollo verso il suolo, trascinando con sé altre decine di altri alberi, in un boato fragoroso di scricchiolii e crepitii. 
Carlisle guardò attonito la scena, sicuro che quel disastro e soprattutto il rumore non sarebbero passati inosservati. Meno di un’ora prima aveva udito nelle vicinanze il rumore di un elicottero della guardia forestale, e qualcuno sarebbe sicuramente venuto a controllare, temendo, come minimo, qualche azione di disboscamento illegale. 
«Basta, ragazzi! Santo cielo, che cosa vi è preso?» li supplicò, ma nessuno dei due sembrò averlo udito. Emmett era pronto a saltare di nuovo su Edward che, a sua volta, si stava alzando, gli occhi rossi di furia puntati al fratello. Carlisle si lanciò tra i due, provando a bloccare Emmett, che lo travolse con la furia di un toro a Pamplona. 
«Emmett, fermati!» gridò, «che state facendo, potrebbero sentirci!» Il vampiro più giovane lo ignorò del tutto. Lo spinse via con tale violenza che Carlisle si sentì sollevare da terra. Si rigirò in aria come un gatto e atterrò a diversi metri di distanza, rialzandosi all’istante. Era chiaro che non poteva farcela da solo. «JASPER!» gridò, sperando che l’ex soldato confederato fosse abbastanza vicino da sentirlo «JASPER, HO BISOGNO DI AIUTO, QUI!» 
Intanto, Edward ed Emmett si erano lanciati in un secondo round, ancor più feroce del primo. Si avvinghiarono, mordendosi a vicenda e lacerandosi i vestiti, fino a quando Emmett riuscì a mettere Edward spalle a terra, immobilizzandolo, e prima che Carlisle potesse anche solo immaginare cosa stava per accadere sotto i suoi occhi, Emmett lanciò un urlo ferino e staccò di netto un braccio al fratello. Carlisle lanciò un grido di orrore e Edward un grido di dolore, che si fusero insieme. 
Emmett si sollevò in piedi, ancora immerso nella furia berserker che lo aveva investito, stringeva nella mano il braccio reciso di suo fratello, che giaceva al suolo, gemendo «non chiamarla mai più in quel modo Ed, o la prossima volta non mi fermerò al braccio» Il giovane vampiro sentì una sensazione di calma pervaderlo improvvisamente, e il suo corpo si rilassò.
Edward si sollevò a fatica dal terreno, coperto di foglie e terreno, si afferrò la spalla, da cui il braccio era stato staccato. Anche lui si sentiva improvvisamente calmo, quasi intontito. Alzò lo sguardo sulla radura.
Vicino a Carlisle c’era Jasper, che li guardava.
Appena arrivato, Jasper era stato investito da un’ondata di emozioni feroci e dolorose, che quasi lo avevano lasciato senza fiato. Per fortuna non era lontano, aveva udito il richiamo di Carlisle ed era corso in suo soccorso.
«Grazie Jasper» disse Carlisle, sollevato. Con la sola propria presenza, Jasper aveva il potere di convogliare le emozioni a proprio piacere.
«Dovere, signore» rispose il vampiro e sembrò in procinto di scattare sull’attenti, ma si trattenne. Rimase però rigido e come in attesa di ulteriori ordini.  
Carlisle si avvicinò con cautela a Emmett, era un momento delicato, non voleva scatenare di nuovo la sua ira, e doveva proteggere entrambi i suoi ragazzi «Emmett» disse con tutta la calma che riusciva a trasmettere «Emmett, allontanati da Edward, per favore. Credo che tu ti sia aggiudicato questa sfida, vero? È finita, qualunque sia il motivo per cui è iniziata. Vorrei che smetteste di lottare, adesso. Siamo in un punto scoperto, non è sicuro restare ancora qui, ok?» gli posò una mano sulla grossa spalla, cercando di attirare la sua attenzione. Vide che Emmett non protestava e la sua postura era ancora rilassata. Dio benedica Jasper e il suo dono. Si arrischiò a sfilare il braccio di Edward dalla mano di Emmett «lasciami questo» disse gentilmente. 
«Mi dispiace,» mormorò Emmet lasciando andare l’arto reciso senza protestare, «non era mia intenzione».
«Lo so. È meglio se ci allontaniamo da qui, adesso. Va’ con Jasper e completa la tua caccia, hai bisogno di nutrirti. Ci vediamo a casa». Il grosso vampiro bruno annuì, distolse gli occhi dal fratello, ancora semi accasciato al suolo e si allontanò, senza dire una parola.
Rimasto solo con Edward, Carlisle emise un sospiro e gli si avvicinò con cautela. Suo figlio era molto vulnerabile, ora che uno dei suoi arti era stato staccato, ma non c’era fuoco nelle vicinanze e dunque non c’era poi tanto da preoccuparsi.
«Tutto a posto?» Gli chiese Carlisle.
«Certo, come no…» rispose il giovane vampiro, con amarezza «sono stato appena fatto a pezzi, ma sto una favola».
«Beh, ti consolerà sapere che non sei in pericolo di vita, dato che sei già morto» commentò Carlisle, con una nota ironica nella voce. Avvicinò alla spalla di Edward il suo stesso arto reciso. Il braccio si rianimò e si riattaccò al corpo del proprietario. 
«È stata tutta colpa di Rosalie» accusò Edward quando il braccio gli si fu riattaccato, non senza una fitta dolorosa. Carlisle lo fece alzare e i due si allontanarono dal luogo della lotta, per evitare di essere scoperti, in caso qualcuno avesse avuto intenzione di venire a controllare il motivo di quell’improvviso crollo di alberi «è stata lei a provocarmi» continuò Edward «e quell’idiota di Emmett si è messo in mezzo».
Si spostarono in fretta di diversi chilometri. Si fermarono in un punto in cui gli alberi erano abbastanza fitti da nasconderli e Carlisle si sedette ai piedi di un grosso acero, la schiena appoggiata al tronco. Edward si sedette accanto a lui «che cosa può mai aver detto Rose di così terribile da farti infuriare tanto?» gli chiese Carlisle «e che cosa hai detto tu di così terribile a Rose da far infuriare tanto Emmett?» 
Edward fissò intensamente le proprie scarpe, piene di polvere e terra «beh, io... credo di averle dato della stronza» con la coda dell’occhio vide l’espressione a metà tra l’ilarità e l’indignazione del suo padre adottivo «non sono stato proprio un gentiluomo, in effetti, ma quella…»
«Tua sorella, non quella» lo corresse gentilmente Carlisle «Rosalie è tua sorella e membro della nostra famiglia. Cerca di ricordartelo, per favore, almeno quando parli con me».
«Scusa» borbottò Edward «ma è stata lei a iniziare con gli insulti. La mia adorata sorella ha detto cose orribili di Bella, ha perfino minacciato di farle del male, se mi ostino a voler stare con lei». 
Carlisle aggrottò la fronte sorpreso «davvero Rosalie ha detto una cosa del genere? Non è affatto da lei…»
Edward sbuffò, lasciando ricadere la testa all’indietro, contro il tronco «sì, beh... forse, non l’ha proprio detto. Potrebbe averlo solo pensato» ammise contro voglia.
Carlisle sorrise, e scosse la testa «sono ragionevolmente certo che formulare un pensiero, non equivalga a esprimere una minaccia. Sai quante cose la gente pensa di fare e non mette mai in pratica? Il fatto che tu possa leggere nella testa degli altri, non ti dà necessariamente il diritto di emettere una sentenza».
Edward continuò a fissare davanti a sé «come posso sapere cosa la gente metterà in pratica, o meno? Per quel che mi riguarda, anche solo pensare di commettere un atto di violenza nei confronti di Bella, equivale a una minaccia reale».
«Interessante dilemma logico-ontologico» lo stuzzicò Carlisle «ovviamente ti rendi conto che un singolo pensiero riguardo a un evento futuro non può essere fin d’ora determinatamente vero o falso, come pretende la logica classica bivalente. Infatti, se lo fosse, il futuro non sarebbe contingente ma necessario, e quindi verrebbe meno il nostro libero arbitrio, in virtù di una sorta di “determinismo logico”».
Edward si alzò in piedi di scatto e sospirò esasperato «ti prego!» esclamò mentre si allontanava di alcuni passi dal padre adottivo «adesso non tirare in ballo Guglielmo da Ockham, o non so quale studioso polacco del ‘900» disse, rispondendo a un pensiero di Carlisle «non sono in vena di lezioni di filosofia, in questo momento». 
Carlisle rise «va bene, va bene. Niente Guglielmo da Ockham, sta tranquillo. Tornando a Rosalie, sai che è solo preoccupata, e non è l’unica, in famiglia. Ma nessuno di noi farebbe mai del male intenzionalmente a un umano, men che meno alla tua Bella.» Carlisle osservò il figlio adottivo, che fissava il vuoto, perso tra i suoi pensieri «allora, sei proprio deciso, con lei?»
«È quella giusta Carlisle» rispose il vampiro, in tono assente «lo sento. Quando sono vicino a lei io... mi sembra di impazzire, voglio solo toccarla, baciarla, farla mia per sempre. Sono malato?» 
«Direi che sei innamorato» disse Carlisle, con un sorriso. Poi indirizzò uno sguardo preoccupato verso un punto indefinito della volta arborea, osservando il debole gioco di luci nel fogliame, in una tipica giornata invernale dello Stato di Washington. Sono felice che tu ti senta così, pensò. E Bella sembra una ragazza molto dolce. Se fossi un vero padre e tu un vero figlio di 17 anni, non potrei essere più felice per la tua scelta. Davvero. Ma forse Rosalie non ha tutti i torti, ci stai mettendo in una situazione molto pericolosa. Te ne rendi conto?
Edward emise un lamento esasperato «ti ci metti anche tu Carlisle? Siete tutti contro di me?» 
Carlisle lo fissò, con aria ferita «mai, figlio mio. Mai contro di te» disse dolcemente. Nel tempo di un battito d’ali era vicino a suo figlio e gli mise le mani sulle spalle  «sono il primo che vorrebbe vederti felice, con una compagna al tuo fianco» gli disse guardandolo dritto negli occhi «ti chiedo solo di pensarci molto attentamente, una relazione con un’umana è davvero una cosa pericolosa, per decine di ragioni diverse».
Edward si sottrasse al contatto, dando le spalle al padre adottivo «non faccio altro che pensarci, Carlisle, credimi!» quasi gridò «da quando l’ho incontrata, mi sembra di non avere altro spazio nella mia testa. Me la sento esplodere» sferrò un pungo al tronco della conifera, lasciandovi un profondo foro.
«Ti credo» disse gentilmente Carlisle «so che anche tu tieni molto alla nostra famiglia e so che, qualunque sia la tua decisione, avrò fiducia del tuo giudizio.» Questo parve calmare leggermente Edward, il quale ritrasse il braccio dal tronco sfondato e si toccò la spalla roteando l’articolazione «non ho intenzione di abbattere altri alberi, non ti preoccupare» disse rispondendo a un pensiero di Carlisle «e il mio braccio sta bene. Come se Emmett non me lo avesse mai staccato». 
Carlisle annuì, «si è fatto un po’ prendere la mano, in effetti, se perdoni il gioco di parole.  Non voglio giustificarlo, ma sai quanto è protettivo con Rosalie».
Edward sospirò «già... lo so».
Carlisle si spolverò i pantaloni sportivi «in ogni caso» disse poi con tono ammonitore «mi aspetto che questa cosa tra te e i tuoi fratelli sia chiarita. In modo civile, possibilmente. Non voglio malanimi nella nostra famiglia. Intesi?»
Edward non rispose. Era rimasto con la schiena appoggiata al tronco, la testa reclinata all’indietro. Carlisle, alzò leggermente un sopracciglio «Edward Cullen, sono stato chiaro?» ripeté con tono leggermente ammonitore.
Edward roteò gli occhi, ma sorrise «sì, signore» rispose.
Carlisle gli arruffò i capelli in un gesto d’affetto «bravo il mio ragazzo. Adesso andiamo a caccia».
 
  
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