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Autore: crazyfred    14/02/2023    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 35


 


Alla fine Maya aveva accettato l’invito di Paolo e Monica. Per convincimento o sfinimento poco importava, aveva prenotato un treno e sperava di trovare un taxi per arrivare dalla stazione fino alla struttura dove gli amici l’aspettavano, perché un autobus e poi andare in giro con la valigia era una cosa che non aveva fatto negli anni dell’università e non avrebbe iniziato a 31 anni. Non voleva disturbare Paolo: era già troppo che si era preso la briga di trovarle un posto dove dormire in Toscana subito dopo Ferragosto e lui e sua moglie già si erano offerti di tenerla con sé come una specie di ruota di scorta che arrangiarsi per il viaggio e non essere d’intralcio era il minimo che potesse fare.
Il giorno della partenza, un venerdì, aveva chiesto di uscire prima e guadagnare qualche ora in più per poter viaggiare e non arrivare troppo tardi a destinazione. Quella settimana aveva lavorato come un mulo e si era portata avanti in modo da lasciare qualche servizio da postare, oltre che nel week end come già faceva, anche per lunedì e martedì, quando sarebbe stata di rientro. Se c’era una cosa che aveva imparato dal lavoro fianco a fianco con Alex era anticipare le mosse di coloro che ti sono attorno e non dare mai modo a nessuno di parlare male di te. Nella PRP andavano tutti d’amore e d’accordo, ma se presto – come credeva e sperava – le cose sarebbero cambiate nella sua vita privata, doveva essere certa che il clima di partenza fosse il meno ostile possibile.
“Maya posso parlarti un attimo?” Micol, seduta di fianco a lei, parlava a bassa voce e con fare circospetto. Era da quando erano arrivate quella mattina al lavoro che la vedeva nervosa, e ora che ci pensava, era strana da qualche giorno. 
“Dimmi” rispose la giovane imitando il comportamento della collega, ma più perché insospettita dal suo strano atteggiamento che per una reale motivazione.
“È…è meglio se usciamo un attimo … vado farmi un tiro!” dichiarò ad alta voce, alzandosi dalla sua postazione “porto Maya con me”
Andarono verso le scale interne che, ai piani alti come il loro, non usava nessuno e non c’era timore che potessero essere neanche minimamente sorprese. Una volta seduta a terra, la ragazza tirò fuori la sua IQOS ed iniziò ad aspirare nervosamente.
“Si può sapere che succede?” domandò Maya, cercando di non dare a vedere che quella sigaretta elettronica le stava dando un fastidio bestiale. Lei era stata fumatrice ma le IQOS puzzano di fogna, a voler essere generosi...
“Un paio di giorni fa ero alla toilette e lo sai che l’ufficio del vicedirettore è lì vicino … io non volevo origliare però…”
“Però?” Le orecchie di Maya si drizzarono come quelle di un cane da caccia.
“È che…magari non è niente, magari non c’ho capito niente io, ma m’è venuta paura per il lavoro. Ci sto bene e qua e non vorrei andarmene. E quando mi ricapita…”
“Ti capisco, è normale, ma si può sapere cosa hai sentito?”
“Sì…boh…cioè…mo manco mi ricordo bene, ma mi sa che Stefano ha detto qualcosa di una società inglese che vuole comprare le azioni. È una brutta cosa, vé? Finiremo in mezzo ad una strada? Io non sapevo con chi parlarne e poi ho pensato che tu hai lavorato con il capo, magari ne sai più di me”
“Stai tranquilla, hai fatto benissimo a venire da me, la prima regola d’oro in questo posto è che anche i muri hanno le orecchie e ti puoi fidare di pochissime persone”
“E tu sei una di queste?” la stuzzicò la ragazza.
“Mmmm sicuramente più di altre” rispose lei, ridacchiando. Del resto, quando Alex l’aveva assunta come assistente le avevano fatto firmare un accordo di non divulgazione: tutti i segreti aziendali lei se li sarebbe letteralmente portati nella tomba.“Ha detto altro Stefano?”
“Testuale: noi non possiamo competere, ma non so a chi fosse noi…immagino Roma Glame meno male che non se lo ricordava .
“Capito. Guarda, non posso entrare nei dettagli ma devi stare tranquilla perché qua nessuno perderà il posto”
“Ma tu sai qualcosa?”
“No comment, adesso torniamo al lavoro perché altrimenti gli altri si insospettiscono” Per fortuna, Micol non era tipa da voler indagare di più, si faceva bastare anche le spiegazioni più elementari.
“Ma tu sei sicura sicura?”
“Sicura sicura” la rassicurò “dai andiamo”
 
“Eccì!” Mentre rientravano, Raissa tirò sul col naso, cercando un nuovo pacchetto di fazzoletti nella borsa. Erano giorni che andava avanti così “Salute!” esclamarono tutti in coro.
“Ma insomma ancora non passa questo raffreddore?!” domandò Maya stupita.
“Mi sento uno straccio, veramente” confessò la donna che aveva un naso rosso come un peperone e gli occhi lucidi “Ho un addio al nubilato questo weekend e io sono la testimone della sposa, abbiamo passato mesi ad organizzarlo, mi rifiuto di stare male”
“Certo che anche tu, ammalarti ad agosto, ce ne vuole d’impegno” la riprese Dario.
“È l’aria condizionata”
“Ma quale aria condizionata che qua famo la colla!” esclamò Tanjir, riemergendo dalla sua consolle per il videomaking “chissà dove sei andata a ballare e con chi ti sei strusciata. Non lo sai che si prendono le malattie?”
Raissa chiuse la discussione con un dito medio, ma non era arrabbiata: il tono di Tanjir, con un accento bengalese palesemente finto, era palesemente canzonatorio.
“Maya se hai finito puoi andare a casa” disse la donna, cambiando argomento.
“Ma…è già l’una? Uh, fantastico! Le valigie sono pronte ma così posso prendermela con calma per andare a Termini” Tra la ferrovia e lo scambio tra linea A e B per lei era ancora un labirinto in cui faticava a districarsi. Con la valigia poi, era una piccola impresa muoversi per le scale, sperando che almeno quelle mobili fossero funzionanti.
 
La prima e unica volta di Maya in un campeggio era stata terrificante. Aveva diciassette anni, il prof di educazione fisica aveva ideato quella gita alternativa perché, secondo lui, i figli di papà della scuola privata dovevano conoscere un po’ cosa significa fare sacrifici. Per tutti, alla fine della fiera, era stata un’esperienza a metà tra Isola dei Famosi e Temptation Island. Da quella gita, Maya aveva portato a casa con sé un’ustione col fornellino, mal di pancia da rifiuto fino a che fosse troppo tardi di usare i servizi igienici, mal di schiena e sonno da letto a castello che un loculo è più largo e comodo e naturalmente punture di insetti grossi come elicotteri.
Da allora, per fortuna, erano passati diversi anni … 14, ma non lo diciamo in giro … e la vecchia idea di campeggio si era nel frattempo, e per fortuna, evoluta: comfort, lusso, design. Quello dove era stata invitata, infatti, al suo ingresso aveva orgogliosamente esposto un cartello con la scritta glamping, senza paura di rivaleggiare con hotel di lusso. Campeggio ok, ma nel ventunesimo secolo e nella civiltà … adesso si ragiona, per fortuna Paolo ha un po’ di buon senso.
Pagato il tassista – la sua idea di scendere dal treno leggermente più lontano ma in una cittadina più grande aveva pagato, Maya si incamminò con il trolley verso la struttura centrale del campeggio, un vecchio casale in pietra ristrutturato, in mezzo agli ulivi, mentre provava a contattare gli amici, ma né Paolo né Monica sembravano essere reperibili, né tramite Whatsapp, né chiamandoli. Calma Maya! Magari sono solo in giro e non prende!
“Salve! Sono Maya Alberici, ci dovrebbe essere una prenotazione a mio nome” disse alla ragazza che l’accoglieva alla reception.
“Benvenuta signora Alberici! Sì, le abbiamo riservato la nostra Romantic Tent”
“Romantic?”
“Oh non si preoccupi…è solo perché è una doppia e ha una bella vista”
“Okaaay. Senta, mi potrebbe fare un favore? Ci sono due amici qui nel camping ma non riesco a contattarli, i signori Bianchi. Se passano per la reception può avvertirli che sono arrivata?”
“Vediamo…uhm mi dispiace ma qui non risulta nessuna prenotazione a nome Bianchi” tranquilla, non ti agitare, ci deve essere una spiegazione … magari ha prenotato Monica.
“Ricci, forse?”
“Mmmm ... nemmeno”
“Strano, mi hanno invitato loro a venire qui”
“Magari sono in un’altra struttura della zona. È pieno di campeggi qui e in questo periodo siamo tutti al completo, è stata fortunata a trovare la stanza libera con così poco anticipo”
“Capito… va beh, proverò a mettermi in contatto più tardi” rispose Maya, rassegnandosi ma con quella sensazione addosso che qualcosa non quadrava.
Sbrigato il check in e data qualche informazione sui servizi offerti, la receptionist affidò Maya ad un ragazzo dello staff che l’accompagnò alla sua tenda. Era piccola, quasi una microcasa a due piani, ma con un grazioso giardino su un promontorio affacciato sul mare poco distante, con due sdraio per godersi il sole e il panorama. La vista era a dir poco meravigliosa e il sole alto del pomeriggio faceva brillare il paesaggio tutto intorno. Il cielo e il mare, azzurri, si confondevano all’orizzonte.
Sotto il piccolo patio c’erano un tavolino e due sgabelli di legno, all’interno un’isoletta con il piano cottura, un bagno compatto ma con tutti i comfort e delle scale che portavano alla camera da letto. Era tutto minimal e con materiali di recupero: i colori naturali del legno e della natura circostante restituivano un gran senso di pace. 
Mentre si sistemava aveva provato a rintracciare ancora Paolo e Monica, ma senza successo. La cosa iniziava a non avere senso: l’avevano invitata a passare il weekend con loro, non aveva intenzione di rimanere chiusa in quella casetta o peggio ancora di fare la figura della zitella in vacanza. Mise un po’ di musica sul telefono, almeno per avere un po’ di compagnia e rompere il silenzio.
“Signora Alberici?” una voce maschile la chiamò dal piano inferiore “Signora?”
“Sì? Chi è?” Maya si affretto a stoppare la musica.
“Room Service” Alzò gli occhi al cielo: tra gli amici desaparecidos e questo, il weekend non iniziava con le migliori premesse.
“Ci deve essere un errore” disse, scendendo le scale “non ho ordinato nu…”
SURPRISE!!!” 
A Maya si strozzarono le parole in gola. Alex!!! Lui, tranquillo, sorridente, se ne stava sulle scale d’ingresso del patio, in un controluce che lo faceva sembrare quasi una figura angelica... seh…un diavolo tentatore… Con tutta la confusione dei pensieri che aveva in testa in quel momento, un singulto fu l’unica cosa che venne fuori. Si avvicinò e lui entrò nella piccola zona giorno, camicia di lino stropicciata, pantaloncini e uno zaino sulle spalle. Maya poggiò lentamente le mani sulle sue braccia e poi sul torace, ancora incredula. Lo tocchi, non è un fantasma, stai tranquilla. Sì ma è qui, in carne …e che carne…e ossa. Cazzo! CAZZO!!!
“Che…che ci fai qui?”
“Mi mancavi troppo…e così ho ritagliato un po’ di tempo per stare da soli”
Di nuovo tutto ciò che uscì dalla bocca di Maya fu un sospiro incredulo.
“Eee…maaa… Paolo e Monica?”
“Dei bravissimi complici, a giudicare dalla tua sorpresa”
“Sei completamente pazzo”
“Di te? Assolutamente”
Non vale così! Io mi sciolgo! L’ultima cosa che Maya riuscì a fare razionalmente fu arpionarglisi alle spalle con le braccia e a sorridergli sulle labbra. Nella foga di quel bacio agognato da due settimane, Maya volle aiutarlo a togliere lo zaino di dosso, ma solo in quel momento si accorse che le sue braccia non erano su di lei.
“Che hai?” domandò, confusa. Alex allora le mostrò una rosa rossa che aveva nascosto fino a quel momento alle sue spalle, confezionata per bene con del verde, un nastro rosso e un piccolo cuoricino d’argento intrecciato nel fiocchetto.
“È vera” spiegò, timidamente “così tua sorella non si lamenta che faccio solo regali da vetrinetta della nonna”
“È bellissima” sussurrò, ridacchiando … sti cazzi di mia sorella ora, sinceramente …. assorbendone il profumo dolce e speziato allo stesso tempo, dolce come il miele e pungente come il muschio bagnato. Lo ringraziò, stampando un lungo bacio sulle sue labbra. Aveva pensato a lungo a cosa sarebbe successo quando si sarebbero rivisti, a cosa avrebbero fatto, come avrebbero rotto il ghiaccio. Ma ora le veniva da ridere: come poteva avere anche solo pensato che, tra di loro, ci fosse ancora bisogno di rompere il ghiaccio. È fatta, Maya, non si torna più indietro. Gli sei mancata e ti è mancato ed è così che si recupera.
“Ho paura che con questo caldo non durerà a lungo”
“Vorrà dire che le farò una foto prima che appassisca” risolse, poggiandola sulla piccola isola al centro della stanza.
“Forse ti conviene farla subito” le disse, prendendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni “saremo impegnati in questo weekend”
“Cosa hai in mente?” domandò, trepidante, mettendo via lo smart phone. Fare quella foto era l’ultima cosa che le interessava. I suoi occhi, liquidi come il cioccolato fondente, lo invitavano a concretizzare ciò che entrambi aspettavano da troppo. Risoluto e disinvolto, la afferrò in vita portandola sul piano dell’isola al centro della stanza.
“Tu che dici…” sussurrò, la voce calda e sensuale ad un millimetro dalle sue labbra. Quel profumo di menta fresco ma non invadente arrivò fin dentro al suo cervello. Era come in una vertigine, non riusciva ad aggrapparsi alla realtà. Le mani dell’uomo corsero sulle gambe lunghe e tornite di lei e in tutte le lingue Alessandro ringraziava la preferenza di Maya verso abitini e gonne e non dover fare i conti con cerniere lampo e inutili bottoni, perché le sue mani, impazienti, già tremavano al tocco della sua pelle bollente. Infilò un dito nello slip, risalendo sul fianco, senza andare oltre, ma giocherellando con il pizzo e la pelle per provocarla; presto, le labbra di Maya, morbide ed invitanti, scesero sul suo collo, mentre le mani, che fino a quel momento erano affondate tra i suoi capelli, si spostarono sul primo bottone della camicia, per farsi spazio.
Aveva organizzato tutto lui, era lì con lei, la toccava, la baciava, e quasi non gli sembrava vero. Avrebbe potuto chiederle un pizzicotto … magari una cosa per volta, che dici Alessà!
Bottone dopo bottone, bacio dopo bacio, quella camicia di lino aveva trovato la via verso il pavimento. Alessandro, in un breve momento di lucidità, si rese conto che non era proprio una buona idea restare lì, con la tenda aperta, nonostante il piccolo chalet fosse defilato rispetto agli altri.
“Aspetta…” ansimò, imponendo ad entrambi di rifiatare un attimo “forse, forse è meglio se andiamo su”
Maya però aveva un’idea migliore. Scese dal piano della cucina e fece qualche passo verso il bagno, slacciando la cinta dello chemisier azzurro “fa caldo, abbiamo viaggiato … perché non iniziamo con una doccia?!” Alex era rimasto imbambolato, come un cretino, ma era comprensibile: girandosi di spalle, lo chemisier andò via lentamente, scendendo provocante e sensuale dalle spalle fino a terra. Sotto, solo gli slip.
“Di-dico…” concordò Alex, balbettando “dico che è un’ottima idea” E finalmente si decise a chiudere quella stramaledetta tenda da sguardi indiscreti.



 

Eccomi di ritorno. Vi chiedo scusa per il ritardo ma tra il lavoro e altre cose, diventa sempre più difficile stare al PC nei ritagli di tempo. Questo capitolo non ha bisogno di troppe spiegazioni, credo, ma solo di un commento: E FINALMENTE!!!! XD 
Ce ne hanno messo di tempo ma alla fine si sono decisi. Non è finita qui, avremo ancora qualche capitolo in cui i due piccioncini ritrovati ci terranno compagnia, ma direi che il grosso ormai ce lo siamo lasciati alle spalle. Vi invito a commentare e a dirmi se per voi è troppo sdolcinata o meno come situazione e vi aspetto alla prossima, sperando di riuscire ad aggiornare prima di quanto abbia fatto per questo capitolo.
Fred ^_^
   
 
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