Giochi di Ruolo > Altro
Segui la storia  |      
Autore: dal1la    17/02/2023    0 recensioni
[Harry Potter GDR]
Da diversi anni a questa parte, il Principe Serpreverde, Draco Malfoy decide di allontanarsi dal mondo della Magia. Malfoy così si allontana dall'Inghilterra e va a vivere a Roma dove cambia la sua identità facendosi chiamare di cognome Bianchi e diventando un detective di successo. Vive tranquillamente la sua vita finché ciò che gli sembra un classico omicidio lo farà in realtà rientrare nel mondo della magia. Sarà una persona a chiedergli aiuto. La persona che lui meno si aspetta.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 1

C’era sangue ovunque. Sul pavimento di marmo bianco stagliavano pozzanghere di sangue di un rosso intenso, piene di pezzi di vetro trasparenti, ormai sporchi dal sangue di un possibile omicidio. Non è possibile, anzi credo che sia abbastanza sicura come cosa. Si potrebbe addirittura pensare ad una decisione premeditata, dunque chiunque sia stato ha deciso di entrare in casa, dalla porta principale, con tanto di cortesia per poi iniziare a spaccare tutto, comprese le ossa della vittima. Esilarante davvero, ma c’è poco da ridere. Viene difficile pensare che un uomo ubriaco sia semplicemente entrato in un appartamento, senza alcun motivo, per poi iniziare a picchiare senza ritegno fino ad uccidere. Solo un pazzo lo farebbe. D’altronde nessuna opzione va esclusa. 
Un uomo completamente bardato dalla testa ai piedi iniziò a tirare fuori dei tamponi dalla valigetta della Polizia Scientifica, pronto per fare dei prelievi sul corpo del cadavere. 
“Fammi un campione di ogni singola parte del corpo,” disse una voce grave ed autoritaria alle mie spalle. “A costo di far intasare il laboratorio di provette”. Chiusi gli occhi cercando di mantenere la calma, sentendo la voce fastidiosa del mio collega, a cui metterei con tanta felicità le mani al collo. Feci del mio meglio per non farmi notare, nel tentativo di osservare con grande interesse una foto appesa al muro. 
“Bianchi,” chiamò. Missione fallita. “Perché non sono sorpreso di vederti qui?” Nonostante gli stessi dando ancora le spalle, sapevo perfettamente qualche posa avesse assunto nel tentativo di sembrare superiore. Io ed il signor rompi scatole di nome Alessandro Corsini, non andavamo molto d’accordo, anzi non andavamo mai d’accordo. Fin da quando mi avevano assunto, ho operato a modo mio e giocato le carte secondo le mie regole. Ed ovviamente è sempre stato un qualcosa che gli dava sui i nervi, oltre a mettergli il bastone tra le ruote. Come lui intralciava me, io intralciavo lui, d’altronde lo stesso gioco si poteva fare in due. 
“Faccio il mio lavoro Corsini,” dissi io. “E tu che ci fai qui?” Non tolsi gli occhi dalla cornice azzurra posta sulla parete colorata di un blu intenso. Colori allegri per una persona che ha fatto una brutta fine. Ironia della sorte. 
“Lavoro anch’io.”
“Nessun lecca-lecca da togliere dalle mani di un bambino?” chiesi io, con tono sarcastico ma senza alcun sorriso sulle mie labbra fini. Mi girai verso di lui notando la sua espressione infastidita, di uno che preferiva non rispondere piuttosto che iniziare a litigare come due bambini. Peccato, oggi ero in vena. 
“Invece di fare il simpatico,” iniziò lui. “Chi è la vittima?” Si accovacciò accanto al cadavere cercando di evitare le pozzanghere di sangue. Avvicinò il più possibile il viso a quello della vittima, intento ad osservare con più attenzione ogni tratto del viso. 
“Gisella Moretti, ventisette anni,” dissi avvicinandomi a lui, osservando la sua figura accovacciata al corpo della ragazza.
“Una tale bellezza,” disse sospirando. “E fa questa brutta fine.” Arricciai il naso con disgusto al pensiero di un possibile collega necrofilo nel notare il suo desiderio di toccare i capelli chiari della vittima. Corsini sospirò alzandosi, per poi mettere le mani nel cappotto nero. 
“Voglio i risultati delle analisi sulla mia scrivania domani mattina,” disse al Poliziotto. Costui rispose con un cenno d’assenso per poi puntare lo sguardo verso di me, capendo perfettamente che le analisi dovevano essere sulla mia questa stessa sera. 
“Bianchi,” disse a mo’ di saluto Corsini per poi allontanarsi dalla scena del crimine. Sospirai avvicinandomi alla giovane vittima. 
La figura snella era abbandonata sul marmo bianco ricoperto di sangue. I capelli biondi e lunghi sporchi di sangue erano aperti a ventaglio sul pavimento. I suoi occhi verdi erano aperti, sottolineando il terrore di quella stessa sera. Aveva ragione Corsini per una volta, era davvero una bella ragazza. 
“Chiamate i familiari della vittima,” dissi al primo poliziotto accanto a me per poi uscire anche io dalla porta, allontanandomi dalla scena del crimine. 
 
Nonostante fossero le dieci di sera nel centro di Roma, le strade erano piene di macchine. La pioggia cadeva incessante da giorni, non dando cenni di pausa. I lati della carreggiata erano pieni di fiumiciattoli di acqua che scorrevano ininterrottamente. Almeno Roma non era messa male come le altre regioni della penisola. La Sicilia era ricoperta di fango da testa a piedi, con persone sfollate e strade distrutte. Alcune città del Nord Italia non stavano tanto meglio. 
            Vidi la mia Ford Mustang nera lucida parcheggiata tra una Smart bianca ed una BMW X3 Grigia. Misi la mano nella tasca destra del trench nero, cercando le chiavi della macchina, ansioso di tornare a casa. Presi le chiavi in mano schiacciando a tentoni il pulsante per aprirla ma la vibrazione del mio telefono ebbe la meglio. 
“Bianchi,” dissi appena schiacciai il tasto verde. 
“Signore,” disse Katia, la mia segretaria. “C’è un ospite che l’attende nel suo ufficio”. Cosa?
“Katia, sono le dieci di un venerdì sera. Chiunque sia questa persona, la mandi via e digli di passare il lunedì mattina,” dissi infastidito. 
“Ho provato signore, ma non vuole andarsene,” disse lei tremolante. Katia era una brava ragazza, con gli occhiali tondi sul visino piccolo, i capelli neri sempre portati in una coda alta. Una ragazza molto timida per entrare in Polizia, eppure avrebbe fatto di tutto pur di non deludere suo padre. “Questa persona dice di chiamarsi Hermione”. Mi bloccai seduta stante sentendo il nome uscito dalle labbra di Katia. Cosa ci faceva quella maledetta di una strega nel mio ufficio?
“Arrivo”. Ringhiai all’idea di dover rinunciare alla mia serata tranquilla in ufficio, con whisky e sigaretta costantemente accesa mentre avrei studiato le analisi che mi avrebbe mandato la scientifica. 
Corsi come un dannato nel traffico di Roma del venerdì sera. Passavo le macchine piene di ragazzini con la musica a palla, pronti per l’ennesima uscita che sarebbe finita con una bella sbronza o con una serata di discoteca con i corpi ammassati gli uni sugli altri. Che dire se non quello di una tentata orgia. Ai miei tempi, io non andavo in discoteca. Io mi divertivo ai party dei miei genitori a cui purtroppo non potevo sbronzarmi. La mia prima sbronza avvenne molto dopo, una volta che abbandonai la mia vecchia vita, decidendo di costruirne una tutta nuova. 
Parcheggiai la macchina sotto la sede della Polizia di Roma, scendendo in fretta, non badando alla ruota anteriore sinistra messa sul marciapiede. Quello era l’ultimo dei miei problemi. Entrai di corsa non guardando i poliziotti di turno che mi facevano cenni di saluto. Presi le scale velocemente, ignorando l’ascensore troppo lento, e salii di corsa al quarto piano dove si trovava il mio ufficio. Appena arrivai al mio piano notai Katia che camminava avanti ed indietro davanti al mio ufficio nei suoi pantaloni classici aderenti, la camicia bianca leggermente aperta sul collo e gli occhiali tondi marroni che si posavano sul suo nasino pieno di lentiggini. Si toccava continuamente i capelli lunghi nella coda, chiaro segno di agitazione. 
“Signore, ho cercato di non farla entrare ma–“.
“Lascia stare Katia,” dissi bruscamente alzando la mano. “Prendi le tue cose e torna a casa. Ci vediamo lunedi mattina”. 
“Ma–,” disse lei.
“Katia esegui,” le dissi con occhi freddi. Lei rimase impalata a guardarmi per qualche secondo per poi iniziare a prendere la sua borsa ed il suo cappotto assieme all’ombrello. L’ultima cosa che vidi fu la sua schiena che entrava in ascensore. 
Mi girai guardando la porta d’ebano scuro chiusa davanti a me, sentendo un’entità magica dietro ad essa. Feci un respiro profondo ed aprii la porta. All’interno del mio ufficio vidi i soliti e classici colori che decoravano la stanza. La mia sedia girevole in pelle nera era al suo posto come anche i fogli impilati ordinatamente sul lato destro della scrivania larga. Le due poltroncine verdi davanti alla scrivania erano sempre nella loro stessa posizione, l’unica cosa che si stagliava maggiormente era un cappotto crema piegato accuratamente su una delle due. Girai la testa verso destra trovando una donna dai ricci capelli castani, un pantalone dal taglio classico ed un dolcevita, entrambi neri accompagnati da un paio di tacchi neri lucidi. La donna scrutava attentamente la libreria piena di libri, documenti e foto degli ultimi anni. Insomma, una che non si faceva i fatti suoi. 
“Che ci fai qua?” chiesi in modo rude. 
“Ciao anche a te Malfoy,” disse lei borbottando. “O forse dovrei chiamarti Bianchi”. 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Altro / Vai alla pagina dell'autore: dal1la