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Autore: Medea Astra    18/02/2023    0 recensioni
“Lasciami, mi fai male, smettila subito” disse lei rossa in viso.
“ No, non ti lascerò andare finchè tu non mi avrai detto il vero motivo per cui hai insistito perché quello rimanesse a vivere sotto il tuo stesso tetto.”
Bulma stava per dare una delle sue solite risposte pungenti quando un boato infranse il silenzio dei suoi pensieri.
I due giovani si guardarono in giro spaesati per capire da dove provenisse quel rumore poi, un pensiero fulmineo e terribile attraversò la mente di Bulma che subito corse fuori in giardino in direzione della gravity room.
“ Sono sicuro che è successo qualcosa a quel congegno infernale, forse Vegeta l’ha spinto troppo in là, forse le pareti non hanno retto alla veemenza dei suoi colpi, forse…” i pensieri di Bulma furono interrotti ancora una volta, adesso però a porre un freno alla sua mente non fu il suo udito ma i suoi occhi che raccapricciati e terrorizzati osservavano la scena che le si parava davanti.
La gravity room era esplosa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vegeta strinse la presa sui glutei della donna e affondò il viso nell’incavo dei suoi seni.

Respirò a pieni polmoni il suo profumo mentre il suo udito si beava dei gemiti sommessi della donna che aveva tra le braccia e che invocava il suo nome.

Bulma lo stava praticamente supplicando di fare l’amore con lei e lui quasi non riusciva a capacitarsene. Mai si era trovato in una simile situazione, mai aveva desiderato una donna con tale ardore e fermezza, mai, men che meno, la suddetta donna si era trovata in posizione di poterlo ricambiare.

Sollevò lo sguardo incontrando gli occhi celesti di lei, erano umidi e arrossati dalla miriade di emozioni da cui era stata travolta in quella giornata, ma nel loro profondo, le uniche cose che il principe dei sayan riusciva a leggere, erano desiderio e amore.

 

Vegeta senza difficoltà si sollevò in piedi tenendosi la bella scienziata stretta addosso.

Avvolse la coda sul bacino di lei mentre con passi lenti e decisi, la portava nella loro camera da letto attigua al bagno dove erano rimasti sino ad ora.

Lei aveva preso a baciargli e mordergli il collo, non aveva mezze misure Bulma, nè nel quotidiano nè nell’amore, sentiva i denti di lei affondare alla base delle sue spalle mentre si spingeva verso di lui.

Quasi ruggì quando vide le labbra di lei macchiate del cremisi del suo sangue. La vide leccarsi le labbra prendendo i suoi occhi scuri in ostaggio, un sorrisino strafottente e beato si dipinse sul volto di lui a quella vista.

Bulma era la compagna per lui, ora che aveva modo di vederla in quel frangente, ne era più che certo.

Lei era come lui, erano fatti della stessa pasta. Era bella, selvaggia forte e indomita a modo suo.

Se un solo gesto della mano di lui sarebbe stato in grado di disintegrare, una sola carezza di lei, sarebbe bastata in quel momento a metter lui in ginocchio.

Senza troppe cerimonie la spinse contro il muro rosa della camera in cui aveva vissuto sin da ragazzina e le intrappolò le mani nelle sue sopra le loro teste. La forza del suo bacino da sola, era perfettamente in grado di sorreggere il peso di lei e la scienziata sembrava esserne perfettamente consapevole, non ebbe alcun dubbio infatti, quando la lingua di lui andò a ghermirle un seno, nello spingersi verso di lui in cerca della sua intimità, guadagnandosi un altro gemito gutturale del principe.

 

Bulma si tese dinnanzi a lui, le spalle poggiate sulla parete, le gambe strette al bacino di lui. Gli offrì il collo e il seno, protese l’addome verso le sue carezze, mostrandogli ancora una volta, senza paura alcuna, la sua fragilità.

Bulma non aveva paura di quello che il sayan avrebbe potuto o voluto fare con lei, quello che temeva era la possibilità di doversi riabituare a vivere senza di lui, a reprimere il desiderio delle loro chiacchiere sotto le stelle, dei suoi baci e delle mani di lui che senza mai chiedere permesso scorrevano sicure lungo il suo corpo.

Si chiese come mai con lui fosse capitolata al primo sguardo, al primo segnale di interesse mentre con Yamcha le ci fossero voluti oltre sei anni solo per mostrarsi in tolpless dinnanzi ai suoi occhi.

A Bulma piaceva esser guardata, ammirata e desiderata, sapeva che Yamcha – come altre centinaia di uomini d’altronde – ma mai si era trovata a desiderare così tanto di esser l’oggetto delle attenzioni di qualcuno.

Si trovò senza fiato quando sentì la punta della coda di lui sfilarle gli slip e carezzare la sua intimità.

Si spinse verso quello strano organo del sayan che con la sua calda e ruvida peluria stava solleticando la sua parte più intima e raccogliendo i suoi umori.

 

Si trovò ad ubbidire senza fiatare quando lui pose la coda dinnanzi al suo viso, bagnata e grondante della sua eccitazione.

La prese in bocca senza parlare, godendosi a pieno quell’intrusione selvaggia tra le sue labbra. Sentì il proprio sapore e la cosa non fece altro che aumentare la sua eccitazione e la sua voglia di congiungersi all’uomo.

Quando sentì le dita di lui entrare piano in lei, come se nutrisse un rispetto quasi religioso per lei e per il suo corpo e il suo piacere, Bulma quasi urlò di piacere facendo nascere un sorrisino soddisfatto sulla bocca dell’alieno.

 

A Vegeta piaceva vederla così, era sicuro che sarebbe potuta tranquillamente diventare la sua nuova droga il suono della voce di lei quando era vicina a godere.

Spinse la coda ancor più dentro la bocca di lei, per poi tirarla fuori, farla scorrre sui capezzoli turgidi di lei e sulle proprie labbra. Voleva sentire tutto di quel momento tra loro, l’afrore inebriante della sua eccitazione, la sua saliva calda sul suo pelo.

Sotto gli occhi attenti di lei, senza smettere per un solo istante di toccarla, mimò un pompino con la sua stessa coda, un gesto sfacciatamente sessuale cui lei volle prendere immediatamente parte e fu così che si trovarono ancora una volta stretti l’uno all’altra, inconsapevoli di dove inizasse lei e dove finisse lui a suggere entrambi dalla medesima appendice che a tratti si trovava a fare da spartizione ai loro baci appassionati.

 

Bulma conficcò le unghie nelle spalle di lui quando sentì le pareti della sua vagina contrarsi per lasciar libero sfogo al suo piacere.

Vegeta tenne le dita al suo interno fino all’ultimo istante, fin quando le contrazioni del suo utero non si placarono e l’aria tornò nei suoi polmoni, poi si chinò e in ginocchio, come mai nessuno prima d’ora l’aveva visto, neanche Freezer prima di dargli il colpo di grazia, si mise a suggere il nettare che colava copioso dalle cosce di lei.

La scienziata, inebriata di piacere e oramai dipendente da tutto ciò che lui decidesse di fargli, si trovò al allargare le cosce dandogli modo di poterla leccare e assaporare ancora più a fondo.

Affondò le unghie laccate di rosso in quella fitta coltre scura che erano i capelli del principe e quando sentì la lingua di lui passare sul suo clitoride, gli spinse ancor più il viso sulla propria intimità.

 

“Cazzo Vegeta, sei … sei dannatamente perfetto” si lasciò scappare lei quando lui la prese nuovamente in braccio per poi stenderla sul letto.

Lui sorrise e le si pose sopra, reggendo il suo peso con un braccio mentre con l’altra mano le scostava una ciocca di capelli bagnati dal viso.

“Tu non sei da meno donna, non mi sono mai divertito tanto prima … neanche in battaglia” rise.

“Mmmh … lieta di fartelo diventare più duro di quanto non lo faccia l’idea di andare in guerra, mio principe” rispose con tono sensuale che al suddetto principe costò un battito.

 

Bulma allungò una mano a toccare l’erezione di lui, passò i polpastrelli lungo tutta la lunghezza per poi chiudere la mano in corrispondenza del rigonfiamento della cappella.

Si mosse piano dapprima, facendo scorrere la pelle su e giù, scoprendo la punta del pene di lui già bagnata.

Lo guardava fisso in viso.

Vide i suoi occhi chiudersi e i denti bianchi affondare in quelle labbra sempre un po’ screpolate e un gemito gutturale farsi strada dalla sua gola.

Non aveva mai toccato un uomo in quel modo, aveva desiderato farlo con Yamcha qualche volta, ma temeva che da lì in poi non si sarebbero fermati e non voleva andare fino in fondo con l’ex compagno.

“Vado bene così amore?” gli chiese lei delicata e un po’ dubbiosa all’orecchio, temendo la propria inesperienza.

Lui annuì poggiando la fronte contro la sua. Aveva udito perfettamente il modo in cui lei lo aveva chiamato e doveva ammettere che, per quanto gli facesse strano, gli si era stretto il cuore nel sentire quel nomignolo.

 

“Va tutto bene Bulma – disse soffocando un gemito – sei … sei eccezionale” disse per poi sollevarsi e cambiare posizione.

Fece in modo di avere il viso all’altezza del pube di lei mentre il suo pene sfiorava le labbra di lei.

Non fece in tempo a leccare di nuovo l’intimità di lei, che sentì il proprio cazzo sparire nella bocca di lei che lentamente lo stava suggendo.

Il sayan dovette far appello a tutta la sua esperienza per rimanere lucido in quel frangente, non si aspettava che Bulma facesse una cosa simile, credeva piuttosto che avrebbe continuato lo splendido lavoro di mano che aveva cominciato poc’anzi, ma quella donna era sempre in grado di sorprenderlo e farlo sentire come la parte mancante del suo puzzle.

 

Bulma non aveva programmato di arrivare a tanto, credeva che quello sarebbe stato uno step successivo, una coccola che si sarebbe riservata per quando avessero avuto, se mai l’avessero raggiunta, un’intimità collaudata, ma quell’inversione di posizioni, l’intuire cosa stesse per fare lui, avevano fatto cadere ogni sua barriera e ogni sua certezza.

 

La stanza adesso odorava di loro due, della loro pelle, del loro sudore e del loro piacere. Quelle pareti dove per anni aveva fantasticato su uno Yamcha che cambiava e divenica più maturo, adesso erano il teatro di un’unione che lei avrebbe osato tranquillamente definire perfetta.

Vegeta per lei non era più un nemico da temere da molto tempo, ma in quegli ultimi mesi era stato capace di diventare il suo baricentro, il suo punto di riferimento e la sua colonna portante.

Il Vegeta che aveva incontrato per la prima volta e che sul pianeta Nameck voleva rubarle le sfere del drago, era totalmente diverso da quello che per molte notti aveva condiviso con lei le più importanti scoperte scientifiche del suo popolo e che l’aveva aiutata nella creazione di nuovi materiali sempre più forti e resistenti.

C’era stato un tempo in cui si era chiesta perché Goku nutrisse un profondo rispetto per Vegeta, si era chiesta cosa l’amico vedesse di tanto speciale in un uomo che a lei sembrava solo un pazzo sanguinario, poi quando, spinta dalla cusiosità, gli aveva aperto le porte di casa, si era resa conto che il suo migliore amico aveva ragione da vendere e che per la prima volta, era arrivato a qualcosa prima di lei.

 

Vegeta non era un pazzo sanguinario ma un re senza trono, un bambino strappato alla sua famiglia e al suo popolo, assoggettato ad un tiranno che lo usava come arma nei confronti degli altri popoli.

Sapeva dagli stessi racconti del principe, da dove provenissero la maggior parte delle sue cicatrici, glielo aveva raccontato qualche settimana prima, rispondendo alla sua domanda sul perché non si togliesse quasi mai la maglia, al contrario di Goku e degli altri.

Le aveva risposto che mai in vita sua aveva provato un sentimento simile alla vergogna, ma che sentiva qualcosa che gli si avvicinava nel mostrare deliberatamente le condizioni in cui versavano la sua schiena e il suo addome. Freezer lo aveva educato a frustate, sin dai suoi sei anni. Ad ogni sua minima disubbidienza corrispondevano mille frustate da parte di Dodoria, Zarbon e della loro cricca di leccapiedi.

Per un attimo aveva provato l’istinto di stringere quel bambino tra le proprie braccia e di proteggerlo dal mondo intero.

Ricordava di essersi accoccolata contro il suo petto quella sera e di aver pianto a lungo. Lui non aveva fiatato, aveva compreso piangesse per lui e per tutto quello che c’era stato nella sua vita prima di incontrarla, così si era limitato a chiuderla in un abbraccio protettivo.

 

Quando sentì l’eccitazione di lui arrivare alle sue labbra, la giovane donna non si spostò neppure per un attimo anzi, ne bevve ogni goccia come avrebbe fatto un assetato nel deserto con il fondo della propria borraccia, poi, con una leggera spinta, fece capire all’uomo che voleva ribaltare ancora una volta le posizioni, si trovò dunque seduta sulle gambe di lui, quei blocchi granitici che un attimo prima avevano tremato di piacere per lei.

Si sporse a baciarlo, michiando le loro salive e i loro sapori, poi senza che lui se lo aspettasse, si sollevò e guardandolo fisso negli occhi, gli disse di amarlo.

Vegeta sorrise nel sentire quelle parole, non aveva mai detto una cosa simile in quasi trent’anni della sua vita, ma sapeva perfettamente cosa volessero dire.

Zurdu e sua moglie Axia, una prima classe, fedelissimi al re e alla sua famiglia, avevano sempre detto apertamente di amarsi alla follia e la vita gli aveva insegnato che amare qualcuno, voleva dire esser pronti a tutto per quella persona, anche a sacrificare la propria vita come durante una battaglia piuttosto ostica, aveva fatto Zardu.

E lui per Bulma sarebbe morto e risorto all’infinito.

 

Bulma si mise seduta su una coscia del principe e iniziò a stofinarsi su di lui, per darsi piacere, per alleviare il bisogno che sentiva crescere nel ventre di avere un altro orgasmo, di esser nuovamente sulle vette del piacere.

Si stava masturbando su quei muscoli scolpiti da mille battagli mentre con le dita si torturava i capezzoli sotto gli occhi estasiati del sayan che estasiato la osservava non perdendosi neanche un dettaglio della sua sessione di autoerotismo.

Con Vegeta, quel pomeriggio, si era scoperta donna e non perché non sapesse di esserlo, aveva quasi ventitre anni, sapeva di non esser più una bambina, ma con il principe dei sayan, aveva scoperto la sua dimensione dove non aveva paura di mostrarsi per quella che era.

Era ormai prossima a raggiungere nuovamente l’orgasmo quando le mani di lui la presero per i fianchi e la misero nuovamente sotto quel corpo possente.

 

“Apri le gambe Bulma” le ordinò lui con un tono che a tutti sarebbe sembrato un ordine ma che a lei appariva come una supplica.

La giovane annuì eseguendo quanto le era appena stato chiesto, non ebbe alcuna esitazione o alcun ripendamento quando sentì l’erezione di lui farsi strada nella sua intimità fino a rompere l’ultima sottile barriera che li divideva.

Lo sentì affondare fino ai testicoli e gemere di piacere, sapeva che aveva fatto forza su se stesso per non esser irruento e fargli male.

Lei catturò immediatamente le labbra di lui e gli strinse le esili braccia al collo mentre lui iniziava a muoversi in lei.

I loro visi erano talmente vicini che respiravano l’uno il respiro dell’altra, Vegeta aveva cercato nuovamente le mani di lei e le aveva nuovamente bloccate sopra le loro teste mentre con affondi pieni e cadenzati la faceva sua.

Era lui ad avere il controllo, di questo Bulma ne era consapevole, ma era lei ed il suo piacere a dargli i limiti entro cui muoversi, il sayan infatti non si muoveva se non accompagnato dai gemiti di piacere di lei.

 

Il principe affondò nuovamente in lei, il fiato che si faceva via via più corto mentre sentiva il bisogno di venire e riempire il ventro candido di lei del suo seme.

“Ridimmelo … ridimmelo” la incitò lui sollevandole le gambe sulle sue spalle e aumentando il ritmo.

Bulma sorrise e senza chiedere cosa volesse sentirsi dire, ripetè le esatte parole che il sayan tanto bramva di udire.

“Ti amo Vegeta, ti amo più della mia stessa vita” disse convinta un attimo prima di soffocare un gemito mordendo le lenzuola.

Ma il principe le prese il volto con una mano e la costrinse a guardarlo.

“Ti amo Bulma” le disse sorridendole come mai nessuno, neanche lei, lo aveva visto sorridere.

   
 
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