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Autore: Akane    21/02/2023    0 recensioni
'- Ti seguirei anche all’inferno, Aragorn.
Bruciava così tanto, mentre lo diceva, perché il suo amore per lui in quel momento divenne assoluto al punto che non resistette.
- Allora sarò un uomo fortunato perché ti avrò accanto nella mia ultima ora.'
Dopo la battaglia del Pelennor, Eomer è molto scombussolato per le molte cose vissute quel giorno ed ha bisogno di un po' di pace interiore, che va a ricercare da Aragorn, appena ritiratosi nella sua tenda dopo aver guarito i feriti a Minas Tirith. All'alba di una nuova battaglia che si prospetta essere l'ultima, Eomer non riesce a trattenere più i suoi reali sentimenti per il suo Re.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eomer
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Aragorn & Éomer'
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TITOLO: Prima dell’alba
FANDOM: Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re (libro)
SHIP: Aragorn/Eomer
PERSONAGGI: Aragorn Estel, Eomer Eading
GENERE: fantasy, sentimentale
RATING: 15+
TIPO: slash, one shot
NOTE: siccome mi sono dilungata nelle note, ho deciso di fare una premessa vera e propria che a mio avviso è importante solo per chi ha visto solo i film, per chi ha letto i libri basta questo:
La battaglia del Pelennor per Minas Tirith è appena conclusa e vinta, Aragorn ha guarito Eowyn e tutti gli altri, Eomer ha perso suo zio ma ha ritrovato sua sorella e si ritirano prima dell’alba per riposare in vista dell’impegnativo giorno successivo. Tuttavia Eomer, scombussolato dalle molte cose che ha appena vissuto, ha bisogno di ringraziare Aragorn che ormai è molto più di un fratello che ha combattuto al suo fianco. Quel che prova per lui è infatti profondo e potente e non riesce più a contenerlo. 
La fic avrà due seguiti, in questa seguiamo proprio Eomer, negli altri vedremo Aragorn e poi entrambi, per sapere quando sarà pubblicato basta seguire la mia pagina su FB: https://www.facebook.com/akanethefirst 
Ho messo anche una citazione dal libro su Eomer che secondo me lo rappresenta benissimo, mi è piaciuta un sacco. 
Buona lettura.
Baci Akane

PREMESSA 

La presente fic si colloca precisamente dopo la battaglia a Minas Tirith, nei campi del Pelennor, prima di quella del Nero Cancello. 
Oltre a spiegare certe cose sul momento dell’ambientazione della fic, parlo anche dei protagonisti e del loro rapporto e perché ho scelto la loro ship.
- DOVE SIAMO: al termine della battaglia in questione Aragorn guarisce dal veleno oscuro Eowyn (e Merry e Faramir) coi suoi poteri di guaritore della stirpe dei re di Numenor (i quali hanno sangue elfico, perciò sono più speciali rispetto agli altri numeroneani), In seguito guarisce anche gli altri feriti, poco prima dell’alba va a riposare qualche ora prima delle decisioni importanti da prendere il giorno dopo su come proseguire nella guerra. 
Aragorn in segno di rispetto ed umiltà, si rifiuta di stare dentro Minas Tirith e dorme in tenda fuori dalle mura, perché anche se è il legittimo re di Gondor e Arnor (le città fondate dai primi re numeroneani approdati nella Terra di Mezzo, diventati poi re degli uomini), non è ancora succeduto ufficialmente e vuole prima essere accettato dall’attuale Sovrintendente (che al momento è Faramir poiché suo padre è morto) il quale sta ancora male. Teme infatti di essere visto come un tiranno invasore e non è l’idea che vuole dare al popolo. 
Eomer ha appena combattuto una durissima battaglia dove ha perso suo zio che per lui era come un padre: Re Theoden muore combattendo e lo fa succedere subito. Tuttavia Eomer ha anche creduto d’aver perso sua sorella, ma alla fine scopre che è a malapena viva e Aragorn fa il suo miracolo guarendola. 
-  RIASSUMENDO: siamo precisamente in quel lasso di tempo, al termine di una battaglia, all’alba di un’altra. Aragorn ha appena guarito tutti quelli che poteva ed è tornato in tenda a riposare prima del mattino. Eomer è emotivamente sconvolto per suo zio e sua sorella. 
- I PROTAGONISTI: al contrario del film, Eomer ha molto più spazio ed importanza, oltretutto è caratterizzato molto bene.
Pure Aragorn è caratterizzato molto di più, molto meglio e soprattutto è reso diversamente dal film, ha tutt’altra profondità, ha una forza mentale ed una volontà sconvolgenti tanto da ammaliare in un certo senso gli altri e non ha mai esitato sul proprio ruolo di re né l’ha rifiutato, ha sempre avuto le idee chiare sul suo destino e su ciò che dovesse fare. 
- LA SHIP: Aragorn ed Eomer combattono insieme fianco a fianco praticamente appena la compagnia arriva al Palazzo D’Oro di Edoras (Eomer infatti non è mai stato esiliato, sta sempre lì accanto a Theoden dall’inizio alla fine) ed instaurano un rapporto meraviglioso, molto fraterno e paritario, vanno sempre estremamente d’accordo tranne quando Aragorn decide di separarsi da loro per tagliare attraverso il Sentiero dei Morti. Eomer la prende male e gli dà l’addio convinto che non l’avrebbe rivisto. Quando poi durante la battaglia a Minas Tirith si ritrovano, Eomer è felicissimo ed incredulo e si salutano con calore. Eomer poi segue Aragorn ovunque, qualunque cosa gli chieda lui non si tira mai indietro e lo aiuta sempre. 
Quando devono separarsi perché la guerra dell’anello è finita ed Eomer deve tornare a Rohan la prima volta, il loro saluto è molto toccante ed Eomer dichiara apertamente di amarlo, è una scena sublime. 
- PERCHÉ HO SCRITTO: leggendo i libri, così diversi dai film per quanto li riguarda, ho deciso che avrei scritto qualcosa su Aragorn ed Eomer ed iniziando a pensare a cosa, quando e come ho pensato che il momento chiave, forse l’unico effettivo in cui sarebbe potuto accadere qualcosa fra loro, era proprio fra le due battaglie di Minas Tirith e il Nero Cancello. Dopo che Aragorn ha guarito sua sorella ed Eomer, scosso per gli eventi, sicuramente non riesce a mantenere il suo sempre scarso autocontrollo, essendo lui molto passionale e caloroso.
La fic è dunque su quella che potrebbe essere stata la scintilla che li ha spinti uno fra le braccia dell’altro la prima volta. In quel momento erano convinti che sarebbero morti e di conseguenza hanno agito in un certo modo, poi invece vincono e ce la fanno e così tutto cambia, ma quel che è successo fra loro resta. A quel punto arriveranno la altre fic, che saranno collocate dopo la guerra e dopo l’ufficiale scioglimento della compagni, alla fine del libro. 
- CONCLUSIONE: nei film il rapporto di rilievo di Aragorn è Legolas, ma nei libri è molto diverso, in primis perché l’unico rapporto speciale di Legolas è con Gimli (ed è pure molto bello), in secondo perché Aragorn ha un rapporto a dir poco meraviglioso con Eomer (e poi lui gli dichiara il suo amore apertamente, qua io non potevo non innamorarmi di loro). 
Scusate la lunga premessa, adesso vi lascio alla lettura. 

PRIMA DELL’ALBA

"Ma gli eserciti di Mordor si sentirono rincorati, e pieni di nuova furia e di brama si precipitarono urlando all'assalto. Éomer era ritornato freddo e severo, e la sua mente era di nuovo limpida e chiara. Fece suonare i corni per radunare intorno al suo stendardo tutti gli uomini disponibili; pensava infatti di ergere un grande muro di scudi e di resistere in piedi, lottando fino alla fine, e compiere gesta che i menestrelli avrebbero cantato per molti anni, se alcuno fosse rimasto vivo in Occidente per ricordare l'ultimo Re del Mark. Cavalcò quindi sino a una verde collinetta e vi piantò il suo vessillo, e il Cavallo Bianco galoppò nel vento.
‘Dal dubbio e dalle tenebre verso il giorno galoppai,
E cantando al sole la spada sguainai.
Svanita ogni speme, lacero è il cuore:
Ci attende la collera, la rovina ed il notturno bagliore!’
Recitò queste strofe, eppure le disse ridendo. Perché il desiderio di combattere si era nuovamente impadronito di lui, ed egli era illeso, ed era giovane, ed era Re: sovrano di un popolo spietato. E mentre rideva, nella disperazione mirò ancora le navi nere e alzò la spada in segno di sfida."
—Il Signore degli Anelli, libro V, cap. VI, "La Battaglia dei Campi del Pelennor”.

Le mura che alla luce del giorno erano apparse di un candore sfavillante, dopo essersi infuocate col tramonto più rosso mai visto, divennero infine argentee e gelide. 
Tutta la bellezza e la meraviglia che trasmettevano al Sole svaniva col nascondersi dello stesso ed una volta che a baciarle era solo la pallida Luna, mutavano drasticamente. 
Eomer non era un assiduo frequentatore di Minas Tirith, ma gli era capitato di andarci altre volte nella sua giovane vita e gli era sempre apparsa meravigliosa, eppure con una nota stonata. Come se qualcosa gli mancasse. Ora sapeva che era qualcuno, che era sempre mancato a quella splendida città dei Re.
Non aveva mai saputo catturare bene quella sensazione ed ora, dopo la battaglia più dura mai affrontata in vita sua, la vedeva anche in  parte distrutta. L’antico splendore era un vago e lontano ricordo e mentre si aggirava fra le sette mura superando ogni livello come se non fosse nessuno, osservava distratto e colpito la differenza di quel che ricordava aver visto lì un tempo.
Quando prima le aveva attraversate, il suo animo era stato totalmente concentrato sul pensiero di rivedere il corpo di suo zio e di sua sorella. Durante la battaglia non aveva potuto dar loro la giusta attenzione, aveva dovuto dare ordini immediati e prendere il comando, diventando re in un istante, sicuramente in un momento e modo ben lontani da come si era immaginato sarebbe successo. 
Era andato tutto di corsa e lui si era adattato a quanto avveniva, prendendo le cose nelle sue mani e pensando in termini di priorità. Prima di tutto il bene dei suoi uomini e del popolo di Gondor che erano accorsi a difendere. La guerra aveva imperato che lui rimanesse saldo nei suoi doveri di nuovo Re e comandante. 
Non aveva avuto tempo di essere un nipote ed un fratello che perdevano i suoi cari. 
Appena la battaglia si era esaurita e loro avevano insperatamente vinto, era tornato ad essere quella persona che aveva dovuto reprimere. 
Nel poter vivere improvvisamente tali sentimenti di lutto, si era sentito completamente avviluppato da una morsa di disperazione e tristezza e il percorso compiuto precedentemente fra le mura della Città Fortezza, l’aveva eseguito come un fantasma assorbito dai propri dolori che non vede e non percepisce il mondo in cui è rimasto imprigionato. 
Al cospetto di quello che per lui era diventato come un padre, i sentimenti erano stati liberi di invaderlo come un’ondata, insieme alla rabbia successiva dettata dall’assenza di sua sorella. 
Era morta valorosamente in battaglia, perché non era stata deposta insieme al Re di Rohan nella sala prestigiosa della Cittadella? Solo perché era una donna? 
In un momento carico di sofferenza, Eomer aveva ceduto all’ira trovandola di pallido conforto rispetto al dolore assoluto. Ma sapeva in cuor suo che non sarebbe stato di alcuna consolazione vederla lì insieme al Re in quella splendida sala. Sapeva che non era poi così importante, ma la riconoscenza ed il rispetto che ella meritava, poteva in quel momento essere stata l’unica cosa rimasta.
Con stupore aveva poi appreso che in realtà lei non era lì poiché ancora viva, perciò era corso alle Case di Guarigione col cuore in gola e nuovi sentimenti contrastanti.
La consapevolezza che fosse a malapena viva non era sufficiente, poiché sapeva che nonostante non fosse ancora morta, era molto critica. 
Quando l’aveva vista in quelle condizioni, si era nuovamente riempito di disperazione rendendosi conto che avrebbe potuto assistere alla sua morte e quella volta per davvero. Il suo animo era stato preda di una giostra impazzita che correva a folle velocità tanto in alto quanto in basso, facendolo passare da un estremo all’altro senza dargli pace.
La sua mano sottile era gelida ed il suo bel volto era così pallido. Vedere Eowyn in quelle condizioni, assistere a quelli che erano parsi i suoi ultimi aliti di vita, era stato atroce. Fino a che poi Aragorn aveva fatto il suo miracolo.
Miracolo che solo un vero autentico Re della sua stirpe avrebbe potuto compiere. 
Così era passato dal dolore ed ansia, alla meraviglia più sconvolgente di tutte ed infine un’enorme gioia insperata. 
In mezzo a tutto quel turbine durante il quale avrebbe preferito continuare a combattere piuttosto che assistere alla morte di sua sorella, Aragorn li aveva salvati.
Aveva salvato sia lei che la propria anima. 
Se l’avesse persa avrebbe avuto solo voglia di seguirla. 
Eppure lui aveva compiuto l’impresa e gli aveva permesso di rinascere, riunendosi al suo stesso sangue, ed ora poteva tornare alla sua nuova vita. 
Adesso era Re di Rohan e stava per cambiare tutto nella sua esistenza, ma aveva anche perso colui che aveva sempre considerato un padre e per poco non aveva dovuto dire addio anche a sua sorella. 
Aveva vegliato incessantemente su Eowyn ed avevano parlato finché si era addormentata sfinita, era rimasto con lei fino a che non gli era sembrato stesse meglio, nel suo sonno ora non più oscuro e tormentato. 
Aveva mangiato qualcosa insieme a lei quando avevano portato la cena, non si era voluto staccare e non aveva visto nessuno, così quando lei era crollata sfinita e lui si era sentito meglio, aveva deciso di andare a lavarsi e riposare. 
Era stato condotto in una stanza molto regale, probabilmente riservata a signori illustri. Lì si era spogliato e aveva finalmente potuto lavarsi, ma nessun’acqua calda e pulita aveva potuto fare il miracolo che Aragorn aveva fatto con Eowyn e gli altri malati. 
Si era sentito freddo e perso, una volta asciugato e rivestito. Si era sentito solo, infinitamente piccolo e smarrito. 
Si era chiesto dunque se quella fosse la sua nuova vita. Un posto sconosciuto, abbandonato ad appena ventotto anni dalla figura paterna, a dover comandare un popolo che lui sapeva solo guidare in battaglia, non certo regnare? 
Da solo in attesa di un domani ancor più oscuro di ieri, con un’altra morte in agguato? 
Eomer aveva rabbrividito coprendosi con un mantello caldo e pulito messo a disposizione dai domestici della Corte della Cittadella, aveva guardato i propri indumenti di Rohan che avrebbe rimesso l’indomani, logori ma provenienti dal suo regno. I capelli biondi e lunghi fin sotto le spalle erano bagnati, ma se li era scrollati sopra la stoffa lasciando che si asciugassero da soli. 
Aveva subito delle ferite di guerra, ma non erano state troppo gravi, niente che meritasse l’attenzione di cure più approfondite.
Aveva infine guardato fuori dalla finestra verso i campi del Pelennor, dove la dura battaglia si era consumata più amara che mai e dove ora c’erano le tende dei Raminghi del Nord. Lì c’era anche Aragorn, ed un’enorme senso di smarrimento e solitudine l’aveva colpito.
Per quella notte non sarebbe stato il nuovo Re di Rohan, ma ancora un figlio abbandonato da quello che per lui era stato un grande padre amorevole ed un fratello che aveva pianto disperato la sua amata sorella, ritrovata solo grazie alla grandezza e al potere dell’unico vero  Re degli Uomini. 
Pensando a lui, si era sentito meglio ed il freddo aveva iniziato a calare. 
“È solo merito suo se Eowyn si è salvata e la mia vita è meno solitaria e fredda; grazie a lui il pensiero che almeno lei si salverà, forse, potrà essermi di conforto nell’ultima ora della mia vita.” 
Aveva pensato questo, oscurandosi alla vista della notte.
Non c’era al mondo nessuno a cui Eomer tenesse di più e averla vista salva era stato importante, ma mosso da sentimenti troppo forti per essere ancora compressi nel proprio animo, si era rimesso le scarpe e in totale anonimato, chiuso in uno dei neri mantelli di Gondor, era uscito dal proprio alloggio, percorrendo la Cittadella fino alle mura esterne di quella che solo ora riusciva a vedere davvero. 
Non era più un fantasma pieno di un dolore acuto che lo rendeva cieco, ora era di nuovo vivo e vedeva ciò che aveva lasciato la guerra di quello splendido posto.
Le mura interne avevano retto, così come quelle esterne, ma macerie e distruzione erano ancora piene nelle vie dove la battaglia si era consumata. 
Arrivato al cancello principale demolito dal nemico, si fermò colpito. 
L’aveva varcato già prima, eppure lo vedeva davvero solo ora. 
La traccia del male aveva lasciato il segno anche in una fortezza inscalfibile come quella. 
Turbato da quella visione, passò oltre ed uscì verso i campi del Pelennor. 
Eppure era stato più facile cavalcare brandendo la sua spada, affondarla su tutti i nemici incontrati e proseguire verso altri cadaveri. 
Eomer amava combattere, le lotte lo rinvigorivano, gli davano vita, appena era finita gli era rimasta l’amarezza delle vite che la guerra aveva mietuto e quel fuoco che l’aveva animato, si era spento lasciandolo vuoto. 
C’era ancora moltissimo da fare per ridare a quel posto l’aspetto che meritava, ma alla suggestiva luce argentata della Luna, Eomer raggiunse le tende dell’esercito di Aragorn. 
Nessuno al suo posto avrebbe campeggiato lì fuori dopo una battaglia così dura, soprattutto dopo essere arrivato a combattere con loro in tempo. Eppure lui, nonostante fosse Re di Gondor di diritto, era entrato a Minas Tirith solo nei panni del Re dei Dunedain. 
Dopo le imprese che aveva compito per arrivare lì in tempo e aiutarli, dopo averli salvati, aveva chinato il capo in tutta umiltà ed aveva atteso che i tempi fossero maturi e che i riti venissero compiuti secondo le regole, prima di insediarsi sul suo trono che gli spettava di diritto. 
In un momento in cui il mondo era sull’orlo di un abisso, lui comunque rimaneva dritto nei suoi principi e non vacillava di un metro. 
Se erano ancora tutti vivi lo dovevano a lui, eppure si era messo a dormire in una tenda fuori dalla capitale di Gondor perché il Sovrintendente stava male e non poteva invitarlo ad entrare. 
Guardò dubbioso tutte le tende costruite in un semicerchio senza capire quale potesse essere quella di Aragorn. Arricciò in naso infastidito.
Era venuto lì seguendo il suo istinto, come suo solito, ma non ci aveva riflettuto molto, oltretutto non sapeva nemmeno di preciso cosa fosse venuto a fare. Nel pensare ad Aragorn si era sentito meglio e meno solo, meno triste e perso ed era venuto impulsivamente in cerca di un altro dei suoi miracoli di guaritore. 
O, forse, lo sapeva fin troppo bene di cosa era venuto in cerca. 
Sapeva di provare sentimenti forti per il suo sire, ma c’era sempre stato qualcosa di più importante da fare, per fermarsi a pensarci. Ora, improvvisamente, sembrava che il proprio animo scalpitasse per comprendere di cosa si trattava. Forse perché l’indomani sarebbe potuto essere l’ultimo giorno della sua vita.
Stava per rinunciare quando una figura silenziosa, snella ed elegante si mosse leggiadra verso di lui, muovendosi da una roccia particolarmente alta su cui era rimasto seduto per tutto quel tempo. 
Eomer vide Legolas alzarsi e saltare giù venendogli incontro. Ovviamente coi suoi occhi di elfo l’aveva probabilmente visto chiaramente sin dal cancello distrutto. 
Il giovane re mascherò in fretta l’imbarazzo dell’essere visto lì alla ricerca di Aragorn e alzò la testa trasformandosi nel nuovo Re di Rohan. Fiero e sicuro di sé, nonostante in quel momento non lo fosse per nulla. 
Legolas, la cui bellezza elfica si distingueva da quella di tutti gli altri, lo raggiunse e lo salutò con un gesto del capo, l’aria serena, il suo indumento di elfo a proteggerlo da una brezza notturna non troppo fresca. 
- Eomer, cosa ti porta qua? È successo qualcosa? 
Eomer gli fece un cenno, rimanendo dritto con le mani dietro la schiena, ancora totalmente avvolto nel suo mantello nero che lo mimetizzava nella notte. 
- Cercavo Aragorn in realtà. Non è successo nulla, ma avevo bisogno di parlargli prima dell’indomani. 
Legolas capì le frasi non dette. 
- Prima della prossima battaglia e forse della nostra morte definitiva, vuoi dire? 
Eomer si strinse nelle spalle trovando faticoso ed inutile tentare di mantenere quell’aria da Re anche davanti ad un elfo che aveva già letto tutto quel che albergava in lui. 
Si rilassò come se non vedesse l’ora, tornando al portamento da figlio di Rohan perso e smarrito e come tale, senza capacitarsene, si ritrovò a spiegargli ciò che lo muoveva.
- Volevo ringraziarlo per mia sorella, l’unica luce nelle mie tenebre. La battaglia è finita e un’altra più dura ci aspetta, anche se non dovessimo decidere di avanzare sarà comunque inevitabile combattere ancora fino alla morte. Ho perso mio zio che per me era come un padre ed ora sono diventato Re troppo improvvisamente. Mi sembra che in questo momento l’unica Stella Polare per me sia Aragorn. Ho necessità di ringraziarlo prima della nostra fine. 
Legolas non contrastò in alcun modo il suo stato d’animo negativo e disfatto, ma lo comprese e lo condivise. 
- Capisco molto bene, non temere. Non sarò certo io a giudicare. Stavo ammirando per quella che potrebbe essere l’ultima volta le stelle e la natura che nonostante la battaglia, cerca di sopravvivere a fatica. 
Eomer non sapeva molto della cultura elfica, ma sapeva che non avevano i bisogni fisiologici delle persone normali. Avevano viaggiato insieme per molte strade e ricordava d’averlo visto spesso sveglio mentre gli altri riposavano, ma non si era mai interessato realmente a lui. 
- La tenda di Aragorn è quella, penso lo troverai ancora sveglio, è appena tornato dalle sue guarigioni nelle mura. 
Così dicendo, Legolas sorrise, fece un cenno aggraziato e voltandosi se ne andò. Eomer rimase fermo a cercare di vedere dove si sarebbe fermato, più per l’imbarazzo di rischiare di essere sentito, che altro, ma non fu in grado di distinguerlo dopo alcuni passi e pur aguzzando la vista, nella luce argentea della Luna non lo vide più. 
Sospirando decise di lasciar perdere, anche se l’avesse sentito, sarebbe stato sicuramente discreto. Per quanto poco conoscesse gli elfi, sapeva che erano un popolo molto riservato, in alcuni casi anche freddo. 
Si rivolse infine verso la tenda indicata da Legolas, vi andò innanzi ed esitò mordendosi il labbro indeciso. Improvvisamente gli sembrava la cosa più stupida venire lì, non aveva chiaro il motivo, aveva solo seguito il proprio impulso, aveva avuto bisogno di andare da lui e l’aveva fatto, ma ora che era lì, non sapeva cosa fare. 
Si sentiva uno stupido ragazzino alle prese con sentimenti più grandi di lui ed in effetti erano questo. 
Sentimenti troppo grandi per lui, nonostante non fosse un ragazzino, ma un uomo.
Re a ventotto anni, pensò spalancando gli occhi nel panico. 
Sarebbe stato in grado? 
Oscurandosi di nuovo, tornò a sentire freddo e senza esitare entrò nella tenda di Aragorn annunciandosi brevemente, coi suoi tipici modi bruschi. 
Quando varcò l’uscio, Aragorn non sembrò stupirsi, quasi come se lo aspettasse. Forse l’aveva sentito, sapeva che non era silenzioso come un elfo ed il suo udito era più fine di quello di un uomo normale. 
Era intento ad asciugarsi con un telo ed Eomer spalancò gli occhi bloccandosi rigido come un tronco, mentre le sensazioni più che i sentimenti, prendevano prepotentemente il sopravvento tutti in una volta, nel suo animo agitato e scosso. 
Aragorn era nudo, i capelli neri erano bagnati ed in disordine: si era appena lavato. In un angolo della tenda di medie dimensioni c’era un mastello basso con dell’acqua ancora tiepida che aveva usato. I vestiti della battaglia erano ripiegati su uno sgabello, dall’altro lato c’era una branda da tenda per dormire. Era rappresentata da una serie di coperte imbottite. La luce veniva da una lampada ad olio la cui fiammella illuminava sufficientemente l’abitacolo. 
- Scusami, non volevo disturbarti. Immagino tu sia stanco... 
Eomer, in totale imbarazzo, si pentì subito di essere venuto e con tutta l’intenzione di girare sui tacchi ed andarsene, afferrò il lembo della tenda dietro di sé senza osare posare di nuovo gli occhi sul suo corpo adulto e ben formato. 
- Fermo, puoi restare. Tu non disturberai mai, Eomer. - disse con gentilezza Aragorn mettendo giù il telo poiché ormai asciutto. 
Inghiottì a vuoto e a fatica rialzò gli occhi azzurri sull’uomo davanti, lo vide prendere i pantaloni ed infilarseli e a quel punto non riuscì a comandare la sua vista di non posarsi sul suo inguine. 
Quando lo guardò avvampò e si irrigidì voltandosi di scatto, fingendo un’insofferenza dovuta al motivo per cui era lì. 
Qualunque fosse. 
Aragorn rimase un istante a torso nudo e scalzo, liberando lo sgabello usato per i vestiti, glielo mise poi davanti affinché si sedesse, nel farlo Eomer lo guardò meglio da vicino e notò che la sua pelle non era liscia ma solcata da molte cicatrici e segni di battaglie passate, alcune ferite erano fresche, ma per fortuna nessuna di esse erano profonde e gravi. 
Eomer si accigliò sedendosi senza rendersene conto e lo fissò intensamente percorrendo centimetro per centimetro, insistente, insolente, attratto. 
Non aveva avuto tempo per dare retta ai propri sentimenti per lui, ma adesso era impossibile ignorarli. 
Li provava dal primo istante che l’aveva visto nei campi verdi di Rohan, quando gli aveva chiesto notizie degli hobbit che cercavano. 
Lì era stato come un colpo di fulmine che poi aveva deviato in altri sensi, scoprendo chi lui fosse realmente. 
Era l’erede di Isildur, la stirpe dei Re del passato, popolo dell’antico e splendente Numenor. 
Non era una persona normale, perciò era ovvio nutrire uno strano sentimento di rispetto profondo, non poteva che piacergli istintivamente. 
Allo stesso modo l’aveva sempre seguito ovunque, in qualsiasi battaglia e sentiero, tranne che per quello dei Morti. 
Ricordando la loro separazione obbligata che l’aveva fatto soffrire e di conseguenza infuriare, Eomer si rese conto che in quel momento doveva inconsciamente aver capito la vera natura dei suoi sentimenti per Aragorn. 
Eppure non l’aveva forse provato pienamente quando l’aveva rivisto in battaglia, quel giorno, quando era arrivato col suo esercito al posto dei pirati? 
Quando si erano rincontrati insperatamente in pieno combattimento, dopo che Eomer l’aveva dato per perduto e per questo si era prima arrabbiato e poi ne aveva sofferto, non l’aveva forse capito guardandolo negli occhi, stringendogli la mano?
Che l’amava. L’amava perdutamente. 
Ma di nuovo c’era stata una guerra da portare avanti, doveri, combattimenti, molte le priorità prima di fermarsi a comprendere la reale forma dei propri sentimenti per lui.
Ora però non c’era null’altro se non la morte del giorno dopo, molto probabilmente. Non avevano combattuto per la vita, ma solo per la libertà. L’avevano saputo dall’inizio, ma Aragorn aveva chiamato a Gondor tutti gli eserciti e gli uomini possibili e lui non l’avrebbe di certo mai abbandonato, anche se suo zio non l’avesse voluto seguire lui sarebbe andato, nonostante la separazione che l’aveva fatto tanto soffrire nel mezzo del cammino. 
Eomer si riscosse dalle proprie considerazioni e dal viaggio ad occhi aperti che gli aveva permesso di vedere ciò che era stato avvolto nella nebbia. Aragorn si era messo anche una camicia leggera e bianca, se l’era allacciata solo in parte ed era lasciata fuori dai pantaloni neri. A quel punto si sedette a gambe incrociate nella branda davanti a lui e lo guardò in attesa, rivolgendogli con calma e pazienza tutta la sua attenzione. 
Il giovane avvampò avendo in realtà appena capito che l’amava e che era attratto da lui e che era lì per quello. Perché pensava che l’indomani, o molto presto, sarebbero comunque morti, ma evidentemente oltre a morire da uomo libero con una spada in mano che mai si sarebbe arreso, voleva anche morire da uomo onesto. 
- Cosa posso fare per te, Eomer? Sei rimasto ferito? Eowyn non migliora? 
Eomer scosse il capo e distolse gli occhi da quelli grigi del suo signore, incerto e smarrito su come dovesse comportarsi e cosa fare. 
Sapeva perché era venuto, ormai. Ma questo non l’aiutava a portare avanti le sue necessità. Aveva come sempre agito senza riflettere ed ora capiva che non era facile confessargli una cosa simile. 
- No, lei sta bene, ora riposa... - mormorò incupito. 
- Allora di cosa si tratta? Sei ferito? Fammi controllare... 
Aragorn si mise in ginocchio portandosi così davanti a lui, gli prese il mantello che ancora portava sulle spalle e che si era chiuso davanti, lo scostò ma Eomer gli afferrò le mani, fermandolo istintivamente. 
- Sto bene. - disse frettoloso, ma guardandolo di nuovo negli occhi così da vicino, perdendosi nel suo viso dai tratti affascinanti la cui discendenza elfica si intravedeva nitida, Eomer capì che pur imbarazzato, non sarebbe riuscito a trattenersi lo stesso. 
“Dannazione. Domani morirò, che importanza può avere la figura che farò? Ho solo bisogno di dirglielo e basta.”
A quel punto, fu più difficile trattenersi e stare zitto piuttosto che lasciarsi andare e parlare. 
Aragorn rimase interdetto in quel suo gesto, ma non si ribellò e non sfuggì la presa che non era di forza e rabbia ma bisogno e disperazione. 
Non si mosse da lì, rimanendo in ginocchio sull’erba della tenda, alla flebile luce suggestiva della lampada ad olio. 
Eomer, seduto sullo sgabello basso ed alla sua altezza in quel modo, inghiottì e si decise a seguire nuovamente il suo impulso. Decise che l’avrebbe fatto fino in fondo. 
- Eomer, fratello mio, cosa turba il tuo animo? - chiese dolcemente. Eomer si sentì letto dentro e comprese che aveva già percepito ogni cosa, forse prima ancora che lui stesso ne fosse venuto a conoscenza. 
- È così dunque? Sono un fratello per te? - la propria bocca si mosse da sola, mentre il suo sguardo ammaliante col quale si era fatto amare e seguire da una moltitudine sorprendente di persone, non si staccava dal proprio. 
Aragorn piegò il capo di lato, mite, senza cercare di sfilarsi dalla sua presa.
- Molto più che un fratello, in realtà. Che dubbi affliggono il tuo cuore? Se posso fare qualcosa per liberarlo dimmelo, ti prego. 
Eomer aggrottò la fronte e chiuse gli occhi come per diradare la nebbia dalla propria mente. 
- Domani potremo morire. - sbottò improvviso, cercando il filo dei propri pensieri mentre le dita scivolavano su quelle di Aragorn, stringendole nelle sue. 
- Non abbiamo ancora deciso cosa faremo domani... - cercò di farlo ragionare per frenare quello che sembrava il preludio di un’esplosione. 
Eomer che teneva gli occhi chiusi per riflettere meglio, li aprì di scatto ritrovandosi quelli grigi di Aragorn che lo fissavano da vicino, concentrati a leggergli dentro, per comprendere meglio ciò che gli stava succedendo. 
E lui era consapevole che lo stava leggendo, che aveva già scrutato ogni anfratto di sé e che sapeva meglio di lui stesso, cosa provava. 
- Qualunque cosa faremo, andremo incontro alla nostra morte, morte che oggi abbiamo sfiorato. Ma domani non ci andrà così bene. E noi combatteremo, che sia qua o altrove, ma lo faremo fino alla fine. Moriremo da uomini liberi, Aragorn, e non riesco a pensare a fine più gloriosa di questa, ma... - esitò e trattenne il fiato, sospendendo l’impeto che l’aveva colto col suo tipico fuoco incandescente: - ma saranno comunque gli ultimi giorni della nostra vita. - si fermò ancora, abbassò gli occhi di nuovo, aggiungendo: - La prossima battaglia che faremo, sarà la nostra ultima. 
Non serviva essere un veggente, per saperlo. Era naturale che quella appena combattuta non sarebbe stata l’ultima e che quella notte era la quiete prima della tempesta definitiva. 
La tempesta che già stava divorando l’animo di Eomer, la stessa che Aragorn placò non coi suoi poteri di Re, ma bensì con l’amore. 
Sfilò le mani dalle sue e gli prese il viso dolcemente. La fermezza della sua presa lo sospese in una sorta di limbo. Tornò a guardarlo negli occhi, ora erano molto vicini, il calore dei loro corpi li scaldavano attraverso i vestiti leggeri che indossavano. 
L’intensità dello sguardo di Aragorn era ubriacante, Eomer era come ipnotizzato da lui e più gli stava vicino, più ne veniva assorbito e lo desiderava, finendo totalmente ammaliato. 
In quel momento una sola certezza, prese forma dentro di sé.
Non se ne sarebbe andato da quella tenda senza avergli dato il suo amore, né senza essersi preso un po’ di pace. 
- Potrà forse essere così, ma saremo insieme a morire da uomini liberi. Eppure la speranza permane ancora, in me. So che non ci credi, so che non ci crede nessuno. Ma tu credi in me, Eomer? 
Ed Eomer non ebbe il minimo dubbio: 
- Ciecamente. 
- Mi seguirai ovunque nonostante tu pensi io sia un folle visionario? 
- Non lo penserei mai, sire. 
- Ti prego, sono Aragorn per te. - gli ricordò il suo re. Eomer annuì. 
- Ti seguirei anche all’inferno, Aragorn. 
Bruciava così tanto, mentre lo diceva, perché il suo amore per lui in quel momento divenne assoluto al punto che non resistette. 
-  Allora sarò un uomo fortunato perché ti avrò accanto nella mia ultima ora. 
Ad Eomer bruciarono gli occhi e mentre le lacrime sopraggiungevano a tradimento, lui le ricacciò indietro con passione e testardaggine e annullò impulsivamente la poca distanza che rimaneva, non riuscendo più a trattenersi. 
Era come se l’animo di Aragorn stesso lo chiamasse a sé, come se lo implorasse di non lasciarlo solo per quel che restava della notte, di scaldarlo e bruciarlo. Eppure mentre le labbra si intrecciavano alle sue in quello che aveva voluto fare da molto tempo, ormai, gli sembrava di essere lui a prendere per sé un po’ della sua luce e della sua sicurezza. 
La calma e la pace lo invasero nonostante di solito fosse fuoco allo stato puro e anche se il gesto fatto era totalmente avventato, non se ne pentì. Rimase sulle sue labbra morbide in attesa che lo respingesse, ma quando non successe, passò immediatamente alla fase successiva senza rifletterci un istante. 
Schiuse la bocca e lo cercò con la lingua, trattenendo il fiato nel momento in cui la trovò. Fu un bacio pieno della sua tipica esuberanza e del suo calore e forse Aragorn si scaldò intrecciandosi ad esso, non si esaurì, non lo respinse, ma rispose mite e lieve, come se seguisse un desiderio recondito o cedesse ad una debolezza non da Re dei Re, ma da uomo in procinto di un abisso. 
La morte era fuori ad attenderli e appena il sole si sarebbe levato il loro destino sarebbe venuto incontro impietoso, le ultime ore di pace e di vita da uomini liberi. Liberi di sognare una vita piena di amore e calore. 
Non avrebbero avuto nulla più di quello, sarebbe stato l’ultimo gesto d’affetto che avrebbero potuto ricevere e vi si aggrapparono come fecero le loro stesse mani su di essi, mentre dalle braccia e dal viso scesero a frugare fra i vestiti e ad aprirseli.
Fu Eomer a prendere l’iniziativa, il quale era ancora pieno di desiderio e di voglia di assorbire ogni briciolo di Aragorn. Non ci aveva pensato nemmeno un secondo e non l’avrebbe fatto fino a che non sarebbe stato lui a fermarlo, ma più proseguiva aprendogli i bottoni della camicia e poi lasciandola cadere sulle braccia, più si rendeva conto che non poteva esitare. 
Non l’avrebbe fatto. 
La pelle di Aragorn era calda e profumata per il bagno, i suoi capelli ancora umidi e sotto le dita che percorrevano il suo corpo, c’erano delle cicatrici. 
Ma forte era il suo fisico, mentre lo lasciava percorrere avido e affamato, con la bocca che continuava a farlo suo. 
Infastidito dal proprio mantello e dai propri vestiti, prima di spingerlo sulla branda e stenderlo sotto di sé, Eomer si slacciò l’indumento lasciandolo cadere alle spalle. 
Cadde a terra dietro di sé con un fruscio e successivamente fece fare la stessa fine alla camicia, ma non furono solamente le sue dita ad aprire i bottoni, furono anche quelle di Aragorn che si fecero avanti e quando Eomer se ne rese conto, aprì gli occhi brucianti e smise faticosamente di baciarlo. 
Lo guardò confuso di scatto cercando disperatamente di capire cosa faceva. 
- Non devi, Aragorn... 
Era stato lui ad iniziare e chiaramente lo voleva, ma rendersi conto che lo assecondava gli fece capire quanto oltre fosse tutto quello. Oltre ciò che non aveva nemmeno osato immaginare. 
Aragorn infatti lo guardò confuso, sospendendo per un momento le mani sui vestiti aperti. 
- Mi sembrava tu lo volessi... 
Eomer annuì deciso, ma con un notevole sforzo nel bel volto, si costrinse a rimanere saldo e ricordarsi chi aveva davanti. 
- Lo voglio con tutto me stesso, ma tu non devi assecondarmi solo per gentilezza o perché sono impazzito dalle emozioni e sopraffatto dal terrore dell’indomani. 
Non ci aveva nemmeno pensato, la propria voce era fuoriuscita da sola dalla propria bocca. 
- Non sono accondiscendente. Sto solo provando le tue stesse identiche emozioni... 
A questo punto Aragorn proseguì con le mani e gli fece cadere del tutto la camicia dalle braccia piene di lividi e graffi, nessuno di questi troppo profondi e non sanguinavano più, una volta rimasti entrambi a torso nudo, lo carezzò risalendo sui bicipiti solidi, contò ogni segno di guerra cercando di capire la gravità degli stessi e arrivò alle spalle larghe che erano state ben protette dall’armatura.
- Ed ho bisogno di quello che hai bisogno tu, stanotte. La nostra ultima notte da uomini liberi, forse. 
Non sapevano quando sarebbe stata l’ultima sul serio, ma di sicuro quella era l’ultima prima della definitiva battaglia. L’ultima prima della tempesta oscura. 
Scese silenzioso sui pettorali scolpiti, fissandolo dritto negli occhi, ipnotizzandolo col suo sguardo argenteo e solo quando i suoi polpastrelli incontrarono una ferita più profonda delle altre, non curata ma col sangue incrostato a tapparne la fuoriuscita, lo guardò di scatto, preoccupandosi.
- Sei ferito... - Eomer gli prese di scatto le mani fermandolo, consapevole di cosa avrebbe fatto. Non voleva che sprecasse altre preziose energie per curarlo.
- Aragorn, non è nulla... 
Ma lui usò la sua forza per sopraffarlo e prendendogli i polsi lo costrinse a seguirlo. Eomer così scese dallo sgabello finendo sulle ginocchia davanti a lui, non riuscendo a staccare gli occhi di dosso, lo lasciò fare e lo seguì ammaliato mentre lo faceva girare e stendere sulla branda al suo posto. 
- Sto bene, non devi... - tentò ancora, ma Aragorn si sfilò i pantaloni da solo, restituendogli la stessa visione che gli aveva regalato prima. Di nuovo ammirò il suo inguine che iniziava ad eccitarsi.
Era la prima volta che lo vedeva come un uomo comune che soddisfava i bisogni normali che avevano tutti, ma al tempo stesso esercitava il suo potere di Re facendogli fare ciò che voleva fino ad accettare le sue cure. 
Eomer voleva divorarlo e farlo suo, altro che stare steso passivo sotto di lui, ma sebbene si fosse spogliato delle vesti di re per essere un comune soldato in piena guerra che cercava calore umano ed amore prima di una morte certa, al tempo stesso esercitava il suo potere ammaliante costringendolo a stare sotto di sé. 
Era così, pensò senza capire bene il proprio stesso pensiero. 
Lo vide chinarsi baciandolo di nuovo per poi scendere sul collo e arrivare al torace e andare dritto sulla ferita  fra il pettorale e l’ascella, dove l’armatura era evidentemente stata meno salda permettendo quella brutta ferita. 
Dopo che gli ebbe forzato le croste del sangue per poterlo guarire, iniziò a leccarlo. La lingua bruciò la sua pelle lacera, ma mentre lo succhiava, si sentiva via via meglio, come se tramite la sua saliva venisse purificato da una sorta di linfa vitale. 
Eomer chiuse gli occhi, steso sotto, e si abbandonò a quell’energia benefica che lo percorse dentro di sé. Avrebbe dovuto fargli male, gli aveva ravvivato la ferita per poterlo guarire, invece non provava alcun dolore. Non si rese conto di quanto rimase lì, ma si accorse che aveva finito solo quando la bocca di Aragorn proseguì sui suoi capezzoli succhiandoglieli per poi scendere più in basso. 
Voleva reagire e prendere il sopravvento ma era come incapace di muovere un muscolo, non lo voleva fermare e al tempo stesso gli sembrava che stesse usando la sua forza di volontà ferrea, con la quale si era fatto seguire da tutte le persone incontrate nel suo viaggio verso Minas Tirith. 
Lo immaginò, mentre si abbandonava alla sua bocca che percorreva il suo ventre ed i suoi addominali; lo immaginò mentre cavalcava a folle velocità facendosi seguire da tutta la gente capace di tenere una spada e di cavalcare come lui. 
Addirittura il popolo maledetto dei non morti, l’aveva seguito e si era sottomesso a lui. 
Cosa poteva, Eomer, davanti ad una forza di volontà così assoluta? 
Voleva stenderlo sotto di sé e bruciare la sua pelle con la propria lingua e possederlo, ma non era capace di contrastare un solo gesto di Aragorn. 
Si lasciò divorare dolcemente dalla sua bocca e quando arrivò al suo inguine, glielo liberò sfilandogli senza imbarazzo i pantaloni. 
A quel punto prese possesso della sua erezione e mentre si chiedeva come fosse possibile che semplicemente vivesse tutto quello con tanta tranquillità, si sentì invaso sempre più da un’enorme pace e presto tutto venne dimenticato. 
Il buio, la morte, la guerra, l’oscurità ed ogni lutto e rischio.
Rimasero solo loro, due uomini bisognosi di calore e amore che si davano l’un l’altro. 
Solo quando si sentì soddisfatto, Aragorn lo lasciò andare e a quel punto Eomer si accorse di starsi muovendo. Si tirò su a sedere e lo prese fra le braccia forti baciandolo e stendendolo sotto di sé, ricambiò la cura che la sua bocca aveva avuto sul proprio corpo, curando a modo suo, senza alcun potere particolare, ma non risparmiò un solo centimetro. Fu come se il bisogno di sentirlo sotto di sé lo divorasse. 
Eomer non era in grado di lasciarlo andare, più l’assaggiava, più lo desiderava. 
Ma mentre faceva crescere il suo piacere con la bocca e lo sentiva pulsare sulla lingua, si rendeva conto che non voleva essere lui a prenderlo, bensì aveva bisogno di sentirlo dentro. Come l’ultimo atto curativo del suo re. 
Una cura non per il corpo, ma per l’animo spaventato e turbato da una tristezza infinita. 
Non ci furono bisogno di parole, come sempre. 
Aragorn leggendogli dentro, si sollevò e accettando ogni cosa come aveva fatto fino ad ora, prendendosi al tempo stesso ciò che voleva realmente, lo adagiò supino sotto di sé, lo baciò mettendosi si sopra ed un volta che gli ebbe aperto e sollevato le gambe, entrò in lui con estrema sicurezza, ma senza essere brusco. 
Eomer si abbandonò al piacere trasmesso dall’erezione del suo re dentro di sé, ogni particella iniziò a rigenerarsi. Non ebbe mai male, in quell’atto primordiale. Era la prima volta, per lui, che lo prendeva da un altro uomo, ma non perché gli sembrasse strano fare sesso con altri uomini. Bensì semplicemente nessuno aveva mai catturato il suo interesse come lui. 
Aragorn l’aveva amato dal primo istante ed ora pensando di vivere la loro ultima notte, non aveva saputo trattenersi e rinunciare.
Si impresse ogni sensazione ed emozione, stringendolo a sé con le dita affondate nella sua pelle. 
Aragorn continuò a muoversi in lui in un crescendo di piaceri che si sincronizzarono. 
Aveva un potere infinito, in sé. Era davvero ben lontano dall’essere un uomo normale, nonostante quella notte volesse esserlo e stesse facendo qualcosa di molto comune. 
Eomer venne bruciato e rigenerato ad ogni spinta più profonda e decisa e mentre i loro corpi si fondevano in uno solo, la purezza lo invase col piacere che culminava in un atto d’amore che non avrebbe mai dimenticato. 
L’unico ed il solo, l’ultimo. 
Felice per aver potuto consumare il suo amore almeno una volta, tenne a sé Aragorn anche quando si adagiò su di lui, sfinito per il proprio stesso orgasmo e per il completamento di una giornata stancante, ma infine bella.
Forse la più bella di tutte, per la vittoria di una battaglia durissima e non solo. 
Eomer si rese conto che Aragorn lo stava guardando dal lato, appoggiato sopra di lui, e l’avvolse carezzandogli i capelli ora asciutti e mossi, lungo le spalle. 
Mosse il capo baciandogli la fronte, iniziando lentamente a riprendersi. 
- Ti ringrazio, Aragorn. Non dimenticherò mai questa notte meravigliosa. Ora posso morire sereno e senza rimpianto. 
Aragorn si sciolse stendendosi accanto a lui, sollevando il braccio per agganciarlo a lui. 
- Che non sia l’ultima notte su questa Terra. - disse come una sorta di augurio e, forse, di piccola profezia. 
- Che non sia l’ultima insieme. - aggiunse Eomer sistemandosi su di lui e cercando qualcosa con cui coprirsi, mentre pensava che il suo amore per lui non si sarebbe mai estinto, qualunque cosa sarebbe successa. Avrebbe dato la vita per lui senza esitare, nonostante il suo nuovo ruolo di Re di Rohan. 
I mantelli li coprirono e la lampada venne chiusa, lasciando il buio ad avvolgerli con insperata dolcezza. 

Gli occhi azzurri di Eomer si aprirono alla luce del mattino che filtrava da fuori la tenda. Si stupì nel svegliarsi prima di Aragorn, ma appena lo guardò dormire, il suo volto si distese in un’espressione dolce, per nulla pentita.
Aveva vissuto un sogno che non aveva mai osato nemmeno fare e nonostante fosse un nuovo giorno, non se ne era pentito. 
Probabilmente sarebbe successo di tutto, ora. Sauron sarebbe tornato alla carica o loro per proteggersi avrebbero avanzato verso di lui, in ogni caso avrebbero combattuto ancora, ma non c’era più angoscia o tristezza né buio e oscurità. 
Carezzò il volto di Aragorn delicato per non svegliarlo, poi sfilò via vestendosi. 
Aveva dato fondo a tutte le sue energie per guarire tutti e poi l’aveva fatto anche con lui, si toccò la ferita sotto il braccio e vide che era rimarginata. 
Si allacciò la camicia e si prese il mantello, sistemando meglio quello di Aragorn su di lui. 
Non volle svegliarlo o dirgli nulla, lo lasciò in quei pochi minuti che mancavano prima che tutto il regno intorno a loro si destasse e tornasse alla vita, prima dei doveri di Re di entrambi. 
Luce e speranza, ora, albergavano nel suo animo curato dal suo sire, insieme ad una consapevolezza. 
Qualunque cosa fosse successa, niente sarebbe venuto prima di Aragorn e se era la morte, ciò che li avrebbe attesi, allora l’avrebbe affrontata a testa alta, accanto al suo Re. 

   
 
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