Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    25/02/2023    4 recensioni
1788, autunno. Oscar e André sono in viaggio per conto del generale e, dopo una notte agitata - soprattutto per lui - arrivano a Le Havre, dove si imbarcheranno per Londra. Ma, durante una sosta forzata in attesa dell' imbarco, arriva nella locanda dove alloggiano un uomo del padre e consegna ad Oscar una lettera. I due saranno costretti a tornare indietro e verrà loro affidato un incarico segreto, anzi, segretissimo.
Storiella di pochi capitoli, lontanamente ispirata alle storie gotiche ma, più che altro, alla figura (secentesca) di Madame Catherine Montvoisin (o Monvoisin)...meglio conosciuta come La Voisin: chiaroveggente, ostetrica,maga...ma , soprattutto, esperta nel creare veleni, per i quali si faceva profumatamente pagare.
Genere: Fantasy, Noir, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano le dieci di sera ed il Generale, appena rientrato da una riunione presso gli alloggi del proprio reggimento a Versailles, aveva da poco salutato la moglie la quale, dopo una frugale cena in compagnia di Nanny, si era ritirata adducendo un severo mal di testa.
Nel proprio studio, seduto alla scrivania, era intento a caricare la pipa; attendeva impaziente
 l’ arrivo di Oscar, che aveva preventivato più o meno in quell’ orario, salvo complicazioni e nell’attesa riprese in mano la lettera che un suo caro amico - il Barone Augusto Alfredo Luigi Amadeo di Branciforte -  gli aveva inviato cinque ore prima. Lesse e rilesse più volte le parole concitate e scritte di getto,  cercando una soluzione per tirarlo fuori da un evidente pasticcio che, purtroppo, aveva causato anche alcune vittime. Ma la situazione era più complicata di quanto sembrasse,  vi era in ballo il buon nome di famiglia, una moglie devota…inoltre, da non dimenticare, il Barone era – per via del nonno materno e non si sapeva esattamente come – imparentato nientedimeno che con la madre di Re, Maria Giuseppina di Sassonia.


Spero solo che Oscar arrivi presto pensò , fra sé, alzandosi per l’ ennesima volta dalla poltroncina in broccato color panna.
Ne aveva preventivato l’ arrivo entro il finire del giorno e, notò, la mezzanotte non era molto lontana; come altre volte, sicuro dei propri calcoli , fu accontentato. Infatti, mentre se ne stava nella stanza, il fuoco quasi spento,  passeggiando con le mani giunte dietro la schiena, finalmente una  anonima carrozza fece il suo ingresso nel cortile.

Il primo a scendere fu André il quale, con estrema cura, sistemò portiera e predellino; poi, fu la volta di Oscar. Entrambi, quasi avvertissero la presenza dell’ uomo, alzarono il viso all’ insegna della finestra dove trovarono  effettivamente il Generale a fissarli e capirono, allora che non dovevano perdere ulteriore tempo .Pagato il vetturino, entrarono in casa.

“Padre, buonasera” disse Oscar appena entrata nello studio.
 Non si era cambiata, indossava ancora la lunga giacca scura ed aveva il viso decisamente stanco.
“Buonasera, Oscar “ rispose il padre “ ti faccio portare  da mangiare o da bere? Necessiti di qualcosa in particolare?”
Lei, sorpresa per queste attenzioni, rispose che non aveva al momento fame e al contempo si sfilò i guanti di pelle chiara.
 Il padre la invitò ad accomodarsi, infine si guardò in giro.
“André dov’è?” domandò il capofamiglia.
“…è…è stato fermato da Nanny, credo sia in cucina a conferire con lei” rispose pronta e un tantino sorpresa. Lui afferrò una delle cordicelle appese alla tappezzeria dietro di sé e, di fatto, lo mandò a chiamare. Quando anche lui arrivò, sorpreso e con il fiato corto, finalmente il Conte padre si decise a parlare.

“Oscar, ti ho fatto rientrare perché mi serve il tuo aiuto. Non è una faccenda di Stato ma potrebbe diventarlo; la mia intenzione è risolvere il tutto senza che alcuna persona possa andarci di mezzo …più di quanto non sia già successo.”

André, in piedi di fianco ad Oscar, cercò gli occhi della donna che però erano intenti a fissare, pieni di domande, quelli del padre.
“Vi ascolto.” rispose lei.

Il Generale prese la lettera e, una volta aperta, la lesse a piena voce.

“Santo cielo, ma è terribile!” esclamò Oscar, sconvolta dalla parole che aveva da poco udito;
l’ uomo quindi  si alzò in piedi, iniziando a girovagare nervoso per la stanza,  costringendo i due a seguirlo con lo sguardo.

“…e non è tutto. Oltre alla morte di quella donna, oltre al veleno trovato accanto a loro, c’è da dire che è in pericolo  lo stesso Barone. E se dovesse succedergli qualcosa non solo perderei un amico fraterno, ma potrebbe venirsi a creare uno scandalo più grade di quanto si pensi; egli, infatti, è imparentato, seppure alla lontana, con il nostro Re…”

Andrè sgranò gli occhi.
Oscar fece lo stesso, alzandosi in piedi.

“Quali sono le vostre disposizioni?” domandò senza ulteriore indugio.

Il Generale de Jarjayes si piazzò davanti a loro.

“So di chiederti molto, figlio mio…ma dovresti – naturalmente in compagnia di André, per questo l’ho fatto chiamare – recarti innanzitutto a parlare con il Barone poi, in seguito alle sue indicazioni, tornare a Parigi e cercare di risolvere la situazione…” disse.

Oscar era stanca, ma cercò di tenere a mente quanto riferito dal padre.

“D’ accordo” rispose “ domattina mi recherò dal Barone insieme ad André ed inizieremo le nostre ricerche. Avete altro da dirmi?”

Il padre di Oscar tergiversò giusto un attimo, prima di tornare a sedersi.

“Fai ciò che credi, mi fido di te. E fai…fai attenzione” rispose, la voce greve.
Oscar annui, grata di quella dimostrazione d’ affetto, ed uscì, dunque, seguita da André. Una volta nel corridoio, decisero di comune accordo di recarsi nella cucina dove Nanny aveva lasciato pane caldo e formaggio come spuntino visto che la fame, ora, si faceva sentire.



“E’ spaventoso, Oscar, non credi?”
André versò del vino nel calice di Oscar. Seduti nella penombra, le loro voci erano a malapena un bisbiglio.
“Si, lo è. Non credo di aver mai sentito nulla del genere, nemmeno a Versailles….”
L’ altro addentò del formaggio, pensieroso.
“Dai, non esagerare, ora: si sa come la Corte di Versailles possa tramutarsi in un nido di vipere, se vuole” rispose.
“Certo, André ” rispose lei bevendo un goccio di Bordeaux dal bicchiere “ ma quello che forse non sai è che i nobili sono molto più attenti nei loro intrallazzi. Nessuno di loro lascerebbe mai una prova in bella vista, come ha fatto la persona che stiamo cercando…”
L’ uomo dovette convenire che Oscar, tanto per cambiare, aveva pienamente ragione. Annuì.
“Cosa ci aspetta?” domandò, quindi; lei rispose con un vago non lo so, André, questa volta davvero non lo so e, dopo aver bevuto l’ ultimo sorso di vino,  si congedò, esausta, per poi raggiungere i propri alloggi. André fece lo stesso.


Il mattino seguente, a colazione, Oscar parlò ancora un po' con il padre; aveva dormito pochissimo  e ombre scure le cerchiavano gli occhi. Non appena vide giungere André  con il carrellino delle vivande, notò che anche lui aveva un’ aria stanca.
“André, quando hai finito siediti. Devo aggiornarti su alcune cose ed il Generale  credo non avrà da obiettare “ disse.
In realtà il Generale una smorfia la fece ma fu solo un attimo; evidentemente, se la figlia si era azzardata a fare una simile richiesta, un buon motivo vi era di sicuro. André servì ai due la colazione poi accolse la richiesta di Oscar ma, per rispetto, prese una sedia accomodandosi a debita distanza dal tavolo. Lei, dopo aver scambiato ancora due parole con il Generale, attese giusto un attimo, infine parlò.

“Dunque, ho riflettuto molto sull’ accaduto e credo che la cosa migliore sia agire in incognito, naturalmente una volta incontrato il barone. Sentito ciò che ha da aggiungere potremo in qualche modo infiltrarci nei bassifondi e -“
“ E’ fuori discussione, Oscar. Troppo pericoloso…” la interruppe.
La donna ed il di lei padre lo fissarono, in attesa di una giustificazione a quelle parole. Lui chinò il capo in segna di scuse e continuò , comunque, a parlare.
“…Innanzitutto, non sappiamo  davvero da quale ambiente  l’ assassino (o assassina che sia) provenga. Secondariamente, trovo più ragionevole agire per piccoli passi, raccogliere quante più prove possibili e poi…solo allora si potrà  decidere se infiltrarsi o meno …” disse.
Oscar meditò sulle parole di André che, meno sanguigno di lei e del padre, aveva ponderato in maniera forse diversa le cose.
Le venne un’ idea.
“Potremo…potremo stabilirci nel piccolo palazzo dove risiedeva la vecchia zia Hildegarde” disse rivolta al Reyner Jarjayes “ in quel luogo saremo al sicuro e comodi, logisticamente parlando. Tu che dici, André?”
L’ altro annuì. “Se anche a Vostra Eccellenza sta bene, io la reputo una buona idea” rispose.

“Sia, allora” rispose quest’ ultimo dopo un lieve attimo di esitazione “manderò  Pierre e la moglie a sistemare la magione nell’ immediato, di modo che entro sera, quando sarete di ritorno dalla visita al Barone, sia tutto pronto. Ci aggiorneremo ogni due giorni, tramite Remy, siamo intesi?” disse.
André si alzò, Oscar fece lo stesso.
“Agli ordini” risposero, entrambi, all’ unisono.





****                                         ****                                         ****                                         ****


La tenuta del Barone di Branciforte si trovava piuttosto distante da Versailles.
Casino di campagna ereditato da un avo di origina napoletana, con il tempo era stato letteralmente stravolto, rimaneggiato,  ricostruito. Non era gigantesco e da fuori appariva fin troppo sobrio ma una volta all’ interno, decorazioni, arredi, sculture, quadri di chiara provenienza italiana lo rendevano a dir poco magnifico tant’è che, sia André che Oscar, si fermarono affascinati davanti allo scalone d’ onore per avere una decente vista d’ insieme, rimanendone affascinati.
“…Santo Cielo, ma è magnifico!” esclamò più di una volta lei,  riconoscendo la mano di alcuni artisti dei quali aveva spesso sentito parlare “ …guarda, André, guardà quell’ opera….”

“Vi piace? E’ un regalo da parte di mio fratello, che ebbe l’ onore di ospitare l’ artista in uno dei suoi brevi soggiorni…”

Oscar e André alzarono il capo; sul pianerottolo che divideva la scalinata in altre due piccole rampe,  li attendeva quello che doveva essre il Barone.

“Buongiorno, Barone, al vostro servizio. Sono –“

Lui, uomo dall’ apparenza gioviale, sorrise.

“Mia cara, ti conosco fin da quando tuo padre ti presentò a me avvolta da preziosi merletti delle fiandre, in occasione del tuo battesimo. Ed il giovanotto al tuo fianco deve essere Monsieur Grandier,  il tuo attendente; bene signori, vi do il benvenuto in questa casa e vi prego di seguirmi. Meglio parlare senza orecchie indiscrete …”

Oscar non si dilungò né fece apparire di essere sorpresa per i toni ed i modi del nobiluomo. Insieme ad André , seguì l’ uomo lungo una selva di corridoi che, al contrario dell’ atrio risultavano stranamente spogli,  finché non raggiunsero quella che doveva essere una biblioteca. Entrarono , dunque, nella grande stanza dove uno dei maggiordomi aveva appena fatto accendere il fuoco e portare del cibo ma soprattutto del vino (di prima mattina? si domandò André) e si sistemarono: Oscar in poltrona, Andrè in piedi, accanto al camino. Il Barone sedette accanto alla giovane di casa Jarjayes.

“Perdonate se vi accolgo qui, ma questo luogo è divenuto, oramai, il mio rifugio. Qui non mi disturba nessuno; mia moglie…la mia Annette è al momento lontana, le ho consigliato io di andarsene, fino a quando  le cose non si faranno chiare…”
Oscar, seria, annuì.
“Credo sia la soluzione migliore, Monsieur…” rispose.
L’ uomo, che improvvisamente  lei ricordò di avere visto a Corte alcune volte, iniziò a mangiare la ricca colazione. Oscar e André presero semplicemente del caffè.

“ …arriverò diretto al punto: ho  chiesto aiuto a tuo padre perché conosco il tuo operato, so che sei una persona schiva e razionale, acuta e sensibile. Mademoiselle Oscar…ora ti racconterò quanto accaduto;  ho la massima fiducia in voi…in te e nel tuo attendente.” disse.
Lei, chiaramente infastidita da quel tono confidenziale, fece finta di nulla e rimase in silenzio; qualche istante dopo anche André fu invitato a sedersi e, una volta che tutti ebbero preso posto, il Barone si alzò dalla sedia, si schiarì la voce ed iniziò a parlare.

“Tempo fa, a Parigi, conobbi una ragazza. Avrà avuto si e non sedici anni,  suo padre è un uomo borghese con il quale spesso faccio affari, una brava persona, un realista, onesto e schietto.
Astrid, questo è…era il nome della giovane donna, non fu una semplice avventura; presto diventammo più che amanti tanto che lei, ad un certo punto, mi chiese di lasciare mia moglie.
Ora, credo possiate capirmi: per quanto la amassi, non potevo di certo lasciare Annette,  verso la quale ho comunque un affetto ed una stima sinceri e profondi dettato dal tempo. Inoltre non dimentichiamo la mia posizione…che  non me lo permetterebbe, in quanto ne uscirebbe uno scandalo di dimensioni inaudite…”

Oscar annuì cercando di raccogliere tutte le informazioni possibili.
 André, appoggiato allo schienale della sedia, teneva lo sguardo fisso sull’ uomo.

Il Barone rimase in silenzio, forse riflettendo sulle proprie azioni e parole, infine riprese il racconto.
“Astrid perse la testa e minacciò di divulgare il tutto; io, allora, per quieto vivere, provai a rabbonirla con qualche promessa e…e questo sembrò funzionare. Tuttavia” e qui prese un grosso respiro “ ecco…tuttavia, lei ben presto sparì dalla circolazione, dall’ oggi al domani. Dopo averla cercata per parecchio tempo, la trovai che lavorava nel  bordello di Madame Manon. Immaginate la sorpresa, il dolore…io a quella ragazza volevo…voglio davvero bene.  “

André sollevò lo sguardo , girò il capo, guardando fuori dalla finestra.

“…Astrid , dopo una mia pressante insistenza,  mi raccontò che non potendo vivere senza di me, aveva iniziato a concedersi a tutti; il padre ovviamente si era trovato costretto a cacciarla di casa per mantenere il buon nome della famiglia  e lei …alla fine si era ritrovata in quel posto, dove almeno aveva un tetto e pasti caldi. Io non mi persi d’ animo e  affrontai il tutto, provai a tirarla fuori da quell’ ambiente; comprai una piccola casa e preparai una piccola rendita per lei, che alla fine accettò…invece…” e qui si bloccò, coprendosi il viso “ ….invece è morta! L’ hanno uccisa!” esclamò.

Queste parole riportarono l’ attenzione di André sul Barone; Oscar invece si alzò in piedi, raggiungendo l’ anziano uomo.

“Uccisa? Ne siete sicuro?” domandò.  Fredda, attenta, non si era lasciata scappare il minimo particolare.

L’ uomo mandò a chiamare un inserviente che arrivò nel giro di poco tempo portando con sé una scatolina di legno,  appoggiata con cura  su di un vassoio. Il barone afferrò e prese dalla suddetta scatola una piccola fiala, tenendola tra pollice ed indice, mostrandola ai presenti.

“Ne sono certo: accanto a lei hanno trovato questa: è veleno. L’ ho fatta esaminare  dal mio medico personale, il quale mi ha confermato il tutto. Potrebbe trattarsi di una mistura conosciuta come acqua tofana, un veleno inodore, insapore, chiaro come acqua, appunto…” rispose.

André trasalì ed Oscar notò il cambiamento di espressione sul suo viso.
Lui se ne accorse, dunque volendo evitare qualsiasi equivoco si intromise nel discorso.

“Ne ho sentito parlare,  nemmeno molto tempo fa, all’ interno di Palazzo, Oscar…” rispose. Lei si fece seria in viso, quindi si avvicinò all’ amico.

“E da chi?” domandò

“…ho ascoltato le chiacchiere di due lavandaie, mentre ero intento a verificare i registri.
  Una di loro disse, in modo scherzoso, che se il fidanzato l’avesse ancora tradita, probabilmente si sarebbe rivolta a qualcuno in grado di prepararle questo intruglio. Il nome mi è rimasto impresso, anche se al momento non ho compreso davvero cosa fosse…. credevo infatti si riferisse ad un qualche filtro magico confezionato ad arte da qualche tsigane di passaggio…”

I due si guardarono a lungo, poi Oscar si rivolse al Barone.

“Arriviamo al dunque, se permettete. Voi avete qualche idea in proposito?” domandò.
L’ uomo, il viso stanco, tirato, tornò verso il tavolino dove , preso il vino, se ne versò un abbondante bicchiere che tracannò d’ un colpo.
“No.  Anche perché ciò che è successo non ha senso: Astrid è…fu il mio unico sbaglio, se possiamo chiamarlo così; con nessun’ altra ho mai intrattenuto simili rapporti né provato qualcosa di simile. Mia moglie, da una parte…e lei, dall’ altra. Chi mai avrebbe potuto volere la sua morte? Annette? Non credo:lei è una donna intelligente, pratica; sa come funziona il mondo e non si è mai lamentata di questo in tanti anni di matrimonio. Probabilmente ha le proprie consolazioni qui e la, come darle torto?” rispose.
Già, ma chi ci dice che nonostante tutto una tale tresca non le abbia dato fastidio? pensò Oscar; tuttavia, non disse nulla anzi, pensò bene di concludere quella chiacchierata li. Non sarebbe del resto stata l’ultima.

“D’ accordo, Barone. Voi ci avete raccontato tutto con estrema franchezza, ora tocca a noi vederci chiaro. Vi faremo sapere quanto prima. ” disse; l’ uomo annuì.

“Vi ricordo la massima discrezione, Mademoiselle” sottolineò ancora una volta.
Oscar, seguita da Andrè, si recò verso la porta.
“Non dovete preoccuparvi, Monsieur.”  concluse; dopo di ché,  i due uscirono dalla porta, diretti a Parigi.



****                              ****                                         ****                                                                 ****



Il bosco che sorgeva ai lati della strada principale usata quel pomeriggio da André ed Oscar per andare a Parigi si stava tingendo dei colori dell’ autunno.
Alberi, arbusti, tutto quanto si preparava all’ inverno; alcuni avevano perso le foglie mentre gli altri, gli altri iniziavano ad assumere colori che andavano dall’ ocra al rossastro. André, una mano poggiata sulla coscia e l’ altra a sorreggere il viso, era intento a osservare il panorama, apparentemente senza alcun pensiero per la testa; Oscar, seduta al suo fianco, invece aveva lo sguardo fisso davanti a sé.

“Hai visto che bei colori ha il bosco?” le domandò lui, d’ un tratto, come fossero usciti a fare una passeggiata. Oscar distolse lo sguardo dal soffitto della vettura e lo diresse fuori, oltre i capelli di André.

“Si, sono bellissimi….” disse. Poi, dopo un attimo di silenzio:
“Che c’è, André? Sei silenzioso…più del solito. A questo punto del viaggio avresti dovuto già travolgermi di domande, ipotesi…”

Lui si voltò, Oscar notò che il volto era stanco.
Tuttavia, lui le rivolse uno dei suoi magnifici sorrisi.

“Sono solo un po' stanco. Forse non è tutta colpa del vino…forse mi sto ammalando” disse.
Oscar lo osservò , effettivamente non era il solito André. Con la mano gli tastò la fronte.
“Non sembra, sei fresco” disse.
Lui sorride e tornò a guardare oltre il finestrino.
Lei, in cuor suo, sperò invece che il suo André non avesse nulla di grave. Era certa che qualcosa non andava…e, nel momento stesso in cui realizzò tale pensiero,  lo stomaco si torse, come accadeva quando aveva quale presentimento. Il viaggio in ogni caso continuò più o meno allo stesso modo – due parole, messe qui e là – per circa due ore; una volta arrivati in città, dunque, chiesero al vetturino di lasciarli poco distanti dall’ abitazione. Avevano poche cose con loro, giusto l’ indispensabile per una settimana o giù di li ed una breve camminata non avrebbe fatto male a nessuno.
 Non appena entrarono nel modesto palazzo furono accolti dalla servitù, che si era prodigata in tutto e per tutto: trovarono nelle rispettive stanze una tinozza calda ad aspettarli, caldi camini accesi e, in cucina, una cena che di li a due ore sarebbe stata servita.
Senza dirsi più di tanto, i due salirono le scale e si salutarono. Si sarebbero rivisti per la cena e poi avrebbero deciso il da farsi.

Alle 18.30, la cena fu servita in tavola.

Arrosto, pasticcio di patate e verdure, uova di quaglia, del brodo e poi formaggi, prosciutto. Più che una cena, pareva un banchetto.

“Aspettiamo qualcuno, Oscar?” domandò André non appena vide quel ben di Dio.
Lei sgranò gli occhi, non appena si rese conto di quanto vi era in tavola.

“No, solo mio padre ed il barone sa che ci troviamo qui…” rispose.
“Beh, allora…approfittiamone!” disse lui.  André, sempre galante, le spostò la sedia e la fece accomodare per poi prendere posto a tavola. Una delle cameriere, Brigitta, una alsaziana sui
vent’ anni, versò  quindi loro dell’ acqua prima che la governante passasse a servire le pietanze. Quando lo fece, Oscan non mancò di notare l’ occhiataccia che la donna rivolse ad André, forse offesa dal fatto che un suo pari potesse sedere allo stesso tavolo del Signore….
André non volle farci caso, Oscar arrivò alla donna una occhiata piuttosto chiara. Poi, finalmente, diedero il via al banchetto.

“Dimmi un po', André, te ne sei stato zitto tutto il tempo sia dal barone che durante il viaggio. Ti sei fatto forse qualche idea?” gli domandò Oscar affettando il morbido arrosto dal profumo invitante.
Lui, che era non aveva ancora iniziato a servirsi – visto che il trattamente rivolto ad Oscar non era stato previsto per lui -  negò.

“Sinceramente, è una faccenda talmente strana che mi pare perfino ovvia” rispose.
“Cosa intendi, di preciso?” domandò allora Oscar.
André affettò la carne e si portò una grossa porzione di cibo alle labbra; masticò con cura e, quando ebbe finito,  rispose.
“Potrebbe essere stata la moglie, o forse anche lui: ha avvelenato la ragazza e poi costruito tutto questo ehm…teatrino…”Oscar afferrò il tovagliolo e lo poggiò appena alle labbra, con eleganza, prima di adagiarlo di sulle proprie cosce.
“ Tutto questo l’ ho pensato anche io, ma perché scomodare mio padre e…noi? Il Barone non è un uomo stupido, è molto potente, basterebbe un suo schiocco di dita per risolvere la cosa e metterla a tacere definitivamente…c’è dell’ altro, André, ne sono certa…ho…”

“…un presentimento?”

Lui finì la frase della donna, lei annuì.

“Bene, allora...non farò che seguirti ed eseguire ogni tuo ordine….” Disse lui.
Oscar finì la sua portata, prese alcune uova di quaglia e il contorno di patate stufate. André di fermò al primo.

“…Non hai fame?”

Lui sorrise.

“Non molta. Ma non mi cruccio, visto le precedenti nottate…” rispose.

Oscar lo osservò, notò che il viso dell’ uomo era ancora più pallido del solito….tuttavia, date le sue rassicurazioni, non domandò altro.

“Senti, più tardi, intorno alle 22, pensavo di fare un piccolo giro di perlustrazione. Vorrei capire dove sta questo…bordello, osservare magari un po' persone…”
L’ uomo annuì.
“Lo farò io: tu, nel mentre, potresti raccogliere informazioni sul mercante, il padre della donna e amico del Barone. Che cosa ne pensi? “ disse. Era chiaro, voleva toglierla dall’ imbarazzo, pensò lei; quindi donna posò le forchetta e coltello sul piatto, come si conviene, segnale che i domestici potevano liberare il tavolo.
“Dico che dopo il caffè, se vuoi, possiamo anche prepararci e metterci al lavoro” rispose.
“Va bene” fu la risposta di André; quindi, bevuto del caffè caldo e speziato, i  due si rintanarono in uno dei salottini privati che anche li non mancavano, dove rifletterono ancora sulle mosse da compiere.  Quando suonarono le ventuno iniziarono a prepararsi; di li a poco sarebbero usciti. André notò che la donna era tesa.
“Vuoi che vada io? Ti vedo…tesa” disse  mentre si infilava la giacca.
Lei minimizzò.
“E’ solo stanchezza” disse.

In realtà, l’ idea di lasciarlo solo, in un luogo di tentazione e malaffare,  a gestire la faccenda…la rendeva molto, ma molto inquieta. 



****                                         ****                                         ****                                                     ****



Arrivati sotto le finestre della casa d’ appuntamenti che, dopo alcune birre era stato indicata e consigliata loro  vivamente dagli avventori dell’ ultima locanda che avevano visitato, André era pronto per scendere e fare la sua parte. Oscar sarebbe rimasta in carrozza ad attenderlo e una volta tornati a casa avrebbero parlato.

“…Quindi…è la tua ultima parola? Sei sicura? A questo punto non è meglio che tu rientri?” gli aveva chiesto una ultima volta l’ uomo prima di scendere. Lei aveva negato.
“André, rimarrò qui. Non voglio tornare a casa e li dentro…non ti sarei di alcun aiuto…tanto…non credo di metterai molto, sbaglio?” rispose.

Lui sorrise, quasi a rassicurarla.
“No,non credo; in ogni caso, va bene, fa come vuoi. Io …Io vado, allora…” rispose.
Oscar annuì.
Andrè  scese e con  disinvoltura, quasi indossasse la maschera di un personaggio da operetta, si avviò  per le scale che portavano al bordello; arrivato davanti ad una porta bordata da un panno di velluto scuro, bussò e attese finché un uomo corpulento non arrivò ad aprire , facendolo entrare. Non appena la porta si aprì un  intenso ma delicato profumo giunse alle sue narici.
“Benvenuto Monsieur, fate come foste a casa vostra, accomodatevi: desiderate forse  qualcosa da bere? “domandò una donna, forse l’unica vestita in quella sala. Lui , che non aveva fatto più di dieci passi in totale, si trovò presto circondato da uno stuolo di ragazze seminude, silenziose e sensuali: chi gli accarezzava i capelli, chi le braccia…
“Sssi…grazie” rispose, lui, quasi spiazzato.
Le ragazze lo condussero presso  alcuni divanetti poco distanti e , dopo alcuni minuti, una vecchina dismessa, vestita di chiaro e con l’aria stanca , arrivò con un vassoio sul quale vi era un bicchiere di cognac per poi sparire così come era apparsa.
André si servì , il bicchiere in mano, si guardò in giro mentre altre due, tre ragazze gli si erano fatte particolarmente accanto, mostrando la mercanzia coperta da sottili veli trasparenti…

“Dimmi, chi cerchi per farti compagnia? Vuoi me… la mia amica Babette o Luise? Siamo brave, sai? Ci loda tutta Versailles! ”  pronunciò la giovane dai capelli chiari come quelli di Oscar, raccolti in una elaborata acconciatura. André cercò di restare al gioco, sorrise, dispensò carezze a quelle cosce sode e scoperte, poi prese  un sorso del cognac.

“Veramente…cercavo una persona in particolare: Astrid. Me ne hanno parlato un gran bene…Non che voi siate una compagnia spiacevole, anzi” rispose , calato nel ruolo, modulando la voce cosicché risultasse suadente al punto giusto. La ragazza  bionda alla sua sinistra cambiò espressione per un attimo.
“Mi dispiace, Astrid non lavora più qui…” rispose, recuperando il colore improvvisamente perso  e dandosi da fare strusciandosi addosso a lui  “ …non la troverai, Monsieur. E’ morta….”
André fece finta di esserne colpito, quasi quella Astrid fosse stata una sua parente, ma continuò a lasciarsi sollazzare.
“Caspita, mi dispiace, sono arrivato tardi… “ disse. L’ altra lo zittì posandogli il piccolo e magro indice sulle labbra.
“Allora… hai deciso chi vuoi?”  lo incalzò la ragazza. Erano forse passati venti minuti da quando se ne stavano seduti li.
Lui la afferrò, avvicinandosi con le labbra all’ orecchio di lei.
“Tu!” disse, suggendole voluttuosamente il lobo libero da gingilli. La ragazza, che disse di chiamarsi Narcisse, gli prese la mano e lo portò in camera senza indugiare oltre e, senza tanti complimenti , una volta richiusa la porta lo getò sul letto, iniziando a spogliarlo: solo allora, André, la fermò e le prese il viso tra le mani.

“Assomigli ad una persona, sai? “ disse avvicinandosi pericolosamente e sempre più le proprie labbra a quella della ragazza “ora, però, ti dico una cosa: non sono qui per divertirmi,  ma per avere delle informazioni. Se me le darai, pagherò la tua prestazione il doppio. Ma non cercare di fregarmi…altrimenti, addio soldi” disse.

Narcisse sembrò quasi fregarsene di quelle parole e provò ad infilare la propria ed esperta mano nei pantaloni dell’uomo. Lui la fermò; si alzò in piedi, afferrò la camicia che giaceva sul letto e si rivestì.
Una volta pronto, si sedette sul piccolo sgabello di una toeletta.

“Niente scherzi, mio piccolo fiore. Se non vuoi parlare, uscirò di qui e pagherò il dovuto, ma a te non entrerà in tasca nulla, come al solito…. Fai due conti e dimmi…e non farmi aspettare.”

Narcisse capì l’ antifona.

“Cosa vuoi sapere?” domandò.

Andrè sorrise e , visto che lei se ne stava in piedi, la fece accomodare sulle proprie ginocchia.

“Ora, per cortesia, raccontami cosa davvero è accaduto ad Astrid. E non dimenticarti nulla.” chiese.
Lei domandò ad André di poter vedere il denaro, lui prese un sacchetto di velluto e lo posò sul tavolino, tra cipria e belletti.

“Quindi?”  domandò lui.

“…e va bene, va bene. Ma non farne parola o Madame Manon non mi farà più lavorare” rispose; e, infilata la vestaglia, si sedette sul letto, cominciando a raccontare tutto ciò che sapeva.
Alla fine di quella serata, intorno alle due di notte, André riuscì finalmente a scendere in strada. La vettura era ancora li ad attenderlo, come previsto, quindi si avviò di gran lena per raggiungerla. Tuttavia, non fece in tempo: tremendi crampi allo stomaco lo presero e, senza nemmeno accorgersene, si trovò disteso sul selciato, in posizione fetale e le braccia strette sullo stomaco, in predi ad un dolore così forte che per un attimo pensò anche di morire.
Oscar , che si era appisolata, non appena scese dalla carrozza per poco non si sentì male; mantenendo il sangue freddo, lo raggiunse.

“André, André! Che succede?” gli domandò, la voce rotta.
Lui cercò di articolare alcune parole, ma la bocca si riempi di una sostanza calda e vischiosa. Sangue.
“Porta…chiama… un medico…un medico, Oscar” furono le sue parole. Poi, perse i sensi.

Quando si risvegliò, l’ indomani , si trovò disteso su di un letto con tre paia di occhi addosso: Oscar, Lassone ed un uomo che non riuscì a riconoscere. 
   
 
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