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Autore: VaniaMajor    27/02/2023    1 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 34
IL SACRIFICIO

 
Nel momento in cui Anna si privò di Junan per affidarla a Sesshomaru, l'intera En ne subì l'effetto. Un tremito spirituale, come il presentimento di un orribile pericolo, passò attraverso gli animi dei suoi abitanti. La maggior parte dei ningen avvertì poco più di un brivido e alzò gli occhi al cielo come se si aspettasse di vedere nubi tempestose. Gli yokai, o quantomeno i meno potenti tra loro, sentirono una tensione attraversare i loro corpi, come se tutti i loro istinti li spingessero a nascondersi o attaccare sotto un pericolo imminente. Le anime più elevate, come quelle dei monaci e delle miko, e gli yokai più potenti, avvertirono invece l'approssimarsi di un momento decisivo per i destini di En. Era come se il futuro stesso della Stella incombesse sul Paese, pronto a frantumarsi.
«Cosa sta succedendo? - chiese Sango, sfiorando con la mano la cinghia di Hiraikotsu – Ho la pelle d'oca e...e un'orribile paura.»
«Non te lo so dire con certezza, ma sta per succedere qualcosa alla Stella di En. È in pericolo come non mai. - rispose Miroku, che si era fatto terribilmente pallido – Per un attimo, mi si è quasi fermato il cuore in petto dal terrore.»
Erano scesi dalla groppa di Kirara, che aveva fermato il suo volo perché troppo turbata per proseguire. Si era perfino trasformata in un gattino e adesso era adesa alla caviglia di Sango, cercando conforto. Erano partiti dal villaggio non appena Sango era stata abbastanza in forze da viaggiare. Era consapevole di non poter far altro per il fratellino e aveva detto chiaramente a Miroku che non lo avrebbe mai lasciato solo nel viaggio verso le montagne sacre. Il monaco era stato felice di averla con sé ed entrambi si erano comportati in quei giorni in modo amichevole ma professionale, come se volessero mantenere una certa distanza. Miroku ne aveva riso dentro se stesso con una buona dose di ironia: forse Sango era più sollevata, ma lui sentiva il peso di quella finzione. Non vedeva l'ora di contribuire all’unità della Stella di En. Se fosse sopravvissuto a quella maledetta storia, avrebbe buttato alle ortiche il suo sorriso serafico e le maniere da gentiluomo e le avrebbe chiesto di diventare sua.
«Potrebbe significare che Kagome e Inuyasha sono in pericolo?» chiese ancora Sango.
«Forse, oppure si tratta di Sesshomaru e Anna. – mormorò Miroku, poi torse la bocca in una smorfia – O, peggio ancora, Naraku è a Sorayama e ha unito la Stella di Gake.»
«Credo che ne avremmo visto gli effetti, ma non è un’ipotesi da sottovalutare. Cosa facciamo?»
«Possiamo solo arrivare a Sorayama il prima possibile e sperare di poter essere utili, Sango. Non abbiamo altra scelta.»
Sango annuì, poi si chinò per accarezzare Kirara e chiederle un ulteriore sforzo. Il neko-yokai si trasformò subito, pur se ancora scosso da un certo turbamento. Mentre risalivano in groppa, Sango mormorò: «Miroku, promettimi che non userai la maledizione sulla tua mano.»
«Sai che non posso promettertelo, Sango. – sospirò Miroku, poi si concesse di stringerle la vita con dolcezza e posare per un attimo la fronte contro la testa di lei – Farò quel che posso, ma in presenza della Stella di Gake potremmo avere qualche speranza solo grazie al Foro del Vento. Non verrò meno al mio dovere per timore di ciò che potrebbe accadermi.»
Sango strinse le labbra in una linea quasi invisibile e Miroku avvertì la tensione del suo corpo, come se il respiro le fosse diventato complicato, ma la Cacciatrice non replicò, limitandosi a dire a Kirara che poteva partire. Miroku lasciò cadere l’argomento. Era troppo rischioso, da qualunque parte lo si volesse guardare.
In quello stesso momento, anche Inuyasha e Kagome stavano avendo seria difficoltà nel gestire la sensazione di disastro incombente che si era impadronita di loro. Kagome faticava a stare dritta dal tremito che la scuoteva e Inuyasha la teneva con un braccio contro di sé, mentre l’altra mano gestiva le redini. Erano entrambi pallidi e la gravità del momento aveva cancellato qualsiasi futile imbarazzo tra loro. Avevano bisogno del vicendevole supporto.
«È successo qualcosa a uno di loro.» disse Kagome, con voce rauca. Aveva paura di mettere in parole quello che sentiva, perché temeva di capire il vero motivo di quella bruttissima sensazione.
«Non ancora. Non proprio. – disse Inuyasha, non meno teso di lei – Non conosco questa sensazione. La Stella di En è in pericolo, questo è chiaro, ma se…se uno dei Portatori fosse morto portando via con sé la propria Hoshisaki, avremmo sicuramente avvertito lo strappo. No, è come se l’intera stella fosse in pericolo.»
«Allora forse Naraku è già a Sorayama.» mormorò Kagome, alzando su di lui occhi scuri e angosciati. Inuyasha strinse le labbra in una linea sottile. Aveva pensato la stessa cosa, ma non aveva osato dirlo. Se la Stella di Gake era risorta nella sua interezza, significava che erano in un bel guaio. Sperò che Miroku non fosse arrivato in tempo a Sorayama: il peso della sua vita sulla coscienza lo avrebbe tormentato.
«Eppure…»
La parola piena di dubbio di Kagome lo riportò alla realtà. Guardò la giovane, chiedendosi su cosa stesse riflettendo. In quel momento gli sembrò terribilmente simile a Kikyo, com’era nei primi tempi della loro conoscenza. Il suo spirito era tutt’uno con Shinsetsu e l’Hoshisaki le dava una capacità di comprensione fuori dalla norma.
«Eppure, la rinascita della Stella di Gake non ci avrebbe dato un segno più deciso? Immagino che ci avrebbe inferto un colpo molto più profondo e dannoso. – mormorò, corrugando la fronte – Inoltre, non riesco a credere che Naraku non abbia voluto assistere alla trappola che aveva preparato per Sesshomaru. La sua forza sta tutta nell’orribile malizia che lo muove, nella sua fame di sofferenza altrui.»
«Già, ma se Naraku è ancora da queste parti significa che il pericolo è un altro.» disse Inuyasha, con una smorfia. Le parole di Kagome erano logiche, ma lo mandavano ancora di più in confusione. Se non si trattava della Stella di Gake e non avevano perso frammenti della Stella di En, allora cosa diavolo era quella sensazione che tutto stesse per andare a rotoli?!
In quel momento, giunse loro l'eco lontana di un rombo, come se un tuono avesse fatto sentire la sua voce, ed entrambi ebbero l'impressione fugace di una forte luce alla loro destra, oltre la linea frastagliata dell'orizzonte roccioso, ma quando si voltarono non videro nulla.
«Cos'era? Sembrava un'esplosione!» chiese Kagome, angosciata.
«Non ne ho idea, ma sarà meglio dirigerci da quella parte. Non vorrei...»
Smise di parlare, attonito, quando i suoi occhi notarono una figura bianca in lontananza, non lontano da una zona delle montagne da cui provenivano le nebbie vorticose di sorgenti calde. Proprio queste ultime, spostate dal vento come tende lattiginose che si aprivano e chiudevano, gli avevano impedito fino a quel momento di notare il viandante. La persona stava ritta su uno sperone roccioso, col corpo volto verso le sorgenti calde, ma era immobile e sembrava che stesse guardando alle proprie spalle, in direzione della presunta esplosione che loro stessi avevano appena udito.
«Sesshomaru?!» sbottò Inuyasha nel riconoscerlo e Kagome sobbalzò al suo fianco per lo spavento. Si accorse di aver quasi urlato e le rivolse un'occhiata di scuse, prima di sciogliere a malincuore la stretta e indicarle il punto dove guardare, anche se la nebbia stava di nuovo rendendo confusa la visuale.
«Lo vedo, ma...è solo?!» disse Kagome, sporgendosi un po' troppo dal bordo del carro per vedere meglio.
«Non credo. - mentì Inuyasha, che aveva notato la mancanza di Anna ma non voleva farla preoccupare prima del tempo – Raggiungiamolo in fretta!» Diede un colpo di redini per chiedere un ultimo sforzo ai due draghi, pregando in cuor suo di non aver tratto le conclusioni corrette da ciò che aveva visto. Se davvero Sesshomaru aveva lasciato indietro la sorella di Kagome…beh, era finita. Ogni fiducia o speranza di mantenere in armonia la Stella di En si sarebbe infranta, dando spiegazione a quel senso di disastro che incombeva sulle loro teste e nei loro cuori.
***
«Non lo insegui?» chiese Kagura, attonita.
Il neko-yokai era comparso dal nulla, come emerso dalle profondità della montagna, e in fondo doveva essere proprio così. Per trarsi fuori dalla portata di Soichiro, quella donna doveva aver portato Sesshomaru in un anfratto troppo stretto per il moko-yokai. Kagura aveva continuato a scrutare Naraku di sottecchi, aspettandosi che intervenisse mentre Soichiro balzava a destra e a sinistra, ruggiva e alitava il suo fuoco in ogni buco, ma l’hanyo sembrava impassibile, come se anche quel contrattempo facesse parte dello spettacolo. Non aveva fatto altro che lasciarsi scappare un sorrisetto quando i due felini dal pelo dorato avevano iniziato a darsele di santa ragione, fuoco contro energia, forza bruta contro agilità, e ancora Kagura era riuscita a mantenersi in silenzio, ma quando aveva avvertito affievolirsi la presenza di Sesshomaru e si era resa conto che l’Imperatore di En se ne stava andando da solo verso la Fonte dei Desideri, non era più riuscita a tenere chiusa la bocca.
Era attonita e, per una volta, non sapeva cosa pensare di Sesshomaru, che stava dimostrando un disinteresse per i suoi alleati pari a quello di Naraku. Lasciare la bionda a combattere contro Soichiro significava condannarla a morte, perché non c’era modo per lei di sconfiggere uno yokai tanto antico e potente.
«Certo. Perché dovrei rovinarmi uno spettacolo a cui ho tanto atteso di poter assistere?» mormorò Naraku, sempre intento a godersi lo scontro tra i due felini. In quel momento, Anna stava sferrando unghiate al ventre di Soichiro, ma i suoi artigli erano poca cosa contro la pelle dura del vecchio Imperatore di Gake. Quest’ultimo le afferrò la schiena tra le fauci, facendola miagolare di dolore, ma Soichiro dovette lasciarla andare velocemente perché sembrava che lei avesse trasformato il suo intero corpo in uno strumento per assorbire energia.
«Non capisco. – insistette Kagura, che però aveva la bocca arida – Sesshomaru è stato ferito gravemente. Credevo volessi vederlo morto, invece non ne stai approfittando...»
«Perché vederlo morto così alla svelta quando ha ancora così tanto da soffrire? – disse Naraku e il suo sorrisetto si fece contorto e crudele – Kagura, sei impulsiva e come tutte le creature impulsive a volte non vedi nemmeno ciò che sta davanti al tuo naso. Guarda la fiamma sulla fronte della ragazza.»
«È nera. – notò Kagura, poco interessata, poi non poté fare a meno di strabuzzare gli occhi – L’Hoshisaki…»
«Non c’è più, già. Junan è in mano a Sesshomaru.» Naraku ridacchiò nel riconoscere lo shock di Kagura a quella notizia, così forte che nemmeno Mukanshin fu in grado di nasconderglielo. «Proprio così, Kagura. L’ha lasciata indietro. Per meglio dire, se posso azzardare un’ipotesi, lei stessa ha sacrificato la propria sanità mentale e la vita per farlo fuggire verso la Fonte dei Desideri insieme alle Hoshisaki della Stella di En.»
«E tu lo stai lasciando scappare.» disse Kagura, attonita.
«Non può più scappare. Non capisci? Accettando quella Hoshisaki si è condannato. – rise Naraku, gelandole il sangue – La ragazza morirà e questo corromperà Junan. L’egoismo di Sesshomaru finirà di guastare anche Chinoo e nessun desiderio al mondo gli potrà più aprire la strada per l’uso di Awaremi. La Stella di En non potrà più essere unita e nemmeno quello stolto di Inuyasha o la rediviva Kikyo potranno porre rimedio. Il senso di colpa lo schiaccerà. Ho già vinto, Kagura. Non appena la ragazza morirà, riprenderò le Hoshisaki da Soichiro, riassorbirò Soichiro stesso e io e te andremo a riunire la Stella di Gake. Dopodiché, mi godrò il loro dolore, prima di cancellarli dalla faccia di questo mondo. Come vedi, ho tutto il tempo di godermi lo spettacolo.»
Kagura lo fissò, senza fiato, rendendosi conto che ormai il destino di En era segnato. C’era qualcosa che lei potesse fare? No, non più…Sesshomaru si era condannato con le sue stesse mani. Anche lei era condannata, lo sapeva. Forse Naraku avrebbe atteso di riunire la Stella di Gake, prima di riassorbirla, ma non oltre. La fine era vicina. Tornò a fissare la battaglia, anche se i suoi occhi vedevano ben poco dello scontro impari. Arrivò a sperare che la ragazza prevalesse, al di là della rivalità tra loro, anche solo per cancellare quel sorrisetto dal volto di Naraku.
Invece, alla fine, accadde l’inevitabile. Soichiro riuscì a rallentare Anna durante uno dei suoi veloci balzi colpendola in pieno col suo fuoco, poi approfittò del momento per affibbiarle una zampata che la scaraventò contro la roccia e quindi a terra, in una frana di sassi. Soichiro le balzò sopra, nascondendola alla loro vista col suo corpo e affondò le fauci, mordendo più volte per fermarsi, infine, accovacciato sulla sua preda vinta.
«È finita.» mormorò Kagura, e non si riferiva tanto ad Anna quanto a tutto ciò che la sua morte implicava.
«È stata poco interessante in sé, ma ve bene così. Vieni.» le ordinò Naraku, di nuovo duro e sbrigativo. Volarono nei pressi della battaglia, ma quand’erano ancora a una certa distanza Naraku stese una mano e la fermò. Il suo volto si era fatto rigido, gli occhi rossi si erano socchiusi in un’espressione di sospetto. Kagura non osò fare domande e si costrinse a cogliere ciò stava agendo sull’umore dell’hanyo. Inizialmente non vide nient’altro che il grosso corpo della tigre, accucciato su quello della neko-yokai fino a farlo sparire, coda a parte. Per un attimo pensò che Soichiro fosse intento a divorarla e si fece quasi scappare una smorfia di disgusto, poi si accorse del tremito che scuoteva a ondate il corpo del moko-yokai, del modo in cui le sue membra sembravano pesanti, abbandonate.
«Cosa gli sta succedendo?» mormorò, corrucciata, poi intravide una luce sotto il ventre di Soichiro…una luce che andava facendosi più intensa.
«Quella maledetta!» sibilò Naraku, sorprendendola, poi l’hanyo si parò davanti a lei e attivò la sua nuova, impenetrabile barriera. Un attimo dopo, tutto attorno a loro esplose in un boato e un lampo accecante di luce dorata. Kagura trattenne un grido e si afferrò alla piuma, mentre lei e Naraku venivano sparati via dalla potenza dell’urto pur senza subire danno. Per una volta, si trovò a benedire di essere la Portatrice di Mukanshin, unico motivo per cui il suo padrone era stato tanto lesto a proteggerla, poi la luce si spense bruscamente, lasciandoli scossi e, nel caso di Naraku, furibondi. Soichiro non c’era più. Ogni traccia di lui era persa. Il suo corpo era stato disintegrato dall’enorme energia che si era sprigionata, ponendo definitivamente termine all’esistenza dell’antico Imperatore di En. Tra i sassi della frana, non c’era più nemmeno il corpo dorato della neko-yokai, solo una figurina umana scomposta che pareva una bambola di stracci insanguinata.
“Ha ucciso Soichiro sfruttando la sua stessa yuki.- pensò Kagura, attonita – Quella ragazza…Tanto di cappello, è stata una degna rivale.”
Scesero ai piedi della frana. Per prima cosa, Naraku recuperò i frammenti della Stella di Gake, che giacevano come pezzi di vetro di poco valore tra i sassi. L'enorme energia sprigionata non aveva potuto distruggerli, ma per il momento aveva tolto loro la carica di potere che l'uso da parte di Soichiro gli aveva conferito. Ci sarebbe voluto qualche tempo a contatto con la malvagità di Naraku per restituire loro la piena potenza. Purtroppo, Kagura sapeva che non ci sarebbe voluto molto: l'hanyo era una fonte inesauribile di potere oscuro. Solo dopo averli incastonati nella propria armatura, Naraku si volse verso quella nemica inaspettata che lui stesso aveva tratto dal pozzo Honeido per poi ritrovarsi a pentirsene amaramente.
«Questa stupida donna...- mormorò, con tanto astio che Kagura quasi si felicitò che la giovane fosse  morta senza conoscere le torture nascoste in quella voce – Non ha fatto altro che starmi tra i piedi da quando è arrivata in questo mondo.» Poi la guardò bene e rise piano, avvicinandosi al corpo. «Beh, almeno offrirà un soddisfacente spettacolo a Sesshomaru, nel momento in cui tornerà. Soichiro l'ha conciata per le feste.» mormorò, sadico, osservando le larghe macchie di sangue, la posa scomposta, i vestiti semicarbonizzati e la pelle ustionata. Anche i capelli dorati erano in parte bruciati. Ciocche raggrumate e ancora fumanti le coprivano in parte i lineamenti.  Kagura rimase indietro, senza scendere dalla propria piuma. Sentiva qualcosa nel vento, una specie di distorsione nelle energie del luogo, che le dava la nausea come e più di quel patetico spettacolo. Non si stupì più di tanto quando Naraku si bloccò, ancora a una certa distanza da Anna, e la fissò con rinnovato odio, stringendo le labbra.
«Che c'è?»
«Non è ancora morta.»
«Cosa?!» sbottò Kagura, attonita.
«Il suo corpo sta cercando energia per nutrirsi e provare a guarire. Dannata, è attaccata alla vita come un parassita all'ospite. Se provassi ad assorbirla, sarebbe capace di togliermi qualche altro pezzo. - sibilò Naraku, contrariato, poi voltò le spalle alla donna – E sia, che la sua fine possa essere ancora più lenta e dolorosa. Non troverà nulla con cui nutrirsi, non qui, tra rocce prive di vita. Il suo corpo rimarrà una spoglia pietosa su cui lasciar piangere i fratelli inu-yokai.»
«Arriveranno quei pidocchi della Grande Famiglia. Non potrebbero farle un involontario favore?»
«Per allora sarà già morta. Le do poche ore. Ma hai ragione...perché rischiare?»
Chiamò uno dei suoi Saimyosho, gli parlò, poi lo mandò incontro ai traditori di En con l'ordine di evitare di avvicinarsi al corpo della donna bionda ma di stare attenti all’eventuale presenza di Sesshomaru. Kagura seguì il volo dell’insetto con lo sguardo, cupa, poi la mano di Naraku le si chiuse sul braccio con una stretta possessiva che la fece impallidire suo malgrado.
«Saluta la tua rivale, Kagura. Andiamo a riunire la Stella di Gake.» le disse, con uno scintillio negli occhi rossi. Kagura non rispose, sapendo che non aveva scelta se non seguirlo. Lanciò un ultimo sguardo al corpo di Anna, chiedendosi se alla fine dei conti non fosse andata meglio alla ragazza. Non osò spingere lo sguardo in lontananza, quando volarono via, cercando Sesshomaru. Avrebbe voluto vederlo un'ultima volta più di ogni altra cosa, ma la mano di Naraku la teneva ancora con una stretta che era una vera e propria morsa e la Demone del Vento non aveva alcun desiderio di accelerare la propria fine. Finché non fossero giunti a Sorayama, fino all'ultimo momento, avrebbe cercato un modo per salvarsi. Se davvero Sesshomaru non aveva più speranza di usare la Stella di En, forse lei sarebbe riuscita a impedire a Naraku di riunire quella di Gake.
***
Si era lasciato lo scontro alle spalle con la ferma intenzione di ottemperare alla propria promessa: sarebbe ritornato. Non solo per quella donna, certo, anche se finalmente la purezza della sua anima aveva fatto breccia nel rifiuto cieco in cui era caduto fin da quando gli era stata presentata come Portatrice di Junan e che si era rinnovato al pensiero che lei lo servisse solo per giungere a un modo per tornare a casa. Ancora adesso non sapeva dire se si era tanto indignato perché lei non era stata del tutto trasparente nel giurargli fedeltà oppure perché il suo desiderio di allontanarsi da lui e da En non era morto dopo ciò che avevano condiviso alla Grotta degli Echi. Si era sentito tradito ed era tornato a trincerarsi dietro la propria armatura di gelo.
No, non sarebbe tornato solo per lei, anche se continuava a vederla nella propria mente come un'ossessione. Sapeva che stava andando tutto a rotoli. Lui, più di chiunque altro in En, avvertiva su di sé la disgrazia incombente. Stringeva nel palmo della mano il frammento di Stella ed era come essere tornati a stringere la piccola mano di Rin…solo che la sua protetta piangeva. Invece di correre verso la vittoria, sentiva di stare gettandosi a capofitto nella disperazione e di aver lasciato la speranza alle proprie spalle, a farsi sbranare da Soichiro.
“È l’unica via. La sola! Lo sapeva anche lei, ha fatto di tutto per consentirmi di raggiungere la Fonte. – si rimproverò, con un tono rabbioso che non gli era abituale – Cos’altro avrei potuto fare? Restare a combattere in queste condizioni, senza Tenseiga? Saremmo morti in due!”
Non se lui avesse avuto lo stesso spirito di sacrificio della ragazza. Lei si stava immolando, non tanto per il bene di En quanto per la salvezza del suo Imperatore. Questo Sesshomaru era riuscito a sentirlo, una percezione precisa che era riuscito a convincerlo ad accettare il suo aiuto. Se anche lui avesse avuto desiderio di salvarla, non sarebbero riusciti a combattere insieme, a unire le loro Hoshisaki?
“Voglio salvarla.” rivelò a se stesso. Fu una folgorazione. Più di ogni altra cosa, desiderava risparmiarle il dolore, la follia e la morte. Non voleva che soffrisse, né che morisse per lui. Allora, perché non era rimasto?!
Nemmeno si rese conto di rallentare il proprio volo fino a posarsi su una roccia, in preda a un conflitto interiore senza precedenti. La Fonte era a poca distanza, i vapori si sollevavano in aria nascondendo a tratti la luce del sole in una foschia arcana. Doveva fare in fretta, ma sembrava che qualcuno gli avesse attaccato pesi di piombo alle caviglie.
«Sto sbagliando tutto. Ogni mia mossa è stata un errore fin da quando l’ho conosciuta.» mormorò, rauco. Le punte di Junan, nel suo palmo, affondarono nella carne quando vi strinse attorno le dita. Sollevò il frammento viola, guardandolo con occhi tormentati. Cosa doveva fare? La logica lo spingeva avanti, l’istinto gli diceva di tornare indietro, pur ferito e ancora separato dall’Hoshisaki di Tenseiga. Aveva poco tempo per decidersi: il suo passo successivo sarebbe stato definitivo, in un modo o nell’altro.
Fu allora che alle sue spalle vi fu il boato. Si voltò così di scatto che il braccio ferito gli spedì una fitta bianca di dolore fino al cervello, accecandolo per un istante. Quasi non riuscì a vedere il lampo di luce dorata. Il tuono si spense in un’eco lontana, poi vi fu silenzio. Era stata Anna? Era riuscita a sconfiggere Soichiro, oppure aveva dato fondo a tutta l’energia accumulata per cercare di non essere sopraffatta?
«Sesshomaru!»
La voce di Inuyasha lo colse del tutto di sorpresa, dandogli il metro di quanto fosse sconvolto. Alzò lo sguardo e si vide quasi piombare addosso un carro volante e due piccoli yokai drago della sua scuderia, le cui redini erano rette da suo fratello minore affiancato dalla Portatrice di Shinsetsu.
«Sesshomaru! – esclamò ancora Inuyasha, balzando giù dal carro mentre ancora stava atterrando e guardandolo con un misto di stupore e orrore – Sei in un bagno di sangue! Che è successo?! Ti sei scontrato con Soichiro?!»
«Cosa ci fate qui?!» mormorò Sesshomaru, fissandoli come se si trattasse di un’illusione, forse una trappola di Naraku.
«Dov’è Anna-nee-chan?» chiese Kagome, puntandogli addosso occhi angosciati che ravvivarono la sensazione bruciante che gli stava scavando le viscere. Si sentiva dentro un incubo troppo vivido. Inuyasha gli arrivò tanto vicino da poterlo toccare, prima di bloccarsi e fissarlo con crescente sgomento.
«Sesshomaru…hai tre Hoshisaki con te?» gli chiese, con voce incerta, mentre alle sue spalle Kagome scendeva dal carro per raggiungerli. Inuyasha scrutò il volto del fratello maggiore e vi trovò un’inerzia che scambiò per la solita, gelida indifferenza. Divenne paonazzo di rabbia. «Hai Junan, non è vero?! L’hai con te?!» sibilò, forse per non farsi udire subito dalla ragazza dai capelli corvini.
Sesshomaru non tentò di negare. Anzi, aprì la mano ferita, svelando il frammento viola. Quando Inuyasha udì l’ansito di orrore e pena di Kagome, alle sue spalle, perse il lume della ragione. Spinse Sesshomaru a terra con un gesto violento che fece gridare Kagome, senza nemmeno rendersi conto che il fratello lo aveva lasciato fare senza reagire. In un altro momento, non sarebbe mai riuscito a toccarlo, ma imputò la sua scarsa reattività alle ferite. Era troppo arrabbiato per fare caso al senso di vuoto e incertezza che emanava da Sesshomaru.
«L’hai lasciata indietro, bastardo?! Le hai tolto Junan?! Oppure non l’hai protetta e hai lasciato che morisse per te?! – gridò, furibondo, saltandogli addosso e preparando il pugno per cambiargli i connotati – Ho sempre saputo che eri un pezzo di ghiaccio, ma non credevo che avresti mai commesso un simile…»
«Inuyasha! Inuyasha, no! – strillò Kagome, appendendosi al suo braccio con tutto il suo peso per evitare che sferrasse il colpo – Guarda bene tuo fratello! Non capisci? È stata Anna!»
«…cosa?» chiese Inuyasha, dopo un istante di silenzio attonito, bloccato nella posizione di attacco. Guardò la giovane e la vide disperata ma lucida. Lei stava fissando Sesshomaru come se lo vedesse per la prima volta e sul suo volto era dipinta una grande pena.
«Ho ragione? Lei si è separata dal frammento per un motivo, vero? Voleva che ti allontanassi da Naraku o dal suo moko-yokai, non è così? Quello che ha ucciso vostro padre…» continuò lei, facendo perdere il fiato a Inuyasha, che si voltò di scatto verso il fratello. Finalmente vide quante cose non andavano in lui. In quel momento non c’era quasi traccia del grande Imperatore di En. Sesshomaru era in preda a un caos emotivo, a un’indecisione che lo rimpiccioliva. La ferita al braccio era così grave che ancora non dava segno di volersi rimarginare e il suo colpo l’aveva riaperta, facendo sbocciare nuove macchie di sangue sulle veste.
«Conosco il senso di sacrificio di Anna. – continuò Kagome, con voce rauca – Se…se avete creato un legame…la conosco, farebbe di tutto per le persone che ama…»
Inuyasha fu vicino a dire qualcosa al riguardo, perché tutto gli era parso tranne che potesse nascere un simile sentimento tra quelle due teste dure, ma di nuovo fu ridotto al silenzio dall’espressione di suo fratello alle parole di Kagome, qualcosa che rasentava lo shock, come se lei avesse appena messo in luce qualcosa che era stato sotto il suo naso fino a quel momento e che non era stato in grado di riconoscere.
Fu in quel momento che le loro Hoshisaki, per la prima volta da quando si erano ritrovate insieme a Ojohi, si attivarono all’unisono. La Stella di En, pur in frammenti, attinse forza da quel momento di comprensione reciproca, di vera vicinanza. Risuonò in tutti e tre i Portatori, dando luce e forza ai loro pensieri. Inuyasha, per la prima volta, capì il fardello portato da suo fratello e quanto questo, unito al lutto per Rin, lo avesse lacerato. Kagome capì che Anna, per un miracolo che ancora non conoscevano, era riuscita a fare breccia nell’armatura di gelo dell’Imperatore di En e che questo lo aveva gettato in una confusione che non gli apparteneva. Sesshomaru avvertì il loro desiderio di rendersi utili, di supportarlo con tutte le loro forze. Inoltre, finalmente, “vedeva” Anna. Ciò che aveva intuito nel momento in cui lei aveva deciso di sacrificarsi per dargli modo di conquistare l’uso dell’ultima Hoshisaki, si presentava ora alla sua mente e al suo cuore con una limpidezza straordinaria, riempiendolo di disgusto per la debolezza dimostrata e per le decisioni sbagliate che aveva inanellato.
Spinse via Inuyasha e Kagome, facendoli barcollare all’indietro e spezzando quel momento di epifania. Si alzò in piedi, improvvisamente incurante delle proprie orribili ferite. Lo sguardo che volse nella direzione da cui era giunto il tuono dell’esplosione era di nuovo penetrante, lucido e implacabile.
«Torni indietro?» chiese Inuyasha, aiutando Kagome a rialzarsi.
«Sì.»
«Vuoi che facciamo qualcosa al posto tuo, nel frattempo? Cosa stavi andando a fare in mezzo a quelle sorgenti calde?» continuò lui, insolitamente collaborativo. Entrambi videro Sesshomaru stringere una mano attorno al fodero di Tenseiga, ma lo sguardo dell’Imperatore di En non tentennò.
«Niente che non sia procrastinabile. O che tu possa fare al posto mio.» mormorò Sesshomaru, con un tono che metteva fine alle domande.
«Beh, allora sali e andiamo. Faremo prima. Forse siamo ancora in tempo.» fece Inuyasha, di nuovo aspro, aiutando Kagome a tornare sul carro. Sesshomaru fissò il mezzo di trasporto, corrucciato, poi salì a sua volta senza protestare.
Pochi istanti dopo erano in volo, ognuno col proprio carico di angoscia al pensiero di ciò che avrebbero trovato una volta raggiunta Anna.
   
 
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