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Autore: road chan    28/02/2023    1 recensioni
Lo storico Bellamy Blake ha bisogno di fare colpo sui suoi futuri datori di lavoro.
Possiede tutto ciò che l’Ark Enterprises sta cercando, eccetto una fidanzata, che – secondo la migliore amica di Bellamy – lo farà brillare.
Ma è tutto perfetto perché Raven ha appena trovato la ragazza giusta.
C’è solo un problema.
Bellamy Blake e Clarke Griffin si odiano davvero, davvero tanto.
[STORIA AGGIORNATA E MODIFICATA]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Undici

Il Dio del fuoco o
Acari della polvere

 

 

Clarke scoprì, prima di separarsi dal gruppetto della spa, che quella sera si sarebbe tenuta una cena di benvenuto con i piatti tipici della cucina greca – a spese dell’Ark!, ci aveva tenuto a sottolineare Roma – preceduta dalla peculiare “filotesia” del posto: un brindisi di buon auspicio per conoscere meglio i diversi addetti e collaboratori che li avrebbero accompagnati durante i successivi quattro giorni di permanenza.

Clarke e Maya, le uniche due entusiaste più per la messa in scena del tradizionale simposio greco che per l’open bar, si erano dette d’accordo per scendere insieme e avevano concordato di sentirsi al telefono nel momento stesso in cui una delle due fosse stata pronta.

Tornata in camera, avvolta dal profumo di biancheria pulita e di candele aromatizzate al bergamotto, la bionda notò un paio di biglietti finemente ripiegati e adagiati sopra ciascun cuscino.

La ragazza posò la chiave magnetica sul letto e afferrò il biglietto più vicino.

Il pezzettino di carta, ruvido al tatto, era stato scritto a mano, in corsivo, e li invitava a visitare, il giorno successivo, il famoso Tempio di Efesto, assieme a tutti gli altri ospiti dell’albergo.

Secondo le istruzioni riportate sul foglio, elegantemente decorato di bianco e di azzurro, il pullman sarebbe partito in tarda mattinata – per le 10:30 – e una guida turistica li avrebbe accompagnati per l’intero tragitto.

Clarke diede un’occhiata veloce all’orologio e tirò fuori il cellulare dalla tasca dell’asciugamano.

Scattò una foto al biglietto d’invito e allegò un commento all’immagine.

Sei pronto a fare la conoscenza del Dio del fuoco?

La risposta di Bellamy non tardò ad arrivare.

Io non ti basto o hai conosciuto qualcuno più focoso del sottoscritto?

Il messaggio in entrata la fece sorridere.

La ragazza scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli umidi da una parte all’altra della schiena.

L’autocombustione è uno degli effetti collaterali della vanità; lo sapevi?
scrisse, espirando pesantemente e continuando a fissare lo schermo del cellulare in attesa di una riposta.

Oh, cavolo! Credevo che valesse soltanto per le esperte di medicina che non sanno cucinare.

La ragazza si distese contro il materasso, accavallando le gambe nude e ridacchiando divertita.

No, per loro c’è un girone dantesco a parte: quello dei finti fidanzati indisponenti.

Perché, in effetti, la loro poteva essere una nuova Divina Commedia, con tanto di Inferno, Purgatorio e Paradiso.

Si trattava solo di capire in quale mondo si sarebbero lasciati o ritrovati alla fine della storia.

Ed io che mi ero illuso di essere il tuo Virgilio!

Clarke alzò gli occhi al cielo, arricciando il naso.

Il mio Cerbero, semmai!

Un paio di minuti e il telefono vibrò di nuovo.

Ottima osservazione…Cerbero era superdotato.

Per poco, Clarke non lasciò cadere il telefono a terra, rossa come un peperone, mentre le immagini dei pettorali del ragazzo le scorrevano a tutta velocità davanti agli occhi.

BELLAMY

Un trillo di cellulare e:

Che hai capito? Mi riferivo alle tre teste!

La ragazza poteva quasi vedere l’espressione del moro; un misto tra il soddisfatto e lo strafottente.

Perché Bellamy Blake era così: imprevedibile.

Lo stesso Bellamy che s’imbarazzava nel vedere Clarke in pigiama, che era capace di provocarla a suon di battute maliziose, che le preparava sempre la colazione e che incredibilmente considerava i suoi spazi.

Ecco; quel Bellamy – il Bellamy stupido, rispettoso e focoso – le piaceva davvero tanto.

Ma la consapevolezza di aver incasinato tutto con quel bacio le bruciava ancora sulle labbra, sulla pelle, sulla punta dei polpastrelli.

La reazione di Bellamy – il suo tirarsi indietro, il fingere che non fosse successo assolutamente nulla – continuava a ricordarle, come un insistente promemoria che non si può interrompere, di non lasciarsi più coinvolgere.

Perché loro non sarebbero mai stati una vera coppia.

Recitavano una parte, producevano un copione come due attori provetti; e tutto fino alla prossima chiusura di sipario.

Clarke si massaggiò le tempie, improvvisamente con meno voglia di scherzare.

Ce la fai a tornare in hotel per le 19:00?

Bellamy le mandò un punto interrogativo, cui Clarke rispose mettendolo al corrente della serata di benvenuto.

A detta del Dottor Kane, dovremmo arrivare intorno alle 19.45. Ci vediamo direttamente alla cena?

Nonostante un vago dispiacere di sottofondo, la ragazza rispose che naturalmente non ci sarebbero stati problemi e che si sarebbero, di conseguenza, incontrati alla hall.

E così, Clarke mise da parte il telefono e s’impose di darsi una lavata e di sistemarsi per bene prima di scendere e di raggiungere gli altri partecipanti.

Si tolse di dosso il costume, si diresse in bagno, ed entrò nell’imponente box doccia, lasciandosi cullare dall’acqua tiepida del getto a cascata.

Una buona mezz’ora dopo, si stava dando un’ultima controllata allo specchio: aveva optato per una gonna midi di raso color argento e un top cipria; ai piedi, invece, indossava un paio di sandali comodi ma eleganti.

Dopo aver riempito la borsetta con tutto il necessario, mentre finiva di truccarsi e di spalmarsi la crema idratante, controllò al volo il telefono e trovò un nuovo messaggio in entrata.

 

 

 

La visita dell’Ark agli Archivi Generali si era rivelata una delle esperienze formative più interessanti e più sfamanti che Bellamy avesse mai sperimentato prima.

Terminata la classica riunione di rito, tenuta da Jaha e presidiata dal Dottor Kane, al team di aspiranti assunti era stato concesso il permesso speciale di visitare le diverse aree dell’edificio e Bellamy, dopo una pausa caffè e una rapida telefonata a Clarke – che nel frattempo si stava rilassando alla spa – si era unito a un gruppetto di studiosi assieme a Jasper, Diggs e Harper.

La guida, una ragazza dai capelli castani e dai lineamenti marcati, li aveva condotti in una stanza denominata Stanza delle memorie, piena zeppa di vecchi fascicoli e di carte profumate di storia e di cultura.

Lì, aveva spiegato loro la nascita del rito di conservazione dei documenti, della derivazione del termine greco archivio (acquisito solo in seguito dalla lingua latina) e della sacralità dell’atto della preservazione.

“Immagina quanta dedizione” aveva sussurrato Harper, perdendosi tra gli innumerevoli pezzi di carta ingiallita.

“Immagina quanta polvere” aveva commentato subito dopo Jasper, allungando il viso da faina e soffiando via del pulviscolo da un tavolo di legno grezzo.

“Sei il solito nerd” l’aveva rimbeccato Diggs, regalandogli una pacca sulla schiena.

“Sono solo un biologo attratto dagli acari e dalle loro interferenze di RNA!”

“Bambini” li richiamò Bellamy, lanciandogli un’occhiataccia, “fate i bravi e no! Jasper, non toccare nulla che non si possa risarcire o che contenga più di cento acari.”

“Mi ricordi perché l’Ark ha considerato il tuo curriculum?” domandò Harper, avvicinandosi al naso di Jasper che, a sua volta, fece un passo indietro, chiazzato di rosso in volto.

“N-non…p-perché si era liberato un posto in laboratorio.”

“E tu sei un maledetto nerd” aveva aggiunto Diggs.

“…Anche.”

“Hey” l’aveva preso in giro Bellamy, cingendogli le spalle con un braccio muscoloso “cerca di non sottovalutarti tanto. Sei un maledetto nerd ma cazzo!, uno bravo.”

“Sono commosso, fratellone” aveva sorriso Jasper, illuminandosi, mentre Diggs e Harper ridacchiavano divertiti.

“Bellamy.”

La voce calda e profonda di Marcus Kane interruppe l’ilarità del quartetto.

L’uomo, vestito casual ma elegante, dentro i suoi cargo neri e la sua maglietta di cotone grigia, aveva chiesto di rimanere un momento da solo con Bellamy.

“Allora, cosa ne pensi?” lo interrogò, indicando con un rapido cenno di mento gli archivi.

La domanda lo fece trasalire.

Non perché non sapesse come rispondere; al contrario.

Bellamy non si era reso conto di quanto, fino a quel momento, gli fosse mancato qualcuno con cui condividere la felicità e la meraviglia che gli archivi gli avevano scaturito.  

“È fantastico – qui tutto lo è. Ma questo posto…c’è qualcosa di assolutamente prezioso nel modo in cui i documenti vengono conservati. Il rispetto e la passione per la tradizione sono la storia che preferisco.”

L’espressione di Kane si addolcì, come se le parole del ragazzo l’avessero in qualche modo appagato.

“Sono contento, figliolo. Sapevo che avresti apprezzato. Anch’io, la prima volta che li vidi, ebbi il tuo stesso scatto d’entusiasmo.”

“Siete già stato qui?” s’informò Bellamy che, in effetti, ben poco sapeva della vita di Kane.

“Molto tempo fa” rispose Marcus, ridacchiando, come se fosse passato davvero parecchio tempo. “Ero un bambino, allora. Mia madre…beh, lei percepiva la necessità di trovare il senso dell’esistenza umana. Di carpirne lo scopo ultimo. Vedi, era una donna estremamente religiosa.”

Il Dottor Kane strinse le labbra, come se il ricordo della madre, di cui aveva appena parlato al passato – cosa che non era sfuggita a Bellamy – gli procurasse ancora della sofferenza.

“Comunque” riprese a dire, scacciando un fantasma invisibile che solo lui riusciva a vedere, “è così che ho scoperto questo luogo. Mia madre credeva che i documenti antichi, conservati nel tempo, potessero suggerire le risposte ai grandi interrogativi della vita. In parte, sono d’accordo con lei.”

In quel momento, la ragazza dai lineamenti marcati, che aveva fatto da guida al gruppo, si rivolse a Marcus, parlando in tono deciso: “Dottor Kane, il vostro tempo è terminato. Gli archivi stanno per chiudere. Dovreste riunire il team per le firme all’uscita.”

“Naturalmente” rispose l’uomo, annuendo garbato.

Poi, posando una mano sopra la scapola di Bellamy, le annunciò: “Permettimi di presentarti uno dei nostri storici più validi. Bellamy Blake.”

Dopo aver atteso che i due ragazzi si scambiassero le classiche cortesie di rito, Kane continuò: “Figliolo, lei è Echo; sarà la nostra traduttrice nei giorni a venire. Ora scusatemi, vado a cercare Thelonious.”

 

 

 

So cos’è successo a tuo padre

Clarke aveva visualizzato il messaggio misterioso, inviato da un numero anonimo, poco prima di incontrarsi con Maya e da allora non aveva fatto altro che rimuginare sull’ambiguità del testo in memoria.

Non era la prima volta che qualcuno si prendeva gioco di lei.

Già in passato aveva ricevuto messaggi che si erano poi rivelati delle false piste, illudendola e ferendola sempre di più, finché un giorno, semplicemente, non aveva deciso di interrompere qualsiasi tipo di ricerca e di risposta.

Allora perché, adesso?

Perché stava succedendo di nuovo?

E soprattutto, chi sapeva cosa?

Ma in quel momento, con un bicchiere di vino in mano, circondata da ogni genere di personalità e di musica, le risultava difficile partorire un pensiero di senso compiuto.

Poco distante da lei, Maya degustava un Assyrtiko – il vino bianco, tipico di Santorini – e chiacchierava del più e del meno con una Mel alquanto alticcia.

Il rito della Filotesia era stato davvero interessante e Clarke era convita che Bellamy l’avrebbe sicuramente apprezzato.

A quanto pare, nell’antica Grecia, si usava levare la coppa in onore di un amico: si chiamava il suo nome, si beveva un sorso di vino passandogli il bicchiere perché ne bevesse anche lui e gli si lasciava la coppa come pegno d’amicizia.

Ovviamente, l’ultima parte della cerimonia era stata solo simulata dai partecipanti ma era stato bello poter urlare il nome di un amico all’unisono – Clarke aveva gridato Raven! a gran voce – bevendo alla sua salute e sollevando la coppa verso il cielo.

La sala della hall – un ambiente enorme che avrebbe fatto invidia perfino all’Ark Enterprises – ospitava diversi tavoli imbanditi e altrettanti banconi con innumerevoli bevande (alcoliche e non).

Clarke avanzò in direzione del cibo, attardandosi nell’osservare i pasti particolari della tradizione greca, indecisa su quale pietanza provare.

Vari tortini di carne avevano attirato la sua attenzione ma nel momento stesso in cui allungava il braccio, un nuovo piatto dall’aspetto invitante la costringeva a fermarsi e a riconsiderare le sue scelte.

A pochi passi da lei, un ragazzo massiccio che aveva assistito all’intera scena, si affiancò a Clarke, indicandole un flan di carne e verdure.

“Dovesti assaggiare la nostra Moussaka” disse, con perfetto accento greco. “È uno sformato di melanzane, patate, carne d’agnello, besciamella e formaggio fresco. Non mangiarlo sarebbe un affronto verso il popolo ellenico.”

Clarke abbozzò un sorriso, sorpresa ma anche lieta di essere stata tirata fuori dall’impasse.

“Certo – sembra deliziosa. Non voglio scatenare un’altra guerra di Troia.”

Lo straniero – una sorta di Jack Sparrow greco, dai capelli castani lunghi e semi raccolti in un mezzo chignon e dalla folta barba – grugnì divertito, spalancando gli occhi azzurri a goccia.

“La guerra di Troia è scoppiata perché il principe Paride, interrogato delle dee dell’Olimpo su chi fosse la più bella, scelse Afrodite, regalandole la mela d’oro.”

“Non credo di aver visto mele d’oro nei dintorni, fortunatamente.”

“Dipende dai punti di vista; io potrei essere Paride e la Moussaka potrebbe essere una succosa mela della discordia.”

“Mi stai suggerendo di non mangiare la Moussaka, quindi?”

“Ti sto dicendo che sei la più bella.”

Clarke aprì la bocca per controbattere, richiudendola subito dopo, resasi conto di essere… in imbarazzo – da quando Clarke s’imbarazzava?

Riempì il momento di silenzio con l’assaggio dello sformato (talmente buono da tentarla con un bis) e tornò a guardare il ragazzo, che, nel frattempo, non aveva mai smesso di fissarla con quell’aria seriosa tra lo sfidante e l’urgente.

Solo in quel momento la bionda si accorse della cicatrice a forma di mezzaluna sulla parte destra del viso del barbuto.

Era una cicatrice quasi invisibile, del tutto rimarginata; eppure era lì e qualcosa, nel modo di fare dello straniero, le suggeriva che non doveva aver avuto una storia semplice.

“Sono solo Clarke ma…grazie. Il principe ha un nome?”

Il ragazzo grugnì di nuovo, squadrandola un ultima volta prima di affermare “Non stasera” e se ne andò via, lasciandola da sola, con un piatto vuoto in mano e con la sensazione di essere appena stata catturata.

 

...

 

Quando Bellamy arrivò – meglio tardi che mai, giusto? – alla cena di benvenuto, la prima cosa che fece fu di cercare Clarke.

La hall dell’albergo era enorme e il look raffinato dell’ambiente sembrava degno di uno stylist professionista; infatti, le pareti erano abbellite da foglie d’ulivo e ogni ripiano esibiva un centrotavola dorato, accompagnato da candele e da corone di alloro.

Accanto a lui, Jasper scodinzolava eccitato, mentre un cameriere, vestito interamente di bianco, fatta eccezione per la cravatta blu, offrì loro un paio di bicchieri di Ouzo, un distillato a base di anice.

I ragazzi si fecero largo in mezzo alla folla quando videro, in lontananza, due facce familiari.

“Maya, Mel!” gridò Jasper, sollevando il bicchiere verso l’alto.

La ragazza di Jasper li esortò a raggiungerla con un cenno di mano, aspettando che fossero più vicini per salutarli.

“Finalmente! Credevamo che non ce l’avreste mai fatta!” esclamò, abbracciando Jasper di rimando.

“Allora, com’è stata la visita agli Archivi?” domandò Mel, farfugliando – la ragazza doveva aver bevuto un bel po’ di vino e Bellamy dedusse che tra lei e Diggs era successo qualcosa, poiché il ragazzo non era voluto scendere con loro per raggiungere le rispettive fidanzate.

“Davvero appagante” – “Piena di acari” – risposero all’unisono Bellamy e Jasper.

Mel restrinse gli occhi scuri, aggrottando la fronte.

“Sono ubriaca ma qualcosa decisamente non torna.”

“Già, Bellamy, in che senso, appagante?” chiese Jasper, afferrando da un vassoio quello che sembrava uno spiedino di carne.

“Si riferisce a te, Mastro Lindo” rispose il moro, dandogli un buffetto dietro la testa.

“Cosa ci siamo perse?” sospirò Maya, consapevole dell’eccentricità del fidanzato.

“Shai…” cominciò Jasper, masticando la carne grigliata, “sh’erano tutti queshti documenti antichi, alcuni rishalenti all’VIII shecolo – ”

“ – Ingoia, Jasper” lo canzonò Maya.

“ – Scusha. Insomma, immaginate quanti piccoli esserini devono essersi depositati sopra ciascuno di quei fogli. Alcuni ancora giovani…” sussurrò, guardando in direzione dell’amico.

“Giovanni?” biascicò Mel.

“No, giovani” ripeté Jasper.

“Chi è giovane?” chiese Maya, confusa.

“Gli acari di Bellamy.”

“Che?” fece Bellamy, disorientato anche lui.

“Sono io quella ubriaca…” disse Mel, alzando le spalle.

“Oh, sai, mi riferisco all’acaro femmina che non vedeva l’ora di depositare le sue uova su di te!”

“Non ti seguo” rispose Bellamy, che stava cominciando seriamente a irritarsi.

Per tutto il viaggio di ritorno, infatti, Jasper non aveva fatto altro che metterlo in guardia sulla traduttrice, Echo, sostenendo che la donna l’aveva guardato come un aracnide pronto ad azzannare la preda prescelta.

“Qualcuno sa che fine ha fatto la mia fidanzata?”

“L’ho vista andare al tavolo da buffet” lo informò Maya, mentre Mel e Jasper avevano cominciato a bisticciare circa la stramberia di quest’ultimo.

Perciò, Bellamy, contento di aver avuto un motivo valido per allontanarsi dal gruppetto, s’incamminò in direzione della bionda, che scorse in lontananza – elegantemente vestita con una gonna argentata e un top rosa – insieme a uno sconosciuto.

Il moro si fermò a osservarli.

Non gli sembrava di aver mai visto il ragazzo in questione, ma il modo in cui quell’uomo stava squadrando Clarke non gli piacque per niente.

Lei era bellissima, quella sera.

Non che non lo fosse stata sempre, intendiamoci.

Ma in quel momento, con i capelli biondi arricciati e il raso che le risaltava le curve, sembrava una Dea dell’Olimpo.

La Dea della vita e della morte.

Intravide la bionda aprire e chiudere la bocca un secondo dopo – come se avesse voluto dire qualcosa, ma avesse subito cambiato idea.

Bellamy lesse sul viso di Clarke del disagio misto a imbarazzo e la consapevolezza di non essere l’unico in grado di spiazzarla lo ferì più di quanto avesse immaginato.

Adesso, la ragazza stava assaporando qualcosa, mentre gli occhi del suo interlocutore continuavano a sondarla avidamente.

Bellamy serrò la mascella, stringendo i pugni.

Lui non aveva il diritto di essere arrabbiato; era normale che gli altri uomini la guardassero.

Ma in quel momento, per lui, Clarke rappresentava qualcosa di più di una semplice bella ragazza: lei era la sua principessa e lui poteva essere geloso o infastidito quanto voleva.

Quando l’attenzione di Bellamy si concentrò nuovamente su di loro, vide che lo sconosciuto non c’era più.

Clarke, invece, continuava a sostare immobile, vicino al tavolo da buffet, con le sopracciglia aggrottate e un’espressione confusa stampata sul viso.

Il moro sospirò profondamente, prima di rilassare i muscoli tesi e di raggiungere la sua fidanzata.

Note autrice:

Sono tornata!
So che è passato parecchio tempo, forse troppo, ma spero di riuscire a farmi perdonare.
Che dite, parliamo del finale di The 100?
Concordo, meglio di no. 
#Jasoninfamepertesolopollame

Per fortuna, ci hanno pensato Bob ed Eliza a renderci felici con un matrimonio e una gravidanza.
Qualche considerazione sul prossimo capitolo:


- taaaanta gelosia nell'aria

- scropriremo l'identità del nostro Jack Sparrow greco (a proposito...avete capito di chi si tratta?) 
- in arrivo una bella litigata

Se vi fa piacere, ovviamente, lasciatemi un feedback <3




  
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