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Autore: BellaLuna    28/02/2023    5 recensioni
MiraculousLadybug!AU | ChatNoir!Goten e Ladybug!Bra | 4+1
Dal testo: “Sei un bravo ragazzo...”
Chat Noir tira fuori il petto, le regala un occhiolino complice: “Lo so, sono un eroe fantastico!”
Bra ride e scuote il capo, illumina il mondo con una luce tutta sua.
“Non parlavo a te, Chat! In verità, credo che tu non dovresti distrarti mentre sei di ronda, parlavo con il ragazzo sotto la maschera.”
“Oh...”
Goten non è abituato ai complimenti, non è abituato a essere visto.
Resta in silenzio, confuso, chiedendosi come sia possibile che una ragazza appena conosciuta possa avere tutto quel potere su di lui...

- O di quattro volte in cui ChatNoir ha offerto una cioccolata calda a Ladybug, e di una volta in cui Bra l'ha offerta a Goten, rischiando l'apocalisse.
(Questa storia partecipa alla To Be Writing Challenge 2023 indetta sul Forum della Penna.)
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Goten, Trunks | Coppie: Bra/Goten
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NOTE: all’interno di questo universo, ho preferito diminuire la differenza di età fra i protagonisti: quindi Bra è otto anni più piccola di Trunks, e sette anni più piccola di Goten.
 





Sotto la maschera

 
 
 1
 

Quando due anni prima aveva accettato di essere Ladybug, Bra credeva che la parte più facile del suo compito sarebbe stata quella di indossare perennemente una maschera.
Perché, davvero, non lo faceva già tutti i giorni?
Non era Bra Brief stessa un ruolo che aveva costruito nel corso degli anni e interpretava costantemente?
Ladybug aveva il suo costume rosso, Bra i suoi vestiti firmati e quell’aria melanconica e distaccata con cui faceva sì che la gente non le si avvicinasse troppo – anche se, il più delle volte, il vuoto che sperava di tracciare fra sé e il resto del mondo, finiva sempre per espandersi anche dentro il suo essere, e il suo cuore si faceva così buio e spaventoso che nemmeno lei, alla fine, sapeva come fare per rimetterlo a posto.
Essere Ladybug – l’eroina che a fine giornata salvava la Città dell’Ovest e riusciva sempre a riparare ogni disastro con i suoi poteri miracolosi – era facile.
Difficile, invece, era essere Bra: la ragazza perfetta, la principessina della Città dell’Ovest, l’erede della più importante azienda del pianeta.
Orfana, sola.
Forse per questo, alla fine di ogni missione, si ritrova sempre ad aspettare fino all’ultimo rintocco prima di spogliarsi del suo costume e ritornare a essere l’altra. Aspetta fino a che il penultimo bip del suo orecchino non le dice che il tempo di essere libera è finito, e la sua corona la aspetta da qualche parte, insieme al sorriso triste e stanco con cui Trunks l’accoglie ogni sera, a ritorno da lavoro.
Non era che un ragazzino anche lui, in fondo, quando tre anni prima la morte li aveva resi entrambi adulti troppo presto, strappandogli via i loro genitori e facendo loro precipitare ogni speranza.
Se Trunks poteva rinunciare alla sua giovinezza e ai suoi sogni per essere l’Erede e il Presidente che il mondo voleva, allora anche lei poteva fare altrettanto.
Solo che, certi giorni, quando Falena Oscura finisce per sferrare attacchi che vanno quasi a segno e buttare sale su ferite ancora aperte, Bra non può fare a meno di nascondersi dietro Ladybug finché può. Finché la forza di lei riesce ad attenuare il dolore dell’altra, e ritornare a essere solo Bra non la farà infine sprofondare.
Succede in uno di quei giorni, mentre fuori le foglie d’autunno danzano nel vento, che Chat Noir per la prima volta le offre una spalla su cui poggiarsi e una tazza d’asporto di cioccolata calda.
“Ce la siamo proprio meritata! Non lo pensi anche tu, milady?”
“Sì...”
La Città dell’Ovest, vista dall’alto di uno dei suoi tanti belvedere, fa quasi meno paura. Sembra solo magica, anziché un covo di gente sempre pronta a essere akumizzata.
Ci sono momenti in cui Bra si domanda quale mostro verrebbe fuori dalla sua akuma, quale belva assetata di sangue Falena Oscura riuscirebbe a tirar fuori da lei.
Forse una capace di congelare il mondo, forse una capace di risuscitare i morti.
Meglio non scoprirlo mai.
“Vorresti mai essere solo Chat Noir e basta?” meglio perdersi in delle fantasie che non potranno mai essere.
Il suo compagno di avventura sorride come un gatto sibillino mentre sorseggia la sua cioccolata.
Gli occhi dietro la maschera sono di un verde così chiaro da apparire quasi vetro, e la luce morente del sole gioca con essi riempiendoli di una sfumatura calda all’interno della quale, se solo volesse o potesse, a Ladybug – non a Bura, perché il suo cuore è una terra fatta di cenere dove splende Trunks come unico sole – piacerebbe tanto sprofondare.
“Solo per poter essere sempre al tuo fianco, milady.” le risponde, una verità che le brucia le guance e le scava nuove ferite nel cuore.
Anche amare Chat Noir sarebbe facile: le basterebbe allungare la mano e troverebbe la sua, pronta a stringerla.
Ma Ladybug non può permettersi di amarlo, e Bra nemmeno.
La sua vita – finta e reale – è già abbastanza incasinata senza scatenare l’ira degli Dei dell’universo. E il Gran Maestro Kaioshin era stato categorico: “un legame troppo forte causerebbe la fine completa del mondo, le vostre identità devono restare segrete a ogni costo!”
E Bra non ha mai trasgredito una regola: è la principessa perfetta per una ragione, dopotutto.
Per questo sospira sulla sua cioccolata e lascia che l’armatura di ghiaccio della piccola Brief si insinui nelle parole di Ladybug.
“La mia era una domanda seria, Chat.”
“E la mia era una risposta seria, milady.”
“Se pensi che qualche complimento e una cioccolata calda bastino a farmi cadere ai tuoi piedi e trasformarmi in una delle tue tante fan, allora di me non hai ancora capito niente.” gli dice, senza mai guardarlo, perché se lo guardasse, lui capirebbe che invero basterebbe così poco per farla crollare.
Perché a Bra non è rimasto più nessuno da amare, e allora un volto mascherato forse è meglio di niente.
“Non voglio trasformarti in un’altra mia fan. Sai che non è questo che voglio.”
“Tu vuoi Ladybug. Ma Ladybug non è che un personaggio creato dalla ragazza sotto la maschera. La ragazza di cui pensi di essere innamorato non esiste, Chat Noir.”
Quand’era bambina, suo padre le aveva insegnato che una verità crudele era sempre meglio di una menzogna, che gli inganni finiscono sempre per intrappolare anche chi ne deteneva dietro le fila.
Per questo Ladybug alza con fierezza il mento verso il cielo, ingurgita lacrime, e non si ferma ad ascoltare la replica del suo compagno.
Scivola via – scappa – prima che la sua mano possa afferrarla.
Abbandona la tazza di cioccolata sul tetto in cui l’hanno condivisa. Lascia che quella si raffreddi, come ha lasciato raffreddare il suo cuore.
Lascia che il ghiaccio con cui si sta proteggendo, in qualche modo protegga anche chiunque sia il ragazzo sotto la maschera del suo eroe.
 

2
 

Indossare una maschera è per Goten un dono, una liberazione.
Perché quando è Chat Noir può dimenticare tutto quello che lo affligge nella vita reale, tutto quello che, quando è solo Goten, non lo lascia quasi respirare.
Dentro i panni del gatto nero della Città dell’Ovest, Goten sente il suo cuore farsi nuovamente leggero, liberarsi di tutte le vecchie preoccupazioni che lo opprimono sin da quando era solo un bambino.
Ed è facile, in quegli istanti in cui si sente il più forte, il più coraggioso, il più straordinario del mondo, riuscire a pensare: è questo che sono nato per essere, è questa l’unica ragione per cui sono ancora vivo.
Goten è solo un ragazzo goffo che non ha abbastanza denaro per permettersi un auto né un appartamento degno di questo nome nella grande metropoli della Città dell’Ovest, e allora vive dentro un monolocale e mangia cibo in scatola per risparmiare suoi soldi delle bollette.
Chat Noir, invece, non ha bisogno di mezzi per fare qualsiasi cosa desideri, perché tutte le porte si aprano al suo passaggio e la sua forza sovrumana gli permette di sfrecciare fra i tetti delle città, trasformandola nella sua personale corsia preferenziale.
Goten ha un fratello maggiore troppo impegnato con la sua carriera accademica per ricordarsi di lui, di sua madre che si è perduta da qualche parte nella sua mente, dentro il ricordo del marito che amava e che l’aveva abbandonata.
Chat Noir non ha legami, non ha catene. È un randagio ed è fiero di esserlo.
Goten fa tre lavori per finire di pagarsi gli studi.
Chat Noir è un maestro del suo mestiere.
Perciò, quando il crimine chiama e Goten corre a indossare la sua maschera, è così facile, così bello lasciarsi tutto alle spalle, dimenticare e fare finta e concentrarsi solo sul prossimo nemico da sconfiggere.
Goten ha una vita troppo complicata per avere amici, per coltivare relazioni.
Ma quando è Chat Noir non è mai solo, perché ha lei.
Ladybug.
Non la biasima per la diffidenza che nutre nei suoi confronti. Non la biasima per tenerlo a distanza, per respingere ogni sua avances, per ricordargli – ogni benedetta volta che ne ha l’occasione! – che non sono una coppia ma solo una squadra.
Conosce le regole, e sa bene che cosa rischia amandola, sa bene che in gioco c’è la salvezza del mondo.
Può anche fingersi un casanova superficiale, ma non è uno stupido.
Il punto è che Goten passa già troppo tempo a caricarsi ogni dramma sulle sue spalle, perciò, quando indossa il costume, Chat Noir vuole solo smettere di preoccuparsi. Vuole solo fingere che questi siano i problemi di qualcun’altro.
E crede davvero che potrebbe essere abbastanza forte da salvare il mondo e al tempo stesso amare Ladybug, se solo lei glielo permettesse.
Se solo lei non fosse fermamente convinta del contrario, ossia che amare lui e lasciarsi amare da lui, significherebbe tradire la loro missione, e allora a che cosa era servito combattere, e a che cosa erano serviti tutti i loro sacrifici?
“Tu non ami me. Ami la maschera che indosso, e questo non è amore.” continua a ripetergli, e ogni volta la voglia di urlare “Beerus, ritrasformami!” è così forte, che deve mordersi la lingua per evitare di mostrarle il suo vero volto e farle capire una volta per tutte che non è vero.
Che sarebbe disposto anche ad amare la ragazza sotto la maschera, se solo lei gli concedesse l’occasione di dimostrarglielo.
Ma è la paura a frenarlo.
Perché Chat Noir sarà pure audace e coraggioso, ma Goten è solo un codardo.
E se lei, poi, non amasse lui?
Se lei non amasse che la maschera, che l’eroe, e non amasse il piccolo, maldestro, dimenticato Son Goten?
Per questo, visto che non può davvero donarle tutto il suo cuore, ogniqualvolta che intravede infiniti campi di solitudine nei suoi occhi azzurrissimi, le regala una tazza di cioccolata da dividere insieme.
Almeno quella, lei non la rifiuta mai, e il sorriso che gli rivolge è più dolce di ogni miscela di cacao che lui abbia mai assaggiato.
Nelle sue orecchie, Beerus continua a dirgli che è un cretino, che è a tanto così da Hakaizzare tutto il fottuto mondo, ma Goten è bravo a mettere a tacere il Dio della Distruzione di cui ruba i poteri ogni volta, riempiendogli la bocca di formaggio.
“Grazie per questa...” le dice quella sera Ladybug, accennando alla tazza di cioccolata che stringe fra le mani.
Sulla punta del suo nasino perfetto brilla un batuffolo di panna che con dita leggere lui le porta via.
Arrossisce.
“Farei qualsiasi cosa per vederti sorridere, milady.”
“Questa era proprio un cliché, Chat...” lo rimprovera facendo roteare gli occhi al cielo, malcelando il sorriso divertito che le danza sulle labbra.
Chat Noir ride, mentre il cuore di Goten gli svolazza nel petto.
“Non essere così cattiva, milady. Domani sarà un giorno molto importante per me!”
I suoi occhi adesso lo fissano curiosa, così azzurri e profondi che potrebbe benissimo perdersi al suo interno.
Che cliché, davvero.
“Perché?”
“Il vero me è riuscito ad ottenere un colloquio di lavoro alla Capsule Corporation!”
Il suo sobbalzo è una sorpresa, così come quell’alone quasi di terrore che per un attimo sembra averle incupito lo sguardo.
All’improvviso, il muro che lei aveva eretto fra loro e che fino a poco fa gli era sembrato sottile e fragile come cristallo, ritorna a essere spesso come il ghiaccio di un iceberg.
Cosa ha sbagliato questa volta?
“Non… non dovresti dirmi cose così private. Lo sai... è pericoloso. Della nostra vera vita, noi non possiamo sapere nulla.”
“Dubito che essere uno dei mille operari in quell’azienda possa aiutare i cattivi a riconoscerci, milady.” prova a rassicurarla, a rimetterla a suo agio come prima.
Ma Ladybug sembra quasi tremare, stringe la sua tazza così forte da farsi sbiancare le dita.
Poi però sospira, scuote il capo, e prova a rivolgergli un nuovo sorriso che tuttavia stavolta non riesce a raggiungerle gli occhi.
“Hai ragione, Chat Noir. Ti auguro davvero che il tuo colloquio di lavoro vada per il meglio.”
“Grazie...”
“Trunks Brief è un buon presidente.”
“Lo conosci personalmente o hai solo letto l’articolo che lo nomina miglior scapolo dell’anno?”
Il vento le scompiglia i capelli, e Chat vorrebbe allungare la mano per metterglieli a posto, ma le mani di Ladybug sono più veloci.
“Né l’uno né l’altro,” gli risponde. “Ti basti sapere che lo so da una fonte certa.”
“Te lo ha bisbigliato all’orecchio una delle tue coccinelle, forse?”
Il pugno al braccio quella volta se lo merita tutto, insieme all’occhiata bieca e al sorriso – finalmente! – divertito e oh, così meravigliosamente bello! che riesce a strapparle.
“Ahia! Ho ancora bisogno del mio braccio per avere il lavoro, milady! Mi sembrava che facessi il tifo per me!”
“Se ci vai con un braccio rotto, forse potrai fargli abbastanza pena da farti assumere nonostante la tua boccaccia!”
“Ah-ah... divertente!”
“Mi raccomando, evita di fare il clown domani. Indossa giacca e cravatta, vai da un parrucchiere bravo, mettiti l’acqua di colonia.”
“Perché? È questo il tipo di impiegato che piace a Trunks Brief?”
 “Credo che questo sia il tipo di impiegato che piace a ogni presidente di una grande azienda, Chat.”
“Tranquilla, avrò quel lavoro!”
Goten non ne è per niente sicuro, ma Chat Noir può distruggere il mondo con un cataclisma, e allora perché Goten non può semplicemente ottenere il lavoro che merita?
Forse perché distruggere le cose è questione di un attimo, crearle e tenerle in vita invece è più complicato.
Ci vuole pazienza, ci vuole impegno, ci vuole fiducia.
E Goten è solo un ragazzo con le tasche piene di abbandono.
Forse è per questa ragione che stavolta Ladybug riesce a vedere al di là del suo bluff, della sua maschera da bravado.
La sua mano stringe la sua, ed è calda e morbida, così piccola che scompare completamente dentro la sua.
“Sono sicura di sì!” gli dice, e nel suo sorriso non c’è bugia, non c’è incertezza.
Lei crede in lui.
Crede in Chat Noir e forse anche nel ragazzo che si cela sotto la maschera.
Il cuore di Goten desidera talmente tanto averne conferma che finisce per chiederglielo, e Ladybug non molla la presa, il suo sorriso si tinge di tutte le sfumature più belle del mondo.
“Chat Noir non ha bisogni di altri complimenti per alimentare il suo ego, perciò, ragazzo sotto la maschera, lo sto dicendo proprio a te.”
“Grazie, ragazza sotto la maschera.”
“Prego.”
Quel giorno di Ottobre, Ladybug finisce la sua cioccolata insieme a lui, e solo quando il sole è ormai tramontato e il suo miraculous ha iniziato a rintoccare che lei sfugge via dal suo sguardo.
Portandosi via un altro pezzo del suo stupido cuore codardo.
 

3
 

Dopo la morte dei loro genitori, anche Trunks si era chiuso in se stesso, proprio come lei.
Aveva indossato la sua carica e aveva dichiarato al mondo che il fatto che avesse ventitré anni e sua madre fosse morta, non significava di certo che la Capsule Corporation sarebbe crollata a picco.
Lui era nato per essere il miglior presidente di sempre, e così si era gettato sul lavoro mettendo tutto se stesso e chiudendo fuori tutto il resto del mondo.
Con lei aveva alti e bassi.
Certe volte, riusciva ancora a essere il fratello maggiore che tanto amava. Altre il ruolo di tutore prendeva il sopravvento e per la sua Bura-bear c’erano solo regole e sguardi delusi o apprensivi.
“Ci sto provando davvero a mettere a posto le cose, Bura-bear, ci sto provando in ogni modo possibile...
“Lo so…”
Bra non può dargli colpa di niente.
Bulma e Vegeta avevano cresciuto il loro primogenito per essere un principe, ma a Trunks quella corona e quel titolo erano sempre stati troppo stretti.
Era un fardello difficile da sopportare, difficile era riuscire a fare tutto e non rimanere schiacciati sotto il peso continuo delle aspettative degli altri. Sorridere alle telecamere, rassicurare gli azionisti che tutto procedeva per il meglio, che la loro azienda era ancora forte come quando Bulma Brief ne teneva strette le redini, che la Città dell’Ovest era ancora loro da governare.
Suo fratello era diligente e stacanovista di natura, brillante e carismatico, e un tempo aveva avuto amici in ogni angolo e file lunghissime di fidanzate dietro la porta.
Ma da tre anni a quella parte, era sempre stato solo.
Con lei – come lei.
Per questo quando scopre che ha stretto amicizia con un certo Son Goten, un ragazzo che lavora nelle pubbliche relazione dell’azienda, Bra non può che esserne sorpresa.
Mentre Ladybug prima di essere felice, è sospettosa.
Ha paura che Falena Oscura possa approfittare della solitudine di suo fratello, che Son Goten non sia che un mezzo per ferirlo.
Ed è per il timore di questa eventualità che, per un po' di tempo, decide di spiarlo di nascosto.
Ladybug può permetterselo, Ladybug è nel giusto.
Scopre così che Son Goten abita in un monolocale all’estrema periferia della città, che non ha un auto e ogni mattina prende tre diversi mezzi pubblici per arrivare a lavoro.
Scopre così che è talmente sbadato da dimenticare la moca sul fuoco finché il caffè non erutta fuori, da dimenticare sempre l’ombrello in casa anche quando è sicuro che piova e da infilarsi la maglia al contrario quando è in ritardo.
Scopre così che ha un sorriso solare, una parola gentile per tutti i suoi vicini, una madre a cui telefona almeno tre volte al giorno.
Scopre così che, in fondo, forse suo fratello è solo stato fortunato. Forse le cose belle possono ancora accadere ai giovani Brief.
E scopre anche così che, nonostante si creda infallibile, in fondo non lo è.
“C’è un motivo per cui in questi giorni sono il sorvegliato speciale di Ladybug o devo iniziare a preoccuparmi?”
Son Goten la coglie alla sprovvista nel retro di una caffetteria.
Ha due tazze di cioccolata calda in mano, i capelli neri arruffati e il sorriso soddisfatto di chi ha messo il gatto nel sacco.
Bra – non Ladybug, Ladybug non può permettersi certe cose – arrossisce.
“È che… che...” balbettare non è da Ladybug, ma di certo essere timida e insicura è un tratto tipico di Bra, la ragazza che non ha amici, che non ha genitori, e che si nasconde dietro un alone di perfezione che non vuole e non esiste. “Beh, ecco, vedi… non chiedermi come lo so, perché lo so e basta: temevo che Falena Oscura ti avesse puntato come sua prossima vittima, e dovevo tenerti d’occhio!”
“Davvero?” il modo in cui Son Goten piega il viso di lato e inarca confuso il sopracciglio, per un attimo le sembra quasi familiare.
Ma poi ride, una fila di denti bianchi e splendenti, tanta luce e tanto calore che sembra accecarla.
“Accidenti! Meno male che ci sei tu allora a guardarmi le spalle, Ladybug! Tieni, l’avevo presa per farmi perdonare per qualsiasi malefatta tu mi avessi creduto responsabile, adesso invece è un pegno del mio ringraziamento per il tuo lavoro! Ti piace la panna, non è vero?”
Quando è in imbarazzo, Son Goten lascia scivolare la mano fra i capelli arruffati.
È tenero.
Bra lo pensa, non Ladybug. Il che fa ancora più strano. Il che è ancora più pericoloso.
“Sì, la panna sulla cioccolata calda mi piace.”
“Immaginavo... hai proprio la faccia di una a cui piace la cioccolata calda con la panna!”
Ladybug afferra la tazza di cioccolata e sorride.
Ricorda una Bra preadolescente che sfidava suo fratello maggiore a chi riusciva a spararsi più panna montata in bocca.
Trunks finiva sempre per perdere, rideva, le spalmava la panna sul viso.
“Forse dovrei chiamarti Bura-panna, invece di Bura-bear!”
Buffo.
Era da tanto che non riusciva più a ricordare quel periodo.
Era da tanto che non riusciva a ricordare com’era essere ancora solo umana.
“Ammetto che questo non me lo aveva ancora detto nessuno!” afferma e rivolge all’indirizzo di Son Goten un altro sorriso sincero.
Lui arrossisce, abbassa lo sguardo.
Ha occhi buoni, neri e luminosi, e le fossette ai lati delle sue guance hanno un qualcosa di attraente.
Ladybug di solito non presta attenzione a certe cose e Bra nemmeno. Nessuna delle due ne ha mai avuto il tempo.
Cos’ha allora di particolare questo ragazzo?
 “Beh... sai... ho un certo fiuto per queste cose...”
“Ah sì? Tipo uno Sherlock Holmes delle caffetterie? Sai forse dirmi quante zollette di zucchero metto nel mio caffè solo guardando la punta del mio naso?”
Son Goten ride, scuote il capo, e per un attimo, mentre alza di nuovo lo sguardo e lo punta con fermezza sul suo, Ladybug ha come l’impressione che sulla punta della sua lingua lui stia trattenendo tutte le risposte giuste a tutte le domande che lei potrebbe rivolgergli.
Non è possibile, lo sa, e allora...
Poi lui riabbassa gli occhi, l’incantesimo si spezza, e il tempo che solo un attimo prima pareva essersi fermato, ritorna di nuovo a scorrere loro intorno.
“Fino a qualche mese fa lavoravo in un bar, tutto qui...” le rivela, stringendosi nelle spalle come se si sentisse a disagio.
“Capisco...”
“Mi chiamo Goten, comunque. E tu sei... belliss- cioè… voglio dire... potentissima! Io… ecco... ti seguo sempre! Sui social media, ovviamente... non tipo… stalker… no, no... quello non si fa! Brutta, brutta roba… tu invece sei fantastica, ecco! Lucky Charm e tutto! Mitica! L’unica e sola!”
A Son Goten piace parlare tanto e, quando è nervoso, prende spesso a gesticolare freneticamente, e Ladybug sa bene che non dovrebbe ridere della sua imbranataggine, ma quella sera il mondo sembra per qualche incredibile miracolo essere in grado di tenersi al sicuro da solo, la luna brilla alta nel cielo, e l’aria profuma della cioccolata calda che lui le ha appena regalato.
Che male può farle, quindi, per una sola sera, provare a divertirsi un po' e a giocare al gatto con il topo?
“Grazie, sono Goten comunque.”
“Solo Goten.”
“Solo Goten.”
“Divertente, credevo che quello degli scherzi fosse la tua amichevole spalla di quartiere...”
“Magari il suo pessimo senso dell’umorismo deve avermi contagiata.”
“Pessimo? Oh... mmh... è davvero pessimo?”
“Beh, ammetto che di tanto in tanto è alquanto passabile. Di certo, con lui in giro, non ci si annoia mai.”
Uno scintillio furbetto brilla nel suo sguardo, qualcosa di intenso e vibrante che le fa venire la pelle d’oca.
A Ladybug e a Bra.
Stupida, stupida, ingenua Bra che adesso si domanda se Son Goten la guarderebbe mai con lo stesso sguardo vivo con cui adesso sembra guardare Ladybug, come se lei fosse il sole e la sua luce gli scotta le guance e lo spinge per l’imbarazzo a portarsi ancora la mano fra i capelli.
Stupida e ingenua Bra che si fa del male, perché sa già che non è così.
Già sa che, in confronto a Ladybug, lei non è niente di speciale. Non è un’eroina, non ha tutto sotto controllo, non è in grado nemmeno di salvare suo fratello.
“Capisco…” bisbiglia Goten e sembra pronto a farle un’altra domanda, quando i suoi orecchini cominciano a rintoccare.
Con il cuore in gola, Bra si ritrova ad alzare una mano per salutarlo – non Bra, Ladybug – e prova a tirar fuori qualcosa di abbastanza intelligente da dirgli. Qualcosa che non risulti forzato o civettuolo e... come diamine fa Chat Noir a non finire mai le frasi con cui flirtare?!
Perché Bura-bear, o Ladybug, o principessa, adesso vuoi metterti a flirtare?
La prende in giro la voce vellutata di Whis, tutta zucchero e malizia.
Chiudi il becco.
“Allora, grazie, Goten, per la cioccolata e... ecco... cerca di comportarti bene e di... evitare i guai...”
Evitare i guai?
“Sicuro! Sì, niente guai! Alla larga!” il modo nervoso in cui gesticola di continuo è divertente, il suo sorriso goffo è divertente, e chissà come scioglie pezzi di ghiaccio nel suo cuore.
Stupida. Stupida, Bra.
No, Ladybug.
Voi esseri umani siete così dolci...
Sul serio, Whis?
“Addio, Goten...”
Ora anche Ladybug ne è certa: Trunks non è così ingenuo da lasciar entrare persone a caso nella sua vita.
Nella loro vita.
Goten non poteva che essere speciale, se il Presidente della Capsule Corporation aveva deciso di aprire le porte del suo castello solo per lui.
E Bra si scopre improvvisamente invidiosa ed egoista, nello sperare che, forse, Son Goten sarebbe stato disposto a incrociare anche la sua strada, oltre che quella di suo fratello.
Sei una brava bambina, Bura-bear. È questo tutto ciò che vuoi sentirti dire?
Può darsi...
 

4
 

La Capsule Corporation, Trunks Brief, sono totalmente diversi da come Goten un tempo si era immaginato che fossero.
Si era aspettato un regno del terrore, con un dittatore al comando, severo, arrogante e perennemente con la puzza sotto il naso.
Si era aspettato di trasformarsi solo in un'altra formica operaia in quel vasto formichiere che era l’azienda più importante del mondo.
E invece...
“L’idea per l’ultima campagna pubblicitaria è stata tua?”
Trunks Brief aveva bussato alla porta del suo minuscolo ufficio un lunedì qualsiasi di una settimana qualsiasi.
Goten aveva occhiaie enormi sotto gli occhi, la lista della spesa attaccata con un post-it allo schermo del pc, e una pallina antistress che gli rimbalzava in mano e con cui faceva finta di schiacciare la testa di Falena Oscura.
Quando la chioma color glicine di Trunks aveva fatto capolino dalla sua porta, era così tanto immerso nei suoi pensieri fra Ladybug e miraculous da ritrovare, che per la sorpresa era sobbalzato sul posto, per poi alzarsi così di scatto dalla sedia da sbattere le ginocchia sul fondo della scrivania e farsi un male cane.
Che babbeo!
Grazie, Beerus-sama.
“Sì, signore sì!” aveva quasi urlato, mettendosi sull’attenti.
Trunks Brief – il Presidente Trunks Brief – gli aveva sorriso affabilmente, fermo in una posa completamente rilassata, con le mani affondate nelle tasche e i primi due bottini della camicia sbottonati.
“Non sono un generale, quello era mio padre.”
“Sì, mi scusi, signo-… ehmDottor BriefehmPresi-…”
“Solo Trunks, andrà benissimo!”
Oh, ok. Allora solo Goten andrà benissimo.”
“D’accordo, solo Goten...”
Si era seduto nel suo ufficio, avevano parlato un po' di tutto e, dopo qualche minuto, grazie al tono gentile e al sorriso amichevole con cui Trunks Brief sembrava essere capace di conquistare il mondo intero, Goten aveva iniziato a sentirsi totalmente a suo agio, dimenticandosi quasi che il ragazzo di fronte a lui fosse il nipote dell’uomo che, in poche parole, aveva creato internet.
La tua amica coccinella c’ha visto giusto anche stavolta, eh?
Ne dubitavi, forse?
Diventare suo amico era stato stranamente facile.
Dopo lunghi anni di solitudine, Goten sapeva di averne un assoluto bisogno, e forse anche Trunks, che pur essendo il gran capo era sempre il primo ad entrare in ufficio e l’ultimo ad uscire, e più di una volta gli aveva dato l’impressione di non avere una vita al di fuori di quelle mura.
Quando in una delle ormai innumerevoli pause pranzo che condividono glielo fa notare, il giovane Brief sospira pesantemente facendo sprofondare le dita fra i capelli.
“Capisco cosa intendi. Mia sorella continua a ripetermi la stessa cosa da mesi. Non ceniamo insieme da non ricordo più quanto tempo e ho mancato talmente tanti appuntamenti con lei che ormai ho smesso di tenere il conto. Le ho promesso che sarei andata a vederla suonare, a fine dicembre, spero che basti a farmi perdonare...”
Quella è la prima volta, da quando hanno iniziato a essere amici, che gli parla di lei.
Quando discutono dell’azienda o della città, alle volte gli sembra che Trunks sia davvero uno di quei Predestinati Infelici che pensava di essere nato solo per assolvere un unico destino: “Mia madre ha cercato di proteggere questa città fino alla fine, Goten. Io le ho promesso che avrei fatto altrettanto, che avrei fatto del mio meglio. Avrei rimesso le cose a posto, avrei protetto Bra.”
Goten – così come anche Chat Noir – sa bene che cosa significa stringere certe promesse.
“Quando mio padre se ne è andato, mi sono sentito anch’io così. Dovevo proteggere mia madre a tutti i costi.” gli confessa l’unica parte di verità che può, e con sgomento si rende conto che è la prima volta che riesce a parlare di questo argomento con qualcuno, è la prima volta che prova a ricordare Goku.
Non ci riesce.
“Tu te li ricordi i tuoi genitori?”
“Sì...”
“Vorresti mai dimenticarli?”
“Anche se lo volessi, non potrei.” dice.
Non c’è bisogno di essere dei supereroi per indossare una maschera, Goten lo sa bene, tutti le persone ne indossano una.
Trunks, ogni giorno, indossa quella che il suo cognome gli ha imposto ed è così bravo nel interpretare il suo ruolo, che persino lui all’inizio non era stato in grado di distinguere il Presidente dal ragazzo.
Ma tutti hanno un punto debole, e quello di Trunks è Bra Brief.
Solo quando parla della sua sorellina, Trunks smette di essere del tutto il Presidente. Solo quando parla di Bra, è come se il giovane Brief ritornasse a essere completamente umano.
Goten è un po' invidioso, avrebbe voluto che Gohan lo avesse amato tanto, invece suo fratello si era buttato a capofitto nelle sue ricerche e… quand’era stata l’ultima volta che lo aveva sentito o visto?
Non riusciva a ricordarlo.
Bra, invece, è in ogni parola gentile, in ogni sguardo ammirato di Trunks.
“Sembra una ragazza davvero incredibile...” ammicca.
“Lo è, lei è perfetta.
Goten sorride e fa spallucce, mentre la parola perfetta non può che portargli alla mente ancora e ancora solo Ladybug.
Ladybug a cui Goten – non Chat Noir – aveva offerto una cioccolata calda.
Ladybug che aveva riso e scherzato con lui, in un vicolo dietro una caffetteria, con le luci della città riflesse sul suo volto perfetto.
Com’era stato eccitante e allo stesso tempo terrificante parlare usando solo la voce di Goten, essendo solo Goten, senza la maschera di Chat Noir a proteggerlo, senza il suo costume che impedisce ogni giorno agli occhi di lei di vedere i vestiti usati che indossa perché non può permettersi altro.
Ladybug che era rimasta comunque con lui fino a che il suo miraculous non l’aveva richiamata alla sua realtà, e oh... quanto era stato tentato di seguirla, quanto era stato tentato di dirle resta, di dirle io sono lui, adesso lo sai, e tu invece chi sei, ti prego dimmelo...
Togliersela dalla testa è difficile.
Prova a parlarne con Trunks.
“Sei mai stato innamorato?” gli chiede.
Trunks scuote il capo “Non ho mai avuto il tempo. E tu?”
“Ecco...” ora che può dirlo, ora che finalmente ha un amico a cui confessarlo, Goten esita, Goten non riesce a trovare le parole giuste.
“Io...”
“Penso che l’amore abbia un potere distruttivo sulle persone” Trunks ferma la sua confessione; il suo sguardo color del cielo adesso pare perduto, pare ghiaccio sotto al quale sotto scorre un oceano di oscurità. “Alle volte penso che avrei sofferto molto di meno, se solo non avessi mai amato e basta...”
“Mi dispiace tanto, Trunks.”
“No, dispiace a me.”
“Per cosa?”
“Per tutto... io... niente, lascia perdere. Parliamo di altro, ti va? Ad esempio, hai impegni per la vigilia di Natale?”
“Devo andare a trovare mia madre, perché?”
“E la sera prima? Vorrei invitarti a casa mia per cenare con me e Bra, ti andrebbe?”
“Certo! Perché no? Il 23 Dicembre sono libero!”
“Perfetto! Ti chiedo solo una cosa, Goten...”
“Dimmi...”
“Non innamorarti di mia sorella, d’accordo?”
“NON POTREI MAI!”
Trunks ride e ride e ride fino a farsi venire le lacrime agli occhi, e Goten non capisce se sia per via del modo in cui gli aveva urlato contro quella risposta, scattando in piedi dalla sua sedia, o per essere caduto nel suo scherzo, o per altro.
Ma quando Trunks si riprende e torna a fissarlo, gli sembra che l’ombra oscura di poco prima si sia infine dissipata, e che adesso, forse, ci sia un po' di speranza.
“Ok! Allora ci vediamo sabato prossimo alle 20 a casa mia!”
Goten accetta, prega che proprio quella sera Falena Oscura non venga a rompergli le uova nel paniere e poi inizia a farsi salire l’ansia perché... Benedetto Kami! Che cosa porti a una cena di famiglia di due miliardari?!
Un vino? Che vino? E Bra Brief ha solo diciott’anni, quindi forse è meglio evitare... Una scatola di cioccolatini, allora? Ma quali?
Per tutti gli Dei, ragazzo, sei proprio un caso disperato!
Grazie, Beerus-sama.
Per un po' è bello, non pensare solo a Ladybug, non avere più paura dello sfratto, di essere finalmente riuscito a mettere in ordine alcune cose della sua vita.
Ma poi, le sirene della polizia lo richiamo all’ordine, la voce di Falena Oscura vibra in tutto la città con le sue minacce, ed è di nuovo tempo di mettere da parte Goten per tornare a essere Chat Noir.
Di tanto in tanto, si sorprende a pensare che tornare a essere Goten, dopo ogni missione, non è più pesante come prima. E che l’unico motivo che per cui indossare la maschera continua a piacergli, è il pensiero che, quando andrà in azione, Ladybug sarà lì ad accoglierlo.
E alla fine è proprio durante uno dei suoi giri di ronda come Chat Noir che finisce per conoscere indirettamente anche Bra Brief, due giorni prima dell’appuntamento fissato con Trunks.
Il suo sesto senso avverte un’aura oscura provenire dai quartieri alti, così la segue, nella speranza di fermare l’akuma prima che arrivi a colpire il suo bersaglio.  
Peccato che, una volta individuata la fonte di energia negativa, si ritrova spettatore di una scena alla quale non avrebbe dovuto assistere.
Nel parcheggio riservato del Teatro Maggiore della Città, l’autista del Presidente della Capsula Corporation porge un bouquet di fiori alla giovane Miss Brief.
Con una tiara di perle fra i capelli turchini, le labbra colorate d’amaranto e un tubino di velluto nero ad avvolgerla, Bra Brief sembra davvero appena uscita fuori da un libro di fiabe: la principessa triste di un racconto triste. Talmente bella da lasciarlo a bocca aperta.
“Non è venuto neanche questa volta...” può sentirle dire, mentre accetta il bouquet di rose che l’autista le sta porgendo.
Chat Noir nota che in una delle mani guantate stringe la custodia di un violino e ricorda che sì, in effetti Trunks gli aveva accennato che di lì a poco la sua sorellina avrebbe tenuto un concerto, alla quale lui aveva promesso di andare.
Ma a quanto pare, essere il Messia della Capsule Corporation non significa essere anche in grado di saper mantenere tutte le promesse.
“Il presidente era veramente dispiaciuto, signorina. Ma ha ricevuto una chiamata urgente dal consiglio d’amministrazione e...”
“Non importa...” minimizza la ragazza, gli occhi puntati a terra, le dita tremano mentre stringe il gambo delle sue rose.
“Era solo un concerto. È tutto ok, Pilaf.”
“Volete per caso che vi accompagni da qualche parte?”
L’autista sembra quasi più mortificato di quanto Goten abbia mai visto Trunks e, pur conoscendo l’indole perfezionista del suo amico, adesso Chat Noir vorrebbe tanto poterlo prendere a sberle.
Da dietro il suo nascondiglio può osservare Bra Brief mentre prova ad abbozzare un sorriso, per poi aprire lo sportello dell’auto e lasciare all’interno il mazzo di fiori e il violino.
“In realtà, gradirei fare una passeggiata da sola.” il suo tono è cortese ma autoritario, e riesce in maniera quasi comica a mandare totalmente nel panico l’ometto di fronte a lei.
“No, signorina, no! Lo sapete! Vostro fratello ci ha dato degli ordini! Voi… non avete il permesso, mi spiace, è tardi, non potete stare fuori da sola!”
Chat Noir è abbastanza vicino da notare la giovane ruotare gli occhi al cielo, prima di prendere fiato e provare a rassicurare l’autista.
“Per favore! Sono solo pochi isolati. Starò bene.”
Il suo tono sembra a Chat Noir più esasperato che principesco, e non c’è bisogno di avere chissà quale superpotere per rendersi conto che quella sera Bra Brief sembra stare tutto fuorché bene.
E Chat Noir – no, Goten –  capisce immediatamente il perché.
Quante volte aveva sperato che Gohan gli chiamasse, che Goku tornasse e nessuno si era più fatto vivo?
Forse è perché è stato un adolescente solo e abbandonato anche lui, che riesce a riconoscere le crepe sulla maschera della principessa di ghiaccio della Città dell’Ovest, anche se lei in quel momento sembra star facendo di tutto per apparire il più distaccata e indifferente possibile alla delusione che Trunks le aveva appena inflitto.
Pilaf alla fine si lascia convincere dalla sua messinscena, le dice: “Se non tornate entro mezz’ora vengo a cercarvi!” e poi si infila nella sua limo e sparisce nel traffico.
Solo allora, in quel parcheggio ormai vuoto, Bra Brief si permette di cedere: il sorriso che aveva cucito sulle sue labbra si strappa, le lacrime sgorgano dagli occhi, i pugni si stringono lungo i fianchi e la rabbia le colora le guance e oh no...
L’aura nera è la sua!
È una realizzazione che per qualche motivo manda Chat Noir quasi del tutto nel panico.
Ancora nascosto dietro uno delle auto del parcheggio, inizia a guardarsi in giro in maniera nervosa, temendo di veder sbucare da un momento all’altro le ali nere di una piccola akuma.
Non ce ne sono, ma il dolore di Bra Brief è così palpabile nell’aria che gli sembra di sentirselo addosso, premergli dentro fino a soffocarlo.
Si dice che è per evitare che Bra Brief diventa un’altra povera vittima di Falena Oscura, che Chat Noir dedice di intervenire, balzando fuori dal suo nascondiglio fino a raggiungerla, nella speranza, così sciocca, che possa bastare solo la sua presenza per debellare l’oscurità dal cuore di lei.
“Serve una mano, principessa?”
“WAH!”
Nonostante i suoi presunti sensi super sviluppati, il gancio destro dell’apparentemente indifesa e delicata principessa dell’Ovest lo colpisce con talmente tanta forza in pieno viso da far fare alla sua faccia un giro di 90° gradi.
Ok, forse arrivarle così all’improvviso alle spalle non è stata proprio la più brillante delle idee.
La tua perspicacia non finirà mai di stupirmi, ragazzo.
Grazie, Beerus-sama.
“OH BENEDETTO KAMI! Chat Noir, mi spiace! Non mi ero accorta che fossi tu! Mi hai presa alla sprovvista e… non ti ho rotto niente, vero?”
Non appena si accerta che la sua mandibola non sia slogata, l’eroico, insuperabile, straordinario Chat Noir si lascia scappare un: “Porco gatto…” davvero molto poco affascinante.
Con la coda dell’occhio, nota Bra Brief arrossire prima di esibirsi in una buffa espressione di scuse, con il nasino arricciato e un sorriso tutto denti.
È un po' tenera, pensa, divertito.
“Ma chi ti ha insegnato a tirare pugni così?” le chiede, ogni galanteria totalmente dimenticata, mentre lei si morde il labbro inferiore e si stringe nelle spalle.
Il suo viso è ancora arrossato e rigato di lacrime, ma Chat Noir si accorge con piacere (adesso che sa di avere ancora tutti i denti attaccati alle gengive), che l’aura nera di poco prima sembra aver smesso di circondarla.
Nell’attimo in cui tira un sospiro di sollievo, ne sente uno gemello che sfugge anche dalle labbra della Brief, prima che quest’ultima avanzi verso le scale dell’uscita del retro del teatro e si sieda lì, portandosi le ginocchia al petto.
“Mio padre era un generale dell’esercito. Mi ha insegnato prima a fare a botte che ad andare in bicicletta.”
“Oh...”
Non c’è motivo per cui lei gliene parli.
Non c’è motivo per cui adesso si volti a guardarlo con un sorriso così triste e dolce che Chat Noir – no, Goten – può sentire il suo cuore tremare e tutto il resto del mondo sparire.
Si dice che è solo perché ha paura che la sua aura torni oscura, che si siede accanto a lei.
Si dice che è solo perché vuole tenere al sicuro la città, che desidera riuscire a portarle via tutta la tristezza che le legge negli occhi.
“Devono mancarti molto i tuoi genitori...” bisbiglia, ripensando alle parole di Trunks, al suo non riesco a dimenticarli, che tanto sembra tormentarlo.
 “Sì...” gli risponde lei, la voce strozzata in gola.
Chat Noir è un supereroe, e un tempo il piccolo Son Goten era convinto che un supereroe potesse fare tutto, ma si sbagliava.
Perché adesso non sa come riuscire ad arginare tutto il dolore che scuote il piccolo corpo di Bra Brief, mentre lei tira respiri profondi, nasconde il viso fra le mani e tenta con tutta se stessa di riprendere il controllo delle sue emozioni.
Ma gli argini si sono aperti e lei non sa come fermarli.
Questo Goten lo capisce, Goten lo sa bene: anche lui un tempo aveva represso tutto perché curare il dolore di sua madre aveva la priorità sul curare il suo.
Prova allora a dirle ciò che un tempo avrebbe voluto che Gohan dicesse a lui.
Quel minuscolo ma essenziale sono fiero di te che non aveva mai udito.
“Scommetto che sarebbero stati molto orgogliosi di te, stasera, nel vederti esibire qui a teatro.”
Prendendolo totalmente alla sprovvista, Bra Brief scuote il capo e ride, apparendogli per la prima volta come la diciottenne che è, invece che come una sorta di divinità caduta.
“Si sarebbero annoiati a morte, a dire il vero.” gli spiega, scrollando le spalle come a voler di nuovo minimizzare il tutto “nessuno dei due ha mai voluto che io sprecassi il mio tempo con la musica.”
“Perché?”
Bra allunga solo un angolo delle labbra, poi sfila via la tiara di perle dai suoi capelli e inizia a raccontare, rigirandosi l’oggetto fra le dita: “I miei genitori non hanno mai avuto tempo da perdere con semplici hobby. Troppo pratici, troppo ambiziosi. Non c’era motivo, secondo loro, nel dedicarsi a un’attività che non aveva modo di accrescere il potere della famiglia. La prima volta che sentii qualcuno suonare il violino fu a una cena di gala, avevo otto anni e vedendo questa ragazza suonare ne rimasi incantata. Così andai da mia madre e le chiesi se potessi imparare anch’io. Vuoi sapere quale fu la risposta dalla splendida, geniale Bulma Brief?”
Il suo sguardo azzurro incrocia il suo e Chat Noir non sa darsi un perché – e Goten nemmeno –, ma è come se Bra gli stesse raccontando un film che ha già visto.
Annuisce e allora lei va avanti.
“Mi rispose: a quale scopo ti serve impararlo, tesoro? Avevo otto anni, capisci? E nessun fine in mente se non quello di fare qualcosa di bello, qualcosa che mi piacesse, e mia madre mi fissò come se avessi avuto l’idea più stupida di sempre.”
“Come hai fatto a imparare, allora?”
Il sorriso nostalgico che le piega le labbra riesce a fargli male più del pugno che poco prima lo aveva quasi messo al tappeto.
Trunks. Lui mi ha portato al mio primo concerto di musica classica. Lui mi ha comprato il mio primo violino. Lui ha trovato un maestro privato per me, che pagava con i soldi della sua paghetta. È così che è cominciato tutto… il mio fratellone che teneva questo segreto per me, che mi diceva che potevo fare tutto, essere tutto...” sospira, con dita tremanti si asciuga le lacrime che continuano a sfuggirle prepotentemente dagli occhi, mentre Chat Noir resta senza parole a guardarla.
“Poi i miei l’hanno scoperto, e allora, per convincerli a iscrivermi al Conservatorio, mi sono esibita per loro. Quando ho chiesto a mio padre se gli fosse piaciuto il mio pezzo, lui mi ha risposto: questa roba può piacermi solo se sei tu a suonarla. Ecco, questi erano i miei genitori.”
Per qualche strana ragione, Chat Noir non fa fatica a immaginarseli: Bulma e Vegeta Brief, mani sui fianchi e braccia incrociate in mezzo al salone di casa, mentre si scambiano piani per il dominio del mondo con solo uno sguardo e poi decidono che ok, va bene, possono concedere alla loro piccola principessa di avere i suoi ingenui passatempi.
La scena gli appare dinanzi agli occhi in maniera così limpida che per un istante a Chat Noir – no, a Goten – sembra quasi venuta fuori da uno dei suoi ricordi.
Ma non può essere, e allora scuote il capo e poi, senza pensare, stringe le dita di Bra Brief fra le sue.
“Mi dispiace davvero che tuo fratello questa sera non sia venuto...”
Bra ritira via le dita con un sussulto, quasi spaventata, e poi sfugge ai suoi occhi puntando lo sguardo altrove e riprova a indossare la sua armatura raddrizzando le spalle “Hai sentito, allora...”
“Sì.”
“Non era un evento così importante!” afferma piccata, forse per convincere più lei che lui. “Non ero nemmeno il primo violino. È solo che... ecco... certe volte lui mi manca, mi manca il fratello che avevo prima...”
Fra le ciglia frementi e imperlate di lacrime cerca il suo sguardo quasi con timore, quasi temendo un rifiuto anche da parte sua.
Non lo trova e lascia allora che l’armatura di ghiaccio le scivoli di nuovo via insieme all’ultima parte della sua confessione.
“È una cosa davvero molto cattiva da dire, non pensi, Chat Noir? È così. Ora lo sai anche tu. Io sono solo una ragazzina debole, cattiva ed egoista. Trunks ha rinunciato a tutti i suoi sogni per essere il presidente che mia madre voleva, e io invece di essergli grata, sono qui a lamentarmi e sputare veleno su di loro.”
Goten sa che cosa significhi convivere con i propri demoni.
Ha provato per tanto tempo ad assomigliare prima a suo padre e poi a suo fratello, fino a quando non si è reso conto che vivere di fantasmi non avrebbe aiutato né lui, né sua madre.
E allora aveva preso un autobus, aveva salutato le sue montagne, e aveva almeno tentato di costruirsi una vita migliore da un’altra parte.
Lasciarsi indietro le persone, così come desiderare di essere amati, non significa essere sbagliati o deboli.
Significa solo rendersi conto di avere un valore oltre quello di riempire i vuoti lasciati dagli altri.
Ti aiuterò io, vorrebbe dirle, ma non con la voce, con gli occhi, con l’aspetto di Chat Noir, ma con quelli di Goten.
Forse può. Forse, persino Ladybug sarebbe d’accordo con lui, per una volta.
“Ascoltami bene, Bra Brief.” il suo tono così risoluto riesce a cogliere alla sprovvista non solo se stesso, ma anche lei, che alza finalmente gli occhi dalle braccia in cui aveva sprofondato il viso per incastrarli nei suoi.
“È vero, a tuo fratello è toccato un compito difficile! Lo so! Lo capisco! Ma questo non significa, né gli dà il diritto di farti sentire come se la Capsule Corporation valga più di te. Questo non lo accetto. Questo non è giusto.”
Bra tira su con il naso, non riesce più a reggere il suo sguardo: “Ma lui lo fa per me...”
“Allora, lo sta facendo male!”
“N-no...”
“Sì, è così. Ma non preoccuparti, perché me ne occuperò io!”
Il modo in cui strabuzza gli occhi e lo fissa come se gli fossero spuntate due corna sulla testa, riesce persino a farlo sorridere: “Tu? E che cosa pensi di fare, Chat Noir? Andare da mio fratello con il tuo costume e dirgli di mantenere le sue promesse?”
Chat Noir si porta una mano fra la chioma bionda e trasforma così il tic nervoso di Goten in un gesto puramente carismatico: “Esatto! Proprio così!”
È la verità, dettagli se poi farà in modo che sia Goten a dire al suo amico testa-di-capra Trunks Brief di smetterla per una volta di essere il golden boy e comportarsi da essere umano!
A differenza del sorriso felice che sperava di strapparle, la vede inarcare un sopracciglio in maniera sospettosa – stranamente familiare – prima di dirgli in tono fin troppo ironico: “Sì, certo. Voglio proprio vederlo...”
Chat Noir si porta oltraggiato una mano sul cuore con fare melodrammatico: “Guarda che sono serio!”
“Sono seria anche io.”
“No, tu non lo sei.”
“E tu non puoi minacciare la gente così! Non è un comportamento molto eroico...”
“Lo è, se usato a fin di bene!”
Bra Brief fa ruotare gli occhi al cielo ed emette un grugnito molto poco principesco, prima di alzarsi in piedi con ritrovata determinazione.
“Non minaccerai mio fratello, Chat Noir!”
“Perché no?”
“Perché gli voglio bene. E perché sono sicura che Ladybug non sarebbe affatto contenta del tuo comportamento!”
Stavolta la mano che parte a scompigliargli i capelli è proprio quella di Goten.
Ma è Chat Noir quello che si alza e dà di gomito a Bra Brief e poi cerca di mostrarle il suo sorriso più affasciante.
E lei arrossisce, e la cosa lo rende alquanto fiero di sé.
“D’accordo, principessa. Niente minacce, concedimi allora di migliorare la tua serata in un altro modo...”
Stavolta il suo charme va a segno, ed ecco che il primo, bellissimo sorriso di Bra Brief lo colpisce al petto con la forza di un Big Bang, cancellando ogni altra cosa al mondo eccetto lei.
Dovremmo andar via... gli ricorda Beerus, stranamente cupo.
Non ancora.
“Che cos’hai in mente, adesso, Chat Noir?”
“Allora, dimmi, per caso alle principesse piace la cioccolata calda?”
Bra si porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in imbarazzo.
“Alle principesse non lo so, ma a me sì...”
“Molto bene! Andiamo!”
Le porge la mano, e Bra fa saettare indecisa i suoi occhi azzurrissimi fra il suo viso e le dita protese.
Chat Noir è quasi certo che, in una maniera molto simile a Ladybug, lo sguardo intelligente di Bra Brief stia cercando di riunire i frammenti di un puzzle per risolvere il suo mistero.
Dovrebbe andarsene, correre al riparo.
Invece aspetta, trepidante, e alla fine le labbra di Bra si piegano in un sorriso affettuoso e le sue dita stringono le sue.
Entrare dentro il Teatro e trovare il banco bar al suo interno è un gioco da ragazzi per lui.
Difficile, invece, è dover lasciare la stretta sulla mano di Bra Brief quando fa il giro del bancone.
“Sai come si prepara una cioccolata calda?” gli chiede lei, curiosa, mentre prende posto su uno sgabello di fronte a lui.
Chat Noir mette sul tavolo tutti gli ingredienti e gli mostra il sorriso felino più accattivante del suo repertorio.
“Certamente, principessa! Questo gatto ha nove vite, e in una di queste lavorava in un bar!”
“Addirittura...” scherza lei, puntando i gomiti sul tavolo e appoggiando il mento sulle mani, pensierosa.
Restano in silenzio a scambiarsi sguardi di sfida, fino a quando lui non le mette la sua tazza davanti.
Doppia panna e una spruzzata di cannella.
Voilà, edizione speciale di Natale di Chat Noir!”
Quando Bra ride, sembra che intere costellazioni le esplodano negli occhi, e Chat fa fatica a tenere a bada il tumulto di emozioni che all’improvviso pervade il corpo di Goten.
La giovane Brief affonda il suo cucchiaino nella tazza, poi come colta da un’improvvisa folgorazione gli chiede: “Dimmi, Chat Noir, ho forse la faccia di una a cui piace la panna?”
Non ha idea di come interpretare la sua domanda, anche se la frase è in grado di far suonare un campanellino d’allarme nella sua memoria.
“Un po' sì, perché?”
Le sue guance si imporporano, scuote il capo in imbarazzo, evita di guardarlo mentre beve la sua cioccolata.
“Niente, così...”
Sta per chiedere qualche spiegazione in più, ma poi lei ritorna a guardarlo con occhi grandi e dolci, che sembrano voler perforare non solo la sua maschera ma anche il suo stupido, stupido, cuore.
“Sei un bravo ragazzo...” gli dice.
Chat Noir tira fuori il petto, le regala un occhiolino complice: “Lo so, sono un eroe fantastico!”
Bra ride e scuote il capo, illumina il mondo con una luce tutta sua.
“Non parlavo a te, Chat! In verità, credo che tu non dovresti distrarti mentre sei di ronda, parlavo con il ragazzo sotto la maschera.”
“Oh...”
Goten non è abituato ai complimenti, non è abituato a essere visto.
Resta in silenzio, confuso, chiedendosi come sia possibile che una ragazza appena conosciuta possa avere tutto quel potere su di lui.
“Non eri tenuto a stare con me, a essere gentile, ad ascoltarmi, eppure sei rimasto lo stesso.”
“Sei una brava ragazza anche tu...” è l’unica verità che riesce a tirare fuori, mentre tutto il suo corpo sembra divorato da uno strano ma non estraneo desiderio. Le sue dita appoggiate al bancone sono così vicine a quelle di lei che può sentirne il calore.
Bra sorride in modo triste e lo guarda come se non riuscisse a credergli, poi abbassa un attimo gli occhi e Chat Noir già ne sente la mancanza.
Andiamo via, ragazzo...
No.
“Non penso di essere stata una buona compagnia stasera...” sussurra timida, ancora una volta solo la ragazza fragile dietro la principessa di ghiaccio.
“Non avrei potuto averne una migliore.”
“Scommetto che lo dici a tutte le ragazze...”
“Solo a quelle più carine...”
È grato che lei gli abbia fornito un escamotage per alleggerire la tensione, tornare nel suo personaggio.
Chat Noir riesce a farla ridere, Chat Noir adesso può accarezzarle le dita, piano.
Goten avrebbe potuto?
“Che cliché, Chat Noir, che cliché...”
“Sì, questo me lo hanno già detto...”
Goten... Chat Noir... avrebbero potuto dimenticare Ladybug?
  

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Goten si presenta al loro appuntamento stranamente puntuale.
Ha noleggiato un auto per venire fino a casa loro, perché l’indomani lo aspetta un viaggio di sette ore in autostrada per raggiungere sua madre.
Sta piovendo, e lui ha dimenticato l’ombrello a casa come sempre, e ora cerca di vedere se l’azienda gliene ha messo per caso uno in dotazione dentro l’automobile.
Ma non ne ha bisogno. Perché Bra lo ha visto arrivare, e allora è corsa fuori di casa con il suo ombrello, bussa sul finestrino per attirare la sua attenzione e aiutarlo.
Lui scende, si scusa, si porta una mano fra i capelli a disagio, mentre con l’altra stringe una busta regalo.
“Mi chiamo Goten...” si presenta, non distogliendo mai lo sguardo da quello di lei.
“Io sono Bra.” gli risponde, arrossisce, forse perché è tanto vicina a Goten da essere quasi premuta contro il suo petto.
In uno dei tanti tempi in cui ha viaggiato, il suo migliore amico gli aveva detto che una volta incontrata, si era sentito come se Bra fosse sempre stata una parte di lui. Come se l’avesse cercata per tanto tempo, e infine eccola lì, la ragazza che tanto aveva aspettato.
È sempre stato un romantico, Goten.
E Trunks si era divertito spesso a prenderlo in giro proprio per questo motivo.
Mentre camminano insieme, spalla a spalla, nel vialetto fino alla porta di ingresso, Goten rischia di scivolare a terra almeno tre volte, e Bra è sempre pronta a sorreggerlo per un braccio per evitare che accada.
“Sono proprio un disastro, scusami.” le dice, e lei gli sorride in quel suo modo speciale che ha di far scomparire tutto il mondo con la sua luce.
“È tutto ok, Goten.”
Una volta dentro casa, lui le chiede: “Dov’è Trunks?” e lei gli risponde: “Ha chiamato poco fa, pare che ci sia un problema in uno dei laboratori...”
Goten annuisce e poi inizia a guardarsi in giro a bocca aperta, ammirando quelle stanze in cui lui non lo sa, ma in verità c’è già stato tante volte, in verità c’è anche cresciuto.
Goten non lo ricorda, ma Trunks sì.
Quando Bra gli fa cenno di poggiare le sue cose all’ingresso, lui si rammenda della busta regalo e gliela porge.
“Non dovevi...” dice lei.
“Scherzi? È il minimo...”
Intanto che il loro ospite si toglie il giubbotto e la sciarpa, Bra spacchetta il suo regalo.
È un cesto pieno di tanti filtri diversi per fare le cioccolate calde, più un set di tazze dai buffi disegni natalizi.
Bra osserva quella cesta nelle sue mani come se Goten le avesse appena regalato la Luna.
Il suo sguardo intelligente è attraversato da mille emozioni, mille domande, mille speranze che le esplodono negli occhi come fuochi d’artificio.
Goten la osserva visibilmente trepidante, e quando lei alza il viso e gli sorride e lo guarda come se il mondo iniziasse e finisse in quell’istante, riprende fiato come se un peso invisibile gli fosse appena scivolato giù dal petto.
Forse è allora che per la prima volta riescono a vedere chi si cela sotto la maschera, o forse no.
“Grazie. Lo adoro.” gli dice Bra, raggiante.
Goten arrossisce, schiude le labbra come un idiota, e anche mentre l’osserva tramite le sue telecamere, seduto dentro il suo laboratorio, Trunks può quasi sentire gli ingranaggi del suo cervello andare in tilt.
“Prego...”
“Posso offrirtene una?” 
Lui esita, e allora Bra aggiunge: “Se conosco mio fratello, ne avrà ancora per un po'. Quindi non corriamo il rischio di rovinarci l’appetito per la cena.”
Non può resisterle, ovviamente. Nessuno può.
La sua dolce, bellissima, incredibile sorellina, capace di mettere in ginocchio con i suoi sorrisi persino il grande e terribile Vegeta.
Goten non ha mai avuto alcuna chance.
In un certo senso, non è nemmeno colpa sua.
È il destino ad essere sempre stato contro ognuno di loro.
Trunks lo sa bene.
Non incolpa loro, incolpa se stesso.
Incolpa il se stesso del passato che non aveva fatto in tempo a salvare il mondo e tutti coloro che amava quando l’oscurità era calata sulla Terra, riducendola in un inferno di fuoco, in un cimitero di ossa.
E incolpa il se stesso di tutti gli universi in cui è stato Falena Oscura, per non essere mai stato in grado di capire l’origine dell’apocalisse, anzi, di averli condotti sempre, ognuno di loro, a un passo dalla fine, senza mai riuscire a evitarlo.
“Avevi ragione tu...” bisbiglia Hopp, il miraculous del coniglio, seduto sulla sua spalla destra, mentre insieme osservano Bra e Goten dividersi una cioccolata calda, cercare ogni scusa per toccarsi, le dita di lui che rubano lo sbuffo di panna dal naso di lei, le dita di lei che gli aggiustano il nodo della cravatta.
“Sono loro...”
Trunks annuisce, e si domanda che cosa sarebbe successo se solo in un’altra vita lui fosse arrivato puntuale a quella cena.
 Le cose sarebbero ancora potute andare in maniera diversa? Avrebbe potuto salvarli?
“Se lo sapevi già, perché hai permesso che succedesse di nuovo?” gli chiede Hopp, ma tutto ciò che riceve è solo lo sbuffo scocciato di Zamasu, il miraculous della farfalla che svolazza alla sua sinistra.
“Perché Falena Oscura ha un piano, naturalmente, come sempre.”
Trunks si sfila gli occhiali dal naso e spegne le telecamere.
Ha già visto abbastanza e la verità (ciò che persino i kwami ignorano) è che non può evitare che accada.
In ogni tempo e in ogni universo in cui ha viaggiato, Bra e Goten finiscono sempre per innamorarsi l’uno dell’altra.
E la Terra, nonostante tutti i suoi tentativi (tra cui pure quello di sottrarre i loro veri ricordi del passato), finisce sempre per cadere vittima di in un caos di morte e distruzione.
E Trunks non sa mai chi fra loro tre, alla fine, sia l’ultimo a scagliare l’attacco finale.
“Finiamo quello che abbiamo cominciato, ragazzo.” gli ricorda Zamasu, ammiccando in direzione delle bare in cui da anni lascia che tutti i suoi cari riposino. “Tu sei pronto, Dende?”
Il kwami del pavone non riesce a guardarlo negli occhi, galleggia nell’oscurità in cui Trunks lo ha rilegato.
Un tempo, Bra e Goten erano anche suoi amici.
Un tempo – quello da cui in verità tutti loro provengono – Trunks gli aveva detto: “Non posso credere che il mio migliore amico si sia innamorato di mia sorella!”
Dende aveva riso, gli aveva dato una pacca sulla spalla e poi aveva aggiunto: “Non prendertela, Trunks, ma a dire il vero tu eri l’unico a non averlo capito.”
Forse è perché li ha sempre amati troppo entrambi che, ogni volta, in ogni universo e in ogni tempo, si rifiuta di credere che siano loro i suoi nemici fino a quando non è troppo tardi.
Ha provato a portare Chat Noir dalla sua parte, ha supplicato Goten di credergli: rimetterò le cose a posto come prima, tu consegnami Ladybug.
Ha provato a portare Ladybug dalla sua parte, ha mostrato a Bra il suo laboratorio, le bare, e le ha detto: lo vedi, adesso, per chi lo sto facendo? Dimmi chi è Chat Noir! Aiutami!
Non era mai servito a niente.
Nel suo dolore, Chat Blanc aveva distrutto la Terra con uno dei suoi Hakai.
Nella sua disperazione, e nella speranza che, eliminandosi dall’equazione, Bra potesse salvare tutti loro, Falena Oscura e Chat Noir avevano combattuto fra loro facendo precipitare comunque l’interno pianeta nell’oblio.
Non poteva dividerli. E non poteva nemmeno permettere loro di stare insieme.
“Trunks...” il tono di Dende è stanco, lo guarda e gli chiede scusa, gli si avvicina e si appoggia alla spilla a forma di violino che tiene sempre all’altezza del suo cuore.
Non puoi riportare tutti in vita... gli dice.
Ma Trunks è il prescelto, il Messia della Città dell’Ovest.
Lui può fare tutto.
È così! Deve essere per forza così!
Troverà una scappatoia, gli serve solo che Ladybug e Chat Noir gli ridiano i loro miraculous.
Si alza dalla sua sedia, aggiusta il miraculous della farfalla appena sotto la sua cravatta, con un cenno indica a Dende di ritornare al suo posto.
“Sbrighiamoci!” afferma, nella speranza che il suo tono esca fuori spietato come quello che un tempo aveva usato suo padre.
“Abbiamo un’apocalisse da evitare fra meno di un paio d'ore.”
 
 
 


FINE
 
 
 




N/A: all’inizio, questa doveva essere solo un’AU natalizia e romantica, 4+1, con Bra e Goten che scoprivano di amare tutte le loro personalità nascoste, si bevevano un’ultima cioccolata insieme e poi vissero per sempre felice e contenti.
Ma sarebbe stato troppo chiedere al mio cervello di non metterci dentro apocalissi, personaggi di dubbia moralità e un finale aperto.
Perciò, dico a chiunque sia arrivato a leggere fino a qui, che mi dispiace, ma ti sei beccato come me questo finale discutibile!
Trunks è in quella fase che passano un po' tutti i villain nella vita, quando convinto al cento per cento di essere l’unico a poter fermare la catastrofe, alla fine finisce sempre per provocarla. Come direbbe Taylor Swift: I think I’ve seen this film before...
Andando avanti, Bra e Goten sono dei poveri ignari, più o meno, ma Ladybug e Chat Noir sanno bene che il loro amore, così come rivelarsi le loro identità, porta sempre alla fine del mondo (Chat Blanc, sì, sto parlando con te!), perciò here we are again!
Piccoli headcanon che ho aggiunto lì e qui: Trunks che chiama Bra “Bura-bear”; Trunks e Bra che usano gli stessi scherzi, perché fra fratelli ci si copia sempre le battute; la Capsule Corporation che in pratica è l’azienda che possiede Google e la Apple in questo universo; Bulma e Vegeta siamo troppo presi dall’essere eccezionali da non avere tempo per badare ai vostri ridicoli hobby terrestri!
Non ricordo, inoltre, se in Miraculous Ladybug, lei e Chat Noir fossero in grado di percepire le aure oscure, ma Goten e Bra di sicuro possono e questa è un’AU, giusto? Quindi va bene così!
Beerus – che è il Dio della distruzione in Dragon Ball Super – qui diventa ovviamente Plagg, il kwami della distruzione. E visto che l’Hakai è la tecnica che usa per distruggere tutto, ho pensato che a lui piacesse chiamare così il suo Cataclisma.
Whis – che è uno degli Angeli in DBS – qui sostituisce la dolcissima Tikki, kwami della creazione.
A Goten, quando è Chat Noir, il colore degli occhi e dei capelli cambia – diventa biondo con gli occhi verdi, vi ricorda per caso una certa trasformazione leggendaria?
Al contrario, gli occhi e i capelli di Bra, quando si trasforma in Ladybug, restano gli stessi – perché esiste il super saiyan blue, dopotutto.
Anche il fatto che Beerus e Whis riescano a comunicare telepaticamente con i loro possessori è una mia rivisitazione, perché non ricordo di aver mai visto Tikki e Plagg farlo con Marinette e Adrien.
Dende è Duusuu, il kwami con il potere di creare i sentimostri – e qui chi vuole capire capisce!
Zamasu (che in DBS è un “dio minore” cattivo) è Nooroo, che crea le piccole akuma oscure che fanno uscire fuori il peggio dalle persone.
Hopp – nome che mi sono inventata per richiamare Hope, ossia la macchina del tempo di Mirai Trunks – è Fluff, il kwami del coniglio che ha il potere di viaggiare nel tempo.
Il Gran Maestro Kaioshin è il Maestro Wang Fu.
Concludo queste note dicendo che gestire tre personaggi, con due personalità diverse ciascuno, è stata un’esperienza che di sicuro non ripeterò, ma è stato bello provarci e farmi venire così numerosi mal di testa.
L'idea di questa AU e il prompt della cioccolata calda mi erano stati gentilmente forniti dal Calendario dell'Avvento 2022 (indetto sul Forum della Penna) di Sofifi e Mari Lace, perciò, se volete incolpare qualcuno, incolpate loro! :)
Grazie a tutti coloro che hanno comunque voluto dare una possibilità a questa storia e sono arrivati a leggere fino a qui.
Per ogni domanda, dubbio, opinione in merito, sapete come contattarmi.
Alla prossima,
BellaLuna
  
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