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Autore: Jigokuko    01/03/2023    0 recensioni
{FE Three Houses - Post Crimson Flower}

"Se anche dovessi venire sconfitto, la stirpe dei Blaiddyd andrà avanti."

Le parole di Dimitri scambiate con Rhea celavano un segreto.
Prese Fhirdiad e la vita della Purissima, Edelgard ne viene a conoscenza; invece di distruggerlo, lo porta con sé e lo condivide con il popolo sotto mentite spoglie.
Ma commette un grave errore e le sue bugie vengono a galla.

Non si può impedire ad un fulmine di scatenare la propria luce.
Genere: Angst, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Fulmine Sanguinolento - Il Leone che si credette un'Aquila
 

23

Equus


Il sole era alto, i suoi raggi si riflettevano sulla neve rendendola quasi abbagliante; eppure, il gelo era costante e la temperatura non accennava ad aumentare di un solo grado, proprio come ci si aspetterebbe da un giorno di fine Luna Eterea a Fhirdiad.
Ai suoi abitanti, abituati com'erano, non importava affatto, ma nemmeno chi veniva da lontano, dal caldo umido dell'Adrestia, sembrava curarsene. Se il giorno prima era stato un giorno di lutto, quello era un giorno di festa, un giorno di rinascita; il giorno in cui, dopo più di venticinque anni, il Sacro Regno di Faerghus avrebbe visto un nuovo re.

La cerimonia si doveva svolgere davanti al trono del sovrano, all'interno della reggia. Sulla scalinata che portava alla seduta erano già presenti dei cavalieri vestiti in splendide armature ornamentali ed armi dello stesso genere.
In basso, la folla del giorno prima, duplicata in numero di individui, aspettava trepidante l'inizio del rito; persone di ogni casta sociale erano mescolate in un solo luogo, il popolo più coeso che mai.
Ksenia era seduta sul trono. Indossava un abito simile a quello che aveva portato alla marcia su Enbarr, ma molto più elaborato. Esso presentava uno scollo a V che lasciava scoperti spalle e petto ed era formato da due strati, quello sottostante toccava il pavimento, era bianco ed interamente ricamato con motivi floreali eseguiti con un filo dorato; l'altro strato era blu elettrico ricamato d'argento ed avvolgeva il vestito come un soprabito, finendo in un lunghissimo strascico. Le maniche erano lunghe ma tagliate e le sue braccia, la sinistra appoggiata su un bracciolo e la destra che sorreggeva Areadbhar, fuoriuscivano mostrando al mondo le profonde ferite ormai ridotte a superficiali disegni rosa tenue su tutta la pelle diafana.
Al collo aveva più collane d'oro e zaffiri, una delle quali talmente spessa ed alta da avvolgerle tutta la gola, mentre ai polsi decine di bracciali dello stesso tipo.
Sulla testa, una corona da uomo; dodici punte dorate dai disegni estremamente intricati e zaffiri grandi come noci, il metallo spesso e pesante sulla sua testolina. Chiaramente le stava grande, non era stata creata su misura per lei come Lonnbéimnech.
I suoi capelli rosa salmone erano stati lasciati lisci e pettinati come li aveva di solito, per non appesantire ulteriormente tutto quello sfarzo.
Sulle spalle, invece, portava un mantello blu sul quale era impressa l'effige del cavaliere sul grifone, dal suo interno spuntava della calda e grigiastra pelliccia di lupo; solo il suo peso la piegava leggermente in avanti, facendola sembrare quasi gobba.

L'orchestra iniziò a suonare l'inno del Regno -una canzone estremamente emozionante su un cavaliere che dava la sua vita per proteggere la madrepatria- e la donna alzò la testa, costringendosi ad avere un'aria solenne. Poco dopo, dalla scalinata di destra entrò Artemiya Rosenrot Blaiddyd, anch'essa in uno splendido abito blu, seguita da Ephraim von Gerth che aveva un'armatura ornamentale, ancor più elaborata di quelle dei cavalieri. I due si misero una a destra ed uno a sinistra del trono e, appena presero posizione, entrò l'ancora per poco principe: Aleksei Irek Blaiddyd.
Lui era vestito interamente di bianco, gli abiti ornati tutti d'oro; una fascia blu passava sulla spalla destra e si annodava al fianco sinistro. I suoi capelli biondi erano stati meticolosamente pettinati e lasciati liberi in modo che la sua testa potesse ospitare facilmente la corona.

La musica crebbe d'intensità, i violini suonavano una melodia stridula e piacevole, accompagnata da flauti traversi e trombe.
Sera lo osservava dal basso con le mani giunte e gli occhi sognanti; era bellissimo, così sopraelevato sembrava un vero e proprio angelo, aveva la sensazione che, da un momento all'altro, i lembi di quella giacca candida si sarebbero trasformati in due ali piumate e, con la corona in testa, sarebbe volato via e scomparso tra le nuvole che quella mattina adornavano il cielo.
Con lei erano ovviamente presenti tutti i personaggi chiave del cammino intrapreso da Aleksei. Thamiel era vestito di viola scuro, Yolandi con un abito corto dalle tinte simili, Behemoth portava la solita lunga veste, Mitja era in lilla e celeste e Hans, nel tipico rosso adrestiano, somigliava ad un faro nella notte. Sera, invece, portava un semplicissimo vestito rosa pallido, stretto in vita e con un piccolo strascico che le stava alla perfezione.

- Mi sono sempre aspettato di assistere all'incoronazione di mio fratello, – Hans le parlò a bassa voce, chinandosi per farsi udire bene. – ma non avrei mai creduto di vederlo governare un luogo che non fosse l'Adrestia e, anzi, che ciò accadesse dopo la mia presa di potere.-
Nessuno si sarebbe aspettato un simile svolgimento degli eventi.- Replicò lei, senza distogliere lo sguardo da Aleksei.
- ... Hai ragione, devo ammettere di trovarmi ancora sconvolto per via di tutte queste nuove rivelazioni, ma sono contento che non abbiamo dovuto ucciderci a vicenda.-

Artemiya fece un passo in avanti e tolse la pesante corona dalla testa di Ksenia. Successivamente, la donna si alzò in piedi -tremava, eppure continuava ad esercitare un'immensa aria di forza- ed Aleksei si inginocchiò davanti a lei. Ephraim le tolse il mantello dalle spalle e lo avvolse attorno a quelle del principe; la giovane Blaiddyd fece lo stesso con la corona, la quale gli calzò a pennello e si mescolò con i suoi capelli biondi.
Lui alzò il capo, guardando negli occhi sua madre e specchiandosi nelle sue iridi speculari. Vista dal basso faceva quasi paura, sembrava una statua che aveva improvvisamente preso vita.

- Quest'oggi, ventunesimo giorno della Luna Eterea, anno 1206, siamo tutti riuniti per assistere e celebrare un evento estremamente importante per la rinascita del Sacro Regno di Faerghus.
Per tanti anni siamo rimasti senza un re, un sovrano che discendesse dal grande Loog, fondatore della nostra madrepatria. Era rimasta solo una regina dal ruolo insignificante e, come tale, è ora mio compito abdicare e cedere il trono al mio qui presente figlio: Aleksei Irek Blaiddyd.
Principe, accetti la corona che ora si trova sulla tua testa ed Areadbhar, la Macellaia, la sacra reliquia del casato dei Blaiddyd?- L'eco della sua voce risuonò in tutta la sala del trono fino a sovrapporsi anche alla musica suonata dall'orchestra.
- Accetto.- Rispose lui, fermo, stoico.

La regina alzò Areadbhar al cielo, il Segno della Luna Crescente le fluì dentro e la fece illuminare. La calò fino a toccargli prima la spalla destra e poi la sinistra, riponendola infine in posizione diritta.

- Con questo gesto, io lascio a te tutto ciò che ci circonda.
Brandisci Areadbhar per proteggere la tua gente, usa la corona per guidarla nel giusto, riscaldala con il mantello sulle tue spalle. Che la Dea Sothis ti protegga in questo cammino insidioso.
Lunga vita al nuovo Re di Faerghus: Aleksei Irek Blaiddyd.
Ora prendi il trono che ti spetta, figlio mio.

Il re si alzò in piedi e sua madre gli lasciò la reliquia. La fece roteare tra le mani, la sua luce più forte che mai, il suo potere in risonanza fece soffiare il vento anche in quel luogo senza finestre. Il rito era completo, la corona era sua, il Faerghus era suo.
L'asta di Areadbhar toccò il pavimento, ma lui non si sedette. Invece, fece un passo in avanti, guardò uno ad uno i suoi sudditi e decise di parlare.

- Prometto di essere un sovrano all'altezza delle vostre aspettative, di perseguire lo stesso cammino che mio padre percorse tanti anni fa. Un cammino atto a proteggere il popolo mettendo la mia stessa vita davanti alla minaccia; sarò io stesso lo Scudo, ma anche la Lancia di questo regno che ha un estremo bisogno di rinascita.
Dovessi venir meno alle mie stesse parole, avete il permesso di tagliarmi la testa e bruciare ciò che ne resta fino a rendere cenere le mie carni.

Sono cresciuto in Adrestia, riempito di bugie, con la convinzione che avrei governato il continente dal basso. Ma ora sono qui, nell'unico luogo in cui sarei sempre dovuto essere, tra le persone che avrebbero sempre dovuto circondarmi. Ho combattuto una battaglia estenuante contro me stesso per arrivare a questo punto e ne sono fiero, sono fiero di essere Aleksei Irek Blaiddyd, sono fiero di essere re del Sacro Regno di Faerghus, sono fiero di essere figlio di mia madre e sono fiero di essere figlio di mio padre.

Con Areadbhar prometto di difendere il mio popolo, con la corona prometto di guidarlo, con il mantello prometto di riscaldarlo. Sul mio trono, prometto di essere sempre nel giusto.
Che una nuova era cominci.

Quando finì di parlare, prese un profondo respiro e, senza mai dare le spalle a coloro che avevano assistito al suo discorso, prese finalmente posto sul trono.
Non ci si era mai seduto prima, aveva sempre visto sua madre lì sopra e tutto ciò era nuovo. Non era comodo, era solo un blocco di pietra con lo schienale alto ed il Segno di Blaiddyd incisovi sopra ma, nonostante ciò, si sentiva estremamente a suo agio, come se fosse stato creato appositamente per lui.
Adesso era un re. D'ora in poi, non ci sarebbe stato più tempo per oziare, "Benedikt" era ufficialmente morto e quello era stato il suo funerale.

Mancava una sola cosa per portare a termine il suo percorso di rinascita, un evento che lo avrebbe finalmente fatto sentire completo.
Lo aspettava da anni, l'unica certezza che aveva sempre avuto e lo aveva tenuto il più possibile su una strada di autoconservazione -nonostante il suo atteggiamento rischiasse sempre di portarlo in situazioni non proprio semplici-, lo aveva promesso.
Il matrimonio con Sera.
Ne avevano passate così tante insieme, prima lei non voleva sposarlo perché un'attendente non può sposare il futuro imperatore, poi lui non voleva più farlo perché convinto di averla tradita, ma ormai il giorno era arrivato e, che lo avessero voluto o no, avrebbero dovuto unirsi in matrimonio.
A differenza delle celebrazioni avvenute nei giorni precedenti, l'incoronazione della regina sarebbe avvenuta a porte chiuse per scelta di entrambi gli sposi. La loro relazione era sempre stata discreta; nemmeno quando era venuta a galla avevano reso gli altri partecipi. Era una cosa tra loro due soltanto e così doveva essere anche il giorno della loro unione.
Nonostante ciò, Aleksei era profondamente nervoso, forse più di quando sua madre l'aveva incoronato. Quello che lo affliggeva maggiormente erano ancora gli eventi nelle prigioni di Enbarr, il tarlo che gli diceva "l'hai tradita" non se ne voleva andare, nemmeno dopo che lei lo aveva ulteriormente rassicurato.
D'altra parte, anche Sera era piuttosto in ansia; convinta che quel giorno non sarebbe mai arrivato, aveva finito per adagiarsi sugli allori, ed ora si era dovuta svegliare di colpo, mettersi un abito bianco ed aspettare che le mettessero una corona sulla testa. E se i nobili del Regno non l'avessero accettata? Se a causa sua Aleksei stesso avesse perso credibilità? Chi mai avrebbe voluto come regina una ragazzina nata in un minuscolo villaggio nel territorio degli Hrym, cresciuta a pane (poco) e acqua e costretta a fare da balia ad un principe per guadagnare qualche soldo? Questo suo tratto sarebbe potuto piacere al popolo, ma non erano le persone comuni ad avere potere decisionale, motivo per il quale aveva paura. Dopotutto, re Lambert fu assassinato perché rivoluzionario.

La sala del trono era stata allestita in modo simile al funerale di due giorni prima, con due gruppi di panche divisi da un tappeto blu che percorreva tutta la navata centrale e saliva fin sulla scalinata che portava alla seduta. Immancabile la banda che suonava le canzoni tradizionali del Faerghus.
Aleksei e Sera erano entrati in modo inusuale: tenendosi per mano.
La tradizione voleva che ognuno degli sposi fosse accompagnato all'altare da un genitore od un parente stretto, ma Ksenia stava piuttosto male quel pomeriggio, mentre Sera non aveva nessuno lì per lei, perciò avevano preferito andare insieme, come se fossero già uniti.
Lui indossava l'armatura che aveva portato in battaglia e la sua corona d'oro e zaffiri, mentre lei... lei portava il vestito che la regina stessa ebbe al suo matrimonio segreto; era interamente bianco, accollato, con le maniche lunghe e la gonna ampia che toccava il pavimento, tenuta in posizione dalla crinolina. Il collo era pieno di gioielli, seminascosti da una pelliccia che le si avvolgeva attorno alle spalle ed al petto, dalla quale partiva un mantello talmente lungo da sembrare infinito. Elemento inusuale per lei, ma non per la tradizione, l'armatura ornamentale d'argento che le era stata affissa al busto. I capelli castani erano stati tirati all'indietro e fissati con un fermaglio dorato, con alcuni dei suoi ricciolini lasciati ribelli.
Nella mano libera stringeva un bouquet di splendidi fiori blu.

Mentre camminavano, ogni tanto i suoi occhi verdi si posavano per qualche secondo sul viso del suo futuro marito. Cercava di stare serio, ma ogni qualvolta smetteva di pensarci, le sue labbra si distendevano in un piccolo sorriso. Le trasmetteva il calore della sua mano anche attraverso lo spesso guanto di pelle. La strinse un pochettino e lui ricambiò, premurandosi di non attivare il Segno di Blaiddyd e spezzarle tutte le ossa in un sol colpo.
Durante la sua permanenza al suo fianco aveva visto più di una persona attenta a non farsi toccare da lui; la sua fama di "rompitore di porte (ed ossa)" aveva raggiunto varie orecchie nel corso degli anni, eppure a lei non aveva mai fatto nulla, nemmeno quando l'afferrava distrattamente -gesti che, nella maggior parte dei casi, attivavano il Segno-. Spesso si era chiesta se, inconsciamente, l'avesse usato di proposito, pur non sapendo di averlo. Chi lo sa cosa gli passava per la testa, a volte non sapeva decifrarlo nemmeno lei.

Il sacramento del matrimonio nel Faerghus veniva sempre celebrato da un sacerdote, perciò l'uomo dell'altro giorno era già al suo posto, testi sacri alla mano, ad aspettare gli sposi.
Aleksei e Sera arrivarono finalmente in fondo alla sala e divisero le loro mani per concentrarsi sull'interlocutore.
In realtà nessuno dei due ascoltò il sermone, era troppo lungo e nella lingua del Regno -Ksenia aveva spiegato loro che in pochi la conoscevano, spesso nemmeno i nobili sapevano parlarla-, perciò non capirono neanche una parola, finché non giunse agli atti finali e ricominciò a parlare la lingua del Fódlan. Fece loro le fatidiche domande di rito, chiedendo se fossero sicuri dell'unione e se accettavano gli anelli.
Ed in quel momento, ogni dubbio, rimuginamento, paura, vennero spazzati via. Lì c'erano solo loro due e nessun'altro, il sogno che si avverava, l'amore che finalmente trionfava, due cuori che battevano all'unisono. Senza pensarci, risposero affermativamente a tutte le domande poste, promettendosi amore eterno.
Allora Artemiya si fece avanti con un cuscino di velluto sul quale era adagiato un diadema; era simile alla corona sulla testa di Aleksei, anch'essa d'oro e zaffiri, ma dall'aspetto più fine ed aggraziato, gli intarsi delicati e le pietre a forma di goccia. Il re la prese e, delicatamente, la posò sul capo della nuova regina.

- Ho aspettato questo giorno da tempo immemore, tra dubbi e paure, ma è finalmente arrivato ed è ora il più felice della mia intera esistenza.
Insieme ne abbiamo passate tante, così pesanti da averci forgiato in due persone completamente differenti, eppure siamo arrivati a queste promesse; ed io voglio passarne altre con te, finché respiro, finché non sarò sepolto anch'io in quel cimitero. Eri, e sei, la mia unica certezza, sapevo di non poter perdere tutto, perché potevo non avere nulla, ma se eri con me tutto risultava vano.
Ho rischiato di perderti per sempre e quello fu l'unico momento in cui il mio castello interiore aveva tremato al punto da cadere, – Il suo sguardo volò per un attimo a sua madre, seduta in prima fila. I grazie per quel gesto non sarebbero mai stati troppi, se non l'avesse salvata, forse neanche lui sarebbe ancora vivo. – ma sei ancora qui con me e non permetterò che accada di nuovo.
Sera Mayer, con questa corona ti chiedo se vuoi continuare a stare al mio fianco, essere la mia regina ed aiutarmi a far tornare a splendere il Sacro Regno di Faerghus. Mi accompagnerai in questa ennesima pazzia?-
- Ti è sempre piaciuto chiedere l'ovvio per soddisfare il tuo ego da principino viziato. Sei cambiato radicalmente, ma al contempo sei la stessa persona che, in segreto, ho sempre fantasticato di sposare; in un palazzo, con un abito bianco, splendidi fiori e musica suonata solo per noi. Tutto questo non mi sembra ancora vero, una storia scritta da una contadina sognatrice su una poveretta che sposa un principe, anzi, un re. Invece sei qui a chiedermelo, in carne ed ossa, guardandomi con quelle iridi di ghiaccio che ho sempre ammirato in solitaria... non posso perdere l'occasione di poterle guardare senza sentirmi sbagliata o colpevole, non voglio più rimanere nell'ombra, voglio assisterti camminando al tuo fianco fino alla fine dei miei giorni.
Accetto con piacere il tuo dono, Aleksei Irek Blaiddyd.-

Si guardarono negli occhi e si diedero un lungo abbraccio. Aleksei la strinse a sé con una forza ed una delicatezza che su di lui sembravano aliene e lei, nonostante fosse pressata contro il metallo della sua armatura, poteva comunque sentire il calore del suo corpo. Lottò per non piangere e non rovinare il trucco che Mitja le aveva messo meticolosamente attorno agli occhi, ma fu complicato. Era tutto così irreale. Era una regina. La ragazzina semianalfabeta era diventata regina. E nessuno se n'era lamentato. Non credeva di meritarsi tanta fortuna.

Se al rito del matrimonio avevano permesso ai nobili di assistere, alla successiva cena era stato loro proibito di sedersi alla lunga tavolata che era stata imbandita nella sala ricevimenti.
Aleksei e Sera erano seduti al centro, vicino a lei Artemiya e Rufus e Hans a capo tavola, mentre vicino a lui Ksenia. Di fronte ad Artemiya c'era Mitja, da un lato Yolandi e dall'altro Ephraim, Thamiel e Behemoth all'altro capo.
La quantità di cibo e portate sarebbe bastata anche per i nobili lasciati indietro, ma quel momento doveva essere intimo, non circondato da sconosciuti -in realtà Aleksei non avrebbe voluto nemmeno Rufus, ma non voleva fare un torto a sua cugina-.

- Allora, come ci si sente ad essere sposati?- Domandò Thamiel al re, scrutandolo con i suoi occhi scarlatti.
- Uhm, – Aleksei ci rimuginò un attimo, tagliando un pezzo di torta con la forchetta. – a pensarci, uguale a prima. Sono solo felice di non dover più nascondere il legame che unisce me e Sera.- Lei arrossì, abbassando il capo.
- Beato te che hai scelto chi sposare, ad Agartha non ci sono matrimoni d'amore e, per quanto ne so, difficilmente anche qui in superficie, soprattutto tra i nobili.-
- Forse sono stato fortunato... sia i miei veri genitori che quelli adottivi hanno scelto con chi condividere la vi— – Il suo sguardo cadde per un attimo su Ksenia, la quale si era bloccata con un boccone a metà strada. – mi dispiace, mamma.-
La donna posò la forchetta nel piatto.
- Aleksei, non puoi pesare ogni singola parola quando ci sono io. Parla liberamente, non hai di che preoccuparti.- Detto ciò, mise finalmente in bocca la torta.

Poco più in là, Mitja si stava divertendo parecchio ad allungare i piedi sotto al tavolo per infastidire Artemiya, la quale di risposta gli dava dei calci per farlo smettere. Lui ridacchiava, lei era rossa e Rufus li guardava male.

- Che diavolo stai facendo, animale?- Il vecchio assottigliò lo sguardo, come se non riuscisse a vederlo bene.
- Io? Niente, signore.-
- Perché mia nipote sgambetta sotto al tavolo, allora?-
- Non lo so, lo chieda a lei, io sono lontano.- Mitja finse di guardare in alto, il sorrisetto che non accennava ad andarsene.
- Azzardati a disturbarla di nuovo e ti strappo via le unghie da mani e piedi.-
- Che esagerato...-
- Nonno, basta. – Si intromise Artemiya. – Quando potrò vedervi andare d'accordo?-
- Nemmeno quando sarò nella tomba.- Replicò il granduca.
- Il che avverrà molto presto, non ci sarà tempo per fare pace.-

La ragazza roteò gli occhi, sbuffando.

A cena finita si aprirono le danze, gli sposi al centro della sala ed i pochi altri che ne avevano voglia si unirono a loro. Mitja aveva subito preso con sé Artemiya prima per fare un dispetto a Rufus, ma quando furono insieme se ne dimenticò completamente e si concentrò solo su di lei. Thamiel invece ballava con sua sorella, divertendosi anche troppo nonostante l'orchestra stesse suonando un lento.
Dopo il primo ballo Aleksei si separò da Sera e raggiunse sua madre che, con Ephraim, era ancora seduta.

- Vorresti ballare con me?- Le offrì la mano, sorridendo.
- Aleksei, l'hai visto anche tu che ormai non riesco più a camminare, ti intralcerei...-
- Non mi importa danzare bene, voglio solo farlo con te. Metti i piedi sopra ai miei, non dovrai fare null'altro.-
- Immagino che non accetterai un "no" come risposta...-

Con un sorriso amaro, Ksenia si fece tirare in piedi e si mise sopra agli stivali del figlio, il quale la portò verso il centro della stanza ed iniziò a "danzare" – un eufemismo, in realtà ruotava lentamente su sé stesso tenendola stretta a sé e nient'altro.
Sua madre sorrideva, ma il suo sorriso non raggiungeva i suoi splendidi occhi; era forzato, fin troppo.

- ... Dov'è Myson? Non l'ho più visto dopo il funerale. – Lei tacque, distogliendo improvvisamente lo sguardo. Aleksei sollevò un sopracciglio. – Gli è successo qualcosa? È per questo che ti sforzi così tanto di sorridere? – Di nuovo, non fiatò. Se avesse potuto, sarebbe fuggita, glielo si leggeva nei movimenti del corpo. – ... Mamma?-
- L'ho ucciso.- Disse, all'improvviso, tutto d'un fiato.
- ... Cosa? Ed il corpo? Non dirmi che ti sei tenuta un altro cada—-
- Cenere. Gli agarthei come lui non sono umani, quando muoiono diventano cenere.- Sussurrò.
- Perché lo hai fatto? Ho sempre pensato foste molto legati.-
- Io ho le ore contate e tu sei un perfetto soggetto su cui sperimentare... ha sempre voluto mettere le mani su un Segno di Blaiddyd vivo, non potevo permetterglielo. Se lui ed Odesse avessero preso te o i tuoi figli, per voi sarebbe stata la fine.-
- Odesse? Chi è Odesse?-
- Il suo braccio destro. Se mio padre era quello esperto di tecnologia e scienza, ad Odesse piaceva mettere le mani in pasta o, meglio, nella carne. Ha sperimentato anche su sé stesso, alterando il suo corpo fino a farsi crescere le ali e gli artigli di un rapace e voleva trasformare il cadavere di tuo padre in un mostro.-
- E si trova ancora a Shambhala? Mamma, va ucciso anche lui, forse è anche peggio di Myson—- Lui si allarmò subito.
- No, è scomparso da una decina d'anni, si sono completamente perse le sue tracce. Nemmeno mio padre è più riuscito a contattarlo, forse è morto.-
- ... Lo spero.-
- Aleksei... – Lei guardò in giro, vedendo le persone nella sala muoversi attorno a loro. Yolandi, una volta libera, aveva subito preso Sera ed ora stavano saltellando in cerchio ridacchiando, mentre Artemiya era passata a Thamiel e Mitja parlava con Ephraim e Hans. – Ricordi che ti dissi di avere un segreto che non ti avrei raccontato fino a quando non mi fossi sentita pronta? – Il figlio annuì. – Non lo sono nemmeno ora, ma se continuassi a temporeggiare, finirei per morire senza avertelo detto e non voglio che tu veda solo la mia versione idealizzata. Possiamo uscire e parlarne?-

Il re acconsentì e la prese in braccio -portarla sui suoi piedi li avrebbe solo rallentati-, iniziando a dirigersi verso il portone che dava sui giardini.
Una volta fuori, uno splendido cielo stellato li accolse; gli astri erano limpidi, la luna calante abbastanza luminosa da trasmettere il proprio bagliore anche a terra. Il freddo non era per nulla pungente, tanto da poter stare all'aperto senza troppi problemi.
La portò attraverso le piante ancora acerbe, finché non si sedettero su di una panchina che precedeva il cimitero. Lei gli prese la mano sinistra e la spogliò dal guanto e l'armatura, tastando la sua pelle nuda e la fede che aveva al dito. Era la stessa che portava suo padre -e, come ogni altra cosa, anche la misura dell'anello combaciava-, identica a quella posseduta da lei, ora riforgiata per Sera e piazzata sul suo anulare.
Fissare e tastare la sua mano, sentirne il calore, le provocava una visione distorta delle cose, sentiva che se avesse guardato quell'uomo nell'interezza avrebbe visto suo marito, sarebbe tornata indietro di vent'anni, e lui sarebbe stato ancora vivo, a sorriderle, ad amarla. Alzò la testa ed effettivamente vide quel viso, identico e bloccato nel tempo, ma gli occhi erano diversi, speculari ai suoi. Non sarebbe mai stato Dimitri. La persona accanto a lei era l'ultima prova della sua passata esistenza, un'immagine perfetta ma deformata di lui.
Ksenia si morse il labbro.

- Mi dispiace.-
- Non hai ancora iniziato a parlare e già ti scusi? È un record...!- Lui cercò di sdrammatizzare, ma era in realtà profondamente turbato.
- È solo... è solo che ho paura di finire odiata da mio figlio.-
- Mamma, come potrei odiarti? Sei estremamente importante per me.-
- Anche Edelgard von Hresvelg è stata tua madre, eppure ora la odi per ciò che ha fatto.-
- La situazione con lei è diversa.-
- Credimi, non differisce molto dalle atrocità che io stessa ho compiuto. Lei è stata un pilastro per vent'anni, ma è bastata una verità per farlo crollare; il nostro è molto più sottile e fragile, non reggerà.-
- Finché non mi racconterai la verità, non potrò giudicarti. E qualunque sarà la mia reazione, non cambierà il fatto che sono tuo figlio, sangue del tuo sangue.-

Lei sospirò. Gli lasciò la mano e si piantò le sue nelle ginocchia, increspando lo spesso tessuto della gonna. Tremava, era terrorizzata dalla sua ipotetica reazione. Ma non c'era tempo. Doveva parlare.

- Il fatto è che potrei essere una delle cause della morte di tuo padre. – Aleksei spalancò la bocca, ma non disse nulla. – Nel 1176, anno in cui avvenne il regicidio, ero ancora nelle grinfie di mia madre. Al tempo mi lasciava a digiuno per giorni, a volte settimane, in modo che non avessi abbastanza potere fisico e magico per ribellarmi a lei, ma un giorno mi costrinse ad ingozzarmi fino a vomitare. E così il giorno dopo ed il giorno dopo ancora, in meno di un mese ero passata da venti a cinquanta chili. Inizialmente non capii perché, ero solo una bambina, finché re Lambert non partì con moglie e figlio per il Duscur.
La donna che si fingeva mia madre mi prese per i capelli e mi portò nei sotterranei del castello, dove quattro uomini con delle maschere appuntite  ci stavano aspettando. Mi tolsero tutti i vestiti, mi legarono mani e piedi e mi appesero a testa in giù, sotto di me più secchi vuoti.
Fui sottoposta a giugulazione; un coltello recise tutti i vasi sanguigni del mio collo ed il sangue venne raccolto nei secchi sotto di me. Quando lo si fa con i maiali è per farli morire in fretta, ma a causa del mio Segno portarono avanti l'operazione per ore intere. Mi dissanguavo, aspettavano che la ferita si chiudesse e poi la riaprivano, arrivando così a rubarmi litri e litri di sangue.
Dopo che furono soddisfatti, uno degli uomini tagliò le corde che mi tenevano appesa ed io caddi di faccia sul pavimento, scatenando risate attutite dalle loro orribili maschere. Mi mollarono lì, nuda, sola e con il solo viso completamente impregnato del mio stesso sangue. – Cadde un silenzio tombale, dove lei si era bloccata a causa del ricordo e lui anche, inorridito dall'immagine che si era fatto nella testa. – E poi, – Continuò, la voce che si rompeva. – partimmo anche noi per il Duscur.

Il sangue rubatomi venne fatto bere ad un vasto gruppo di mercenari, i quali a causa del suo potere andarono completamente fuori di testa. Diventarono estremamente violenti, avevano la schiuma alla bocca ed una forza sovrumana. Attaccarono la scorta del re ed appiccarono incendi nei boschi, distrussero le abitazioni dei duscuriani e, una volta esaurito l'improvviso picco di forza, si suicidarono.
Io stessa venni impiegata come arma, mi costrinsero ad uccidere tante persone con la mia magia. Vidi il momento in cui tagliarono la testa a Lambert e lui vide me, nei suoi occhi azzurri c'erano tante domande, le quali vennero revocate quando perse la vita.

Dimitri rimase profondamente traumatizzato da quell'evento, come unico sopravvissuto aveva pensato di non meritarsi la vita, di dover portare sulle sue spalle il peso di tutte quelle morti. La sua mente si ruppe, aveva le allucinazioni, diceva di parlare con i caduti, ma io non vedevo nulla.
Dentro di sé maturò un'immensa rabbia, un estremo senso di giustizia, una violenza insita che mai sarebbe dovuta uscire. E nascondeva tutto ciò dietro un sorriso gentile, aiutato dal suo cuore puro.
Questo lo portò a credere di non valere nulla, a voler buttare via la sua vita in battaglia. Se solo... se solo non fossi mai esistita, se il mio sangue non fosse stato così speciale, se Myson ed Odesse non l'avessero creato—- La sua voce si ruppe completamente e scoppiò a piangere.

Aleksei rimase immobile ad ascoltare il suo pianto, lo sguardo fisso davanti a sé, eppure cieco al cielo stellato, nella sua visione un'unica immagine idealizzata di sua madre, bambina, appesa per i piedi e seviziata da coloro che l'avevano creata. Perché quella donna aveva dovuto soffrire così tanto nella sua vita? Perché tutto ciò che le portava gioia doveva esserle strappato via, anche costretta ad eliminare il sangue del suo sangue? Cos'aveva fatto di male per meritarsi di essere usata, torturata ed abbandonata e rasentare la morte una volta trovato un appoggio, qualcuno che l'amasse? Solo perché era nata agarthea, la "Dea" l'aveva punita? Perché era un esperimento e non aveva motivo di esistere?
Finalmente si voltò verso di lei e l'abbracciò forte, la tenne stretta a sé come se potesse scappargli da un momento all'altro.

- Mio padre conosceva questa storia? – Lei annuì debolmente contro il suo petto. – Cosa ne pensava?-
- ... Lui non mi ha mai dato la colpa, diceva che io stessa ero una vittima, eppure non mi sono mai sentita tale, mi sentivo e mi sento ancora il carnefice. È colpa mia se re Lambert morì, se Glenn Fraldarius morì, se la famiglia di Dedue morì, se i duscuriani vennero sterminati, è colpa mia per tutte le conseguenze che arrivarono, da Rufus ed i suoi abusi fisici e psicologici, il razzismo verso il Duscur, lo stato mentale di Dimitri, la Chiesa di Seiros che, fiutata l'aria pesante, si insinuava silenziosamente nelle nostre fila. Ed infine, se la Purissima usò mio marito per il suo tornaconto personale e lo lasciò suicidarsi su quel campo di battaglia.
Tutto perché io ho risucchiato la vita della vera Cornelia mentre ero nel suo grembo e sono venuta alla luce.
E tu cosa ne pensi, figlio mio?-
- Penso che nulla di ciò che ho sentito mi ha fatto cambiare opinione su di te. Sei forte, nonostante tutto sei sopravvissuta fino a qui e non hai mai mollato, hai usato quella tua maledizione per aiutare le persone e ciò ti fa onore. Non avrei mai potuto chiedere madre migliore.-
- Aleksei... – Mugolò, stropicciandosi un occhio con la mano. – c'è un'ultima cosa prima di andare. Nella mia stanza, all'interno del comodino, ho messo una lettera. Il destinatario è Artemiya, ma vorrei che la leggeste anche tu, Sera e Mitja, contiene la verità su Ekaterina, la figlia di Rufus.-
- Perché non gliela consegni tu stessa?-
- Temo non sarà possibile.-
- Per quale motivo?-

Ksenia sospirò profondamente e le sue mani afferrarono i lembi della gonna, che iniziò ad alzare. Il tessuto saliva, ma sotto di esso non c'era nulla oltre alle scarpe, vuote, che aveva indossato fino a quel momento. Al posto delle gambe un mucchio di cenere, pallida e grigia. Successivamente la mollò di colpo e di conseguenza alzò una piccola nuvola di polvere. Aleksei, spaventato, l'afferrò per i polsi, ma non riuscì ad esercitare una presa per il terrore di strapparle le mani.

- Finalmente...-
- No, no, no! Non andartene, per favore, non lasciarmi da solo! Mamma!- Urlò, stavolta fu lui a singhiozzare.
- Sono stata qui anche troppo, Aleksei, mi sono trattenuta dal giorno in cui ho salvato Sera e da lì andò sempre peggio, la mia magia era fuori controllo, è un miracolo che io abbia assistito anche solo alla tua vittoria sull'Impero. – Lui tacque, con il capo chino e le lacrime che scorrevano lungo la sua pelle bianca. – Non sei da solo... ci sono tuo fratello, mio fratello, tua moglie, gli amici che ti sei fatto in questo lungo viaggio... io non sono un tassello così importante come credi, amare un cadavere non lo riporterà indietro, l'ho imparato a mie spese. E nonostante possa parlare, io sono morta già da tempo. Tutto ciò che ora ti chiedo è di non celebrare il mio funerale, ma per favore, costruisci una statua in nome di tuo padre. Il Re delle Tempeste non deve essere dimenticato. Ricorda, ti voglio be— – La donna voltò il capo di colpo, i suoi occhi azzurri fissi e vitrei sul nulla, un largo sorriso si espanse sul suo volto. – Mitya... finalmente...-

Anche il figlio si girò in quella direzione, ma non vide nulla. Lei si sporse in avanti, allungando il braccio destro come se qualcuno le tendesse la mano. A quel punto dalla scollatura del suo vestito comparvero delle crepe e le cicatrici sulle sue braccia si riaprirono, senza però versare una singola goccia di sangue. La mano si sgretolò, seguita dall'arto intero, il volto si spaccò similmente a quello di Myson nella sua forma più inquietante. La stoffa del sontuoso abito si afflosciò e si svuotò velocemente della carne, spalle, l'altro braccio, collo e testa si tramutarono in cenere, lasciando solo un vestito adagiato sulla panchina. Si alzò improvvisamente il vento, il quale portò via tutto ciò che restava di sua madre.
Era rimasto solo.
Con gli occhi spalancati, ancora incredulo, prese l'abito e lo strinse forte a sé come se dentro ci fosse ancora lei. Aveva il suo profumo, il suo calore, e ciò lo fece scoppiare a piangere come un bambino. Non poteva essere appena successo. Sapeva che sua madre sarebbe morta, ma non si era mai preparato all'evenienza, né avrebbe pensato di vederla trasformarsi in cenere di fronte a lui.

Tornò alla sala ricevimenti ormai a notte fonda, presentandosi con gli occhi rossi, gonfi, il viso bagnato, i capelli appiccicati alla faccia e con l'abito di Ksenia tenuto saldamente nello stesso modo in cui, ore prima, l'aveva portata fuori, come se fossero tornati insieme.
La prima ad avvicinarsi a lui fu Sera, preoccupata e confusa dall'immagine.

- Cos'è successo...?-
Subito dopo, anche gli altri presenti si aggiunsero a lei.
- Ora è cenere.- Disse solo, indietreggiando di un passo, come se volesse proteggere ciò che aveva tra le braccia.
Nessuno inizialmente comprese quella frase, tranne gli agarthei lì presenti. Thamiel spalancò i suoi occhi scarlatti e da essi scesero delle lacrime, mentre il volto apatico di Yolandi si sgretolò, mostrando grande tristezza.
- Se n'è... andata...?- Sussurrò Artemiya, tremando. Aleksei annuì debolmente, facendo piangere anche lei.
- Mi dispiace... – Mormorò l'albino, facendosi avanti. – Erano anni che lo desiderava, dovremmo essere contenti per lei, ma—- Il suo discorso venne interrotto da un singhiozzo e sua sorella gli prese la mano.

A quel punto, Sera abbracciò il marito ed a lei si unirono Artemiya, Thamiel, Hans e Yolandi. Nonostante Ksenia avesse lasciato una voragine, dovevano farsi forza a vicenda per riempire quel buco.

Il mattino successivo, il quartetto originale si ritrovò nella stanza di Mitja. Lui ed Artemiya erano seduti sul letto e quest'ultima aveva in mano la lettera scritta dalla precedente regina.

"Cara Artemiya Rosenrot Blaiddyd,

Ho deciso di scrivere questa lettera per te perché ritengo che tu debba sapere la verità su tua madre, Ekaterina. Ti avrei raccontato subito ciò che ne è stato di lei, ma ho preferito usare il mio silenzio come ricatto affinché Rufus mi aiutasse nella nostra causa, ma ora che è tutto finito non ho più motivo di tacere.
Se stai leggendo molto probabilmente sarò già morta, ma non disperate, i morti non muoiono mai per davvero, le anime volano e saranno sempre con voi.

Ekaterina Zelenia Blaiddyd era una ragazza, e poi donna, forte, decisa, intraprendente e con spiccate doti da leader, con una dolcezza interiore insuperabile, proprio come te. Se avessi avuto i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri, avrei pensato che fossi lei.
La verità è che subiva continue pressioni da parte di tuo nonno e ciò la portava a ribellarsi a tutti i suoi ordini.
Quando venni ad Itha e ci incontrammo per la prima volta, la vidi accanto a te, le mani sulle tue spalle, e quando si accorse che ero in grado di vederla, mi raccontò cosa le successe dopo la guerra. Aveva incontrato un soldato dell'esercito dei Fraldarius, un uomo di umili origini, del quale si innamorò perdutamente.
A Rufus non stava bene che la sua preziosa figlia stesse con il figlio di un contadino, nonostante ormai nel Faerghus nessuno fosse più nobile, e fece di tutto per separarli. Nonostante i tentativi, i due fuggirono e si nascosero presso il non-più confine tra Impero e Regno, nei pressi di Arianrhod. Riuscì a rintracciarla quattro anni dopo ma, trovandola incinta, si arrabbiò al punto da esiliare quest'uomo in un luogo sconosciuto e, non appena tu nascesti, la giustiziò con le sue stesse mani.
Tuo padre potrebbe essere ancora vivo, Artemiya, dovresti cercarlo prima che sia troppo tardi.

Non so come tu conosca Rufus Thierry Blaiddyd, se come un nonno amorevole o per la bestia che è in realtà, in ogni caso meriti di sapere la verità.
Da giovane, dopo il regicidio, Dimitri era ancora troppo giovane per ascendere al trono, perciò venne nominato reggente in quanto unico membro della famiglia ancora in vita. Questo suo incarico lo faceva sentire potente ed autorizzato a fare e dire tutto ciò che voleva. Tutte le notti venivano portate più donne al castello, le usava per un po' promettendo loro ricchezza e poi le abbandonava, spesso con in grembo figli illegittimi di cui si sbarazzava.
Non contento, aveva una relazione con l'agarthea che si fingeva mia madre e, spesso, aveva espresso il desiderio di volere anche me, nonostante fossi una ragazzina, perché "carne giovane e vergine".
Abusava psicologicamente di suo nipote, aggravando la sua precaria stabilità mentale e sperando che questo crollasse, venisse chiuso in un manicomio e gli lasciasse finalmente il trono a cui aveva tanto ambito. Lo chiamava mostro, lo picchiava, gli dava la colpa per la morte di suo padre e gli ripeteva che nessuno lo avrebbe mai amato.

Mi dispiace rovinarti la visione che hai dell'unico membro della famiglia con cui sei cresciuta, ma non meriti di vivere in una bugia. Tu sei troppo buona per questo mondo.

Ti voglio bene,

Tua,
Ksenia Arnim"

In un istante, la lettera si stropicciò tra le sue mani e strinse i denti talmente forte da rischiare di spezzarli.
Tutti erano in silenzio, Aleksei conosceva già questa storia, ma ancora lo turbava, Sera aveva le mani davanti alla bocca e Mitja... Mitja aveva gli occhi spalancati, allucinati, sembrava sul punto di esplodere.
Ed esplose.
Si fiondò giù dal letto ed infilò un braccio sotto di esso, dal quale estrasse il suo fucile, illuminatosi in un istante. Prima che si lanciasse fuori dalla stanza, però, Aleksei lo afferrò per un polso.

- Fermo!-
- Lasciami, devo andare ad ammazzarlo!-
- E cosa risolverai?-
Tutto, finalmente quel bastardo lascerà in pace Artemiya!-
- Mitja, – La voce di lei giunse alle loro spalle. – fallo.-

Lui rivolse un sorriso sghembo al re, il quale lo lasciò, e fuggì fuori. Direzione: camera del mostro.
Corse all'impazzata, ancor più in fretta di quando si era districato tra baliste ed onagri sulle mura del Forte Merceus; stavolta non per salvarsi la vita, ma per toglierne un'altra, una che aveva sempre desiderato terminare. Non gli importava delle conseguenze, Aleksei avrebbe anche potuto giustiziarlo, tagliargli le mani... ma la sua  priorità era sempre stata Artemiya e, se lei finalmente aveva deciso di liberarsene, era ben felice di accontentarla. Quando raggiunse la stanza designata, la buttò giù senza pensarci troppo, trovandovi un Rufus svegliatosi di colpo per il forte boato. Quando i suoi occhi visualizzarono la figura alta di Mitja reggere un tubo di ferro luminoso, si spaventò, sussultando.

- Cosa diamine stai facendo?!-
- Ciò che è giusto.-
- "Giusto"? È giusto buttare giù la porta di una persona che sta dormendo?!-
- Oh, non parlavo di quello. Saluta il mondo dei vivi, perché ora ti ammazzo.-
- Ma cosa—-

Ci fu un boato terrificante e, l'istante dopo, nel muro della stanza si era formata una vera e propria voragine dalla quale entrò il freddo invernale. Ciò che era stato risparmiato dalla potenza del colpo era imbrattato di sangue, il rumore delle gocce che si infrangevano sul pavimento era assordante.
Di Rufus Thierry Blaiddyd non rimaneva più nulla se non la parte inferiore del corpo a metà tra il letto ed il suolo, gli organi interni erano sparsi per terra in un cumulo di carne informe.
Era una visione così dannatamente soddisfacente.
Artemiya si palesò dietro di lui qualche secondo dopo. Entrò meccanicamente nella stanza e, senza curarsi del lago che le imbrattava le scarpe, si guardò attorno come una bambina spaesata. Scavalcò i pezzi di suo nonno riversi in giro e si chinò su un oggetto che aveva attirato la sua attenzione. Prese la corona di Rufus e se la mise in testa, tingendo i suoi boccoli castani di rosso, lo sguardo fisso sull'autore di quella carneficina.

- Lunga vita alla nuova gran duchessa di Itha, Artemiya Rosenrot Blaiddyd!

Esclamò, esibendosi in un profondo inchino.

Dopo infiniti mesi di lavori estenuanti, Fhirdiad aveva preso sempre più il suo aspetto originale e tantissime persone si erano aggiunte tra le fila dei suoi cittadini. La primavera era arrivata da poco ed il nuovo anno era iniziato.
Ed a dare nuova vita alla capitale, al suo centro il re aveva fatto allestire un nuovo monumento. Aveva disobbedito alle ultime volontà di sua madre e, se lei lo fosse venuto a prendere nel sonno, se ne sarebbe preso la piena responsabilità, ma non avrebbe mai voluto dimenticarsi del suo viso. Qualcosa doveva ricordarlo sia a lui che alle generazioni a venire.
Per questo motivo aveva fatto scolpire una gigantesca statua raffigurante i suoi genitori. Si tenevano stretti come se stessero danzando e non avevano occhi che l'uno per l'altra, sui loro visi un sorriso privo di ogni sofferenza. Dimitri portava l'armatura con cui era stato seppellito, mentre Ksenia il vestito con cui aveva partecipato all'assalto al Forte Merceus, i capelli splendidamente intrecciati nella pietra e sul suo capo una riproduzione di Lonnbéimnech.
I due ex regnanti erano posti su un piedistallo sul quale era stata posta una targhetta recitante:

"Al Re delle Tempeste ed alla Regina Immortale,
coloro che protessero il Sacro Regno di Faerghus.
La loro memoria ed il loro amore saranno sempre nei nostri cuori.

- Dal re Aleksei Irek Blaiddyd e dalla regina Sera Mayer"


Eee ho finito, signore e signori. Non credevo di riuscire a scrivere un'intera storia in meno di un anno, ma ce l'ho fatta e sono fiera di me. Come tutte le mie storie, Bloody Lightning è nata da un'idea a caso, ma le idee a caso sono quelle che possono portare agli sviluppi più grandi, quindi eccomi qua, spero vi sia piaciuto questo delirio.
Dopo una (brutta) fanfiction sulla seconda generazione di yugioh 5D's ed una su 3 Houses, potete chiamarmi CEO delle kidfic. Ne arriverà una terza, in futuro? Chi lo sa, dipende tutto se troverò un'altra grandissima ossessione per la quale sentirò il bisogno di creare dei figli.
Detto ciò, io vi saluto qui, la prima longfic italiana su Fire Emblem Three Houses è ufficialmente completa, perciò voglio ringraziarvi se siete giunti fino a questo punto e spero vi siate divertiti.
Adios!

Jigokuko

   
 
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