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Autore: ChrisAndreini    04/03/2023    3 recensioni
[Seguito di Rainbow Cookies, si consiglia la lettura del libro precedente prima di leggere questo, onde evitare spoilers]
Sono passati sette mesi da quando Leo è tornato a casa dopo la sua incredibile avventura nei sette regni, eppure l'aspirante cuoco non riesce ancora a riprendersi del tutto, e a ricominciare a vivere una vita normale. Non aiuta che la sua migliore amica continua ad impedirgli di tornare in visita a Jediah.
E quando scopre che una guerra è scoppiata tra i due regni rivali, dovrà usare tutte le sue poche abilità per riuscire a salvare i suoi amici ed evitare che molte persone muoiano, affrontando combattimenti, sospetto, e soprattutto una schiera di divinità che non tollerano affatto che outsiders mettano mano nella loro Storia perfettamente programmata.
Armato solo della sua capacità in cucina, il suo istinto suicida, e conoscenze di un futuro che cercherà di cambiare in tutti i modi, riuscirà Leo a sopravvivere ad una seconda avventura nei sette regni?
Le divinità dicono di no!
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Non sono un salvatore, ma faccio del mio meglio, giuro!

 

-Principessa Opal?!- 

Leo era sconvolto. 

Che diamine ci faceva Opal lì?! 

Era pericoloso!

Erano in piena guerra.

E lei indossava una coda bassa.

Tutti sapevano che le code basse erano la caratteristica principale dei personaggi femminili che morivano negli anime.

Il panico doveva rendere Leo piuttosto inquietante, nell’ombra di quel passaggio segreto, perché Opal sembrò decisamente preoccupata, e fece un passo indietro.

-Come sai chi sono?! Chi sei tu?! Non ti ho mai visto prima a palazzo!- iniziò a fargli domande, sospettosa, stringendo con forza il cestino da picnic.

-Sei sciupata! Ma mangi abbastanza?! Capisco che c’è carenza di cibo ma tra te e tuo fratello mi farete morire di crepacuore. Spero che almeno i vostri genitori mangino abbastanza- il cervello di Leo era completamente in pappa, e non riusciva più a ragionare lucidamente.

Si aspettava inconsciamente che Daryan potesse essere sciupato perché aveva sempre avuto qualche problema con il cibo, ma Opal no! 

Opal non poteva essere dimagrita così tanto! 

Non sembrava affatto sana!

E a sentirsi parlare così, la principessa si ritirò su se stessa, coprendosi inconsciamente con il cestino.

-Chi ti credi di essere per giudicare le mie abitudine alimentari?! Se non ti condanno a morte sarai fortunata!- iniziò a minacciare Leo.

Era un ruolo così lontano da lei, minacciare qualcuno, che Leo non riuscì a prenderla sul serio. Era Opal, non gli avrebbe mai fatto del male.

…anche se non si ricordava di lui.

E la cosa faceva piuttosto male.

-Io non giudico nessuno, ma in qualità di nuova cuoca mi preoccupo del benessere della mia principessa. Lei è la gemma del regno, e in questi tempi difficili è importante per il popolo vedere che la gemma del regno è in salute e mangia abbastanza!- Leo spiegò il suo punto di vista, anche se sarebbe stato meglio per il popolo non vedere la principessa, dato che era decisamente più al sicuro al castello, almeno per il momento.

E per circa una settimana.

-Nuova cuoca? Da quando abbiamo una nuova… chi ti ha assunto?- Opal sembrava decisamente sconvolta dall’identità di Leo. 

-Il principe Daryan! Questo è il mio primo giorno- spiegò Leo, indicandosi con orgoglio. 

-Non parti bene, considerando che sei in un passaggio segretissimo in piena notte!- Opal incrociò le braccia e lo squadrò con sospetto ancora maggiore.

Solo in quel momento Leo superò lo shock di aver rivisto Opal dopo sette mesi, e si rese finalmente conto di essere completamente fregato.

Non si sarebbe dovuto far vedere da anima viva.

E la principessa era decisamente l’ultima persona che avrebbe dovuto vederlo, seconda forse solo al principe.

-Non mi crederebbe se le dicessi che l’ho seguita per preoccupazione?- chiese Leo, cercando di trovarsi un alibi decente, ma per niente abituato a mentire a Opal. A tutti gli altri, con facilità, ma Opal… non poteva mentire a Opal! Almeno non troppo. Era più forte di lui.

-Non con questo tono… sei una spia?- lo accusò la principessa, puntando un dito ammonitore verso di lui.

Quelle parole, da parte di Opal, lo ferirono più di quanto si sarebbe aspettato.

Opal era sempre stata l’unica che si era fidata di lui da subito.

Vederla sospettosa nei suoi confronti era completamente sbagliato.

-Non sono una spia! Stavo solo…- portando una copia del sigillo reale a dei bambini di Valkrest per creare una copia migliore da usare per spedire false lettere al fronte… sì, sembrava decisamente una spia, visto quello che doveva fare.

Ma era una spia buona!

-Stavi solo…?- la principessa lo incoraggiò a parlare, facendo un altro passo indietro e scuotendo la testa, per niente convinta.

Leo decise di optare per una mezza verità.

Sospirò, sconsolato.

-…volevo andare a trovare i miei fratelli- ammise infine, a testa bassa.

-I tuoi fratelli?- chiese Opal, per niente convinta.

-Gideon, Riley, Clay, Daisy, Yara, Jack e Walt. Sono i miei fratelli più piccoli, e sono in città. So che non li vedo solo da un giorno, ma siamo arrivati qui ieri dopo una battaglia piuttosto difficile e volevo solo assicurarmi che stessero bene. Una persona a me fidata mi ha detto dove si trovava questo passaggio segreto per la città e ho pensato di approfittare della notte per fare un salto, salutarli, e tornare in tempo per lavorare. Non voglio perdere del tempo prezioso per questo, non voglio essere licenziata- le bugie funzionano sempre molto meglio se sono abbellite da una buona dose di verità. 

Opal valutò attentamente la sua risposta.

-Se ti mancano così tanto, perché non lavori direttamente al rifugio? Perché cercare un incarico a palazzo?- chiese, scuotendo la testa.

Era sveglia.

Leo aveva imparato presto a non sottovalutare quel visino angelico, perché nascondeva una intelligenza forse anche maggiore del fratello.

Per un attimo, Leo valutò di dirle la verità.

Era Opal, la sua principessa! Non poteva non credergli.

Ma aveva troppa paura di fare un casino irrisolvibile nel dire tutto a lei.

Alex, dopotutto, era stata un miracolo. 

Non poteva tentare troppo la sorte.

-Voglio rendermi utile, e mi sento molto più utile qui a palazzo. Ho un debito enorme verso i cavalieri e la famiglia reale. Mi dispiace tantissimo se sto dando una brutta impressione, ma giuro su mia sorella minore che non ho alcuna cattiva intenzione!- Leo fece un inchino profondo, e Opal sollevò un sopracciglio. 

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

Leo sperò che il suo sudore dato dall’ansia non stesse contribuendo a sciogliere più in fretta il timbro, ma sembrava reggere.

Alla fine, Opal sospirò, e annuì appena.

-Se tu non dici niente a nessuno, io non dico niente a nessuno- trovò un accordo, e sollevò una mano verso Leo, che gliela strinse, non credendo alla propria fortuna.

-In effetti, principessa, cosa ci fa qui?- osò chiedere, preoccupato.

Opal arrossì appena, e gli diede le spalle, continuando per il corridoio lievemente illuminato.

-Niente che ti riguardi, cuoca- fece la vaga, e Leo decise di non insistere, dato che non aveva alcun diritto di farsi i fatti suoi, e indagare l’avrebbe reso maggiormente sospetto.

E già era un miracolo se una volta tornato al castello non lo impiccassero per direttissima.

…Leo doveva iniziare a stare un po’ più attento, perché avere ancora cinque vite non significava che buttarsi nella morte in piena guerra fosse una buona idea.

Doveva usarle con saggezza.

E possibilmente non subito.

E comunque… non serviva un genio per capire che Opal stava andando ad offrire il proprio cibo alla città vicina.

Fecero i successivi metri nel silenzio più totale.

Leo non era affatto abituato al silenzio, quando si trattava di Opal, e dovette mordersi letteralmente la lingua per evitare di cominciare a chiacchierare del più e del meno, principalmente di cibo, con la sua principessa preferita come se niente fosse.

In quel momento era Leah, era una cuoca, era sospetta, e nessuno si ricordava di lui.

-Dove hai imparato ad inchinarti?- chiese Opal a sorpresa, dopo parecchi minuti. Così a sorpresa che Leo letteralmente sobbalzò, non aspettandosi minimamente di essere interrogato.

Soprattutto perché… non aveva la minima idea di come rispondere.

-Non è che ricordi i dettagli, altezza. Mi sono state date lezioni alla corte di una famiglia nobile di Jediah, tempo fa- Leo si mantenne sul vago.

-Che corte?- indagò Opal, squadrandolo dall’altro in basso.

-Preferirei non rivelarlo, altezza. Non voglio far fare brutta figura al loro precettore. La mia incapacità è colpa mia, non di quell’uomo- Leo mise le mani avanti. Era migliorato grazie alle lezioni di Persian, ma era sempre stato pessimo con gli inchini. E non si allenava da sette mesi, quindi aveva anche perso parecchio lo smalto.

Sicuramente era per quello che tutti lo guardavano sempre un po’ strano quando si inchinava. 

-In realtà non è così male, ma è molto… peculiare- osservò Opal, preoccupando Leo, e non fornendo ulteriori dettagli.

E non indagando maggiormente sulla corte dove Leo aveva lavorato, grazie agli dei.

-Sei mai stata a Valkrest?- chiese Opal dopo qualche altro metro.

Leo fu in procinto di affermare con sicurezza che mai si era avvicinato a Valkrest, ma chiuse la bocca subito dopo averla aperta.

Lui era stato a Valkrest, per circa due giorni. Esperienza da dimenticare. Anche se gli aveva fatto ottenere un’utilissima benedizione.

Avrebbe potuto mentire, ma aveva deciso che lo avrebbe fatto il meno possibile, soprattutto con Opal.

-Una volta, non una visita di piacere. Avevano rapito la mia migliore amica e sono andata in una missione suicida per provare a salvarla- spiegò Leo, con sicurezza. Voleva essere onesto. Almeno per quanto poteva.

Opal però non sembrava affatto credere a quella verità.

-Chi aveva rapito la tua migliore amica?- chiese, con un sopracciglio inarcato.

-I ribelli, penso? È stato molto prima della guerra. So solo che a Valkrest ci sono bambini trattati come schiavi e questa cosa è odiosa! Quando vinceremo la guerra gliela faremo vedere!- Leo si infiammò, determinato. Se ripensava alle condizioni in cui aveva trovato i sette bambini la prima volta gli montava una rabbia infinita, e sebbene i ribelli e la corte di Valkrest non avessero una grande correlazione, almeno per quanto ne sapeva Leo, che sa sempre molto poco, non riusciva a non associare le due cose tra di loro, soprattutto considerando che Gideon era finito nel mezzo della guerra, e quel criminale di Brandon era sia parte dei ribelli che cavaliere alla corte di Victor, anche se Leo aveva l’impressione che non fosse grande fan di quest’ultimo. 

Ma Valkrest era Valkrest, e al momento erano il nemico.

-Oh, in che modo gliela faresti vedere?- Opal aveva un tono di voce freddo e calcolatore.

Il destino di Leo dipendeva da quello che avrebbe detto come risposta a quella domanda.

E Leo… non ne aveva idea.

Non ci aveva proprio pensato.

Lui voleva salvare la gente, non punire i responsabili.

Si prese il mento, pensieroso.

-Francamente non me ne intendo abbastanza di politica per trovare una punizione decente, ma personalmente, il principe Victor non assaggerà mai un mio piatto, poco ma sicuro- Leo mise in gioco la punizione più terribile che potesse escogitare.

Opal accennò un sorrisino soddisfatto.

-Solo il principe Victor?- chiese, curiosa.

-Beh, lui e i consiglieri che lo hanno aiutato a dichiarare guerra, tutti coloro che hanno ferito e ucciso senza rimorsi ed empatia, e… basta. Il popolo alla fine non ha colpe, e neanche molti soldati che combattono solo per difendersi e difendere tale popolo. Le guerre sono scontri tra ricchi dove muoiono i poveri. Non hanno il minimo senso- Leo ammise tutti i suoi pensieri non solo su quella guerra, ma sulle guerre in generale, senza minimamente pensare alla sua interlocutrice, ma parlando ad Opal come aveva sempre fatto, fregandosene delle etichette, delle parole, e di come potessero essere interpretate.

Si rese conto che qualcosa non andava quando notò che a camminare era rimasto solo lui.

Si girò e vide Opal ferma sul posto, con sguardo basso, che fissava il cesto da picnic che aveva tra le mani.

Leo ricapitolò mentalmente ciò che aveva detto fino a quel momento, e poi si diede mentalmente anche una manata sulla fronte, perché era un discorso che poteva essere decisamente frainteso dalla ricca principessa che era con lui.

-Non mi stavo riferendo…- iniziò a mettere in chiaro, ma la principessa lo interruppe.

-Allora perché vuoi cucinare per noi?- chiese, con voce triste -Siamo tra i ricchi responsabili di questa guerra-

-Assolutamente no! Non siete i responsabili! Anzi, siete delle vittime che cercano solo di difendere il popolo- Leo fu velocissimo ad obiettare.

-E tu perché nei sei così convinta? Lealtà? Stupidità? Tu non sai niente dei dietro le quinte di questa guerra!- Opal ricambiò l’obiezione, ma Leo non si sarebbe fatto mettere da parte così facilmente.

Conosceva quella corte, soprattutto Opal, e non aveva dubbi che avessero cercato di fare la cosa giusta.

Senza contare che, se anche avesse avuto qualche dubbio, sarebbe stato messo a tacere dalla lettura della Storia.

Leo sapeva perfettamente che il maggiore responsabile della guerra era esclusivamente il principe Victor, che la programmava da anni per motivi sconosciuti, e che aveva manipolato mezzo mondo, tra cui la famiglia reale di Jediah, per provare a renderli i colpevoli.

Certo… non poteva dirlo a Opal, perché doveva recitare il ruolo di una normale cuoca che non sapeva assolutamente nulla.

Ma comunque…

-Beh, la mia principessa sta uscendo fuori di nascosto per dare del cibo ai suoi sudditi. Il mio principe non dorme e non mangia perché sta cercando di risolvere le cose il più in fretta possibile. Non sarò un genio, ma ci vedo, e ho visto sia fuori che dentro le mura del palazzo l’impegno della vostra famiglia. E sono certa che anche i vostri genitori stanno facendo il possibile per noi- Leo sapeva che erano in missione diplomatica a Lumai per ottenere aiuti nella guerra, anche se non avrebbero avuto successo -Per questo ho giurato che farò il possibile anche io per ottenere un lieto fine per tutti- Leo scoprì qualche carta, facendo un salto della fede. Avrebbe voluto recitare il ruolo di una persona completamente ignara di tutto, ma con la principessa non sarebbe riuscito, lo sapeva. Pertanto cercò di apparire affidabile e soprattutto leale.

-Un giuramento… molto impegnativo- Opal aveva un tono di voce indefinibile, e l’espressione era illeggibile con quella luce.

-Sì, beh… l’ho detto che ho tendenze autodistruttive- Leo cercò di stemperare la tensione con una battutina. 

-Alla fine l’hai salvata la tua migliore amica?- chiese Opal con un sorrisino, accettando il cambio di argomento.

-…più o meno. È stata più lei a salvare me, e un cavaliere ha poi salvato entrambe. Non sono esattamente la persona migliore da appuntare come salvatrice- ammise Leo, alzando le spalle.

In effetti era davvero pessimo, come dimostrava il fatto che doveva chiedere a dei bambini un modo per clonare un timbro preso per miracolo.

-Qualcosa mi dice però che mio fratello ha fatto bene ad assumerti almeno come cuoca- Opal lo squadrò con attenzione. 

-Spero che un giorno avrò occasione di prepararle i miei dolci migliori, principessa- Leo le sorrise incoraggiante e speranzoso.

Avrebbe salvato la vita di Opal, così come del resto della corte, e tante altre persone. E poi avrebbero festeggiato con una torta arcobaleno, tantissime crepes e i suoi famosi biscotti.

Per un attimo Opal sembrò illuminarsi alla prospettiva, ma si incupì quasi immediatamente.

Camminando erano arrivati alla fine del tunnel.

-…penso sia arrivato il momento di separarci- affermò la principessa, superandolo e uscendo per prima.

Leo avrebbe voluto continuare a parlare, ma aveva una missione da compiere, e la vita di molte persone dipendeva da tale missione, non aveva affatto tempo da perdere. Pertanto uscì fuori a sua volta, tirò fuori lo stampo che iniziava a sciogliersi, e fece una copia approfittando di essere rimasto solo. Si avviò poi verso il rifugio dove aveva lasciato i sette bambini.

 

Leo era stato accolto dai bambini come una specie di eroe.

Nonostante il tempo difficile, il rifugio dove erano stati collocati era quasi un’abitazione di lusso, quantomeno comparata a ciò che i ragazzi avevano vissuto quando erano sfruttati come schiavi e poi soldati. 

Avevano un nuovo cambio d’abito, cibo sufficiente a sfamare tutti, e addirittura dei giochi e degli attrezzi per passare il tempo.

…e per scolpire timbri.

Leo iniziava a pensare che quei sette ragazzini fossero mille volte più competenti di lui.

Non era un pensiero particolarmente confortante.

Una volta giunto al rifugio, dopo aver salutato tutti e aver dato loro del cibo, Leo aveva buttato l’idea di come creare un timbro dal modello da lui scolpito, e neanche il tempo di finire la domanda, che Daisy gli aveva preso dalle mani la nuova copia di ghiaccio, e aveva esclamato che ci avrebbe pensato lei perché era bravissima nei lavori manuali.

Riley si era offerta di trovare la ceralacca giusta e la carta, Yara di spedire le lettere, Jack aveva fatto numerose domande su come fossero tali lettere in modo da essere certi di fare ottime copie, e Walt… non aveva fatto niente di ché, ma al momento stava intrattenendo Leo con dei giochi mentre Daisy scolpiva.

Gli unici che non erano intervenuti nella faccenda erano stati Gideon, in quanto non presente nella stanza, e Clay, che si limitava a fissare Leo a braccia incrociate, non fidandosi ancora del tutto di lui.

-Smetti di fare il muso e passami quello scalpello- lo interpellò ad un certo punto Riley, che stava assistendo Daisy nella scultura.

-Perché dovrei? Non aveva forse promesso che non ci avrebbe fatti lavorare? A me questo sembra un lavoro, non diverso da ciò che facevamo a Valkrest. Ma almeno Brandon era sincero! E lì c’erano le pietre fenice d’inverno!- Clay parlò per la prima volta, e gettò nella stanza una metaforica bomba.

L’accusa non del tutto velata colpì Leo dritto al cuore, facendogli venire quasi la nausea.

Li stava forse sfruttando?

Non era sua intenzione!

Leo non perse la calma, e continuò a giocare con Walt mentre si rivolgeva a Clay.

-Cosa ti fa sentire così?- chiese, validando i suoi sentimenti, con l’intenzione di provare a rassicurarlo sulle sue buone intenzioni o cambiare il proprio atteggiamento se l’avesse trovato effettivamente sbagliato.

-Me lo chiedi anche?! Arrivi con una storia assurda dicendo che vuoi cambiare la Storia, e ci rapisci con la scusa che non vuoi farci lavorare per poi farci lavorare comunque per la tua causa che serve solo a favorire le persone a cui tieni tu e il regno a cui tieni tu! Cosa ti rende diverso da Brandon?!- Clay alzò la voce.

Aveva davvero un’opinione molto decisa sulla questione. 

Leo aprì la bocca per spiegarsi, ma fu interrotto prima che potesse proferire parola.

-Clay! Non dire così! Leo è gentile e ci ha dato tante cose buone da mangiare!- lo difese Jack, avvicinandosi al cuoco con fare protettivo.

-Anche Brandon ci dava da mangiare quando eravamo bravi e facevamo quello che voleva- Clay insistette sul suo punto.

-E ci colpiva quando non lo facevamo- obiettò Riley.

Leo sentì un brivido al pensiero di quel tronco di Brandon che colpiva quei ragazzini. 

Purtroppo non riuscì a commentare nulla, perché Clay continuò con le sue idee, testardo.

-Leo potrebbe consegnarci ai cavalieri se non facciamo quello che vuole. E sarebbe una condanna a morte-

-Leo non lo farebbe. Lo ha giurato sui sette dei- Daisy non smise un secondo di lavorare, ma si introdusse nella conversazione.

-Non mi fido di questo giuramento! È stupido! Se gli dei avessero il potere di fare del male a chi infrange le promesse, avrebbero fatto subito finire questa guerra. Le guerre sono vietate dagli dei. Quindi perché continuano? Non mi fido degli dei, né di questo benedetto dagli dei. Soprattutto se ci sfrutta- ma Clay sapeva come ribattere. Era molto sveglio, si vedeva.

-Smettila, Clay! Leo è una brava persona!- Yara, che fino a quel momento non era intervenuta e si era limitata a fissare fuori dalla finestra, forse cercando segni di Gideon, si girò verso di lui per dire la sua. Il suo tono però era incerto.

Clay stava iniziando a convincere gli altri delle sue idee.

-Non esistono brave persone, Yara!- affermò infatti, lanciando a Leo un’occhiata piena di odio.

Tutti quanti lo guardarono, aspettandosi che ribattesse, dato che non si era ancora difeso personalmente da quelle accuse. Persino Daisy, che era ancora impegnata nel lavoro, smise per un attimo per lanciare un’occhiata verso Leo.

E Leo… non sapeva che dire.

Perché Clay non aveva tutti i torti.

Tutto ciò che aveva detto aveva un fondo di verità.

Aveva chiesto loro dei favori.

Avrebbe potuto consegnarli ai cavalieri e rovinare la loro vita.

Le promesse sugli dei… era possibile che non fossero così importanti come venivano vendute.

Erano in piena guerra.

E i bambini… erano su un filo sottile, retti solo dalla buona parola di Leo e dal supporto di Alex. Leo stesso era retto solo dal supporto di Alex, e iniziava a rendersi sempre più conto di quanto fosse precaria la sua situazione.

Aveva avuto fortuna, l’aveva sempre avuta per ogni cosa successa in quel mondo, ma prima o poi la fortuna si sarebbe esaurita.

E per quei bambini… loro non avevano mai avuto tale fortuna.

Avevano vissuto un inferno che Leo non riusciva neanche ad immaginare.

E non aveva idea di come rassicurarli.

-Clay… hai ragione- alla fine Leo sospirò, e ammise la realtà dei fatti.

Le parole risuonarono nell’aria con grande pesantezza, e Riley distolse lo sguardo, adocchiando la porta come se fosse pronta a scappare.

Daisy ritornò a scolpire con più velocità.

Yara balzò in piedi.

Walt si rigirò il gioco tra le mani, e Jack si allontanò appena da Leo.

Evidentemente i dubbi non erano solo di Clay, Clay era solo coraggioso abbastanza da esternarli e rischiare una punizione.

Tutti loro erano sull’attenti, e forse la loro difesa a Leo era più un modo di tenerselo buono che una vera e propria fiducia nei suoi confronti.

Leo continuò.

-Hai ragione a non fidarti. So perfettamente di non essere la persona più affidabile del mondo, e non vi ricordate neanche di me. Non posso fare altro che darvi la mia parola, e aspettare che il tempo dimostri che sono sincero. Ma sono umano, e sbaglio, e non sono bravo con sotterfugi e piani, per questo ho chiesto il vostro aiuto nella mia missione. Ma mai, neanche per un secondo ho preteso che mi deste aiuto, e se vi siete sentiti in dovere, vi prego di smettere di aiutarmi. Troverò un’altra strada- Leo mise le cose in chiaro, e si rivolse in particolar modo a Daisy, in tono rassicurante.

-Non mi sento obbligata. Mi piace scolpire- Daisy continuò il lavoro, anche se rallentò appena, tranquillizzata dal discorso del cuoco.

Ma per lui non era ancora abbastanza.

Doveva fare di più.

Quei bambini meritavano di più, soprattutto dopo quanto avevano subito.

-Vorrei poterti offrire della creta, o del legno per sperimentare, ma la verità è che io non ho molto da offrire- Leo sospirò, e iniziò a riflettere seriamente sulla cosa.

A conti fatti, lui aveva bisogno di loro più di quanto loro avevano bisogno di lui, anche se fin dall’inizio della missione Leo aveva pensato che avrebbe fatto tutto da solo.

Ma senza Alex, senza Gideon, senza i bambini, lui non sarebbe riuscito a fare niente.

Non sarebbe a palazzo.

Sarebbe stato catturato dalle guardie.

Non avrebbe alcuna idea di come spedire lettere false al fronte.

Si era dovuto persino far salvare da Daryan contro quell’idiota di Lionel!

Era proprio vero che era un salvatore pessimo, a malapena considerabile tale.

E aveva pure due benedizioni divine!

Che stava sfruttando malissimo!

Un suicidio inutile e un muro di ghiaccio erano gli unici contributi contro la guerra, con persone che morivano ogni giorno, il castello freddo e il morale a terra. Senza neanche cibo.

Non poteva neanche dare del cibo!

L’unica cosa che sapeva fare era cucinare, e non poteva fare neanche quello!

E le uniche persone a cui poteva chiedere aiuto erano una leale cavaliera che rischiava tantissimo a prendere le sue parti nelle macchinazioni che non aveva ben programmato, e un gruppo di bambini traumatizzati che sarebbero stati molto meglio senza di lui e senza la pressione che sicuramente sentivano addosso a causa di Leo.

Nessun altro si ricordava di lui.

Opal lo guardava con sospetto.

Le sue migliori amiche a malapena gli avevano rivolto la parola.

Daryan…

Non era il momento di pensare a Daryan.

Doveva pensare a come fosse meglio agire per tenere al sicuro i bambini, lontano dai suoi schemi.

Perché sicuramente il loro supporto e aiuto sarebbe stato utile se non fondamentale per la missione, ma l’ultima cosa che voleva era forzarli a fare ciò che non volevano e a stare dove non volessero stare.

Fece un profondo sospiro, e si rivolse a Clay.

-Clay… vuoi tornare da Brandon?- chiese, colto da un dubbio. Se avesse voluto tornare da quell’uomo, Leo si sarebbe trovato in una situazione davvero scomoda. Da un lato, dopotutto, voleva ascoltare i loro desideri. Ma dall’altro, non poteva affidare un bambino di otto anni alla mercé di un uomo orribile che lo aveva maltrattato forse per tutta la sua vita. Senza contare che sarebbe stato rischioso per la sua missione, che però passava in secondo piano rispetto alla felicità di bambini innocenti.

Clay sobbalzò vistosamente, e sgranò gli occhi, mostrando la sua paura.

-Mi stai minacciando?! Solo perché non mi fido di te?! Avevo ragione a…- iniziò a mettersi sulla difensiva, indicandolo con sguardo accusatorio.

Okay, un problema in meno. Clay odiava Brandon tanto quanto Leo. Almeno lo toglieva dalla posizione scomoda.

-Assolutamente no! Non era una minaccia, era una domanda. Mi rassicura sapere che non vuoi tornare da lui. Allora, dove vuoi andare? Vuoi andare a Nivern? In un’altra città? Dove ti senti più al sicuro? Non ho grandi mezzi, ma potrei provare ad organizzarmi. Il motivo per il quale vi tengo vicini è perché sono più tranquillo sul potervi proteggere, ma non sono un granché, e lo so, quindi se vi sentite sfruttati e volete andare da qualche altra parte, a me va bene- Leo si piegò appena in modo da essere sulla stessa altezza di Clay (non dovette piegarsi molto a dire il vero) e gli sorrise, aperto e incoraggiante.

Clay distolse lo sguardo.

-Vale per tutti voi, ovviamente. Se non vi sentite abbastanza al sicuro con me, o se vi sentite sfruttati, o infelici, non dovete avere timori a dirmelo. A me fa piacere stare in vostra compagnia, e il vostro aiuto nella mia missione di pace potrebbe sicuramente rivelarsi fondamentale, ma l’ultima cosa che voglio è obbligarvi a fare qualcosa che non volete, ve lo posso assicurare- disse a tutti quanti, guardandoli uno a uno.

-Io voglio restare qui!- si intromise Walt, abbracciando la gamba di Leo come a non farlo scappare.

-Anche io!- gli diede man forte Jack, facendo altrettanto all’altra gamba.

-Assolutamente! L’idea di salvare il mondo e far finire la guerra è fantastica! E odio Brandon!- Yara fu ancora più chiara nell’esprimere ciò che voleva.

-Noi facciamo quello che vogliamo, Leonardo. Siamo noi a decidere, non tu. Non sei il nostro papà- Riley affermò con sicurezza.

Leo si sentì rasserenato. 

-Ottimo, mi sembra più che giusto- Leo annuì.

Era vero che quei bambini erano in gamba.

Più di lui.

-Finito il timbro!- Daisy cambiò argomento e si alzò con un timbro di legno di ottima fattura, che mostrò a Leo con grande soddisfazione. Era una risposta velata che affermava che volesse restare anche lei ad aiutare Leo.

-Sul serio?! Ma sei fortissima! È…- Leo lo prese e lo osservò con attenzione, rimanendo completamente senza parole.

-Che c’è? Non è fatto abbastanza bene?- Daisy iniziò a preoccuparsi, e prese la copia fatta da Leo per compararle.

-È… perfetto! Hai un talento straordinario! Appena finisce la guerra devi assolutamente prendere qualche lezione professionale, hai una manualità spettacolare. Non oso immaginare che meravigliose sculture di cioccolato potresti realizzare!- Leo dimenticò completamente il clima teso che si era formato, e iniziò a inondare la bambina di complimenti, facendola sorridere entusiasta.

Riley lanciò un’occhiata a Clay, che osservava la scena a braccia incrociate, e che alla fine sospirò.

-Io ti tengo d’occhio- annunciò, per poi sedersi e prendere un vecchio libro che era stato messo a disposizione.

Leo sorrise tra sé, e la prese come una buona notizia.

Poi si rivolse a Jack.

-Posso fare una domanda?- chiese, sperando di non essere nuovamente accusato di sfruttamento per una sua semplice curiosità.

Clay gli lanciò un’occhiata, ma non disse niente.

-Sì, io so tante cose!- Jack si mise a disposizione, entusiasta.

-Cosa sono le pietre fenice? Clay prima ne ha parlato e ho sentito delle cuoche lamentarsene in cucina. Non ne avevo mai sentito parlare la prima volta che sono stato qui- aveva inavvertitamente origliato Mildred che ne parlava con Jane, ma non aveva la minima idea di cosa potessero essere, e chiedere a chiunque altro l’avrebbe reso sospetto o molto ignorante.

-Vuoi non avete le pietre fenice nel tuo mondo?- chiese Yara, spalancando comicamente la bocca.

Leo scosse la testa.

-Sono pietre di fuoco eterne!- affermò Jack con sicurezza.

-Pietre di fuoco eterne?- Leo era ancora più confuso.

-Sono pietre divine combustibili molto calde che non si consumano. Ne esistono poche centinaia al mondo, e sono tutte a Valkrest, che le noleggia ogni inverno nei luoghi più freddi, principalmente a Nivern, Jediah e Ombron. Costano molto e devono essere restituite alla fine della stagione, ogni volta. Si possono tenere spente o si possono accendere e mantengono il fuoco in eterno finché non viene spento con dell’acqua- Riley spiegò meglio.

-Wow! Utili!- ammise Leo, iniziando a capire la potenza vera di Valkrest -Ora capisco perché hanno dichiarato guerra d’inverno- borbottò, riflettendo sul freddo a palazzo. Sapeva che Valkrest si occupava di carbone. E sapeva che Fring invece controllava il legno. I maggiori materiali combustibili per fare calore nelle case e al castello erano controllati dai due regni in guerra contro Jediah. E ovviamente anche Nivern si era unita al conflitto per ottenere pietre fenice per il freddo regno. Se c’era una cosa che Leo ricordava dei suoi anni di scuola era che il freddo era un enorme nemico da non sottovalutare in guerra.

Chissà se c’era qualche materiale a Jediah che potesse sostituire i combustibili…

Mentre Leo rifletteva, i bambini continuavano a chiacchierare.

-Molto utili. I ribelli ne hanno parecchie, penso le abbiano rubate- affermava Yara.

-A loro non interessa niente degli dei- Jack scosse la testa, disapprovando completamente.

-E forse fanno bene- borbottò Clay.

-Smettila Clay!- si lamentò Walt.

Era ormai chiaro che tutti si erano schierati dalla parte di Leo contro Clay.

Clay tornò al suo libro, facendo il muso.

Leo decise di avvicinarsi a lui. Avrebbe voluto avere un buon rapporto con tutti quanti.

-Cosa leggi?- chiese, controllando la copertina.

-Non ti riguarda- Clay lo allontanò.

Leo si chiese se fosse il caso di insistere, ma fu interrotto dalla porta che si apriva, facendo rientrare l’ultimo bambino che mancava all’appello.

-Che fate ancora in piedi? È tardi, dovreste andare a dormire- esordì Gideon senza neanche controllare bene la stanza, togliendo il cappello e la sciarpa.

-Senti chi parla! Dove sei stato fino ad ora?- lo rimproverò Riley, incrociando le braccia.

-Stavo controllando delle cose per…- Gideon iniziò a rispondere saccente, ma si interruppe quando il suo sguardo si fermò su Leo.

-Leo!- esclamò, sorpreso, illuminandosi appena.

-Ciao Gideon! Sono venuto a trovarvi. Ho portato del pane, te ne hanno lasciato un po’- Leo lo accolse con un gran sorriso.

Gideon adocchiò il pane con una certa gola, ma poi scosse la testa.

-Per fortuna sei venuto. Ti volevo parlare- si avvicinò a Leo e lo prese per il polso per trascinarlo fuori. Era molto serio, e Leo iniziò a preoccuparsi che potesse essere successo qualcosa di grave che non volesse raccontare agli altri. 

Per ogni evenienza, il cuoco decise di rimettere il travestimento, dato che fuori da quella stanza doveva essere Leah. Era pur sempre ricercato in tutto il regno.

-Tutto bene, Gideon? È successo qualcosa?- chiese una volta chiusa la porta alle loro spalle.

-No, e non è bene spiare, Yara!- Gideon alzò appena la voce e lanciò un’occhiataccia alla porta.

Leo sentì dei passi allontanarsi, insieme ad un risolino.

Alzando gli occhi al cielo, Gideon si allontanò abbastanza, arrivando quasi all’esterno dell’edificio.

-Di che volevi parlarmi?- Leo lo incoraggiò a parlare, una volta appurato che fossero soli.

-Voglio lavorare anche io a palazzo!- esclamò Gideon, con convinzione.

Leo ci mise qualche secondo ad elaborare ciò che il ragazzino gli aveva appena detto.

-No…- rispose, ovvio.

-Perché no?!- Gideon incrociò le braccia, irritato dal rifiuto.

-Perché vuoi lavorare a palazzo?- Leo usò un approccio diverso, più compiacente, per cercare di comprendere cosa mai avesse fatto venire improvvisamente voglia al bambino di raggiungerlo in un luogo che di lì a una settimana, e questo Gideon lo sapeva, sarebbe stato oggetto di alcuni attacchi.

-Perché tu hai deciso di lavorare a palazzo e non al rifugio?- Gideon gli rigirò la domanda, e sembrava quasi dirlo con tono sarcastico, come a dire “lo voglio fare per il tuo stesso motivo, Leo, non è ovvio?”.

Leo però la prese più come un’accusa, del tipo “Perché sei andato al palazzo abbandonandoci?”, forse complice la discussione appena avuta con Clay, e si mise sulla difensiva.

-Io sarei anche rimasto al rifugio, ma devo necessariamente stare a palazzo per evitare gli attacchi e salvare quante più persone possibili- spiegò, ricordando a sé stesso la sua missione.

-Appunto! Voglio aiutarti!- insistette Gideon.

-Gideon… sono onorato, ma è meglio che tu resti qui con gli altri. È più sicuro. Vi ho già detto tutte le procedure da seguire per i due attacchi nel prossimo mese, che saranno ben affrontati e non avranno vittime civili. Neanche a palazzo ci saranno vittime, ma è comunque più sicuro restare in città- spiegò Leo. Era una delle poche cose che aveva organizzato bene: tenere i bambini il più sicuri possibile. 

-So che è sicuro qui, per questo voglio venire al castello e aiutare te! Vuoi far finire la guerra prima, e non puoi farlo da solo- Gideon iniziò a parlargli come se fosse Leo il bambino stupido che non stava capendo la situazione ovvia.

E chissà, forse era davvero così.

Ma a conti fatti il grande della situazione, almeno fisicamente, era davvero Leo.

E si era ripromesso proprio pochi minuti prima che non avrebbe continuato a sfruttare i bambini, non poteva fare l’incoerente!

-Apprezzo i tuoi tentativi di aiutarmi, Gideon, ma questa è la mia missione, e preferirei saperti al sicuro. Ho Alex con me, e ho tutto sotto…- Leo iniziò a rifiutare con calma la proposta di Gideon, cercando di mostrare una sicurezza che non possedeva affatto, ma il ragazzino lo interruppe, alzando appena i toni.

-Non ti fidi perché sono di Valkrest? È per questo che non mi vuoi al castello? Temi che possa fare da spia a Brandon?- la voce di Gideon era così ferita che sembrò ferire di riflesso anche Leo, che si irrigidì appena, toccato da quella supposizione.

Mise entrambi le mani sulle spalle di Gideon, e lo guardò dritto negli occhi.

-Io mi fido di te, Gideon- affermò, con sicurezza.

-Ma tu…- iniziò ad obiettare il ragazzino.

-Non mi hai risposto, perché di punto in bianco vuoi così tanto lavorare al castello? Pensavo di piacesse la prospettiva di stare qui con i tuoi amici. È successo qualcosa?- Leo lo interruppe e tornò al discorso principale. C’era qualcosa di strano nella richiesta repentina di Gideon.

Gideon distolse lo sguardo, e si scansò dalla presa di Leo.

-Non è successo niente! Ma questo è il mio mondo! E voglio far finire la guerra presto! Devo farlo, devo aiutarti!- strinse i pugni e parlò come se stesse ripetendo qualcosa che gli era stato inculcato a forza in testa.

Leo sospirò. Non avrebbe ricevuto risposte più soddisfacenti di quella.

Decise di fare un passo indietro.

-Senti, Gideon, se anche volessi, non ho il potere di farti assumere. Sei solo un ragazzino, e le leggi non permettono il lavoro minorile, grazie al cielo. È il mio primo giorno e mi sono quasi fatto licenziare due volte, quindi, ti prego… resta qui. Al castello ci penso io- cercò di farlo ragionare.

In effetti non era partito affatto bene a lavorare lì.

Forse avrebbe potuto evitare di dirlo a Gideon.

-Non sembri molto capace, se ti sei quasi fatto licenziare- borbottò infatti il ragazzino, non lasciandosi sfuggire neanche una parola.

-Lo so… lo so… ma non è il tuo compito far finire questa guerra. Il tuo compito è stare bene e al sicuro con i tuoi amici- Leo cercò di non indugiare troppo su quanto pessimo fosse come salvatore, e pensare più ad essere una persona decente che non avrebbe permesso ad un ragazzino di dodici anni di finire in pericolo.

-È invece devo farlo!- tale ragazzino però continuò ad insistere.

-Perché?!- ripetè Leo per l’ennesima volta, esasperato.

-Perché…- Gideon esitò. C’era chiaramente qualcosa che non stava dicendo, e una piccola parte di Leo iniziò a sussurrargli all’orecchio che forse era veramente in combutta con Valkrest e voleva ottenere informazioni.

La zittì subito.

Preferiva lasciare i dubbi e i complotti al resto del mondo. Leo doveva restare ottimista.

Scelta pericolosa, ma necessaria per la sua sanità mentale.

Si limitò ad aspettare che Gideon finisse, e dopo qualche attimo di esitazione, dove sembrava che stesse effettivamente per dare delle risposte, scosse con forza la testa e tornò ad ergere dei muri.

-Perché sì! Non ti devo dire perché faccio le cose! Non sei mio fratello o mio padre!- la sua voce era piena di rabbia, e Leo non comprese il perché di tanta veemenza.

Le parole però colpirono dritte nel segno.

Non si arrabbiò, Leo non si arrabbiava (quasi) mai, ma si rese conto ancora una volta della propria incompetenza.

Sospirò, e decise di chiudere la questione.

-Beh, se vuoi farti assumere vai a palazzo e chiedi, ma io non posso fare niente per aiutarti, mi dispiace- il tono uscì leggermente freddo, anche se non era sua intenzione, e diede le spalle a Gideon per tornare nella stanza dove i bambini erano stati messi.

Non voleva essere distante, ma si sentiva un vero fallimento, e l’ultima cosa che voleva era mostrare a Gideon che gli erano venute le lacrime agli occhi. Cosa poteva fare di sincero per aiutare tutti?! Perché era proprio lui a dover salvare il mondo? Santo cielo! Non riusciva neanche a trovare qualcosa di decente per fare felici dei bambini, come…

Un’idea improvvisa lo colpì come un fulmine.

-Leo… io…- e fu così colpito dal colpo di genio, che perse completamente il timido tentativo di Gideon di tornare sui suoi passi rispetto a ciò che aveva appena detto.

-Il ghiaccio eterno!- esclamò, zittendolo.

-C_cosa?- Gideon emise uno squittio sorpreso.

Leo si girò nuovamente verso di lui, rinfrancato dalla prospettiva di ciò che avrebbe potuto fare per ripagare Daisy dell’aiuto e incoraggiare il suo talento creativo. Prese Gideon per mano, e gli sorrise incoraggiante.

-Su, rientriamo, devi mangiare qualcosa, e mi è venuto in mente un regalo per tua sorella- affermò, e lo trascinò nuovamente all’interno, lasciandolo parecchio disorientato dal repentino cambio di atteggiamento.

-Daisy! Ho un’idea stupenda!- esordì Leo entrando e cogliendo i bambini di sorpresa.

-Che idea?- Daisy gli si avvicinò curiosa.

-Che ne dici di scolpire il ghiaccio?- chiese Leo, emozionato, mostrando la mano benedetta.

Daisy si illuminò, ma durò poco.

-Ma non si scioglie dopo un po’?- chiese, preoccupata.

-Posso creare del ghiaccio eterno, così potrai scolpire nel tempo che vuoi, e non dovrebbe neanche raffreddare troppo la stanza. Vuoi provare?- Leo si offrì, più emozionato di Daisy alla prospettiva.

Ma il suo entusiasmo la contagiò, e Daisy annuì, saltellando sul posto pronta ad ottenere il suo blocco di ghiaccio eterno personale da scolpire.

-Allora, come lo vuoi? Grande, medio, piccolo?- chiese Leo scaldando la mano pronto a creare il blocco di ghiaccio perfetto. (Sì, è un controsenso, ma dettagli).

-Medio! Non troppo grande ma con abbastanza materia per iniziare- Daisy era molto pratica.

C’erano tante cose che potevano andare storte.

Leo aveva un solo colpo ogni sette minuti, e dato che presto sarebbe dovuto tornare a castello aveva uno, massimo due colpi da poter fare prima di andarsene.

Non era riuscito a fare del ghiaccio eterno per il timbro, ci era solo arrivato vicino, e se non c’era riuscito per una cosa così importante, era difficile che ce l’avrebbe fatta per quello.

Non era neanche del tutto convinto che il ghiaccio sarebbe stato il materiale giusto per iniziare a scolpire, magari Daisy non ci sarebbe riuscita e avrebbe perso tutta la voglia di provare.

Insomma, c’erano tante cose che potevano andare male.

Ma Leo non ci pensò.

Nessuna di queste cose gli passò nella testa, troppa la felicità di aver trovato qualcosa di davvero utile da poter offrire a quei bambini che meritavano il meglio, e che lo stavano aiutando tantissimo.

Sollevò la mano, e si lasciò guidare dal cuore.

Creando un blocco spesso di ghiaccio completamente azzurro che sembrava il più solido che avesse mai generato.

I bambini lo fissarono davvero colpiti.

Daisy era gioiosa.

-Posso davvero scolpirlo? È davvero eterno?- chiese, iniziando a girarci intorno saltellando.

-Certo che puoi! È tuo… e anche voi, se avete qualche richiesta che posso fare… fatemelo sapere- si rivolse anche a tutti gli altri.

Forse avrebbe potuto portare dei libri a Clay, qualche gioco a Walt… non aveva molte opzioni dove recuperarli, ma poteva provare…

Aiutare gli altri era così rinfrancante.

Il suo sguardo si posò su Gideon, e finalmente si rese conto in parte del motivo che lo stava spingendo a cercare in tutti i modi di aiutare Leo.

Una piccola riflessione iniziò a formarsi nella sua testa.

Purtroppo non si trattenne molto, e non affrontò più argomento guerra.

I bambini dovevano andare a dormire, quindi li mise a letto, diede loro il bacio della buonanotte, raccontò una fiaba a memoria, sbagliando quasi tutti i fatti salienti perché non era granché a raccontare storie, e infine tornò al castello, senza incontrare la principessa, ma certo che sarebbe stata al sicuro.

Per un po’, a meno che Leo non combinasse un enorme casino, sarebbe stata perfettamente salva.

Il castello un po’ meno, ma ci avrebbe lavorato.

E avrebbe lavorato anche sul cercare di usare ciò che aveva per migliorare il morale, e non solo salvare delle vite.

Un sorriso avrebbe potuto fare miracoli in quel clima.

 

Il giorno successivo Leo non fu mandato nell’ufficio di Daryan, e il cuoco cercò di non pensarci, e anzi si rinfrancò che non fosse stato catturato e sbattuto in prigione dopo l’incontro con la principessa.

Non si poteva sapere dopotutto, Opal poteva sempre aver mentito sul tenersi le cose per sé ed essere andata a spifferare tutto al fratello alla prima occasione.

Non l’avrebbe biasimata visto che Leo era super sospetto, ma sembrava essersela cavata.

Opal era decisamente la principessa migliore del mondo!

-Come va l’allenamento?- chiese Leo ad Alex, dopo aver distribuito il pranzo che si era offerto di preparare ai cavalieri.

Non ne riconobbe molti, il ché era un dato positivo, considerando che era in incognito e meno persone conosceva, meglio era.

Alex rimase vicino a lui mentre mangiava, lanciando occhiate attente ai dintorni.

-L’allenamento procede. Allora, come è andata ieri sera?- chiese, sottovoce, cercando di non dare a vedere che stesse cospirando.

-Tutto bene….- rispose Leo, ma non era per niente convinto, e Alex se ne accorse, lanciandogli un’occhiata obliqua -…posso farti una domanda?- chiese poi Leo.

-Qualcosa mi dice che non è andata così bene… ma certo- Alex si mise a disposizione. Leo si sentiva davvero fortunato ad avere lei dalla sua parte.

Sapeva di poterle confidare i suoi dubbi, e lei non l’avrebbe giudicato.

-Sì, beh… secondo te farsi aiutare è come sfruttare? Nel senso… se i bambini decidono di aiutarmi li sto sfruttando? Dovrei pensarci io, giusto? Insomma… non posso chiedere a dei bambini di…- Leo iniziò a spiegare i dubbi che gli erano venuti dolo aver parlato con Clay. Si era sempre considerato un tipo con una buona moralità, ma si poteva sempre migliorare, giusto?

-Da quando ti fai tanti problemi?- lo interruppe Alex, piuttosto confusa.

In effetti Leo era famoso per non riflettere, ma quella missione era troppo importante per prendere le cose alla leggera.

-È solo che non voglio fare casini- sospirò, sconsolato.

Alex gli mise una mano sulla spalla.

-Tranquillo, Leo, i casini li fai comunque, e quando li fai ci siamo noi ad aiutarti e a risolverli. Nessuno si aspetta che un cuoco di un altro mondo faccia finire la guerra. Tu stai solo offrendo il tuo input- Alex riuscì ad essere il giusto mix tra incoraggiante e… scoraggiante? 

In ogni caso… le sue parole erano davvero adeguate per rassicurare la mente di Leo, che però non era ancora completamente convinto.

-Ma i bambini…-

-Se vogliono aiutarli, non vedo perché non dovresti accettare il loro aiuto- insistette Alex, ovvia.

-Ma sono piccoli, magari…- provò nuovamente ad obiettare Leo, ma la cavaliera lo interruppe.

-Non sottovalutare la consapevolezza e la capacità decisionale dei bambini. Finché non li obblighi con la forza, non stai facendo niente di male- lo rassicurò, categorica.

Leo rimase in silenzio. Non era del tutto convinto, ma doveva ammettere che si sentiva un po’ meglio.

-Senti, Leo… le guerre sono un affare enorme. Terrificante, pericoloso e che coinvolge migliaia di persone. Tu sei solo una di quelle migliaia di persone, e come tutti gli altri stai facendo del tuo meglio, e tanto basta. Non è tutto sulle tue spalle, okay? Se hai bisogno di aiuto, chiedi. E se ti viene detto di no… è un problema di quelle persone, non tuo- Alex lo guardò dritto negli occhi, e lo rassicurò completamente sulle sue intenzioni, sollevando parecchio del peso che il cuoco sentiva addosso.

-Grazie Alex… è che ho rischiato di farmi licenziare e catturare il primo giorno, quindi non mi sento molto il ruolo di salvatore. Non sono neanche uno di quegli isekaizzati super bravi che sanno tutto e aiutano anche nelle altre cose. È tutto il giorno che cerco di pensare ad alternative per combustibili, ma non mi viene in mente niente! Ugh, dovevo stare più attento a chimica a scuola- Leo sospirò, e iniziò a straparlare.

Alex ridacchiò, prendendo la sua parlantina come un buon segno.

-Non ti preoccupare, sono certa che se ci fosse una soluzione l’avrebbero già trovata. E comunque non è un problema così grave…- si interruppe quando il senso delle parole di Leo le raggiunse completamente il cervello -…aspetta, in che senso ti sei quasi fatto catturare?! Stai parlando del principe, giusto?- si fece improvvisamente sospettosa.

Leo distolse lo sguardo, imbarazzato.

-Beh… non proprio?- ammise, in un sussurro.

-Leo!- esclamò sottovoce Alex, esasperata.

-La principessa mi ha beccato nel passaggio segreto… ma ehi, tutto risolto. Siamo già a pranzo e non mi ha detto nulla, quindi sicuramente non ci saranno conseguenze!- affermò Leo con estrema sicurezza e ottimismo, cercando di convincere Alex che tutto andasse bene.

-Leah! Hai finito con il pranzo? La principessa vorrebbe parlarti, in biblioteca- l’arrivo di Dotty con un richiamo urgente ruppe completamente le sue speranze come lui aveva rotto buona parte delle ceramiche antiche di sua nonna, quando era piccolo.

-È stato bello conoscerti. Mentirò alla corte fingendo di non averti mai visto prima- borbottò Alex, sacrale, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Molto divertente… arrivo subito, Dotty!- Leo prese un mano il piatto ormai vuoto di Alex, poi ci ripensò, e glielo restituì. La cavaliera gli lanciò un’occhiata confusa.

Leo si rivolse a Dotty, con sguardo innocente.

-Ehm… posso chiederti di recuperare i piatti? Non vorrei far attendere la principessa- fece un occhiolino ad Alex, che non capì. Avendo dimenticato Leo, aveva dimenticato anche la profonda amicizia che aveva instaurato con Dotty quando avevano legato grazie alla vicinanza con Leo, e non aveva ancora recuperato quella parte di ricordi.

Ma Leo voleva rimediare.

-Certo, vai pure…- Dotty gli sorrise, e si avvicinò ad Alex.

Leo sperò davvero che potesse nuovamente nascere una splendida amicizia.

…che lui non avrebbe visto perché era fregato.

Si avviò in biblioteca cercando di trovare qualche scusa che giustificasse le sue intenzioni, e si preparò anche un discorso per spiegare la verità nel caso si fosse trovato davanti una scorta armata pronto a catturarlo, sbatterlo in prigione, o ucciderlo seduta stante.

Forse avrebbe dovuto togliere il guanto per sicurezza e per preparare una fuga di ghiaccio?

No, avrebbe rischiato di fare del male a Opal, e non poteva permetterlo.

Entrò in biblioteca con l’aria di un condannato al patibolo.

-Buon pomeriggio, principessa Opal, in cosa posso servir…- iniziò a chiedere, con un inchino profondo, ma si interruppe quando notò chi era nella stanza con lei.

-E tu che ci fai qui?!- esclamò, così sorpreso da dimenticare completamente le buone maniere.

-Al piccolo Gideon manchi molto, e ha chiesto un incarico a palazzo per stare insieme alla sorellona. Ho pensato di fartelo sapere e metterlo sotto la tua guida. Ovviamente sarà un piccolo incarico come attendente e apprendista, in regola con le leggi di Noella- spiegò Opal, con un sorrisetto innocente, indicando il suo interlocutore, un soddisfatto Gideon che lanciò a Leo un’occhiata di superiorità.

Leo dette sfogo a tutto il suo autocontrollo per non replicare.

Doveva stare calmo, tranquillo… non poteva dire niente.

Alla fine Alex aveva ragione.

Gideon era capace di prendere decisioni.

Leo doveva solo stare attento che nel prenderle non si facesse male.

Ma poteva farsi aiutare.

Sorrise.

-Che bella notizia! Sicura che non crea problemi?- chiese a Opal, un po’ preoccupato ma cercando di non farlo vedere troppo.

Opal scosse la testa.

-È un piacere. Gideon è un ragazzo in gamba. Sarà un ottimo apprendista- affermò, sorridendo al bambino, che arrossì appena.

Eheh, nessuno resisteva al fascino e alla dolcezza di Opal!

-Beh… grazie mille principessa. Mi ha chiamato qui solo per questo?- chiese Leo, avvicinandosi al divano dove la ragazza era seduta.

-Volevo anche parlarti di una cosa… Gideon, puoi aspettarci fuori?- Opal fece cenno al bambino di uscire, e lui fu rapido ad obbedire, e molto professionale.

-Certamente, principessa Opal- Gideon fece un inchino davvero ottimo, e uscì dalla porta.

Una volta assicuratosi che fossero soli, ma con la certezza che Gideon avrebbe cercato di sentire da dietro la porta, Leo si rivolse alla principessa, rimanendo in piedi e dritto, pronto ad un’eventuale fuga improvvisa.

-Mi dica…-

-Non so qual è il tuo obiettivo, ma ti tengo d’occhio, Leah. Voglio fidarmi delle tue buone intenzioni, quindi ti concedo il beneficio del dubbio, e se sei davvero dalla nostra parte non hai nulla da temere. Ma se così non dovesse essere… so dove sono i tuoi fratelli- lo minacciò la principessa, cambiando completamente tono e atteggiamento.

Era… davvero innaturale.

Leo si ritrovò a fare un piccolo passo indietro, ma non si lasciò intimidire.

Alla fine di tutta quella situazione, Opal l’avrebbe ringraziato.

O comunque non l’avrebbe fatto uccidere.

Il ché sarebbe stato un ottimo risultato per Leo.

-Non ho nulla da temere, perché non ho cattive intenzioni, glielo giuro, principessa. Tutto il contrario, voglio solo aiutare- Leo rispose con sincerità, e inconsciamente portò una mano al ciondolo che Opal gli aveva regalato, che ogni tanto prendeva per ricordarsi del suo obiettivo primario: salvarla.

La principessa si alzò di scatto, e Leo sobbalzò.

-Cosa…?- iniziò a chiedere, ma le parole gli morirono in gola quando la principessa gli si avvicinò, e prese il ciondolo tra le mani, per guardarlo con attenzione.

-Dove l’hai preso questo?- chiese, in tono accusatore.

In effetti era sicuramente raro per una semplice cuoca avere una pietra così preziosa.

-Mi è stato regalato, nella precedente corte dove lavoravo! È un opale di fuoco, non un rubino! Non ha niente a che fare con Valkrest!- Leo si difese, alzando le mani in segno di resa.

-Lo so che è un opale di fuoco! Perché non l’hai venduto?- chiese Opal, molto sospettosa. Leo non l’aveva mai vista così.

E la sua domanda era logica. In tempi di guerra era naturale dare priorità a cibo e acqua, piuttosto che a pietre preziose inutili. 

Ma Leo non si sarebbe mai separato da quel ciondolo.

-Perché avrei dovuto venderlo? È un regalo di una persona che mi sta estremamente a cuore. Non me ne separerei mai, neanche per guadagnare qualche soldo. Ci tengo troppo- rispose Leo, protettivo, e osservando l’espressione di Opal per notare se ricordasse qualcosa.

Era un regalo pieno di significato, dopotutto.

-La stessa corte dove hai imparato ad inchinarti?- chiese Opal, scettica.

Leo annuì.

Opal lanciò un’ultima occhiata al ciondolo, poi lo lasciò andare, e diede le spalle a Leo, per tornare al divano.

-Puoi andare. Ti tengo d’occhio- lo congedò, con un gesto della mano.

Leo non se lo fece ripetere due volte, e quando finalmente si chiuse la porta alle spalle, fece un profondo respiro per scaricare la tensione.

-Ciao- Gideon lo accolse con un sorrisino.

-Come hai convinto la principessa a farti lavorare qui?- chiese Leo, guardandolo un po’ storto.

-Tu mi hai detto di andare a chiedere, io ho chiesto, e ho detto solo la verità- Gideon rispose alzando le spalle.

-La verità?- Leo inarcò un sopracciglio.

-…che mi manca la mia sorellona- il bambino iniziò a sbattere le ciglia con fare civettuolo, in una perfetta imitazione di un dolce bambino innocente. Era bravo a recitare, ma Leo non se la sarebbe bevuta.

-Oh, certo che ti manca… mi chiedo perché non sei con lei allora- osservò, con lo stesso tono civettuolo, riferendosi a Daisy.

Gideon gli fece una linguaccia, e Leo rispose a tono.

Iniziarono a camminare per il corridoio.

-La principessa è molto gentile… non credo che farebbe male agli altri- osservò Gideon, tornando serio e sorridendo appena al pensiero della ragazza.

Awww, che carino, la sua prima cotta infantile.

Ma Opal era decisamente troppo grande per lui.

Leo decise di non commentare.

-No, non lo farebbe. Non farebbe mai del male a degli innocenti- affermò con sicurezza, assicurandolo del buon cuore della ragazza.

-Ora che sono qui… accetterai il mio aiuto?- dopo qualche altro metro, Gideon si fermò, e si rivolse a Leo con grande serietà.

Leo si fermò a sua volta, ed esitò qualche secondo.

Poi sospirò, e annuì.

-Sì… ma devi stare attento, Gideon- si fece promettere.

-So i rischi, ci sono stato dentro, alla guerra. Farei di tutto per farla finire- Gideon mostrò ancora una volta la sua determinazione.

Ma non era rassicurante come credeva.

Sembrava più come se fosse disposto a sacrificarsi per gli altri. E Leo, il cui secondo nome era “Mi sacrifico sempre per gli altri”, conosceva troppo bene questo atteggiamento.

-Ma non metterti in pericolo. Segui i piani miei e di Alex, okay?- insistette.

Gideon annuì, anche se non sembrava molto convinto.

-Va bene- acconsentì.

-Okay, andiamo in cucina… ti hanno già detto che devi fare?- Leo ricominciò a camminare, Gideon lo tallonò, molto più allegro.

-Solo seguirti come un’ombra, e non tradire la corona, cosa che non ho intenzione di fare!- spiegò, soddisfatto per il nuovo lavoro.

-Lo so, Gideon… te l’ho detto, mi fido di te- Leo gli diede qualche pacca sulla spalla.

-Forse non dovresti considerando le nostre origini, ma… grazie. È strano quando si fidano di te- ammise il bambino, non trattenendo un sorriso soddisfatto.

Leo lo capiva. Era una bella sensazione quando gli veniva data fiducia, anche se mal riposta. Un po’ soffocante in alcuni casi, ma davvero piacevole. Come era avvenuto per Opal la prima volta, e in quel momento.

Chissà perché la principessa aveva deciso di fidarsi di lui.

Leo non aveva intenzione di deluderla.

-Su, vieni, ti presento al team. Ti adoreranno, soprattutto Anna- affrettò il passo, cercò di tornare rilassato, e si preparò a fare il suo lavoro con un piccolo ma determinato assistente.

Sarebbe andato tutto bene, ne era certo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora… non è un bel capitolo.

Per qualche motivo non sono particolarmente ispirata per questa parte della storia, forse perché sto aspettando alcuni capitoli davvero fighi che arriveranno in futuro, forse perché non riesco ad essere troppo leggera quando descrivo comunque situazioni di guerra. Persino Leo inizia ad essere angsty… giuro che rimedierò già dal prossimo capitolo.

O almeno ci proverò.

Inoltre, c’è un motivo molto importante che mi ha portato ad aggiornare così tardi, oltre alla mancanza di ispirazione… MI SONO LAUREATA!!

E quindi capirete che ero abbastanza impegnata, eheh.

E ora che ho finito l’università ho tanti progetti in testa, nuove storie, comic, video… insomma, si apre un nuovo capitolo della mia vita.

Ma vita personale a parte, parliamo del capitolo.

Leo bonda con i bambini, con Opal, e riflette sulla sua situazione, decidendo alla fine che farsi aiutare è positivo per lui e per tutti. E che il modo migliore per aiutare gli altri è seguire il suo cuore, come ha fatto con Daisy.

Si prevedono piani assurdi, litigi con il principe, e… leggero angst, vi avverto.

Sappiate che mentre mi preparavo per la laurea e mi distraevo mi sono venute in mente idee per la Leoryan che… uhhh, romanticismo totale e lacrime.

Ma niente spoiler! 

Spero che il capitolo vi piaccia nonostante non sia dei migliori.

L’ho anche cambiato tre o quattro volte in corso d’opera perché non mi convinceva.

Spero che ora che sono più libera riuscirò ad aggiornare più in fretta con capitoli anche migliori.

Un bacione e alla prossima! :-*

   
 
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