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Autore: Mercurionos    06/03/2023    1 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 31 – Alba e Cenere, Parte 7 – Anno 2, 1/3 Frimaio

Non era stato rincorso da un plotone di soldati, né da squadra di abili ribelli. Era una sola persona a seguirlo. Sotto sotto lo sapeva. Quando alzò gli occhi e incontrò il volto angustiato di Mirk, il respiro gli si mozzò in gola. Il suo corpo sentì freddo, quasi dimenticandosi di tutto il plasma rovente che aveva dovuto attraversare fino a poco prima.

Non fiatò, aspettando che i polmoni ritrovassero un ritmo più naturale. La pioggia continuò a cadere, inzuppandogli la chioma corvina. Non fiatò e non scostò lo sguardo da quello infuriato e sconvolto della ragazza albina: i suoi occhi vivi e fieri sprizzano scintille ardenti, illuminati da un fuoco brillante. I corti capelli rossi le si drizzano sul capo quando incrocia i neri lumi del principe, fermi e impassibili, ma indubbiamente incerti.

“Ciao, Vegeta.” Lo salutò con voce rauca la giovane. Non si scompose, né mostrò alcuna emozione. Non poteva permetterselo.
Vegeta non volle risponderle, ma la sua bocca non gli obbedì: “Cosa ci fai qui?”
“Rimedio a un torto.”
Non vollero approfondire.
Mirk adattò alla sinistra lo spallaccio di metallo, stringendo la cinghia sul petto. L’abitudine tirò le sue mani dietro la nuca, a sollevare una folta coda di capelli che oramai non decorava più la sua testa. Vide il volto di Vegeta incuriosirsi e spiegò: “Si sono bruciati. Ho dovuto tagliarli.”



“Vattene.”
“Non posso.”
“Perché?”
“Perché devo farlo.”
“Che cosa?”
“Lo sai bene.”
“Vattene lo stesso.”
“Non voglio ucciderti.”
“Non ne saresti in grado.”

Un boato lontano distrasse Vegeta. I soldati dovevano aver abbattuto uno dei cannoni rimasti. Mirk ne approfittò: “SILENE! SCAPPATE!”
Vegeta trasalì e tentò di voltarsi, sentendo che qualcuno, dietro di lui, un gran numero di persone, aveva cominciato a muoversi, ma la ragazza gli piombò addosso e gli bloccò le braccia, premendosi con forza contro di lui.
Fronte a fronte, attesero che il marciare fosse cessato, quando gli uomini e le donne protette da Mirk avevano messo sufficiente distanza tra loro e i due giovani combattenti.
L’acqua scrosciò lungo i loro volti incupiti. Cercarono nel profondo dello sguardo dell’altro una risposta, una soluzione.

“Sei stata tu a dirigere la contraerea, ieri.”
“Non ci voleva tanto ad anticipare la tua tattica. Sapevo che avresti tentato dal mare o dal cielo, proprio come ci hanno insegnato. Sei diventato prevedibile.”
“Cosa vuoi dire?”
“Che sei venuto qui a eseguire gli ordini del tuo imperatore.” Ringhiò Mirk.
“Sono qui per fare il mio dovere.” Rispose Vegeta, strizzando le proprie mani attorno a quelle dell’altra.
Lei ridacchiò: “Giochi ancora a fare l’obbediente.”
“Non è un gioco, idiota!”
“No, non per te. E nemmeno per me. Ma per Freezer sì. Tu sei la sua pedina preferita, visto che continui a farti usare.”
“Io non mi faccio usare da nessuno!”
“E invece eccoci qui! Non ti hanno ancora rimpiazzato, Vegeta.”

Si strinsero l’uno all’altra con ancor più forza.
“Sei dispiaciuta? Pensavo volessi farti una risata e dimenticarmi.”
“Nulla mi farà piangere come toglierti la vita. – ammise la ragazza, per lo stupore del saiyan – Ma preferisco farlo io, invece di aspettare che lo faccia Freezer.”
Si schiacciarono sull’altro sempre più forte, sprofondando nel selciato della piazza.
Vegeta tentò di schernire la ragazza: “Non sei abbastanza forte da sconfiggermi.”
“E tu non sei abbastanza forte da seguire il tuo cuore! Tu vedi oltre le bugie di Freezer. Ma non hai il coraggio di alzarti contro di lui.”
“Quello che non ho è la presunzione di potermi…” ma non concluse la frase. Quella vana speranza non doveva solcare le sue labbra. Non poteva ammetterlo, né a sé stesso, né a Mirk, in quel momento.

Mirk premette la fronte contro quella di Vegeta: “Dillo! Dillo! Tu sai che è vero!”
Ma la cocciutaggine del saiyan ebbe la meglio: “L’unica cosa vera è che io… sono un guerriero d’élite. Io farò ciò che devo.”
Mirk chiuse gli occhi scoraggiata: “Se tu non hai il coraggio di seguire il tuo cuore… te lo strapperò dal petto.”
“Non se ti abbatto prima.”
“Tu provaci.”

La pioggia rallentò fino a fermarsi, nei loro occhi. Vegeta piegò un ginocchio e come un fulmine lo scagliò sul mento della ragazza. Volò all’indietro, ma riuscì a fermarsi a mezz’aria e non tardò a contrattaccare. Entrambi svanirono nell’aria tra luccichii e boati, grosse bolle di vuoto riempirono lo spazio sopra alla piazza. I botti si moltiplicarono folli come una danza di petardi, scavando fosse nel terreno e negli edifici vicini. Ad un tratto cercarono entrambi la distanza, e la pioggia tornò a scrosciare, il tempo a scorrere.

Alzarono le mani e fecero fuoco: lampi fiammanti illuminarono a giorno la grigia cattedrale, che nonostante la solidità della pietra cominciò a tremolare. Vegeta si gettò nella pioggia di fuoco e assestò il primo colpo riuscito. Mirk si piegò per il dolore e non riuscì a rispondere: finì scaraventata addosso ad un palazzo, crivellata dagli incessanti attacchi di Vegeta. Era convinta di essere migliorata, di essere diventata più forte, allenandosi ogni giorno con sforzi sempre più esagerati, sollevando sempre più peso, sopportando sempre più fatica, sostenendo le prove più ridicole. Ma nulla pareva più greve delle nocche di Vegeta.

Mirk vide uno spiraglio nell’assalto del saiyan e schivò, lasciando che Vegeta andasse a schiantarsi contro le pareti di cemento del palazzo. Lo seguì nel buio del grattacielo, inseguendolo tra gli androni dell’edificio. Lasciò esplodere il proprio ki e, abbagliando per un istante il principe, si scagliò su di lui. Lo trascinò attraverso una, due, tre pareti, come un attrezzo di carne, lo prese per una gamba e lo scagliò giù, trapassando un pavimento dopo l’altro, fin quando il palazzo non cedette e cadde. Mirk fuggì dalle macerie collassanti e atterrò nel piazzale, concedendosi un attimo per riprendere fiato. Guardò l’enorme costruzione crollare e scagliare polvere in ogni direzione, finché non restò altro che un cumulo di detriti.

Un tremito scosse la zona. Dalle macerie si innalzarono colonne di luce e poi Vegeta, più impolverato che danneggiato da tutto quel trambusto. Mirk sospirò, ma tornò in posizione, pronta a ricevere un attacco che tardò ad arrivare: il saiyan la esaminava da lontano, senza ripristinare la posa da battaglia.
“Guarda come riporta la pace, l’esercito. – lo aggredì allora la ragazza, indicando il tumulo di macerie e rottami – Di questo passo, della città non resterà altro che un deserto.”
Vegeta rispose quasi troppo in fretta: “Sei stata tu a fare questo. Io sto combattendo con te, non con la città.”
“Io la sto proteggendo, la città!” Urlò lei.
“È l’esercito che protegge questa città!” Gridò Vegeta più forte. Parole non sue, ma che in quel momento desiderava fossero vere.
“Sei impazzito!”
“E tu sei un’illusa!”

Vegeta sollevò la destra e tese due dita. Mirk ebbe giusto il tempo di saltare di lato, prima che il terreno sotto di lei venisse proiettato per aria. Strisciò per terra e guardò di nuovo Vegeta, che replicò l’attacco spensierato: un’altra esplosione invisibile sconvolse il piazzale, spaccando il pavimentato di mattonelle. Evitò la rapida sequenza di attacchi, ma il saiyan non accennò a stancarsi né a rallentare: Mirk non riusciva a individuare i colpi di energia, troppo veloci pure per i suoi occhi allenati.

Azzardò un assalto, ignorando gli attacchi ostinati del saiyan. Si scagliò su di lui senza tanto pensare al tempismo, ma Vegeta non si lasciò sorprendere e fece fuoco un’altra volta, colpendo la ragazza in volto. Mirk venne sbalzata all’indietro, col naso grondante di sangue spumoso, ma non demorse e con una capriola si lanciò nuovamente contro di lui. Tuttavia, Vegeta, ancora una volta, si dimostrò più rapido di lei.

“Big Bang…” Il principe dei saiyan tese una mano verso l’albina dai capelli insanguinati. Non pensò ad altro se non alla vittoria, ma lei era ormai troppo vicina. Mirk trasalì, ormai a meno di un metro dal palmo di Vegeta non sarebbe riuscita a rallentare o deviare il proprio assalto. Tentò di sollevare le braccia, quanto sarebbe bastato a contenere i danni, ma un chiarore abbagliante inghiottì tutto.
“ATTACK!”

Quello che seguì ad un infinitesimo istante di silenzio fu un caos assordante. Una sfera di luce inglobò la piazza e gli edifici vicini, rilucette brillante nella propria immensa estensione, poi rimpicciolì, quasi cedendo sotto il proprio stesso splendore, solo per ingrandirsi un’altra volta, ed esplodere.
Il selciato si sollevò da terra, i lampioni squagliati vennero strappati dal pavimento, ogni edificio crollò sul vicino, piegandosi sulle pareti sbriciolate e scagliando pietre e macerie verso ogni dove. Le impalcature di acciaio, straziate dalla pressione, crepitarono e si spezzarono come rametti, la pioggia di detriti sostituì quella vera, fuggita dalla gigantesca deflagrazione, e anche le nuvole più alte cercarono l’orizzonte, lasciando finalmente spazio al sole.

Quando la polvere e le pietre tornarono in terra e il vento riprese a soffiare lieve, Vegeta tentò di rialzarsi sui propri piedi. Non avendo dosato adeguatamente la forza, era stato sbalzato dal suo stesso attacco ed era finito a sbattere contro un muro, o quello che ne restava. Lasciò ai suoi occhi il tempo di riprendersi dal temporaneo accecamento, poi poté guardarsi intorno. Cataste di macerie dove prima c’erano abitazioni e palazzi, una distesa di sabbia e brandelli di tubature e lamiera al posto della piazza. La grossa cattedrale invece era ancora lì, a squadrare il saiyan dall’alto, nonostante le crepe e le bruciature che avevano straziato la sua superficie.

Vegeta continuò a guardarsi intorno, dirigendo lo sguardo lungo le strade che partivano dalla piazza, lungo i crinali degli ammassi di rovine.
Nulla.
Era rimasto solo.
Forse aveva vinto.
Forse però, e non seppe spiegarsi il motivo di quella ipotesi, era riuscita a scappare.
Invece aveva torto.

Un caldo tepore gli baciò la fronte. Alzò gli occhi, immaginando di vedere finalmente il sole ormai alto farsi largo tra le grigie nubi quella giornata. Ma la fiamma nel cielo non era quella di una stella. Anzi brillava più forte e sfolgorante, danzando confusa in mezzo allo squarcio tra le nubi. Il calore si fece più intenso e bruciante, il fuoco divampò rilucendo e riesplodendo sparava scintille in ogni direzione. Al centro dell’incendio nel cielo c’era Mirk.

La ragazza avvolta nell’aura fiammeggiante tendeva una mano verso l’alto, come per richiamare le nubi appena fuggite. Le dita tremanti si strinsero attorno all’aria bollente e cristallizzarono una folgore di rubini, di istante in istante più spessa e delineata. Ma il fuoco attorno alla ragazza non si estinse, al contrario si fece più intenso e folle, ancora più caldo, fino a rivaleggiare il calore di un sole. Le torride vampate investirono anche Vegeta che, rimasto a terra, non poté far altro che ammirare lo spettacolo. Guizzi di fiamma nacquero tutt’attorno, danzando verso l’alto come richiamati ad ammirare l’infernale spettacolo.

Nella mano di Mirk si formò un’asta di fiamme liquide e luminose. L’aura della ragazza divampò con ancora più violenza, un’esplosione di fuoco e luce dopo l’altra. Le nuvole turbinarono sopra di lei estendendosi per chilometri, oscurando nuovamente il sole e chiamando nuova pioggia, ma il rovente calore proiettato dalla giovane non ne risentì. Le fiamme vorticarono furiose, risucchiarono litri d’aria tra le dita tremanti di dolore dell’albina, che si contorse facendo appello a tutte le proprie ultime forze, ormai consumata dalle fiamme. La lancia di fuoco ribollì un’ultima volta con un brillio accecante, spiraleggiando su se stessa fino a formare una punta lunga e sottile, bianca come l’alabastro. La tecnica omicida era stata ultimata e Mirk, piegandosi come una molla, affidò con un grido il suo nome al mondo che non era riuscita a difendere.

“M A G M A – D A N W Y N!”

Vegeta preparò la propria risposta. Il suo animo bruciava per l’attesa, desideroso di spezzare una tecnica all’apparenza capace di scindere in due il pianeta su cui stava. Al fuoco decise di rispondere con altro fuoco, ed evocò una sfera di fiamme nel palmo della mano, senza staccare per un istante gli occhi dallo splendore accesosi nel cielo, pronto a lanciare il proprio attacco. L’aria si fece ancora più calda, la pioggia cominciò a scricchiolare e tramutarsi in vapore, coperta dal fuoco che tutto sommergeva. Mirk afferrò il giavellotto di plasma, tirò con tutta l’energia che le era rimasta in corpo, straziò le proprie ossa e la propria carne e trascinò pure il cielo verso terra.

L’attacco partì, come fulmine. Giù in meno che un palpito di cuore, trapassò l’atmosfera e s’incuneò nella tecnica scagliata da Vegeta. Il boato che ne seguì avrebbe assordato un comune mortale. Mirk tese le mani, bruciando tutto l’odio e la rabbia che sgorgavano dal suo cuore, e spinse sempre più forte verso il basso. Doveva far breccia nella tecnica di Vegeta: spinse con tutto il proprio ki, raccolse ogni goccia rimanente della sua energia e la incanalò in direzione del terreno. La sfera di fuoco stava per cedere, la lancia era sul punto di penetrarla, ormai si era deformata, si stava appiattendo, stava per aprirsi un varco.

La palla di fuoco si compresse e implose, lasciando aperto un varco al suo centro. Ma non per la pressione proveniente dall’alto. La folgore scagliata da Mirk si dissolse, come neve al sole, consumata dal calore del fuoco ascendente. Vegeta scintillò di fronte agli occhi dell’albina e, prima che ella potesse avvedersene, la colpì con una fulminea martellata.

Mirk cadde verso il basso, andò a sbattere contro l’antica cattedrale a folle velocità. Sentì un secco crepitio spezzarle la schiena, per qualche istante perse coscienza, e piombò in terra. Quando riprese i sensi e riaprì gli occhi, Vegeta le era già addosso. Le bloccò gli arti, la inchiodò al terreno. Mirk tentò di divincolarsi dalla tenace stretta del saiyan, ma il suo dimenarsi e contorcersi non fece altro che provocare il ragazzo, che rinsaldò ulteriormente la presa. Tentando un ultimo strattone, Mirk si accorse che una gamba non le rispondeva. Anche il braccio destro aveva completamente perso la sensibilità.

La ragazza si concentrò sul proprio debole respiro. Bevve aria a grandi boccate, ma il panico prese il sopravvento. Guardò Vegeta, piegato su di lei, che si riassestava per tenerla ferma, con sguardo vacuo, quasi sorpreso, gli occhi neri quanto il suo animo.

Sputò rosso. Ma doveva parlargli: “Io… volevo esserti amica!”
“Zitta!” Ringhiò Vegeta.
“Volevo… ho provato… a capirti!” la schiuma e il sangue le riempirono la bocca.
“Stai zitta!” Vegeta la schiacciò in terra, ma lei non tacque.
“Volevo aiutarti!” e le lacrime si mescolarono col sangue.
Vegeta strinse i denti e provò a tapparle la bocca. Volle commuoversi, ma non poteva.
Mirk morse il guanto ancora bianco del principe, diede un altro strattone per liberarsi, così Vegeta le strinse le mani attorno al collo.

Si guardarono negli occhi, sporchi del sangue di lei. Videro nell’anima dell’altro.
Mirk ebbe paura e, accesa d’ira, lo odiò: “Ma tu sei un vigliacco!”
Disse troppo. Disse il vero.
Il cuore di Vegeta si annerì e, infiammato di rabbia, strinse furibondo la presa sulla gola della ragazza. Le ossa cricchiarono, il fiato le si mozzò, e la sua vita svanì, tra le ombre.


 
   
 
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