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Autore: Jeremymarsh    08/03/2023    5 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XIX: Luna nuova

 

 


 


 

“Le incomprensioni sono così strane,
sarebbe meglio evitarle sempre
ed 
evitare di aver ragione,
che la ragione non sempre serve.”

Per me è importante, Tiromancino.


 


 


 

Le ultime parole di Sesshomaru risuonarono per qualche secondo nella stanza. Il suo arrivo era stato scioccante, ma ciò che aveva avuto da dire ancora di più e il silenzio sembrò una risposta adeguata, considerando anche ciò che avevano scoperto in precedenza.

Com’era prevedibile, però, fu Inuyasha il primo a sbloccarsi. “Stai scherzando!” sbottò mentre si lasciava prendere da una risata isterica. “Sbuchi all’improvviso dopo chissà quanto tempo e poi pretendi di avere qualcosa da dire sul destino della mia compagna? Ritorna pure da dove sei venuto se le tue intenzioni sono queste.”

Sesshomaru non si fece intimidire. “Questo sarebbe il tuo modo di ringraziarmi? Non mi aspettavo di meglio.” Poi alzò lo sguardo e lo puntò dietro loro, e osservando il sole che spariva senza essere sostituito dalla luna sorrise beffardo.

Il padre aveva appena fatto un passo avanti per intromettersi nella conversazione quando notò la stessa cosa e si voltò di scatto verso Inuyasha. Accanto a lui, sia Izayoi che Kagome tirarono il fiato, sorprese, anche se per motivi diversi.

Sotto gli occhi di tutti i presenti, Inuyasha stava andando incontro a una trasformazione: i capelli passarono dal bianco al grigio e al nero ebano in un attimo, le orecchie dal capo scesero agli angoli della testa diventando umane, zanne e artigli si ritrassero e, per ultimo, il dorato degli occhi sparì per far posto a un altrettanto intenso nero. Il demone era sparito ed era rimasto solo un semplice umano.

E se Izayoi si sorprese di essersi dimenticata di un appuntamento tanto importante, pietrificata, Kagome non riusciva a capire cosa mai fosse accaduto. Inuyasha non aveva occhi che per lei, aveva dimenticato anche il fratello, resosi conto di aver omesso un dettaglio importante.

“Non le hai nemmeno rivelato il tuo segreto più importante, mezzo demone?” gli chiese Sesshomaru, che si era ugualmente accorto della reazione di lei. “E che ne è della fiducia?” lo prese in giro. Poi agitò la mano in aria, come a scacciar via un moscerino, e aggiunse: “Comunque, visto che in queste condizioni risulti più ingombrante del solito, mi occuperò io di lei. Stai tranquillo, me ne prenderò cura fin quando sarà nelle mie mani.”

Inuyasha scattò nella sua direzione, pronto a ostacolare il fratello anche da umano, noncurante delle sue maggiori debolezze, ma il padre fu più lesto. “Sesshomaru,” cominciò senza alcuna parola di benvenuto per lui. Dopo tutto, rivederlo e subito rendersi conto che qualsiasi cosa fosse successa lo aveva solamente incattivito di più non gli piacque per nulla. “Non sei nelle condizioni di fare minacce. Fatti indietro,” lo avvertì.

“E cosa farai se non assecondo la tua richiesta, padre?”

Toga ignorò la sua provocazione. “Kagome non andrà da nessuna parte,” proclamò secco. “Inuyasha, portala nelle sue stanze, Izayoi va’ con lui; io e Sesshomaru andremo nelle mie a discutere,” continuò senza mai distogliere lo sguardo da quest’ultimo. Quello era ancora il luogo dove le due sfortunate donne erano state portate e non sembrava adatto al tipo di conversazione che avrebbero avuto. Senza dunque aspettarsi alcun diniego, si voltò e si incamminò lungo un corridoio fin troppo conosciuto, sapendo, senza nemmeno accertarsene con gli occhi, che Sesshomaru lo avrebbe seguito. Sentiva il suo subbuglio interiore, capiva che c’erano dubbi che lo tormentavano e che, suo malgrado, era consapevole di chi fosse l’unico a poterli risolvere. Non credeva che si sarebbe messo a nudo facilmente, no, a prima vista la sua dura maschera era ancora lì, ma Toga era intenzionato a cavargli quante più risposte possibili da bocca e, magari, nel frattempo, evitare un altro scontro tra fratelli.


 

*


 

Sesshomaru rise, sprezzante, a ritrovarsi di nuovo nella stessa situazione che aveva causato la sua partenza. Però, sapeva che suo padre non era uno stupido e perciò non si aspettava da lui una ramanzina.

Ritornare nuovamente al castello e trovarlo in subbuglio non lo aveva sorpreso più di tanto; sapeva cos’altro era accaduto in quegli ultimi giorni, ma lo aveva spiazzato sentire quei discorsi che facevano riferimento a Rin – la sua Rin.

Avrebbe desiderato lasciarla un segreto per sempre, tenerla lontana da ogni pericolo che circondava il suo mondo, ma non si rendeva conto che dal momento in cui le loro strade si erano incrociate, lei non era mai stata al sicuro. E questo lo faceva impazzire.

C’erano tanti, troppi sentimenti che gli affollavano la mente e il cuore senza che lui riuscisse a dar loro un nome, figurarsi capirne il senso, e per una persona come lui che era vissuto per secoli senza sarebbe stato fin troppo facile diventare pazzo.

Subito dopo il suo ultimo incontro con la ragazza, non aveva più saputo come reagire. Era evidente, ormai, senza che potesse più mentire a se stesso, che aveva sbagliato più di una cosa – per quanto lo ferisse ammetterlo – e forse la scelta più saggia sarebbe stata tornare sui suoi passi. Non lo aveva mai fatto, e se ne vergognava, ma sarebbe stato pur sempre meglio che restare in bilico fino a perdere il senno.

Per quel motivo, si era ritrovato di nuovo nelle terre paterne a udire di minacce rivolte a colei che aveva stravolto il mondo che fino ad allora aveva conosciuto. Non sapeva come quell’essere fosse venuto a conoscenza di Rin, ma ammetteva la sua colpa: se non si fosse fatto sopraffare ancora una volta dalle sue manie di potere, non si sarebbe immischiato in quella faccenda e Rin non sarebbe stata in pericolo; se non si fatto distrarre magari sarebbe stato più attento e avrebbe capito di essere stato spiato.

“Dalla tua espressione non so se al momento provi più rabbia per te stesso o per Naraku,” esordì Toga, riscuotendolo. “Prima mi era difficile interpretare il tuo viso, ora comincio a vederci una certa familiarità, anche se rimani la persona più enigmatica che io abbia mai conosciuto.” Lo aveva osservato da quando si era accorto che era perso in chissà quali pensieri, ma aveva deciso di parlare non vedendo alcuna inclinazione da parte sua.

In risposta, Sesshomaru gli rivolse una smorfia arcigna.

“Riconosco le difficoltà che stanno annebbiando la tua mente,” ricominciò.

“Non ne sai nulla,” sibilò il figlio. “Puoi smetterla con questa aria di accondiscendenza, e non provare nemmeno a rivolgermi un sorriso. Non sai nulla.”

“Ah,” sospirò Toga, rendendosi conto di quanto già tardi fosse. “Sei arrivato a questo punto? Ti sei lasciato governare dal tuo istinto più bestiale perché hai continuato a fuggire da ciò che avevi davanti agli occhi?” Ora il suo tormento era ancora più chiaro: Sesshomaru aveva perso la sua bussola di riferimento e non riusciva più a ritrovare la via di casa, quella che lo avrebbe riportato a ciò che credeva essere il suo vero Io.

Ma quello non esisteva più.

Il Sesshomaru che era stato era cambiato nel momento in cui aveva incontrato la sua anima gemella, e anche se non se ne era accorto, il cambiamento era già quasi ultimato. Ma perché aveva ignorato ogni segnale, era regresso allo stadio di un bambino che non sa quali scelte prendere.

Sospirò una seconda volta, un bambino con la testardaggine e l’arroganza di Sesshomaru era difficile da gestire – lo sapeva bene lui che già lo aveva cresciuto una volta.

Visto che comunque continuava a non ricevere risposta, andò avanti: “Data la minaccia di poco fa e la tua presenza in questo castello, deduco che finalmente hai deciso di accettare la verità. Devo anche immaginare che la difficoltà sia nata soprattutto dalla natura della tua anima gemella; è umana anche lei, vero? Non ti saresti opposto in questo modo se fosse stata una demone come tua madre.” Sesshomaru continuò a guardarlo inferocito, ringhiando, come se non potesse credere di essere di nuovo al cospetto del padre da perdente. Toga sembrò riconoscerlo. “Non ti ho chiamato qui per ridere di questa tua sorte: che tu ci creda o no, nutro molto affetto e rispetto nei tuoi confronti. Voglio che ritrovi la via che hai attualmente smarrito, ti rivoglio a casa. Ma questo non è possibile se rifiuterai un confronto tra noi e, soprattutto, la mano che ti sto porgendo.”

“Credi che io sia così patetico?” si infuriò.

“No-”

“O sei contento perché finalmente ho avuto ciò che mi meritavo?”

Toga scosse la testa. “Stai guardando ancora tutto nel modo sbagliato. In più, non sono io quello venuto in cerca di risposte.” Se anche non avesse già capito, dallo stato in cui si trovava, che Sesshomaru era profondamente cambiato – sebbene non per sua scelta –, lo avrebbe capito dai suoi successivi movimenti. Quel figlio una volta tanto fiero e impeccabile ora non riusciva più a nascondere la sua agitazione, anche la mokomoko sulle sue spalle si muoveva, seppur impercettibilmente.

Lunghe e pallide dita si infilarono nella sua chioma, perdendosi al suo interno, mentre Sesshomaru distoglieva lo sguardo incapace di sostenere quello del padre. Ancora non capiva come fosse stato capace di arrivare a quello stato; la sconfitta bruciava, ma bruciava ancor di più non riuscire a prendere una decisione che avesse senso, il sentirsi perduto, e forse per questo che alla fine aveva ingoiato il proprio orgoglio e si era deciso a tornare, sicuro che il padre avrebbe avuto delle risposte. Era consapevole della possibilità che non fossero di suo gradimento, ma sarebbero sempre state delle risposte.

“Forse la mossa giusta sarebbe cominciare a vedere la situazione da una prospettiva diversa, correre ai ripari per far sì che né tu né tuo fratello dobbiate soffrire. Ho bisogno di sapere cos’è successo per capire le minacce di quel Naraku.”

Sesshomaru rise ancora. “Inutile che ci giri attorno, perché non mi chiedi direttamente: è vero che hai trovato una compagna umana?”

“Non ci stavo girando attorno, figliolo, cercavo di farti capire che continuare con questa condotta ci farà soffrire tutti inutilmente. È possibile trovare una soluzione.”

“E saresti disposto a sacrificare la vita della donna che ami per qualcuno che conosci da così poco?” ribatté, riferendosi a Izayoi, che pure era stata inclusa nella minaccia.

“Non sacrificherò nessuno,” rispose il padre con uno sguardo duro.

“Ah, ma a voler troppo, poi, si perde tutto. Non è questo che mi hai sempre detto?” Sesshomaru sorrise beffardo.

“E desiderare che entrambe le donne che sono importanti per i miei figli si salvino è voler troppo?” Toga scosse la testa. “E da quando ti dimostri così debole da cedere ai ricatti di un essere come quello?”

Sesshomaru digrignò i denti, rendendosi conto del significato di quella domanda. Solo ora capiva che, facendo certe affermazioni, era caduto nei trucchetti di un demone subdolo e codardo. E qualunque fosse stata la sua risposta, si sarebbe dimostrato debole.

Per essere caduto nella trappola di Naraku.

O per aver ceduto alle sue meschine richieste – aver cercato di.

Un tempo non avrebbe fatto un errore così grossolano. Se solo la sua mente non fosse stata offuscata da sentimenti irrazionali.

“Vuoi scendere al suo livello?” Toga continuò a gettare sale sulle ferite.

In risposta, Sesshomaru gli diede le spalle, tremando da capo e piedi per la rabbia, l’insoddisfazione, la confusione. “Mi fraintendi, però, non ho mai detto di voler arrivare alla decisione più giusta. Non mi interessa.”

“Ma se prosegui per la strada che ti sei prefissato ora, se il tuo intento è rapire Kagome per riportarla dal suo carceriere, ti andrà bene poi scoprirti uguale a Naraku? Il tuo orgoglio non ne risentirà?”

Oh, suo padre sapeva davvero bene dove colpirlo.

“E chi ti dice che otterrai la tua compagna in cambio? Lei non è qui, non sai in che condizioni è o se Naraku davvero porterà a termine le sue minacce, e tu già vuoi portar via Kagome senza accertarti che ne valga la pena o che non farai esattamente ciò che vuole lui? Suvvia, Sesshomaru, sono le basi, no? Sei sempre stato attento quando ti ho spiegato certe cose e non mi aspetto che tu cada su queste trappole sciocche.” Questa volta Toga stava davvero sorridendo, ma Sesshomaru non poté vederlo.

“Hn,” sospirò con tono altezzoso. “E tu, padre, non perdi mai il vizio di darmi per scontato. Certo è,” riprese guardandolo con la coda dell’occhio, “che ora Naraku è diventato una mia preda e nessuno dovrà essermi d’intralcio.” Detto ciò, sparì come era arrivato, lasciando il genitore in uno stato di maggiore ansia.

Toga lo inseguì, ma quando, uscito dal castello, lo vide già in cielo capì che rincorrerlo sarebbe stato vano. Eppure, aveva capito quali erano le sue intenzioni: lui era riuscito a farlo desistere dal portare via Kagome, ma voleva ancora liberarsi di Naraku, e voleva farlo da solo. Forse per dimostrare di essere forte – e non debole – o per una questione di orgoglio. Tuttavia, in quel modo lasciava molte aperture pericolose.

Nonostante il suo animo serio e la sua fierezza, infatti, c’era una cosa che non era mai riuscito a nascondere del tutto a lui, una cosa che lo accomunava al fratellastro e anche al Toga più giovane, a cui gli errori non erano mai mancati: l’avventatezza.

E l’ultima cosa che l’Inu-no-Taisho desiderava era che il figlio potesse pagare il prezzo per essere diventato preda della fretta.


 

*


 

Izayoi lasciò soli il figlio e la fidanzata lanciando loro uno sguardo preoccupato e, chiusasi la porta alle spalle, a Inuyasha non rimase più tempo per indugiare.

Nel frattempo, Kagome era rimasta in silenzio a fissarlo, come se facesse fatica a riconoscerlo, come se avesse davanti a sé un’altra persona e non solo una versione modificata di colui che aveva imparato ad amare.

“Kagome,” cominciò lui titubante, ma lei non lo fece finire.

“Cosa è successo?” lo incalzò. “Perché tutti ne sembrano al corrente tranne me?”

“Beh, perché è tutta la vita che accade... una volta al mese, ogni novilunio,” confessò infine. “Ogni mezzo demone ha un momento di debolezza durante il quale si trasforma in umano e per me questo momento è questa notte. E siccome sono ore di estrema vulnerabilità, ognuno tende a tenerlo segreto.”

Non ci fu nemmeno bisogno di un rapido calcolo per rendersi conto che da quando Kagome viveva al castello, vi era già stata una notte di luna nuova. “Ma quindi...” provò a chiedere, ferita – e i suoi sentimenti apparvero sul suo viso chiari come la luna che quella sera non si sarebbe mostrata.

“Non ero ancora pronto! Non è una cosa che sono abituato a condividere con leggerezza,” esclamò Inuyasha, non riuscendo a vedere tale espressione rivolta a lui, a sopportare l’idea di averla ferita. “Tra noi ogni cosa è successa così in fretta che questa volevo almeno andasse secondo i miei ritmi.” Si passò una mano tra i capelli, frustrato, poi si fece avanti, costringendola a guardarlo negli occhi. “Hai idea del perché ogni mezzo demone nasconde questo segreto? L’odio che riceviamo anche per quel che siamo ci pone in una posizione di grande svantaggio; molti vorrebbero ucciderci solo per il nostro sangue sporco. Quindi prova solo a immaginare cosa potrebbero voler fare al figlio hanyou del signore di queste Terre! È tutta la vita che lo nascondo e mi è stato difficile rivelarlo, anche a te.” Che sei la cosa più importante ora, avrebbe voluto aggiungere, ma non vi riuscì. Non voleva che Kagome credesse lo avesse detto per ingraziarsela o distoglierla dal torto che le aveva fatto.

“E Sesshomaru? Perché lui lo sa? Trovo incredibile pensare che non ne abbia mai approfittato. Perché non sei riuscito a dirmelo anche dopo ciò che ti ho confessato?” Anche lei, come lui, fermò più di una parola prima che lasciasse le sue labbra. Voleva sapere se avesse ancora problemi a fidarsi di lei, ma la sola idea di una risposta positiva la lasciava senza fiato.

“Era impossibile tenerlo nascosto a Sesshomaru – anche se mio padre ci ha provato –, ma allo stesso tempo sa che uccidermi, mentre ancora entrambi viviamo in questo castello, non gli gioverebbe. Ha avuto altri modi per rendermi la vita un inferno.” Kagome annuì; aveva senso da ciò che aveva potuto vedere. “E so che ti sembrerà una scusa ridicola, ma dopo quella sera, prima della partenza, è stato tutto così difficile e caotico che mi sono completamente dimenticato di ciò che ti tenevo nascosto. Kagome,” la voce carica di sentimento mentre azzerava la distanza tra di loro e le prendeva il viso a coppa, “credimi se ti dico che mai avrei voluto ferirti o dimostrarti una mancanza di fiducia. Ora sei tu la persona a cui affiderei la mia stessa vita. Non mio padre, non mia madre, ma tu.”

A quel punto, senza aspettare una risposta, la baciò. Fu un bacio disperato e per questo ancora più carico di sentimenti: c’era l’amore, ma anche il dolore per il passato e il presente, il rimorso, la paura, l’incertezza e, in ultimo, l’insicurezza. E tutto questo Kagome lo lesse senza alcun problema mentre premeva le labbra contro quelle di lui e ricambiava.

Quando si separarono, Kagome poggiò il capo sul petto di Inuyasha e riuscì a sentire il suo cuore che ancora batteva impazzito. Riconosceva le sue paure e i motivi dietro di esse e si chiese se anche lei, nelle stesse condizioni, si sarebbe comportato in quel modo; le sembrò di essere stata immatura a reagire con violenza a quella apparente mancanza di fiducia. Eppure, senza che avesse esternato ciò che provava, Inuyasha lo aveva capito, dimostrandole di nuovo quanto fosse attento a lei e quanto l’amasse.

Tutto ciò ancora non le sembrava vero, anche se Inuyasha la stava stringendo a sé o se sentiva le sue dita scorrerle tra i capelli e le sue labbra posarsi sulla sua fronte con tenerezza, per rassicurarla.

“Grazie,” gli disse infine.

“Per cosa?” Semmai, era Inuyasha che avrebbe dovuto ringraziarla per essere stata così comprensibile.

“Per amarmi, per capirmi, per scusarmi.”

Inuyasha si staccò da lei per guardarla bene in volto. “Ehi, non devi farlo, non devi ringraziarmi, così come non lo farò io – anche perché potrei continuare per il resto della nostra vita se cominciassi. Sei qui ora, siamo qui; tanto basta.”

Kagome annuì, poi cominciò a mordersi il labbro inferiore, pensierosa. Inuyasha capì che aveva ancora qualche dubbio da risolvere e le fecce un cenno d’incoraggiamento. “Ecco,” cominciò, le guance rosse. “Torneranno, vero?”

In risposta ricevette uno sguardo perso. “Cosa?”

Gli occhi di Kagome viaggiarono sul viso di lui, su e giù, soffermandosi in particolar modo sulle orecchie umane e sul capo. Allora Inuyasha capì e scoppiò a ridere, e Kagome si sentì ancora più imbarazzata.

“Sciocca ragazzina,” le disse affettuosamente, stringendola a sé e baciandole i capelli. “Appena il sole sorgerà tornerà tutto.”

“Anche le orecchie?” chiese per una seconda conferma.

Lui scosse la testa, incapace di credere che qualcosa che per anni aveva suscitato il disgusto in gran parte delle persone che aveva conosciuto, ora incontrasse il favore di lei. “Anche le orecchie,” sorrise.


 

*


 

Quando, poco dopo, Toga venne a chiamarli con urgenza, li trovò ancora in quella posizione. Tuttavia, non ebbe modo di esserne felice perché questioni più importanti avevano la precedenza.

Inuyasha si accorse subito dello stato del padre. “Cosa è successo?” gli chiese, stringendo d’istinto la ragazza più a sé per paura che Sesshomaru potesse arrivare da un momento all’altro.

“Sesshomaru è andato via,” lo informò il padre.

“Beh, tanto meglio,” sbuffò. “Abbiamo già abbastanza problemi senza doverci preoccupare dei suoi capricci.”

Toga scosse il capo. “Ha veramente trovato la sua anima gemella,” continuò, “ed è umana.” Tutti i presenti in quella stanza trattennero il fiato. Quello scherzo del destino non doveva essere stato appreso da Sesshomaru con tanta facilità. “Sì, è difficile anche per me crederlo, e per quanto da un lato sono contento di sapere che c’è ancora una possibilità per mio figlio, che finalmente qualcuno potrebbe aiutarlo a cambiare, la notizia non giunge in un momento propizio.”

“Naraku ha intenzione di usare anche lei,” dedusse Izayoi da dietro il compagno. Lui annuì.

Inuyasha, che cominciava a capire il motivo dietro l’improvvisata del fratellastro, ringhiò, senza intenzione di voler lasciare andare Kagome. “Quindi la sua intenzione era di utilizzare Kagome come moneta di scambio? È per questo che si è dato la pena di ritornare a casa?”

Il padre gli lanciò uno sguardo contrito. “Sono riuscito a fargli cambiare idea, ma nel mentre ho appurato in che situazione si trova. Non pensavo lo avrei mai visto così disorientato, eppure è successo. Tuo fratello non è lucido in questo momento, Inuyasha, e ciò ci porterà solo guai. Nel suo tentativo di scappare al destino, ignorare ciò che il proprio Io gli voleva dire, ha reso tutto più complicato.”

“In più si è fatto scoprire da Naraku – chissà come poi.”

Toga annuì. “È partito per andare a sconfiggerlo personalmente, senza alcun piano, senza nessuna idea di chi Naraku davvero sia o quali armi nascoste abbia.”

“Stupido!” reagì il mezzo demone. “Mi aspettavo di più da una persona orgogliosa come lui, e Naraku non farà che approfittarne. È una persona subdola, dubito che qualsiasi cosa abbia in mente di fare, lo farà mettendo a rischio la sua persona.”

“Hai centrato il punto, figliolo, e proprio perché so quanto Sesshomaru possa essere avventato – proprio come te – sono preoccupato.”

“Non paragonarmi a quel demone pomposo!” sbraitò Inuyasha, ignorando per un secondo la preoccupazione del padre.

“Non ho il tempo di badare ai vostri stupidi litigi o al vostro orgoglio, te ne rendi conto? Devo raggiungerlo al più presto prima che sia troppo tardi!”

“Ma, Anata, Inuyasha è umano ora,” si intromise Izayoi. Toga non aveva mai lasciato il castello in una notte di luna nuova perché la protezione del figlio minore era esclusivamente compito suo. Nessun altro aveva mai scoperto la sua debolezza né l’avevano mai rivelata, ciò significava che le guardie non potevano essere messe al corrente per difenderlo.

“E anche al villaggio sono in pericolo,” mormorò Kagome.

L’Inu-no-Taisho abbassò il capo, frustrato, poi guardò la sua famiglia. Invero, quella minaccia era arrivata nel peggiore dei momenti: avrebbero dovuto agire subito per evitare quanti più danni, ma con Inuyasha umano erano costretti a subire una battuta d’arresto.

“Non crederai mica che abbia scoperto anche la mia notte di debolezza così come ha scoperto della compagna di Sesshomaru?” chiese Inuyasha, quasi leggendogli nella mente.

“Ho avuto questo dubbio, poi mi sono detto: una persona codarda come questa non avrebbe approfittato meglio dell’opportunità? Dopo tutto, ci eravamo dimenticati di che notte fosse questa e avrebbe potuto allontanarti e sbarazzarsi di te con facilità. A lui piacciono le cose facili. Preferirei continuare a pensare che non sia arrivato a tanto; non ne avrebbe avuto comunque possibilità visto che è la tua prima trasformazione da quando ci ha attaccati la prima volta.” Il mezzo demone annuì. “Ma intanto, dobbiamo decidere cosa fare. Inuyasha,” lo guardò dritto negli occhi, quella notte gli stessi di cui si era innamorato duecento anni prima, “sai già cosa fare, vero?”

Lui annuì di nuovo. “Sì, padre,” rispose formalmente, “conta su di me. Il tuo posto non è qui al momento.” Sapeva di non essere colui che aveva bisogno del suo aiuto in questa emergenza.

Izayoi guardò padre e figlio preoccupata, poi strinse il braccio al marito. “No, Toga, non puoi andartene ora. Nessuno sa di Inuyasha, e se accadesse qualcosa che è oltre le nostre possibilità non avremmo scampo.”

“Devo andare, Izayoi, lo capisci?” Le sorrise. “Non posso perdere tempo. Inuyasha, anche se da umano, è allenato, così come lo è Kagome. Per le prossime ore sarete al sicuro, all’alba, invece, vi recherete immediatamente al villaggio con parte dei soldati per fornire aiuto agli sterminatori, sperando che non siano già stati attaccati. Nel frattempo, non lascerete questa stanza. Sarò io stesso a parlare con alcuni dei Comandanti prima di andar via.”

Sebbene Izayoi fosse stata minacciata allo stesso modo della compagna sconosciuta di Sesshomaru, Toga non aveva alternative. Poteva contare sulla sua famiglia, anche se lo stesso Inuyasha era più mortale che mai in quella notte, come le due donne. Se si fosse fatto prendere dalla paura per le persone amate avrebbe fatto il gioco di Naraku, il quale aveva voluto principalmente intimidirli. Era certo, infatti, che non sarebbe passato subito all’attacco ed è per questo che loro dovevano essere più veloci e, soprattutto, lui doveva raggiungere il figlio più grande.

La moglie non riuscì a trattenere le lacrime, probabilmente sopraffatta da ciò che stava accadendo. Non voleva separarsi di nuovo dal marito e sapeva che anche per lui era difficile farlo proprio questa notte, ma riconosceva ciò che le stava implicitamente dicendo ed era anche fiera dell’uomo risoluto e giusto che era.

“Torna a casa sano e salvo,” gli disse infine prima di baciarlo sotto gli occhi del figlio e della compagna di lui. “Tornate entrambi.”

“Verrò a prenderti il prima possibile,” le sussurrò a un centimetro dalle labbra, sfiorandole la guancia con dolcezza. “Aspettami lì e non metterti nei guai.”

“Questo dovrei essere io a dirlo.” Izayoi rise nonostante tutto. Lui ammiccò, poi fece un ultimo cenno a Inuyasha e Kagome, ripetendogli quanta fiducia avesse nelle loro capacità, e infine andò via, lasciandoli indietro, ma sperando di poterli riabbracciare tutti il prima possibile.

In quel momento, però, nonostante tutti i torti passati, i crimini commessi, e l’irrazionalità che lo aveva condotto, Sesshomaru era colui che aveva bisogno di lui. Il suo era stato un grido d’aiuto, anche se non se ne era accorto, e Toga non lo avrebbe deluso; non lo avrebbe abbandonato.



 


N/A: Spero che la storia continui a piacervi e che siate ancora qui a leggermi. 

Vi abbraccio tutti ❤.

 


 

   
 
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