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Autore: Serpentina    09/03/2023    2 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Mille grazie e un abbraccio virtuale a voi che avete dato una possibilità a questa storia, pazientando per i miei tempi biblici di aggiornamento. Spero che Frida&co abbiano trovato un posticino nei vostri cuori, e continuerete a seguire le loro avventure. <3 <3

Mettete su "Sweet dreams" a tutto volume e buona lettura!

 

Morto, ma non sepolto

 

Chi non vuol far sapere una cosa, in fondo non deve confessarla neanche a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce.”

Giulio Andreotti

 

Avrebbe dovuto sentirsi sollevato, invece Andrew non provava altro che un misto di incredulità e stordimento, non dissimile da quello che l'aveva assalito nell'apprendere la notizia della morte di sua sorella. Questa volta, però, prevaleva l'incredulità: se, con non poca fatica, era venuto a patti con l'amara verità che Aisling era stata uccisa, non riusciva ad accettare che ad anticiparne la dipartita fosse stata sua nonna, la stessa nonna che da piccoli rimboccava loro le coperte e leggeva la storia della buonanotte. Non riusciva a immaginare come avesse potuto, da sola, vincere le resistenze di Aisling per scaraventarla incontro alla morte, né tantomeno le ragioni dietro a un atto tanto esecrabile. Persino lui sarebbe stato un sospettato più papabile.

Eppure, come gli era stato fatto notare con fermezza - e una certa insistenza - dall'ispettore Constable, una volta eliminato l'impossibile restava solo la verità, per quanto improbabile. In effetti, rifletté mentre osservava, ricambiato, il suo riflesso - più smunto di quanto ricordasse - lo strano comportamento della nonna dopo la morte di Aisling ben si accordava con l'ipotesi, ormai tesi, che avesse capitolato di fronte alla gravità delle proprie azioni, schiacciata dal fardello di una colpa troppo pesante per la sua fragile psiche.

"Avere la coscienza sporca stanca. Ma tu sei un bravo nipote, che libererà la sua vecchia nonna da questo peso, sì?

Tuttavia, sebbene la ricostruzione dei fatti dell'ispettore Constable - gran bella donna, tra l'altro - fosse convincente, una voce assillante nella sua testa - non a caso, la voce della Weil - ripeteva incessantemente che qualcosa non quadrava e anche la morte di sua nonna era accidentale soltanto in apparenza.

Scartata l'ipotesi di stare scivolando nella paranoia, si rese conto che era inutile rimuginare, l'unica soluzione ai suoi dubbi era ascoltare le deduzioni di Sherlock Weil dalla viva voce della suddetta.

Animato da un'energia tutta nuova, si fiondò alla porta. Restò di sasso nel trovarsi davanti Kevin. Roso dal senso di colpa per averlo bellamente ignorato, preso com'era dai suoi drammi personali, rimase impalato sulla soglia, incapace di formulare anche solo una parola di senso compiuto.

Al contrario, Kevin si riprese in un nanosecondo, e prese a sghignazzare –Wow! Hai la stessa faccia di Frida quando le suggerii di depilarsi la patata!

 

***

 

Se Kevin Cartridge avesse dovuto descrivere la propria vita con una metafora, l'avrebbe senza dubbio alcuno paragonata ad una lunga ed estenuante camminata su un tappeto di gusci d'uovo, con l'obiettivo di giungere al traguardo senza fare troppo rumore. Crescere circondato da donne con le palle - o rompi-palle, a seconda dei casi - lo aveva portato a sviluppare un'indole riservata e accomodante; tuttavia, i recenti avvenimenti gli avevano donato una nuova forza interiore, sufficiente a decidere, già che aveva pestato più uova del previsto, di fare una frittata.

Animato da questa convinzione, stava per bussare alla porta di Andrew Carter, ma questi lo batté sul tempo. Rimase per un attimo interdetto, con il pugno a mezz'aria, poi però, accortosi dell'espressione attonita dell'altro, sghignazzò –Wow! Hai la stessa faccia di Frida quando le suggerii di depilarsi la patata!- ridacchiò nel vederlo strabuzzare gli occhi, e aggiunse –Questa, invece, è la faccia di quando le spiegai perché degli scimpanzé spelacchiati la indicavano sogghignando mentre trangugiava una banana in due bocconi!

Sebbene Andrew gli piacesse, doveva ammettere che tra le sue attrattive non figurava l'intelligenza. Si stupì parecchio, quindi, nel sentirlo rispondere a tono.

–E sei ancora qui per raccontarlo. La valchiria si sta rammollendo!

–Sotto la corazza cela un cuore di tenera scioglievolezza.

Andrew ripensò a quando la Weil aveva asserito di dare valore a un numero limitato di vite, precisando che "Kevin rientra tra queste, tu no". Si chiese quali traumi avesse subito Cartridge da bambino per considerare "tenera scioglievolezza" la freddezza di quella stramba ragazza, ma tenne per sè quel pensiero.

–Immagino non sia venuto fin qui per farmi ricredere sulla tua amica virago. Cosa vuoi?

Senza pensarci su un attimo, Kevin replicò –Dirti che sei uno stronzo. Per telefono non sarebbe stato altrettanto efficace!

Per Andrew fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Una parte di lui scalpitava per mandare il rompiscatole al diavolo - aveva ben altro da fare che star lì a subire insulti; piangere la dipartita di sua nonna, per dirne una - l'altra, capitanata dal suo cuoricino, che al solo vedere Kevin aveva cominciato a battere all'impazzata, smaniava per zittirlo con un bacio mozzafiato. Prevalse la prima.

–Te la sei fatta fin qui coi mezzi solo per mandarmi affanculo? Wow!- esclamò, prima di chiudersi la porta alle spalle. –Non per essere scortese, ma stavo giusto uscendo, devo scambiare due parole con la Sherlock in gonnella.

–Mi stai invitando ad andarmene?- ringhiò sommessamente Kevin, irritato dalla piega che stava prendendo la conversazione; si aspettava di venire accolto a braccia aperte, non da un muro di ghiaccio. –Dovrai impegnarti molto più di così per liberarti di me: non sono uno che molla facilmente. Ah, per rispondere alla tua domanda: mi ha dato un passaggio il tuo amico Kenny.

Andrew sbuffò una risata priva di allegria.

–Rhys non è amico di nessuno, a parte se stesso. Chapeau, comunque: se hai avuto il fegato di chiamarlo Kenny in sua presenza senza essere spinto fuori dall'auto in corsa, è un miracolo!

–Cos'ha che non va il nome Kenny? Frida e le mie sorelle, quando sono in vena di scherzare, mi chiamano Kevvy, però non ho mai cercato di accopparle... per questo.

Andrew scrollò le spalle.

–Nella sua testa, sua madre è l'unica degna di chiamarlo in quel modo.

–Un vero cocco di mamma!

–Cocco di mamma surrogata- precisò Andrew, fattosi improvvisamente serio. –Quella che l'ha partorito è morta quando aveva otto anni.

Kevin aprì e chiuse la bocca, turbato dalla notizia: per sviare le domande indiscrete di Kenny - che in una vita precedente doveva aver militato nella CIA o nel KGB - si era sperticato in un'invettiva contro sua madre, con il preciso scopo di annoiarlo a morte. Col senno di poi, quello che aveva interpretato come disinteresse, forse era invidia: lui, perlomeno, aveva una madre di cui lamentarsi. Decise, tuttavia, di sviare ancora una volta il discorso.

–Niente auto, era in moto- replicò, esibendo un sorriso a trentadue denti: sua madre gli aveva sempre proibito di salire su "quelle diavolerie a due ruote" per paura che potesse farsi male o, peggio, "diventare un satanasso barbuto e capellone, tatuato come un pirata dei Caraibi" ("Quella donna ha un serio bisogno di rivedere le sue priorità", pensava ogniqualvolta gli toccava sorbire la predica); montare in sella dietro Kenny, quindi, aveva costituito per lui un vero e proprio atto di ribellione, tanto eccitante da farlo soprassedere dal domandarsi perché mai avesse dietro due caschi. –Non sapevo di questa sua fissa. Strano! Mi era parso un tipo tutto sommato normale; anzi, piuttosto in gamba: è saltato fuori che ha sempre sospettato del marcio nella morte di tua sorella.

–E per tutto questo tempo è stato a guardare senza muovere un dito?- ruggì Andrew, indignato. –Nonostante si professasse suo amico? Figlio di puttana! Per tutto questo tempo l'ho coperto, perché sicuro fosse l'ultima persona al mondo a desiderare la morte di Ling, e come mi ripaga? Fottendosene altamente! Ma vaffanculo! Con il cervello della Weil e le sue conoscenze, a quest'ora il caso sarebbe già stato risolto!

Kevin resistette faticosamente alla tentazione di rinfacciargli la contraddittorietà delle sue affermazioni: come poteva aspettarsi che qualcuno amico solo di se stesso, ossia egoista fino al midollo, si scomodasse, peraltro senza tornaconto, a smuovere delle acque almeno in apparenza tranquille?

–A sua discolpa- asserì, sperando di suonare conciliante –Va detto che si è trovato davanti un muro di gomma: il mondo intero, polizia in primis, era strasicuro non ci fosse alcunché su cui indagare; nessuno sano di mente si sarebbe azzardato a cantare fuori dal coro.

–La Weil lo ha fatto.

–Ho detto "sano di mente", Andrew. Per quanto le voglia bene, Frida non ha una rotella che sia una a posto. Inoltre, a voler pensare male - e, secondo Sherlock Weil, quando si cerca di capire il movente di una persona conviene sempre supporre il peggio - il risentimento che covava nei confronti di Aisling ha spento qualsivoglia fiammella di altruismo in lui. Sai, per via delle voci che giravano su lei e Rhys-Jones senior.

Ancora una volta, Andrew riuscì a prenderlo in contropiede: era sicuro al cento per cento che avrebbe reagito male, addirittura che avrebbe emesso fumo dalle orecchie. Invece, si limitò a stralunare gli occhi e schioccare la lingua contro il palato.

–Se ti riferisci alle dicerie sulla... diciamo, intimità eccessiva tra Aisling e il padre di Rhys, ne ero già al corrente, spiacente di deluderti. È storia vecchia. Morta e sepolta.

–Morta sì, sepolta mica tanto!- lo contraddisse Kevin. –Non l'avresti nascosto a Frida, altrimenti.

–Non volevo gettare fango sulla memoria di mia sorella inutilmente. Avessi avuto il minimo sospetto che Rhys fosse implicato in qualche modo, l'avrei detto, ma so per certo che all'ora della morte di Ling stava rigettando l'anima in un cubicolo del Tipsy Crow. Ah, a costo di deluderti ulteriormente: non sarò una cima, ma nemmeno tanto idiota da credere a insinuazioni infamanti che, onestamente, la dicono più lunga su chi alimenta il pettegolezzo che su chi ne è l'oggetto. Conosco bene Stephen, il padre di Rhys, posso assicurarti che, ammesso abbia tradito la moglie... non l'ha fatto con mia sorella. Mai con mia sorella. I nostri genitori erano molto amici, per forza di cose siamo cresciuti insieme. Dopo aver perso le rispettive madri e, soprattutto, dopo che papà ci ha abbandonato, Steve è diventato una figura paterna, specialmente per Ling. Dio, la gente sa vedere il marcio dove non c'è ed essere cieca di fronte al marciume vero!

–Perciò non ritieni che Kenny, o Rhys, o come diavolo gradisce farsi chiamare, potesse volere Aisling morta?

–Non più di quanto potessi volerlo io- tentò di scherzare Andrew, la cui ilarità ebbe breve durata: scoprì, infatti, di essere stato in cima alla lista dei sospettati finché Frida non aveva sorpreso suo nonno a frugare tra gli effetti di Aisling. –Cos... sul serio sospettavate di me?

–Ehi! Non mettermi in mezzo! I detective dilettanti sono Frida e Will, io sono solo...

–Un tirapiedi?

–Preferisco "collaboratore occasionale"- puntualizzò Kevin, un attimo prima di ricevere un messaggio urgente. Lo lesse e sorrise, divertito. –Toh! Parli del diavolo... Frida è, e cito, "condannata agli arresti domiciliari, sorvegliata speciale ovunque vada, bagno incluso". Segue una lunga serie di quelle che, immagino, siano imprecazioni in tedesco. Se posso dire la mia: era ora! Faith e Franz sono stati fin troppo permissivi con lei.

–Era ora un corno!- obiettò Andrew. –Come faccio a parlarle, adesso?

–Ehm... non saprei. Lasciami riflettere con calma. Ok, neuroni, guadagnatevi la paga in glucosio: CFF?

–Ci-cosa?

–CFF. Cosa farebbe Frida?

–Sei serio?

–Quale migliore guida spirituale della persona più geniale che conosco?

–Ma se poco fa l'hai definita una pazza!

–La follia è il contraltare del genio- asserì Kevin, esibendo un sorrisetto vagamente malizioso che, suo malgrado, Andrew giudicò molto sexy. –Ho la massima fiducia in lei. Conoscendola, e la conosco dalla nascita, si sta già ingegnando ad escogitare un piano per proseguire le indagini in super segretezza. So che ci costerà parecchio sforzo d'immaginazione, ma proviamo a batterla sul tempo, tanto per cambiare.

Nonostante i buoni propositi, e un discreto impegno, fallirono nell'impresa.

–Niente da fare: nel tempo che un essere umano impiega ad analizzare un problema, la Barry Allen delle elucubrazioni mentali ha già trovato una dozzina di soluzioni. Ehi, stavolta la soluzione sono io! Che bello! Oh, ma certo! Come ho fatto a non pensarci? Posso fare da intermediario!- esclamò, battendosi una mano sulla fronte. –E va bene: mi sacrificherò per la giustizia. Sarò il canarino che spilla informazioni a chi di dovere.

–Meglio un pettirosso, più carino; così la tua amica potrebbe vantarsi di essere Batgirl! Ad ogni modo, immagino che questo volatile non si libri gratis. Qual è il tuo prezzo?

Kevin prese a ridacchiare istericamente.

–Beh, dammi pure del pervertito, ma tutto questo parlare di uccelli... ok, scusa, la pianto. No, non ci riesco! Aiuto! Non riesco a smettere di ridere... mentre mi scorrono davanti agli occhi fantasie sconce!

–Sei un pervertito!

–Sempre meglio di te, uno stronzo che limona gente a caso per poi sparire!- ululò d'istinto Kevin, dando finalmente sfogo alla frustrazione imbottigliata per giorni.

Andrew incassò il colpo senza battere ciglio.

–Lo "stronzo" aveva altro a cui pensare; sai com'è, ha appena perso sua nonna.

–Ma se non te n'è mai fregato un cazzo della tua famiglia!

–Non è vero! Casomai il contrario: alla mia famiglia non è mai fregato un cazzo di me. Nonna era l'unica che teneva un minimo a me.

–Sì, beh... anche quest'altro stronzo qui presente tiene a te, e si era illuso di contare qualcosa, abbastanza da essere preso in considerazione come spalla su cui piangere. Invece, a quanto pare, per te non sono che un cazzo ambulante. Buono a sapersi!

"Io ho perso uno dei pochi familiari rimasti, però a soffrire è lui, perché non mi sono gettato piangente e gemente tra le sue braccia? Roba da matti!", pensò Andrew, allibito dall'egocentrismo dell'altro.

–Mi dispiace averti ferito, ma non chiederò scusa: ciascuno elabora il lutto a modo suo; io ho scelto la solitudine.

Faticando a contenere la delusione, Kevin chiese –Sei ancora convinto della tua scelta?

–Fino a un secondo fa, sì- esalò Andrew, incapace di resistere a quel broncio troppo adorabile per essere legale. –Adesso... ho solo voglia di stringerti come un cucciolo di koala. Dannazione! Perché sei così carino?

Ormai certo di averlo in pugno, Kevin celiò maliziosamente, prima di posare sulle sue labbra un bacio delicato –Fammi entrare e ti svelerò la risposta. Mi sei mancato.

 

***

 

Aveva sperato che offrire un passaggio a Kevin gli avrebbe consentito di scoprire ulteriori retroscena sulla morte di Aisling, ma, con suo gargantuesco disappunto, si era sbagliato: il ragazzo aveva giocato a carte scoperte, rivelando loro tutto quanto Sherlock Weil - o chi per lei - gli aveva permesso di divulgare.

Doveva rendergliene merito: Cartridge era un ottimo pappagallo ammaestrato, oltre che un eccellente violinista. Peccato che a lui servisse non un pappagallo, bensì un merlo che chioccolasse informazioni utili a trovare il bandolo di quella matassa sempre più ingarbugliata.

Avendo esaurito la sua utilità, aveva scaricato frettolosamente Kevin a destinazione, per poi immolarsi all'altare del traffico cittadino e raggiungere la sua oasi di pace.

"Pace eterna", pensò, ridacchiando tra sè e sè per la battuta, prima di addentrarsi tra i filari di lapidi.

Nonostante le prese in giro e la consapevolezza di quanto potesse risultare strano - per non dire macabro o peggio - ad un occhio esterno, si rifugiava tra i defunti ogniqualvolta sentiva il bisogno di sfuggire al logorio della vita moderna e restare solo coi suoi pensieri (come di consueto, parecchi).

Ignorando l'incessante vibrazione del telefono cellulare nella tasca del giubbotto, ringraziò mentalmente l'amica defunta e la detective dilettante per averlo distolto dalla recentissima - e altrettanto dolorosa - rottura con la sua ormai ex ragazza (che aveva abbandonato per strada in un quartiere periferico a lei sconosciuto; e pazienza se Babbo Natale lo avrebbe cancellato dalla sua lista per questo): sebbene, infatti, fosse riuscito a non vacillare alla presenza dei suoi amici, la scioccante rivelazione sulla morte di Aisling lo aveva sconquassato al punto da non solo rischiare di compromettere la sua facciata di sarcasmo e cinica imperturbabilità, ma addirittura spazzare via la delusione sentimentale. Un'inezia quale venire mollato senza un valido motivo - a meno di considerare l'incompatibilità caratteriale un valido motivo - impallidiva di fronte alla consapevolezza - tutt'altro che confortante - che i suoi sospetti non erano segno prodromico di un'incipiente paranoia, bensì prova concreta della bontà del suo intuito, che ancora una volta era riuscito a scorgere la verità dietro il velo di Maya. Era quindi scivolato in un turbinio di emozioni in netto contrasto tra loro: autocompiacimento, da un lato, dall'altro senso di colpa per aver indolentemente lasciato che calasse il sipario su un omicidio. Aisling era stata uccisa, lo aveva sospettato per tutto quel tempo, eppure... non aveva mosso un dito. Certo, dubitava che un suo eventuale contributo avrebbe potuto concretamente cambiare lo stato delle cose, ma ciò non lo sollevava dalle proprie responsabilità.

La litania di auto-fustigazione mentale venne interrotta dalla voce della ragione, o, per meglio dire, della coscienza. Inutile vittimizzarsi, sapeva perfettamente perché era rimasto in disparte: puntava a punire Aisling per avergli messo la proverbiale pulce nell'orecchio, una pulce impossibile da scacciare, perché l'unica persona in grado di farlo giaceva sotto terra.

"–Woo-hoo! Non credevo fosse possibile rendere questo pezzo ancora più tamarro, ma il dj ci è riuscito. Alla sua!

Semi-stordito dal ritmo martellante del remix di un classico anni '80 e dal senso di costrizione toracica indotto dall'aria stantia del Tipsy Crow al massimo della capienza, talmente calda, secca e povera di ossigeno da risultare quasi limacciosa a ogni inspirazione, strappò di mano il bicchiere all'amico, tracannò il contenuto in un solo sorso e si giustificò biascicando –Hai bevuto abbastanza, Hammer.

Tu no?

Hai ragione. Mi correggo: io ho bevuto abbastanza, tu hai bevuto troppo.

Buu! Guastafeste!- si lagnò Daniel, per gli amici Hammer, sbronzo perso. –Sei di cattivo umore per quella brunetta di prima? Consolati: il mare è pieno di sirenette. Carina, per carità; non il tuo tipo, però.

Si morse la lingua per reprimere l'istinto di rispondere che stava a lui decidere chi rientrasse nel suo "tipo", ma decise di soprassedere. Parafrasando un noto aforisma, discutere con un ubriaco era come giocare a scacchi con un piccione: si poteva essere anche il campione del mondo, il piccione avrebbe comunque fatto cadere tutti i pezzi e cagato sulla scacchiera, per poi andarsene impettito come se avesse vinto lui. Scrollò le spalle.

Tanto non le interessavo, mi ha usato per ingelosire il suo ragazzo. Non so se offendermi o esserne lusingato.

Se non te l'ha data, sei autorizzato a sentirti offeso.

Privo di interesse a portare avanti una conversazione sull'argomento, si limitò ad annuire distrattamente, mentre scandagliava la folla in cerca di Aisling. Gli bastò individuarla per ritrovare il sorriso: sembrava ancora sufficientemente cosciente da poter affrontare una discussione di una certa importanza. Animato da un'ardente determinazione, si affrettò a raggiungerla.

Ehi, Ling! Ti diverti?

Niente mi diverte più, oramai- gli rispose laconica.

Qualcosa che abbiamo in comune.

Davvero? Eppure, pareva ti stessi divertendo con la tua nuova amica. Ha un nome, o l'hai reputata talmente scialba da non sprecarti a chiederglielo?

Sbuffò una risata.

La tua è semplice curiosità, o sei gelosa? Sinceramente, spero la prima. Teoricamente, ho una ragazza, anche se non so per quanto ancora. Per tua informazione, comunque, la brunetta di prima si chiama Kiley. Ah, no, scusa: Kimberly!

Che razza di nome!

Evitò di farle notare che dal pulpito di un nome particolare come Aisling era forse l'ultima persona al mondo a potersi permettere di giudicare e la invitò a seguirlo in uno dei nidi di corvo sul retro per avere un po' di privacy. Inizialmente recalcitrante, Aisling cedette dopo innumeverevoli insistenze. Rimpianse di non aver annebbiato le proprie facoltà mentali: immaginava di cosa volesse parlarle, non sarebbe stata una conversazione piacevole, nè tantomeno pacifica.

Contro ogni previsione, Kenny esordì evidenziando l'ovvio.

Presumo ti sia fatta un'idea del perché desidero parlarti.

Aisling rimase di stucco: da che lo conosceva, non era mai stato tipo da giri di parole; anzi, spesso veniva rimproverato per essere sgradevolmente diretto. Se fosse stata brillante o arguta, avrebbe potuto metterlo in imbarazzo scoprendo le sue carte con una risposta pungente, ad esempio "Non vuoi parlarmi, vuoi ordinarmi di stare alla larga da Steve"; ma Aisling Carter era tutto, meno che arguta, pertanto si limitò a fissarlo con l'espressione del pesce in pescheria.

Mi dispiace dover arrivare a tanto, ma la situazione è diventata insostenibile. Sta' alla larga da mio padre, Ling. So che lo consideri una sorta di padre putativo...

Puta-che?

So che lo consideri un secondo padre, visto che il tuo è, senza offesa, una merda che ha indotto tua madre al suicidio. Lo capisco; al tuo posto, anch'io mi sarei attaccato a chiunque mi elemosinasse un po' di affetto. Nell'ultimo periodo, però, hai esagerato. La gente mormora, e, di nuovo, senza offesa, non vali abbastanza da rischiare queste elezioni. In caso non fosse chiaro, la mia non è una richiesta- ringhiò Kenny, che stava rapidamente esaurendo la pazienza. –Sta' lontano da lui!

Cos... non è come pensi, Kenny!- ribatté Aisling, rendendosi conto troppo tardi di aver violato la regola d'oro di Kenny: non chiamarlo mai per nome. –Rhys! Rhys. Scusa, a volte dimentico...

Giura che lascerai in pace di mio padre, e lascerò correre.

Ancora con questa storia? Non è come pensi! Ecco, questo posso giurarlo!- latrò Aisling, incredula che l'amico di una vita potesse avere una tale opinione di lei. –Se credo che tuo padre sia infedele? Cazzo, sì! È talmente palese che mi meraviglio non sia ancora finito sui giornali! Ma non sono io la sua amante, nossignore. Non ti fai schifo da solo anche solo a immaginare una cosa del genere?

Ammesso stia dicendo il vero, puoi biasimarmi per averlo pensato? Osi negare la tua ridicola cotta per mio padre?

Sì!- esclamò con forza. –Cioè, no. Cioè... aiuto! Senti, non hai idea di cosa ho passato. Nemmeno io, in realtà, finché non sono stata costretta da quella stronza di psicologa a ricordare perché "elaborare il trauma è l'unica via per la guarigione". Sarà, io continuo a credere che stavo meglio prima, senza sapere quali demoni provavo inconsciamente ad annegare. Purtroppo, ho scoperto che i miei demoni sanno nuotare.

Di cosa diavolo stai parlando?

Ok, lo confesso: è come dici tu; ma, allo stesso tempo, non è come dici tu. La mia non era una vera e propria cotta, era più... un malsano attaccamento per qualcuno che mi dava ciò di cui avevo bisogno! Vizio di famiglia: mio padre fece lo stesso con tua madre.

Lascia mia madre fuori da questa storia!- ruggì Kenny, ma Aisling non gli diede ascolto: una volta aperta la diga, non c'era scampo alla piena.

Ehi, non sto condannando nessuno dei due! Cioè, lui sì - si è comportato da vero stronzo - però, con un po' di sforzo, riesco a capire le loro ragioni.

Non ti seguo. Le ragioni di cosa?

Si sentivano soli, ovviamente! Lei perché tuo padre non c'era mai e lui perché intrappolato in un matrimonio infelice con una donna dalla psiche di cristallo andata in frantumi. Ah, nel caso non lo ricordi, ci tengo a precisare che questa frase è tua; a me non sarebbe mai venuto in mente un pensiero così poetico. Mai pensato di diventare scrittore? Ci sai fare con le parole! Ma non perdiamoci in chiacchiere. Cosa stavo dicendo? Ah, sì: mio padre si sentiva solo e, come chiunque, o quasi, nella sua situazione, ha cercato conforto tra le braccia di qualcuno agli antipodi rispetto a mia madre. Tua madre, insomma. Da quel che ricordo, era una perla rara: gentile, amorevole... in una parola, materna. Triste che se ne sia andata così presto.

Kenny venne assalito da un impellente conato di vomito: Aisling stava seriamente insinuando che i loro genitori avessero avuto una tresca, come nelle peggiori soap opera?

Spero di aver capito male.

Oh, hai capito benissimo! Pure Steve l'aveva capito. Ecco perché ci siamo avvicinati: entrambi cercavamo la verità.

E l'avete trovata?

Io sì- rispose. –A lui è mancato il coraggio di andare fino in fondo".

Due giorni dopo quella discussione ai limiti del surreale Aisling era morta, e lui non aveva versato una lacrima, ad eccezione di quelle socialmente obbligatorie al funerale.

La sua non era altro che una recita, l'ennesimo confortevole bozzolo di menzogne nel quale rintanarsi perché accettare la verità lo avrebbe costretto ad affrontarla, a sforzarsi per metabolizzarla in qualche modo. Ingannarsi era decisamente più comodo. Aveva perfezionato quell'abilità nel corso degli anni, arrivando a tali livelli di maestria da non essere più capace di distinguere il vero nè intorno a sé, né dentro di sé. D'altronde, era cresciuto sentendosi ripetere da suo padre che qualunque idiota può dire la verità, mentre l'arte del mentire richiede intelligenza.

Eppure, mentre stava in piedi davanti alla tomba della madre, ritenne lecito abbandonarsi ad un momento di pura idiozia, confessando apertamente di essersi sentito sollevato che Aisling fosse morta, e con lei i suoi segreti, finché non aveva impattato contro la dura realtà: a differenza dei corpi, segreti e bugie non erano facili da seppellire.

Si voltò, avviandosi verso l'uscita, quando, a dimostrazione del fatto che al peggio non c'è mai fine, incrociò un viso a lui fastidiosamente noto.

–Faccia da cavallo? Cosa ci fai qui?

Storse il naso all'odioso nomignolo che quel biondino dallo strano accento gli aveva affibbiato e replicò, con un sorriso sibillino –Non farmi domande, Riccioli d'oro, e non ti dirò bugie.

Riprese a camminare, ma non fece in tempo a muovere due passi che la fastidiosa voce del ricciolino giunse nuovamente alle sue orecchie.

–Sai, hai l'aria fin troppo felice per un posto come questo. Sei venuto a gongolare sulla tomba di qualcuno che ti stava sul cazzo?

–Di nuovo, ricciolotto: non farmi domande, e non ti dirò bugie.

–E dai, cavallino, toglimi almeno questa curiosità! Io sono venuto a trovare mio zio. Tu?

Sebbene tentato di non degnarlo di una risposta, dopo un interminabile minuto di silenzio emise un profondo sospiro, strinse i pugni e, a costo di sembrare scortese, mantenne lo sguardo fisso in avanti, lottando contro le lacrime bastarde che avevano scelto proprio quel momento per fuoriuscire.

–Mia madre- mormorò, prima di allontanarsi con le mani in tasca e il cuore gonfio della soddisfazione di aver - ne era certo - lavato via il sorriso dalla faccia di Riccioli d'oro.

 

***

 

Avrebbe dovuto essere felice, invece Frida non provava altro che una frustrazione pari a quando aveva scoperto, a un passo dal completarlo, che il puzzle da mille pezzi del Rockefeller Center regalatole per Natale da Ernst difettava di un pezzo. Ancor più snervante era stato apprendere dal cugino che il pezzo mancante lo aveva sottratto lui stesso, con dolo, per farla ammattire. Le vette di fastidiosità che riusciva a raggiungere stupivano persino lei, che nella sua piuttosto breve vita aveva già sperimentato i lati peggiori dell'umanità.

Tuttavia, il grado di irritazione mista a delusione che le procurava l'evidente sollievo di William era impareggiabile: non riusciva a concepire che il suo socio potesse davvero trovare soddisfacente un epilogo tanto banale e pieno di falle. Per tutti il caso era stato riaperto e chiuso. Tutti... tranne lei.

–Cos'è quella faccia mogia, Weil? Alla fine la verità è venuta a galla: avevi ragione tu sin da principio. Dovresti crogiolarti nella tronfiezza!

–William ha ragione, cucciola. Tua zia e io abbiamo riconosciuto di aver preso un abbaglio, ci siamo scusate per non averti dato retta... ancora non sei soddisfatta?

–No, non sono soddisfatta, e non mi crogiolerò in una beneamata- si morse la lingua per evitare volgarità in presenza dei suoi genitori –Fava, finché il caso non sarà risolto- silenziò William e sua madre con un'occhiataccia e precisò –Definitivamente risolto.

Wenn es jemand kann, dann du. Du bist hartnäckig und gibst nie auf, Cousinchen. Du bist eine Kämpferin1.

Ringalluzzita dall'incoraggiamento del cugino prediletto, Frida gli concesse uno dei suoi rari abbracci, incurante dell'espressione meno che lieta di William ed Ernst, al quale mostrò la lingua in una malevola quanto infantile manifestazione di superiorità. Fin da piccoli, si erano contesi le attenzioni e l'affetto di Hans - a differenza di Wilhelm, il quale, forse proprio in virtù della condizione di fratello mezzano, aveva sviluppato uno spiccato individualismo - e, a dispetto del grado di parentela e degli sforzi di Ernst, era la principessa di casa Weil ad occupare il posto speciale nel suo cuore.

Kannst du laut sagen2!

Franz si accigliò, pronto ad esplodere, ma venne placato da un'affettuosa stretta sulla spalla da parte di Faith. Il potere calmante che esercitava su di lui, fortunatamente, non si era affievolito col tempo.

–Cosa non ti quadra?- chiese la donna, serrando la presa sul compagno. Tutto punta verso Isobel Conworthy: aveva l'opportunità di agire, e poco prima di morire ha chiamato il nipote perché, e cito, "avere la coscienza sporca stanca".

–Movente?

–Ti sorprenderà, Frida, ma le persone non sempre si lasciano guidare dalla ragione. A volte commettono atti inconsulti- replicò Faith. –Mrs. Conworthy era una donna mentalmente instabile, è possibile che l'ennesimo crollo nervoso...

A quel punto, la ragazza perse la (poca) calma rimastale e sbottò –Oh, fammi il piacere! La vostra è una soluzione di comodo: se il colpevole è morto non si andrà a processo e l'enorme granchio che avete preso tu e Tante Serle apparirà più piccolo. La vostra è cecità dolosa, oppure siete diventate improvvisamente deficienti. Delle due l'una. In ogni caso, evita di trattarmi da pazza ossessiva, perché non lo sono. La dinamica del delitto suggerisce una certa premeditazione, che mal si accorda con un crollo nervoso: una persona mentalmente esaurita può scaraventare di sotto la nipote durante una lite, non si infila in piena notte nella sua camera col chiaro scopo di simulare una caduta accidentale o un suicidio. Chiunque sia capace di tale premeditazione in genere ha i nervi sufficientemente saldi da non ammazzarsi corroso dai sensi di colpa, né tantomeno telefona al nipote per confessare prima di togliersi la vita inducendo un'ipoglicemia fatale.

–Ipoglicemia?- esalò William.

–Vuol dire che il livello di zuccheri nel sangue è troppo basso.

–So cosa vuol dire!

–Allora il tuo vocabolario supera la tua soglia di attenzione- rispose Frida esibendo il ghigno marchio di fabbrica della famiglia Weil.

–Cosa vorresti insinuare?

–Se ti fossi preso la briga di leggere la testimonianza di Andrew per intero, invece che un rigo ogni dieci, forse ti saresti accorto che la signora era convinta di aver già assunto la dose serale di insulina. Le sue parole, ovviamente, sono state liquidate come i vaneggiamenti di una vecchietta con senilità incipiente. Supponiamo, invece, abbia detto il vero: avremmo una ragionevole causa di morte. Raddoppiare la dose di insulina sarebbe di per sè sufficiente a indurre una grave ipoglicemia; in più la nonnina assumeva un antidepressivo in grado di influenzare il controllo glicemico, aumentando la secrezione e la sensibilità all'insulina. Et voilà, les jeux sont faits!- ignorò il commento di William ("Adesso parli pure francese?") e aggiunse –Certo, per essere sicuri andrebbe eseguita un'autopsia, anche se è dubbio quanto possa essere dirimente. La diagnosi post mortem di coma ipoglicemico è complicata: tanto per cominciare, la morte non è necessariamente immediata e, a seconda del tipo di insulina utilizzata, il tempo per il coma ipoglicemico può essere di venti minuti o più, consentendo quindi il metabolismo e l'eliminazione della molecola, senza contare che le concentrazioni di glucosio e peptide C - sottoprodotto della scissione enzimatica da proinsulina a insulina - nel sangue diminuiscono dopo la morte, rendendo pressoché impossibile, in assenza di dati ulteriori, distinguere una iperproduzione endogena - dovuta, per esempio, a un insulinoma - da un iperdosaggio di insulina esogena. Inoltre, dettaglio non da poco, Tante Serle non richiederebbe un esame autoptico soltanto in base alle mie - pur accuratissime - supposizioni!

–Ci puoi scommettere!- borbottò Serle.

Con sommo sconcerto dei presenti, Faith prese a farsi aria con una mano, in preda alla commozione.

–So che non dovrei mostrarlo platealmente, ma... sono così orgogliosa della mia bambina!- singhiozzò, salvo recuperare prontamente un'aria professionale. –Nonostante ignori che l'immunopurificazione combinata con la spettrometria di massa ad altissima risoluzione/alta precisione, specialmente su matrici meno soggette ad alterazioni post-mortali, quali l'umor vitreo o il liquido cefalospinale, è dotata di sufficiente sensibilità e specificità per dosare e differenziare i vari analoghi dell'insulina. Difatti, è stata impiegata con successo nella risoluzione di un caso di parricidio. Caso pubblicato, tra l'altro. Lo so perché, beh... era mio.

–Viva la modestia!- la punzecchiò Franz.

–Disse l'autore del memorabile: "la modestia è la virtù delle persone modeste, e io sono straordinario"!- lo rimbeccò Frida, che si scompisciava (internamente) nel constatare quali abissi potesse raggiungere la gelosia professionale del padre (ragione per cui Faith aveva abbandonato l'equipe della professoressa Eriksson: prima o poi, lei e Franz si sarebbero trovati a competere per la posizione apicale e, dato che a nessuno dei due piaceva perdere, il loro rapporto ne sarebbe uscito irrimediabilmente compromesso). –Sono fiera di te, Mutti. Weiter so3!

–Grazie, cucciola.

–Sei la persona più intelligente che conosco. Infatti, mi è ancora ignoto quale cortocircuito sinaptico ti abbia indotta a ritenere accidentale la morte di Aisling Carter.

–Certo che non molli l'osso!- sbottò Faith, ogni traccia di amore materno evaporata. –Ho sbagliato, va bene? Gli esseri umani possono sbagliare. Quelli che non stanno tutto il santo giorno a girarsi i pollici, almeno. Ah, mettiamo in chiaro una cosa: non ravvedo alcunché di strano nella morte di Isobel Conworthy. Ammesso, e non concesso, che il decesso sia davvero stato causato da una overdose di insulina, ciò lo renderebbe al massimo materiale per un articolo scientifico, non un'indagine per omicidio.

Superata l'iniziale perplessità, William rifletté –Bisogna ammettere che l'idea di Frida è sensata. Tuttavia, ciò rende l'epilogo della vicenda perfino più insulso del previsto: la morte di Mrs. Conworthy è null'altro che un tragico errore del marito.

Da speranzosa che era, Frida precipitò nuovamente nel tunnel dell'avvilimento.

Mein Gott, Liam, credevo fossi intelligente!

–Cos'avrei sbagliato, sentiamo!

–Smentiscimi arrivandoci da solo.

–Tu, invece, sai dove devi arrivare?

Es reicht!4- intervenne a quel punto Franz, che ne aveva abbastanza. –Vi proibisco di parlare oltre di questa storia! Kaput! Quanto a te: sconterai la tua punizione agli arresti domiciliari, dopodiché fingeremo che tutto ciò non sia mai accaduto e smetterai per sempre di giocare alla signora in giallo!

Frida, per tutta risposta, lo fulminò con lo sguardo e il glaciale –Ad aprile diventerò maggiorenne e a settembre, se tutto andrà secondo i piani, mi trasferirò nell'Oxfordshire. Prova a fermarmi da novanta chilometri di distanza!

Ancora una volta, William si domandò come riuscisse la Weil a rivolgersi con quel tono a suo padre, che sembrava sul punto di sparare laser dagli occhi. A onor del vero, rifletté in un secondo momento, Weil senior aveva mostrato un autocontrollo invidiabile; suo padre, con ogni probabilità, nella medesima situazione lo avrebbe marchiato indelebilmente con l'impronta della mano. Franz, invece, si limitò ad una sonora risata, ma Frida non gli badava più: la sua attenzione era stata interamente assorbita da Ernst, alias il "traditore", che l'aveva afferrata da dietro per sussurrarle, canzonatorio –Onkel Franz hat recht, Cousinchen5.

L'uso del tedesco, che Ernst millesimava come uno champagne pregiato, la mandò su tutte le furie. Adirata, lo scostò con veemenza, ringhiando –Sei still, Ratte! Es ist deine Schuld, dass ich in dieser beschissenen Situation bin!6

–La colpa è solamente tua- ribatté Ernst arretrando di un passo con le mani alzate. –Dovresti conoscermi: sai a quale gioco mi piace giocare.

Capita l'antifona, Frida, in un attacco di istintualità rapido come un battito di ciglia, infilò la mano nella tasca della giacca, dove si trattenne per qualche secondo, e increspò le labbra in un tenue sorriso.

Sperò di tutto cuore che quel gesto fugace e apparentemente inspiegabile fosse passato inosservato a tutti, in particolare a qualcuno che poteva vantava un intelletto (quasi) pari al suo e un'esperienza ultradecennale nel tenerla sott'occhio.

Le sue speranze si vanificarono poco dopo aver messo piede in casa: attirata in cucina dalla golosa prospettiva di concludere la giornata facendo scorta di di serotonina (in altre parole, gustando una cioccolata calda), finì dritta nella trappola tesa da Faith, la quale, senza troppi preamboli, esaurite le domande di rito sui caratteri organolettici della bevanda, tese una mano e chiese, in tono imperioso –Bene, cucciola. Ora ti spiacerebbe consegnarmi qualunque cosa Ernst abbia messo nella tua tasca, illudendosi di fregare me e sua madre?

 

Note dell'autrice

Agli impavidi che sono arrivati fino in fondo, medaglia al valore! Sono curiosissima di sapere se Kenny, aka Rhys, per William Faccia da cavallo, è promosso o bocciato. E Kevin&Andrew, aka Kendrew: ship promossa o bocciata?

A proposito di Andrew: la sua battuta sul pettirosso in italiano rende poco, ma non potevo non inserirla: "robin" in inglese significa appunto pettirosso, ma è anche il nome della spalla di Batman (girl, nel caso di Frida).

A proposito di Frida: poverina, è circondata da menti inferiori!... O almeno, così credeva: pensava davvero di riuscire a gabbare la madre, ma a Faith non la si fa! Franz, invece, sta cominciando a desiderare e temere al tempo stesso il momento in cui la figlia spiccherà il volo. Non ha tutti i torti: Frida ha un vero talento per cacciarsi nei guai!

Ci sto mettendo più del previsto, ma tenete duro, il gran finale si avvicina!

A presto (spero)!

PS: il merlo chioccola, dall'onomatopea "chiò chiò". Non si finisce mai di imparare!

PPS: "Qualunque idiota può dire la verità. Ma per mentire ci vuole intelligenza" è una frase di Dostoevskij. Non si dica che non cito le fonti!

 

1Se c'è qualcuno che può farcela, sei tu. Sei tenace e non ti arrendi mai, cuginetta. Sei una combattente.

2Puoi dirlo forte!

3Continua così!

4Adesso basta!

5Zio Franz ha ragione, cuginetta.

6Taci, traditore! È colpa tua se mi trovo in questa situazione di merda!

   
 
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