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Autore: Nina Ninetta    13/03/2023    3 recensioni
Un mondo flagellato da un gelo senza precedenti che gli abitanti hanno ribattezzato IV Era Glaciale. Eppure, qualcuno sostiene che non sia un fenomeno naturale, ma che ci sia qualcosa di oscuro dietro...
Cinque giovani, ognuno con il proprio passato ingombrante, dovranno unire le forze e affrontare ciò che nessuno ha avuto il coraggio di fare. Finora...
"Seconda classificata al contest “D&D Mania” indetto da Ghostro sul forum di Efp"
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO
TEƦZO

 
 
Magena era una città imponente, vivace e colorata. Intorno al Gran Palazzo Verde, sede della famiglia reale e delle casate più nobili, si sviluppava il paese, cuore pulsante dell’economia e della vita dei cittadini. Non c’erano mai stati veri poveri a Magena, chiunque poteva trovare lavoro come contadino, allevatore, mercante o artigiano. Tuttavia, il Grande Gelo aveva calato sul popolo un’ombra cupa: il terreno fertile ghiacciava, le bestie morivano di stenti e le malattie cominciavano a espandersi fra i meno fortunati.
I tre attraversarono i vicoli della città a cavallo e senza fretta. Soprattutto Emeryl si concesse qualche minuto in più per guardarsi attorno e studiare quella che un tempo era stata la sua casa. Vide uomini chiedere l’elemosina ai passanti, donne che vendevano il proprio corpo agli angoli delle case, bambini denutriti cercare residui di cibo sul retro di una taverna. Era cambiata molto quella città da quando era andata via, costretta a fuggire con sua madre come delinquenti qualsiasi. Si era calata il cappuccio sul capo per evitare che la riconoscessero, eppure un giovane ragazzo fu attratto da quella insolita comitiva. Era intento a curare una donna che lamentava dolori addominali, l’aveva appena visitata e si stava pulendo le mani con uno straccio, quando li aveva notati. Non era raro che Magena fosse visitata da stranieri, ma il trio composto da due giovani uomini dell’Est – la loro carnagione olivastra ne tradiva la provenienza – in compagnia di una Din Nadair era alquanto insolito. Inoltre, lei sembrava fin troppo accorta nel tenere il capo nascosto al di sotto del cappuccio. Dal momento che anche lui era un fuggitivo, sapeva riconoscerne uno quando lo incontrava. E parevano fossero diretti al Gran Palazzo Verde. Disse all’altro medico di far bere alla donna un intruglio a base di finocchio e camomilla, poi si chinò su quest’ultima e si congratulò: era in dolce attesa. Raccolse le sue poche cose e, appoggiandosi al bastone che gli faceva da supporto, s’incamminò a capo chino lungo la strada che portava al castello.
 
 
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Il Gran Palazzo Verde svettava fin quasi a sfiorare il cielo. Il colore brillante costrinse Garni a distogliere lo sguardo: era troppo abbagliante per i suoi occhi da gatto. Di guardia all’ingresso c’erano due guardie e senza un’udienza ufficiale con il re non avrebbero mai concesso loro di passare, senza contare che Emeryl non sarebbe neanche dovuta essere lì in città.
«Non ci faranno mai entrare.» Disse proprio quest’ultima, affranta.
«Lasciate parlare me» intervenne Garni, smontando da cavallo con un balzo e avvicinandosi alle sentinelle, le quali lo fermarono puntandogli contro le armi che impugnavano. Il giovane mostrò i palmi.
«Sono Gar di Niihel, faccio parte della gilda “I Lupi di Niihel”. Re Vermyl ha richiesto i nostri servigi. Ditegli che ho urgente bisogno di parlargli.»
Le guardie si lanciarono un’occhiata interrogativa, così come fecero Kewst ed Emeryl.
«Spiacente, devi passare dal ciambellano prima. Il re non riceve senza appuntamento.»
«Ditegli che ho novità su Sheeira.»
A quel nome, pronunciato con tanta leggerezza, anche l’aria parve fermarsi, in attesa.
«Entrate, dunque. Ma dirigetevi nell’ufficio del ciambellano nell’ala ovest del castello.»
«Bene.» Gar si voltò indietro, verso i suoi compagni e con un gesto li invitò a seguirlo.
 
Quando furono certi che le guardie non li vedessero più, Emeryl li condusse senza esitazione verso la biblioteca, provando una sorta di déjà-vu nel ripercorrere quei corridoi che un tempo erano stati la sua casa.
«Perché hai nominato la regina Sheeira? Lavori davvero per il re?» Sussurrò Emeryl al fianco di Garni.
«Per quanto ancora dovremmo fingere che tu non sia chi in realtà sei?»
La Din Nadair abbassò lo sguardo. Allora lo sapevano, conoscevano la sua storia.
«Re Vermyl ci ha chiesto di trovare la regina Sheeira, il perché non ci è dato sapere e a noi Lupi interessa solo il profitto. A proposito, tu per caso sai dove si trova?»
Emeryl strinse i pugni, Kewst qualche passo dietro di loro li ascoltava in silenzio.
«No, un giorno mia madre non ha fatto più ritorno alla Torre d’Opale. Le piaceva viaggiare e scoprire vecchie rovine, ma tornava sempre da me. L’ho cercata ovunque, arrivando ai confini del Continente Bianco, a Nord. Ma di lei nessuna traccia…» Emeryl soppesò l’idea di rivelargli quanto le avesse detto la Màthayr, tuttavia non sapeva ancora bene se e quanto potesse fidarsi di Garni, perciò decise di tacere.
Attraversarono un corridoio infinito, fino a trovarsi nuovamente all’aria aperta, in un giardino curato ma spoglio. La Din Nadair si guardò intorno: un tempo quegli alberi erano ricchi di natura lussureggiante e frutti di ogni genere, adesso, invece, il freddo lo stava uccidendo man mano. Raggiunsero la costruzione di forma ovale che si trovava alla fine del sentiero: la biblioteca. Vi entrarono e anche qui nessuno degli studiosi badò a loro.
Emeryl cominciò a scendere una scala a chiocciola, affermando che era lì che tenevano i libri più antichi.
«Lontano da fonti di luce» le fece eco Kewst e lei annuì.
«Cosa stiamo cercando, di preciso?» Chiese Gar, scrutando i titoli di alcuni volumi.
«Qualcosa che possa richiamare l’idea di pergamena, di Fiamma Sacra e draghi» specificò Kewst, più attento del solito.
Emeryl lo osservò: sotto la sua parvenza di uomo dedito alla guerra, c’era un appassionato di antichità arcane. Un conoscitore capace e spigliato. Quest’ultimo notò lo sguardo di lei voltandosi nella sua direzione e, tenendo un vecchio libro tra le mani, chiese:
«Sì?»
«Sembri uno che ne capisce di antichità. Dove hai imparato?»
«Decilius, Arcimago di Valldysi, è stato mio insegnante per diversi anni» Kewst evitò di aggiungere che era stato anche il suo solo e unico amico. «Nonostante io non prediliga la magia, ho imparato a riconoscere alcuni incantesimi.»
«Come si dice: conosci il tuo nemico se vuoi batterlo» Emeryl sorrise e l’altro arrossì.
«Mi sento di troppo qui sotto» la voce irriverente di Garni irruppe come un secchio d’acqua gelida. «Io non ne capisco niente di ‘sta roba! Alcuni libri sono scritti in modo strano…»
«È scrittura antica.» Specificò Kewst. «Usata dagli antichi sacerdoti che furono ispirati dai Divini. Contengono i segreti su cui si erge il Pianeta. Penso che la pergamena che stiamo cercando sia qualcosa del genere…»
Garni sbadigliò rumorosamente e si sedette sul pavimento con le gambe incrociate e le mani a sostegno della testa, abbassando le palpebre.
«Che stai facendo?» Lo richiamò Emeryl.
«Io ho già fatto la mia parte permettendovi di entrare. Ora tocca a voi eruditi.»
Trascorsero diversi minuti, forse ore, lì sotto il tempo pareva non avere valore. Emeryl era stanca, ormai convinta che non avrebbero trovato nulla, quando Kewst le mostrò una pagina di un tomo impolverato. Lei lesse dove lui stava indicando: secondo un’antica leggenda, i Giganti e i Draghi si erano dati battaglia fin dall’origine dei tempi. La coesistenza delle due specie permetteva anche un equilibrio climatico, ma un giorno i Giganti del Nord avevano ammazzato l’ultima femmina di drago, causandone l’estinzione. Tuttavia, quando il Drago Anziano aveva compreso che per la sua razza era ormai giunta la fine, aveva trascritto il Segreto del Fuoco su un’Antica Pergamena che aveva poi sigillato in una caverna di improbabile posizione. Il suo scopo era aiutare le generazioni future a combattere il Grande Gelo, qualora le preghiere e la devozione per la Fiamma Sacra non fossero bastate e il Sangue di Ve’Rah sarebbe rimasta l’ultima risorsa.
La Din Nadair sollevò lo sguardo su Kewst, pronta a chiedergli se secondo lui quel racconto fosse la chiave che stavano cercando, quando sentirono un rimestio al piano superiore della biblioteca e la voce del ciambellano tuonare di scovarli e consegnarglieli vivi!
«Ci hanno scoperto!» Emeryl si calò il cappuccio sul capo. Fece per svegliare Gar, ma si meravigliò di notare che il ragazzo si stava già rimettendo in piedi, stiracchiando le braccia. Quasi invidiava il suo essere rilassato in ogni situazione.
Kewst strappò il foglio su cui era riportata l’antica leggenda e se lo mise in tasca, poi tutti e tre uscirono dalla piccola porta sul retro di uno scaffale, salirono velocemente le scale e sbucarono in uno spazio angusto che odorava di muffa e stantio, dove in un angolo c’erano vecchissimi volumi gettati alla rinfusa. Uscirono finalmente all’aperto, percorsero svelti la strada a ritroso poi, appena prima di imboccare il corridoio che li avrebbe condotti all’esterno del castello, un gruppo di guardie reali puntò contro di loro armi affilate. Il ciambellano li raggiunse alle spalle, a capo di altre sentinelle. Batté le mani per irriderli, ordinando a uno dei suoi uomini di abbassare il cappuccio dell’eretica.
«Non ce n’è bisogno» disse Emeryl, mostrando il volto da sola.
«Hai un bel coraggio a tornare qui, esiliata!»
Kewst fece per afferrare il martello sulla schiena, ma avvertì la punta di una lancia sulla nuca.
«Sarete condannati a morte per alto tradimento e…»
«Nelle mie stanze! Adesso!»
La voce del Re si alzò su tutte. Le guardie chinarono il capo dinnanzi al proprio sovrano e lo stesso ciambellano si guardò i piedi. Gli unici che rimasero con la testa alta furono i tre fuggiaschi.
«Mio Sire, per fortuna le guardie mi hanno avvertito di questi farabutti che pensavano di farla franca» il tono del ciambellano non era più tanto fermo.
«Ho detto che li voglio nelle mie stanze, adesso!»
«Lasciate almeno che le mie guardie leghino loro le mani per disarmarli.»
«Sono un Re! Nessuno alzerà mai un’arma contro la mia persona.» Detto ciò, Vermyl si allontanò a grandi falcate e scomparve all’interno del castello.
«Ehi, giullare, se ci indichi la strada andiamo da soli» disse Garni, battendo un paio di colpi sulla schiena ingobbita del ciambellano. Emeryl trattenne a stento un sorriso.
 
 
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Re Vermyl non era cambiato poi tanto, forse gli si era infoltita la barba, di sicuro era imbiancata, così come i capelli. Ma la sua presenza augusta non si era scalfita neanche un po’, nonostante i mille dolori patiti nel corso della sua lunga vita. Emeryl avrebbe voluto chiedergli cosa ne pensava di lei, se la trovava cambiata, maturata magari. Era sempre la sua bellissima bambina? Invece, l’uomo le si rivolse come se un tempo non fossero stati padre e figlia -  come se non lo fossero tutt’ora.
«So perché siete qui. Berenise mi aveva avvertito.» Cominciò il sovrano senza batter ciglio. «Avete trovato qualcosa?»
Kewst gli mostrò il foglio che conteneva la leggenda, il sovrano la scorse velocemente e annuì con il capo, parlando poi a Garni.
«Tuo padre ti ha mai raccontato di averti trovato in un villaggio andato in fiamme quando eri solo in fasce?»
Il giovane scosse la testa.
«In te scorre il Sangue di Ve’Rah, e probabilmente sei l’unica speranza che abbiamo di fermare questa nuova Era Glaciale.» Vermyl scrutò il panorama oltre le alte vetrate. Oramai, le montagne a Nord erano del tutto ricoperte dalla neve e presto anche le fertili e verdi pianure di Magena sarebbero state una mera distesa bianca. Una farfalla dalle ali dorate volò rasente la finestra, era strano vederne una con quelle temperature, ma il Re non vi badò più di tanto: aveva altro a cui pensare. Tornò a voltarsi verso i suoi ospiti e da sotto l’abito imperiale sfilò un vecchio foglio arrotolato e ingiallito. Lo porse alla Din Nadair.
«È l’Antica Pergamena del Drago. Consegnatela al Sommo Sacerdote di Ve’Rah, la cui Fiamma si sta spegnendo.»
«Ce l’avevi tu?» Emeryl non poteva crederci.
«Ogni regno deve possedere un asso nella manica se-»
«Se vuole essere il più potente.» Finì la frase per lui la stessa ragazza. Avrebbe voluto aggiungere che ricordava ancora a memoria le massime che le aveva insegnato da bambina.
«Tutto qua?» Chiese Kewst, sembrava deluso dalla facilità della missione. «Cosa c’è scritto sulla Pergamena? Un antico incantesimo che ravviverà il Fuoco Sacro?»
Vermyl strinse i pugni che teneva l’uno nell’altro dietro la schiena.
«In un certo senso, sì.» Disse solo. «Il mondo sta morendo, inghiottito dalla morsa del gelo. Le suppliche delle Vestali non bastano più.» Abbozzò un sorriso. «È buffo notare come dei reietti ci salveranno tutti.»
«Siamo stati attaccati alla Torre d’Opale» disse Emeryl. «Leonid e maghi di Gamirhia.»
«C’era da aspettarselo.» Rispose calmo il sovrano. «Sarò franco con voi, che state mettendo a repentaglio le vostre vite per un bene comune: supponiamo che la IV Era Glaciale sia opera del Regno di Iberia, il quale pare stia collaborando da tempo con Meldor, Arcimago di Gamirhia. Non conosciamo ancora bene il motivo, ma immaginiamo ci sia un potere più grande e antico in gioco.»
«Perché non li fermiamo attaccandoli direttamente, allora?» Emeryl sembrava battagliera.
«Ciò causerebbe una guerra fra regni alleati e un numero cospicuo di morti» a rispondere era stato Kewst e il re gli diede ragione.
«Avete altre domande?» Domandò quest’ultimo.
«Cosa c’è scritto sulla pergamena?» Aggiunse Emeryl.
«Nulla» Vermyl si prese una pausa. «Immagino sia compito del Sommo Sacerdote saperla leggere.»
«Perché una cosa tanto antica e potente è nel Palazzo Verde?» Fu Kewst a esprimersi.
«Sheeira la teneva con sé il giorno che la conobbi. Non gliel’ho mai chiesto, ma penso l’abbia rubata al Sultano di Agran, forse temendo che potesse usarla in modo sconsiderato.»
Al nome della donna fu Garni a prendere la parola:
«Il contratto con “I Lupi di Niihel” è ancora valido?»
«Sì, certo.»
«La Màthayr mi ha detto che mia madre è viva. È così?» La voce di Emeryl si alzava sempre di un tono quando era nervosa.
«Non so in che natura, ma lo è» rispose il Re, incerto se proseguire o meno, poi decise di farlo, convinto che quei ragazzi meritassero la verità. «E ho ragione di credere che lei sia una delle cause di questa nuova glaciazione.»
«Che vuoi dire, padre?»
La parola “padre” le era uscita così spontanea che all’inizio non ci fece caso, ma risuonò finta e fuori luogo un attimo dopo. Emeryl fece un passo indietro, chinando il capo e sentendosi terribilmente stupida. Kewst provò pena per lei, comprendendo il suo stato d’animo. Lo stesso Garni, di solito poco attento a queste cose, si accorse dell’evidente disagio, perciò tolse tutti dall’impaccio:
«Noi allora siamo liberi di andare, Sire?»
«Sarò però costretto a sguinzagliarvi dietro le guardie. D’altro canto, se non siete in grado di badare a poche decine di sentinelle, non vedo come possiate affrontare i nemici che avete alle calcagna.» Sorrise, prima di aggiungere: «Vi lascio qualche minuto per allontanarvi dalla capitale. Abbiate cura di voi.»

 
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