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Autore: Europa91    14/03/2023    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Questo capitolo partecipa al Cow-t 13 – Quarta Settimana M3 - Ogni volta





 

Il viaggio fu relativamente breve. Dazai aveva bisogno di risposte e non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di ottenerle. La telefonata avvenuta con Ranpo gli aveva fornito una speranza che anche se minima, era sempre meglio di niente. Presto avrebbe ricevuto altre informazioni su quella realtà e potuto preparare una strategia. In quel momento all’ex dirigente non importava di salvare il ragazzo tigre, la sua priorità era sempre e solo Odasaku. Avrebbe accettato qualsiasi compromesso per lui.

Non dimenticarti di Chuuya

La voce della propria coscienza, ancora una volta troppo simile a quella dell’amico scomparso, lo portò a fare i conti con una verità che aveva tentato più volte di ignorare. Anche quella Lumaca era importante per lui.

Dazai lo sapeva. Lo aveva sempre saputo, sin da quando aveva quindici anni, ma aveva preferito soffocare quel tipo di sentimenti. Era stato più facile relegarli in un angolo della propria mente e fingere che non fossero mai esistiti.

Chuuya non era Odasaku, eppure, in qualche modo l’idea di averlo perso gli appariva insopportabile.

Qualche istante prima, mentre si trovava di fronte a quella tomba che riportava il nome del rosso, una morsa gli aveva stretto il petto, impedendogli il respiro. Dazai non avrebbe mai pensato di poter provare un sentimento simile, soprattutto non nei confronti del possessore di Arahabaki.

Quello era dolore, ormai era diventato abbastanza esperto nel riconoscerlo.

Il proprio corpo sembrava come sempre essere più onesto della propria mente.

Era un’emozione diversa rispetto a quella che aveva provato per la scomparsa di Oda ma non per questo meno intensa. La possibilità di un mondo senza Chuuya era difficile da accettare quasi quanto quella di una realtà senza Odasaku. Dazai fu il primo a stupirsi per i suoi stessi pensieri. Ripensò ai vari mondi che aveva visitato, come ai diversi Chuuya che aveva conosciuto. Un sorriso spontaneo si formò sulle sue labbra prima di venire cancellato dai ricordi richiamati dalla figura di Odasaku. Si passò una mano fra i capelli.

In quella realtà però era Chuuya ad essere morto. Dazai aveva abbandonato la Port Mafia e lo stesso Oda apparentemente per questa ragione.

Doveva parlare con Ranpo, solo così avrebbe potuto ottenere le informazioni necessarie per delineare un quadro completo di quel mondo. C’erano troppe cose che non capiva, incognite che non poteva sottovalutare. Non avrebbe rischiato di commettere di nuovo gli stessi errori. Dazai iniziava ad essere stanco, fisicamente e mentalmente. Ogni realtà era diversa dalla precedente eppure il conto da pagare sembrava essere sempre lo stesso.

Non appena rimise piede in Agenzia, Kunikida gli si parò davanti con un’espressione minacciosa:

«Si può sapere dove diavolo eri finito? Dopo la riunione sei sparito. Abbiamo ancora così tanto lavoro da fare, cosa ti fa pensare di potertene andare in giro come...» ma prima che potesse concludere il discorso Ranpo lo afferrò per la manica della camicia obbligandolo ad abbassarsi e interrompere la propria ramanzina;

«Sono stato io a chiedere a Dazai di aiutarmi con delle commissioni» rispose sorridendo e facendo cenno al moro di reggergli il gioco;

«Quindi anche tutto questo ha a che fare con il vostro piano?» entrambi annuirono. Solo allora Kunikida parve calmarsi.

«La prossima volta potreste rendere partecipi anche gli altri delle vostre decisioni. Stare al vostro passo è stancante» mormorò sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Inaspettatamente Dazai gli mise una mano sulla spalla.

«Sei un ottimo collega e ti preoccupi per i tuoi compagni. Fai già abbastanza per cui vedi di non strafare Kunikidaaaa-kun»

Il biondo rimase interdetto per una manciata di secondi, per poi arrossire violentemente.

«Dazai smettila» urlò una volta ripresosi dallo shock. L’ex Demone Prodigio però si era già allontanato, scomparendo insieme a Ranpo in un’altra stanza.

«Dovresti andarci piano con Kunikida» lo rimproverò il grande detective una volta che furono soli. Dazai sorrise come sempre incrociando le braccia dietro la testa con un’espressione innocente, mettendosi a sedere su una delle poltrone presenti in quel piccolo soggiorno.

«Ho solo esternato un pensiero. Quel biondino è in gamba e mi ricorda qualcuno» di nuovo una spiacevole fitta all’altezza del petto gli spezzò il fiato ma fu bravo nel mascherarlo.

«Nakahara Chuuya»

Al solo udire quel nome ad alta voce il cuore di Dazai perse un battito. Non capiva davvero come potesse essere possibile una cosa simile. Lui a stento sopportava la presenza di Chuuya. Era fastidioso, irritante, infantile, sarebbe potuto andare avanti per tutto il giorno ad elencare i suoi difetti.

Quando la smetterai di mentire a te stesso

Alzò di poco il volto ma solo per incrociare le iridi di Ranpo fisse su di lui. Il detective aveva assunto un’espressione seria molto diversa dal solito,

«Nakahara Chuuya o se preferisci Ability User A5158, secondo la classificazione del Governo» Dazai gli fece cenno di proseguire, accomodandosi meglio sulla propria poltrona.

«Quando sei entrato in Agenzia, nessuno ha fatto domande sul tuo passato. Per quanto mi riguarda era stato per ordine diretto del Presidente, dopotutto sei stato assunto tramite la raccomandazione del Direttore Taneda in persona. Avevi degli agganci importanti. Nessuno di noi, una volta superato il test d’ingresso, avrebbe mai potuto dubitare della tua integrità»

«Nel mio mondo non ho ancora avuto modo di incontrare il Direttore di cui mi stai parlando, ma penso possa trattarsi del superiore di un impiegato di mia conoscenza» si trovò ad ammettere Dazai sovrappensiero non riuscendo ad associare nessun volto in particolare a quel nome.

«Allora chi inizia per primo?» domandò il detective aprendo l’ennesimo pacchetto di dolcetti, prima di raggiungere a sua volta una poltrona. L’ex mafioso si limitò ad un lieve cenno del capo.

«Lascio a te l’onore» gli angoli della bocca di Ranpo si piegarono in un sorriso.

«Come ti dicevo, sei stato assunto tramite raccomandazione del Governo. Non eri una persona comune Osamu Dazai, senza offesa ma non lo sei mai stato»

«Nessuna offesa e non lo posso negare»

«Ho provato ad indagare sul tuo passato ma non ho trovato nulla. Nemmeno con la mia Ultra Deduzione sono riuscito a venirne a capo. Eri un vero mistero, qualcuno doveva per forza aver fatto sparire le tue tracce. Ho iniziato a capirci qualcosa solo dopo il nostro primo scontro con la Port Mafia. Da lì ho iniziato a mettere insieme i vari pezzi del puzzle fino a quando non mi sono imbattuto in questo vecchio rapporto. Questa è stata la prova decisiva che mi ha confermato la tua vera identità»

Il detective allungò un braccio per consegnare a Dazai quelli che avevano tutta l’aria di essere dei documenti governativi top secret. Il moro se li rigirò tra le mani. Lesse solo un paio di caratteri, che tuttavia gli furono sufficienti per capirne il contenuto. Era il rapporto su Arahabaki, sugli eventi che avevano portato al reclutamento di Chuuya nella Port Mafia e alla nascita della loro partnership. Non si aspettava che quelle informazioni fossero in possesso all’Agenzia o più in generale che qualcuno si fosse preso la briga di scriverci sopra un verbale. Smise di sfogliare il documento tornando a prestare la propria attenzione su Ranpo.

«Quella fu la prima volta in cui sentii nominare il tuo ex partner ma anche dell’invincibile Soukoku, fiore all’occhiello del Boss Mori. Prima di allora nessuno aveva mai fatto il suo nome» Dazai si fece più attento.

«Cosa gli è accaduto? Chuuya è l’incarnazione di un dio della distruzione non può essere ucciso o sconfitto tanto facilmente»

«Nemmeno io sono a conoscenza di tutti i dettagli» spiegò il grande detective sistemandosi meglio gli occhiali sul naso;

«Le mie sono solo ipotesi Dazai, quindi prendile come tali. Credo che la morte di Nakahara-san sia stata un incidente e che in qualche modo la Port Mafia l’abbia insabbiata. In fondo per il Governo giapponese il tuo partner non è mai esistito. Cancellare ogni prova, ripulire la scena di un crimine sono solo alcune specialità della Mafia. Non possediamo nemmeno un certificato di morte ufficiale a suo nome come non ne abbiamo uno di nascita. Le uniche tracce che testimoniano l’esistenza di Nakaraha Chuuya sono questi documenti e una lapide al cimitero»

Il moro si trovò ad annuire. Ogni parola uscita dalle labbra di Ranpo era plausibile. Il detective aveva ragione, in via ufficiale Chuuya non era mai esistito e questo valeva anche per il suo mondo.

L’idea che il rosso fosse morto era semplicemente assurda, Dazai faticava a crederci. C’erano parecchie zone d’ombra in tutta quella vicenda, come il proprio ruolo o quello di Odasaku, per non parlare di Verlaine. L’ex spia francese non sarebbe rimasta tranquilla al servizio di Mori se questi fosse stato in qualche modo responsabile della morte del rosso.

«Sei a conoscenza anche del suo passato?» domandò. Ranpo annuì.

«Devo riconoscere che il tuo ex partner era davvero straordinario»

«Era un piccolo mostriciattolo irascibile e allo stesso tempo una divinità portatrice di distruzione. Non posso davvero credere che sia morto» il detective si avvicinò appoggiandogli una mano sulla spalla in un maldestro tentativo di conforto.

«Dazai Osamu e Nakahara Chuuya hanno lavorato insieme dai quindici ai diciotto anni. Poi Nakahara-san è morto, mentre tu hai lasciato la Mafia per essere assunto nella nostra Agenzia. Abbiamo lavorato insieme negli ultimi due anni. Nonostante i tuoi trascorsi sei stato un buon collega, sei davvero intelligente Dazai, anche se non tanto quanto il sottoscritto» a quelle parole, il moro storse il naso.

«Due anni?» i conti non tornavano. Doveva trovarsi quattro anni nel futuro. Ranpo comprese e si affrettò ad aggiungere,

«Da quando hai abbandonato la Mafia al tuo ingresso in Agenzia sono passati due anni, credo che siano serviti per ripulire la tua immagine e permetterti di ripartire da zero»

Dazai scoppiò improvvisamente a ridere.

«Non ti offendere ma è una storia assurda. Perché mai avrei dovuto unirmi a voi? Lasciare la Mafia e Odasaku per Chuuya? Non ha senso»

«Non ne ho idea, il solo che può trovare una risposta a questa domanda sei tu» fu l’unico commento del detective prima di addentare l’ennesima merendina.

«Ora però è arrivato il mio turno. Aspetto di conoscere la tua storia» aggiunse qualche secondo dopo, pulendosi la bocca con la manica della giacca. Dazai incrociò il suo sguardo.

Ranpo avrebbe potuto fornirgli le informazioni necessarie per salvare Odasaku. Non aveva scuse, doveva vuotare il sacco. Prese un lungo respiro,

«L’incidente di Arahabaki è avvenuto anche nel mio mondo. È stato allora che ho incontrato quel tappetto irascibile di Chuuya. Siamo diventati famosi per aver distrutto un’Organizzazione nemica in una sola notte. Soukoku o doppio nero ci chiamavano, quel nome è stata un’idea di Mori. Per quanto mi riguarda la Mafia non era che un posto come un altro. Ho sempre pensato fosse l’ambiente ideale per poter vivere a stretto contatto con la morte. Non so il Dazai del tuo mondo ma io, da quando ho memoria, ho sempre tentato di compiere un suicidio perfetto. Poi un giorno, all’improvviso Odasaku è entrato nella mia vita. Sono stato io a condurlo nell’oscurità, nella Mafia. Non potevo lasciarlo andare» fece una breve pausa «È morto tra le mie braccia. Avrei così tanto voluto seguirlo ma nei suoi ultimi istanti mi ha dato una ragione per continuare vivere.»

«Vivere non è sufficiente vero?» Dazai scosse il capo cercando di mantenere un contegno.

«Odasaku era una brava persona. Non posso accettare che sia morto. Non meritava quella fine. Non lui»

«L’Oda Sakunosuke di questo mondo non è il tuo amico» si sentì in dovere di specificare il detective.

«Non sono uno stupido. So che non sarebbe mai il mio Odasaku, ma andrebbe bene lo stesso. Sono così stanco di vederlo morire» ammise prima di coprirsi il volto con un braccio per nascondere le lacrime. Era esausto.

«Quante realtà alternative hai visitato?»

«Questa forse è la quarta? Non lo so, sto iniziando a perdere il conto» come il contatto con la realtà.

«Hai detto di venire dal passato?» Dazai annuì.

«Dal mio punto di vista mi trovo di quattro anni nel futuro, anche se non ne comprendo il motivo» Ranpo finse di pensarci per qualche secondo,

«Forse l’Abilità che ti ha condotto qui ti permette di raggiungere l’esatto momento in cui la vita di Oda Sakunosuke è in pericolo, continuare a incappare nella sua morte non può essere una semplice coincidenza»

«È una teoria interessante» ovviamente Dazai ci aveva già riflettuto. Stava combattendo una guerra contro il destino. Un fato che si divertiva a condannare Oda in ogni realtà. Il fatto di assistere costantemente alla morte dell’amico non poteva essere solo una coincidenza, non dopo tre tentativi.

«Sai già quello che ti sto per dire vero?» Dazai annuì. Non serviva che quel detective gli venisse a impartire delle lezioni. Non aveva intenzione di arrendersi né di perdere quella partita. Prese un lungo respiro, tornando al proprio racconto.

«Nel primo mondo che ho visitato, le Abilità Speciali non esistevano. Odasaku era diventato uno scrittore di successo. Quasi non riuscivo a crederci. Era sposato con una bellissima bionda che poi lo ha avvelenato per ottenere i suoi soldi.» Ranpo non disse nulla limitandosi ad ascoltare quella confessione.

«Quando mi sono accorto di ciò che stava accadendo era troppo tardi. Non ho potuto fare nulla. Solo stringerlo tra le braccia mentre soffocava. Il secondo mondo è stato ancora più assurdo. C’eravate pure tu e Kunikida» il detective alzò un sopracciglio, invitandolo a spiegarsi meglio;

«Per qualche ragione, i dipendenti dell’Agenzia facevano parte della Port Mafia e il contrario, Mori era diventato Presidente mentre il tuo caro Fukuzawa un Boss mafioso»

«Se tu conoscessi le origini della nostra Agenzia vedresti come questo non sia poi un discorso tanto assurdo» Dazai accennò ad un sorriso, in quei giorni si era fatto un’idea generale della situazione. Vi era un legame tra la Port Mafia e l’Agenzia dei Detective Armati, questo era palese.

«Hanno abbracciato un cammino differente e la storia si è sviluppata di conseguenza. Anche essere un detective però non è servito a risparmiare Odasaku. È morto salvando me e Chuuya. Per proteggerci» l’ex mafioso sapeva che non sarebbe mai riuscito a dimenticare quella scena. Non appena chiudeva gli occhi rivedeva quelle immagini come spezzoni di un vecchio film.

Oda che gli faceva da scudo. Il sangue sulle sue mani. Quel desiderio di farla finita. Poi Chuuya e le sue grida. Il dolore che aveva provato e che non aveva mai smesso di abbandonarlo.

Ranpo rimase in silenzio in attesa del resto. Il racconto di Dazai era affascinante, come i dettagli di quelle realtà alternative.

«Nell’ultimo mondo invece, io ero il Boss della Port Mafia. Apparentemente avevo assassinato Mori e preso il trono. Odasaku e Chuuya erano invece i leader della fazione a me ostile. Incredibile vero?» fece una pausa prima di prendersi il volto con entrambe le mani. Ricordare era doloroso ma necessario.

«Sono stato io a dare l’ordine. Di uccidere Odasaku intendo. Ho firmato la sua sentenza. Riflettendoci bastano davvero poche parole per condannare una persona. Uccidere è così facile, non me ne ero mai reso conto, o forse semplicemente non me ne era mai importato»

Ranpo non disse nulla. Dazai era in preda al proprio dolore e non ci sarebbe stato modo di alleviare quella sofferenza. L’ex mafioso inoltre era abbastanza intelligente da comprendere i propri sbagli. Nonostante quei pochi dettagli Ranpo era riuscito a ricostruire parzialmente il viaggio di Dazai. Fu allora che l’ex Demone Prodigio lo sorprese, riprendendo a parlare,

«In ogni realtà, ogni dannatissima volta, Odasaku finisce con il morire e io non posso fare nulla per impedirlo. Ora sono pure finito nel futuro» sembrava un incubo senza fine. Non faceva in tempo a incontrare Oda che si trovava a piangere abbracciato al suo cadavere.

«Stai forse pensando di arrenderti?» no, Dazai non lo avrebbe mai fatto. Bastava incrociare il suo sguardo per capirlo. Quelli erano gli occhi di una persona che ormai non aveva più nulla da perdere. Oda Sakunosuke doveva essere una persona molto importante per Dazai, come lo era stato Nakahara Chuuya.

Era una storia che aveva dell’incredibile, soprattutto venire a conoscenza dell’esistenza di un individuo dotato di un’Abilità Speciale in grado di creare ucronie. Ranpo non voleva pensare alle conseguenze o rischi che un potere simile avrebbe portato nelle mani sbagliate.

Dazai poteva contare sui propri contatti con il Governo giapponese, questo lo aveva sempre saputo sin dal giorno in cui si era unito a loro. Il grande detective avrebbe voluto chiedere altro su quel tipo di Abilità o sul suo utilizzatore. Lui e Dazai avevano stipulato un accordo ma non era certo di potersi fidare e non voleva rischiare di tirare troppo la corda,

«Avanti» concesse l’ex mafioso intuendo i suoi dubbi,

«Stavo riflettendo sul perché un uomo del Governo ti stia aiutando. Riconoscerai che è alquanto sospetto» un sorriso appena accennato si fece largo sulle labbra di Dazai,

«Sakaguchi Ango. Ti dice qualcosa questo nome?» il detective annuì.

«Abbiamo avuto modo di collaborare con lui in passato, se non mi sbaglio dovrebbe essere uno degli uomini di Taneda»

«Era un mio amico. Mio e di Odasaku. Possiamo dire che si sentiva in colpa per la sua morte, così mi ha concesso questa possibilità» Non era il caso di perdersi in altri dettagli, come il coinvolgimento della Mimic o il piano di Mori.

Dazai si rese conto che quella era la prima volta che arrivava a definire Ango in quel modo.

Amico, incredibile come quella stessa parola associata ad Oda acquistasse di colpo un altro significato.

Ranpo si tolse gli occhiali, massaggiandosi le tempie. Il mondo dal quale proveniva quel Dazai era incredibile, gli sarebbe piaciuto visitarlo.

«Ango sapeva che io ero il solo a poter viaggiare in questo modo. Sfruttare questa Abilità» si trovò a specificare dopo qualche istante di silenzio, ottenendo tutta l’attenzione del detective su di sé.

«Per via della tua capacità di annullamento che ti permette di fare ritorno al tuo mondo d’origine» dedusse. Dazai annuì. Ogni Abilità Speciale aveva un suo limite, Osamu Dazai era una pericolosa eccezione a quella regola, come lo era la sua stessa esistenza. Un individuo normale sarebbe rimasto bloccato per sempre in quelle realtà alternative.

«Toglimi una curiosità, Nakahara-san è sempre stato al tuo fianco vero? In ogni mondo» il moro si fece immobile.

Se c’era qualcosa di doloroso come il rivivere la morte di Oda, era il ricordo di Chuuya. Dazai si prese il volto tra le mani mentre ripensava al proprio partner.

Nella prima realtà che aveva visitato il rosso era addirittura il suo fidanzato. Ricordò i baci scambiati sul divano del loro appartamento ma anche tutto il resto. Non poté evitare di arrossire. Gli tornarono alla mente anche i litigi con il secondo e le parole dell’ultimo Chuuya incontrato. Si sfiorò inconsciamente le labbra, realizzando in quel momento di come il rosso fosse sempre lì, accanto a lui, pronto a raccogliere i pezzi che la morte di Odasaku portava con sé. Ogni volta che aveva toccato il fondo aveva potuto contare sulla presenza del proprio partner.

In quella realtà però Chuuya era morto.

Ranpo decise che ne aveva avuto abbastanza, non era il caso di infierire ulteriormente, sua curiosità sulle realtà alternative era stata in parte soddisfatta. In quel momento Dazai sembrava l’ombra di se stesso, non lo aveva mai visto in quello stato.

«Non so davvero cosa sia accaduto a Nakahara-san e non posso dirti altro su Oda Sakunosuke. Vorrei solo che ci aiutassi a recuperare il giovane Atsushi. Mi basta questo» l’ex mafioso accennò ad un sorriso sollevando di poco il proprio volto;

«Ho promesso ad un amico che avrei protetto gli orfani. Non posso certo tirarmi indietro»

 

***


Ranpo aveva deciso di lasciare Dazai solo con i propri pensieri. Si era fatto un’idea generale della situazione e compreso quali motivazioni avessero spinto l’ex mafioso a proseguire con il proprio folle piano.

Vedere Dazai in preda ai propri sentimenti era uno spettacolo al quale il grande detective non avrebbe mai pensato di dover assistere. Dopo due anni trascorsi a lavorare insieme era incredibile quanto poco conoscesse il collega. Realtà alternativa o meno, quella era la prima volta in cui Dazai gli era parso tanto umano e in un certo senso vulnerabile.

Ranpo aveva analizzato e soppesato ogni parola uscita dalle labbra dell’ex mafioso. La morte di Oda Sakuosuke non era il solo elemento ricorrente in ogni realtà, ed era certo che anche Dazai fosse arrivato alle sue stesse conclusioni. Sapere una cosa ed accettarla però erano due cose differenti. Il detective poteva facilmente prevedere come si sarebbe concluso il viaggio di Dazai, ogni indizio raccolto portava verso una sola possibile conclusione.

Edogawa Ranpo non poteva fare altro. Non spettava a lui. Con questi pensieri raggiunse l’ufficio del Presidente, entrando senza bussare. L’uomo non sembrò troppo sorpreso da quell’intrusione,

«Dazai riporterà Atsushi in Agenzia» esordì dopo parecchi minuti di silenzio.

«Non ho mai dubitato del contrario» Ranpo sorrise;

«Non teme che Dazai possa tornare al suo vecchio lavoro? Lasciarlo affrontare la Mafia da solo può essere un’arma a doppio taglio»

«Dazai non tornerà mai da loro» rispose con sicurezza.

«Scusi la franchezza signore ma come può esserne tanto sicuro?» l’uomo appoggiò i documenti che stava visionando sulla propria scrivania alzando lo sguardo per incontrare quello del detective,

«Tempo fa Dazai ha perso una persona importante, me lo ha confidato il Direttore Taneda quando me l’ha presentato. All’inizio anche io ero riluttante all’idea di assumere un ragazzo con un simile e torbido passato ma dopo aver saputo quanto era successo...»

«Presidente, come è morto Nakahara Chuuya?»

 

***


Dazai se ne stava pigramente sdraiato su uno dei divani dell’Agenzia. Continuava a pensare alle parole di Ranpo, vagliando le informazioni su quella realtà che aveva ricevuto dal grande detective. Forse l’Abilità di Murray lo portava veramente nel momento in cui la vita di Oda era in pericolo, peccato che come in quel caso, Dazai non aveva la minima idea di chi o cosa potesse minacciare l’amico. L’Oda Sakunosuke di quel mondo era uno dei Dirigenti della Port Mafia. Erano trascorsi quattro anni dalla morte di Chuuya e da quando il suo alter ego aveva lasciato l'Organizzazione. Più ci pensava e più gli quella situazione gli appariva assurda.

«Proteggere gli orfani eh» sussurrò mettendosi a sedere.

Aveva promesso a Ranpo che avrebbe salvato il ragazzo tigre. La strategia più semplice sarebbe stata quella di farsi catturare a sua volta dalla Port Mafia anche se poteva rivelarsi un’opzione alquanto pericolosa. Dazai non era sicuro di come avrebbe reagito una volta di fronte a quell’Odasaku. Era quasi crollato davanti alla tomba di Chuuya e affrontare Oda Sakunosuke come potenziale nemico era l’ultima cosa di cui in quel momento aveva bisogno. Dazai non poteva batterlo, non avrebbe mai potuto farlo, in nessun universo.

Più rimuginava sulla situazione e più non riusciva a venirne a capo. Tornò ad osservare i documenti su Nakajima Atsushi, ancora sparsi alla rinfusa sulla propria scrivania. A quanto pare c’era una taglia sulla testa di quel ragazzino, ecco spiegato l’interesse della Port Mafia nei suoi confronti.

Dazai osservò a lungo quelle carte, leggendo distrattamente le informazioni raccolte dall’Agenzia su quella tigre mannara. Atsushi sarebbe stato un partner perfetto per Akutagawa, non riusciva a smettere di pensarlo, più dettagli scopriva sul conto di quel moccioso e più quell’idea si concretizzava nella sua mente. Avrebbe potuto creare un duo ancora più forte e imbattibile della vecchia Soukoku.

Raggiunse pigramente uno dei pc ed iniziò una breve ricerca. L’ennesima da quando tutta quella storia era iniziata.

Sorrise nello scoprire come le password di accesso ai sistemi della Port Mafia fossero le stesse del suo mondo. Per una volta la fortuna sembrava essere dalla sua parte.

Non aveva trovato nulla sulla morte di Chuuya, non che si fosse aspettato qualcosa di diverso. Su Odasaku invece comparivano solo informazioni delle quali non aveva bisogno, come le circostanze del suo reclutamento, le varie missioni completate, la promozione alla dirigenza avvenuta subito dopo il Conflitto Testa di Drago.

Dazai appoggiò la testa sulla scrivania, gli sembrava trascorsa un’eternità da quei giorni. In quel momento faticava persino a ricordare come fosse la propria vita nella Mafia e quanto tempo fosse realmente passato dalla prima morte di Oda.

Sul ragazzo tigre invece trovò semplicemente il numero della cella nella quale era stato rinchiuso e i piani per il suo trasferimento.

Sbadigliò sonoramente per poi chiudere gli occhi. Aveva bisogno di recuperare le forze prima di affrontare la Port Mafia ma soprattutto Odasaku.

Non sognò nulla.

 

***

 

«Non pensavo fosse accaduto qualcosa di simile. È una cosa orribile» fu il solo commento di Ranpo dopo aver ascoltato il racconto del Presidente.

«Per questo credo di potermi fidare di Dazai. Non perdonerà mai la Port Mafia o Ougai Mori per quanto successo quel giorno»

Il giovane detective annuì. Grazie alle informazioni ottenute da Fukuzawa aveva ricostruito quanto accaduto a Dazai e le differenze tra la loro realtà e quella dell'ex mafioso.

Una volta tornato nei propri uffici, trovò il Demone Prodigio addormentato ad una delle scrivanie. Ranpo avrebbe potuto svegliarlo, raccontagli tutto ma sapeva che Dazai difficilmente gli avrebbe creduto. Osservò l’ultimo file aperto sul pc, intuendo il piano per il salvataggio di Atsushi. Sorrise. Malgrado tutto sembrava intenzionato ad aiutarli.

«Quando scoprirai la verità sulla morte di Nakahara-san non incolparti. Spero davvero che tu possa salvare il tuo amico o andare avanti» gli sussurrò all’orecchio.


***
 

Dazai aprì gli occhi solo un paio di ore dopo. Aveva mal di schiena per via della posizione scomoda che aveva assunto ma a parte quello era riuscito parzialmente a riprendersi dalla stanchezza che lo aveva accompagnato sin dal proprio arrivo in quella realtà. Si stiracchiò come un gatto prima di alzarsi e recuperare il proprio cappotto.

Dazai sapeva cosa doveva fare, non avrebbe rimandato l’inevitabile. Uscì dall’Agenzia di soppiatto, stando ben attento a non fare rumore.

Varcò l’ingresso della sede principale della Port Mafia con sicurezza, come se la sua presenza lì fosse perfettamente normale. Salutò le guardie con un sorriso cordiale prima di venire immediatamente fermato e perquisito.

«Dai non siate così sorpresi. Mi aspettavo almeno una torta o uno striscione di benvenuto» sbuffò con il solito tono di voce canzonatorio e infantile, incurante delle pistole puntate alla propria testa.

Venne portato in una cella e incatenato. Non oppose resistenza, anche quello faceva parte del piano.

Dazai stava canticchiando una canzone tra sé quando il rumore di alcuni passi attirò la sua attenzione. Avrebbe riconosciuto quell’andatura fra mille. Sorrise nel vedere una familiare figura vestita di nero andargli incontro.

«Ah sei tu» fu tutto ciò che disse cercando di incontrare lo sguardo di un furente Akutagawa.

Doveva ammettere che il suo discepolo era cresciuto in quei quattro anni anche se qualcosa gli suggeriva di come non avesse ancora completamente abbandonato certi atteggiamenti infantili.

«Che nostalgia mi rievoca questo posto, ti ricordi i vecchi tempi in cui eri solo un novellino?» il mastino della Port Mafia si limitò a rivolgergli l’ennesima occhiata carica di disprezzo,

«Dazai, la tua colpa è grave. Anni fa te ne sei andato facendo perdere le tue tracce. Ora con questo comportamento stai sfidando apertamente la Port Mafia» il moro sorrise

«Mi dispiace di non essere stato un buon maestro» di fronte a quella risposta Akutagawa scattò tirandogli un pugno in pieno volto. L’ex dirigente sapeva di meritarlo. Aveva lasciato quel luogo senza fornire spiegazioni distrutto dal dolore per la perdita di Odasaku. Non aveva pensato minimamente ad Akutagawa, in realtà si era interrogato solo su una possibile reazione di Chuuya e aveva fatto il possibile per evitare che lo seguisse.

«Così incatenato non sembri tanto pericoloso, se voglio posso ucciderti in qualsiasi momento» mormorò sprezzante il più giovane.

«Ma davvero?» Dazai stentava a crederlo. Sapeva quanto Akutagawa desiderasse solo ricevere un briciolo della sua approvazione.

Era sempre stato così sin da quando lo aveva raccolto in quella foresta. Avrebbe potuto sfruttarlo, come aveva fatto nella realtà precedente.

«Mi sembra che in questi anni tu te la sia cavata egregiamente anche senza il sottoscritto. Devo confessare che crescerti è stata una faticaccia, agivi sempre di testa tua e non ascoltavi mai» Odasaku avrebbe saputo fare di meglio, era lui quello bravo con i ragazzini. Io ci ho provato. Davvero ma non sono stato all’altezza.

«Ho smesso da tempo di credere alle tue parole. Nel giro di pochi giorni l’Agenzia verrà distrutta, abbiamo il ragazzo tigre e...»

«Oh giusto, il mio nuovo sottoposto, sai Atsushi è di gran lunga migliore di te» nulla impedì ad un secondo pugno di raggiungere la faccia di Dazai.

«Sono cambiate molte cose in quattro anni» si, l’ex dirigente ne era consapevole.

Spero che Odasaku sia stato un buon maestro per te.

Akutagawa non gli avrebbe mai perdonato il fatto di averlo abbandonato insieme alla Port Mafia. Dazai sapeva di meritare quell’odio, per questo incassò ogni altro colpo in silenzio.

Dopo qualche minuto, il possessore di Rashomon se ne andò così come era arrivato.

 

***

 

Erano passate forse un paio di ore dalla visita di Akutagawa e Dazai stava iniziando ad annoiarsi. Aveva pensato e ripensato alle informazioni in suo possesso fino a quel momento.

Se le cose sono andate come avevo previsto… ma un rumore sordo finì con l’attirare nuovamente la sua attenzione.

«Vedo che certe abitudini non sono cambiate in tutti questi anni, come anche l’accoglienza riservata ai prigionieri» fu il suo unico commento, dopo aver riconosciuto la misteriosa figura che si avvicinava nell’ombra.

«Cosa ti aspettavi da un’Organizzazione simile?» la pacata risposta di Paul Verlaine non tardò ad arrivare.

«I tuoi amici Poètes sono forse più raffinati? Scommetto che le prigioni europee possiedono tutti i comfort» di fronte a quell’affermazione il biondo storse il naso, facendo un paio di passi in avanti in modo da poterlo affrontare faccia a faccia.

In quei quattro anni Verlaine non era cambiato, era esattamente come l’ex Demone Prodigio ricordava. Possedeva lo stesso, identico sguardo di Chuuya. Lo aveva sempre pensato, sin dalla prima volta in cui li aveva visti insieme.

«Stai complottando qualcosa come al solito vero?» Dazai non poté evitare di sorridere di fronte a quelle accuse,

«Che vuoi che ti dica, le vecchie abitudini sono dure a morire. Piuttosto dimmi, a cosa devo l’onore di una tua visita?»

«Ti sei fatto catturare di proposito» rispose con tranquillità «il Dazai che ricordo non avrebbe mai commesso un simile e grossolano errore. Quindi fammi un favore, non insultare la mia intelligenza o provare a confondermi con quel cagnolino di Akutagawa. Se tu fossi stato tanto stupido ti avrei già ammazzato anni fa»

«Come al solito pensi sempre troppo, penso che dovresti uscire e prendere una boccata d’aria. Ti farebbe bene una volta tanto, sei sempre più pallido»

«Risparmiami queste battute. Non sono venuto fino a qui per sentire simili stupidaggini»

«Allora per cosa?» lo sfidò, intuendo dove sarebbe andata a parare quella conversazione.

C’era solo una cosa che lui e l’ex Re degli Assassini avevano in comune.

«Lo sai benissimo, si tratta di Chuuya. Sono venuto per fartela pagare per quanto successo quattro anni fa» Dazai alzò gli occhi al cielo. Non conosceva ancora le circostanze della morte del proprio partner, né del proprio grado di coinvolgimento in quella vicenda. Verlaine sembrava ritenerlo in qualche modo responsabile ma il francese non era mai stata una fonte molto attendibile di informazioni, soprattutto quando si trattava del rosso.

Anni prima, Dazai aveva combattuto l’ex spia francese, anche se era stato Chuuya a sconfiggerlo. Verlaine non possedeva più energia illimitata come in passato ma poteva rivelarsi ugualmente una pedina pericolosa sulla scacchiera. Per questo Mori aveva preferito averlo dalla propria parte.

Paul Verlaine era imprevedibile soprattutto se provocato.

«Combatti contro di me» furono le successive parole che abbandonarono le labbra del biondo.

Dazai sorrise, prima di liberarsi con uno schiocco dalle manette che ancora gli imprigionavano i polsi. Verlaine non sembrò troppo sorpreso,

«Potevi fuggire in ogni momento eh»

«Se lo avessi fatto avrei perso l’occasione di scambiare due chiacchiere»

Il biondo però non sembrava intenzionato a perdere altro tempo ed iniziò ad incalzarlo con una serie di pugni.

Dopo poche mosse Dazai finì sbattuto contro la parete.

«Alzati ragazzino. La tua tecnica di combattimento è sempre stata scarsa, hai un livello inferiore persino a quello di una normale recluta. Certo la tua Abilità di annullamento resta una scocciatura ma non mi serve ricorrere alla gravità per batterti» le labbra di Dazai si incurvarono in un sorriso,

«Complimenti Paul, sei davvero bravo. Non per niente Mori ti ha permesso di istruire una nuova generazione di assassini. Quando prima ho parato il tuo colpo ho temuto davvero per il mio braccio. Pensavo che me lo avresti staccato» Verlaine sbuffò. Non si era accorto di come il moro avesse parato l'ultimo affondo. Doveva stare in guardia.

Dazai era sempre stato una spina nel fianco, ma si sarebbe divertito a fargliela pagare.

«La tua tecnica mi ricorda molto quella di Chuuya, anche se quel microbo non possedeva metà della tua eleganza. Abbiamo combattuto insieme Paul, ricordo le tempistiche dei tuoi attacchi e li posso prevedere»

«Non devi permetterti di nominarlo» urlò prima di scattare. Dazai non se lo aspettava. Verlaine era veloce. Troppo. In un secondo lo raggiunse afferrandolo per il collo.

«Il tuo Boss non ti ha insegnato a non sottovalutare mai il nemico? Mi credevi tanto scarso da pensare di poter prevedere le mie mosse. Quanta arroganza. Prima di ucciderti però desidero sapere una cosa: perchè ti sei fatto catturare di proposito? Perché sei tornato Dazai? Non parli eh, deve essere il senso di colpa per le tue azioni passate ad impedirti di farlo»

«Per… Atsushi» sussurrò con un filo di voce. Verlaine allentò di poco la presa in modo che potesse spiegarsi meglio.

«Chi?» domandò alzando un sopracciglio,

«La tigre mannara di cui tutti sembrano infatuati. Voglio scoprire chi ha messo una taglia così alta sulla sua testa»

«Rischiando la tua vita? Non prendermi in giro Dazai. Ormai so vedere oltre le tue menzogne» fece una pausa, «sei caduto davvero in basso, tu che eri il più giovane Dirigente nella storia della Port Mafia. Sembra che la buona sorte ti abbia abbandonato, o forse è semplicemente una punizione divina per i peccati che hai commesso» Dazai scoppiò a ridere,

«Ora ti dirò una cosa mio caro re decaduto; domani si terrà una riunione dei cinque grandi dirigenti» Verlaine sbiancò per una frazione di secondo per poi ricomporsi,

«Impossibile. È un incontro che avviene una volta ogni chissà quanti anni. Se fosse vero ne sarei a conoscenza» l’espressione sul viso di Dazai si fece più fredda, cupa. Per un istante tornò ad indossare i panni di Demone che nonostante gli sforzi, faticava ad abbandonare completamente;

Stai dalla parte di chi salva le persone

Non era facile. Alzò lo sguardo incontrando due iridi fredde come il ghiaccio.

«La ragione è una lettera che io stesso ho inviato agli altri quadri della Mafia» lo aveva letto quello stesso pomeriggio, quando si era infiltrato nel server dell’Organizzazione.

Dazai era riuscito a ricostruire il piano del proprio alter ego per recuperare Atsushi e per il momento sembrava intenzionato a seguirlo. Verlaine era un imprevisto trascurabile, il suo fine ultimo rimaneva quello di incontrare Odasaku e scoprire quale minaccia gravava su di lui in quella realtà.

«Non puoi uccidermi Paul» sussurrò con sicurezza. Era divertente bluffare con l’ex spia, soprattutto perché le sue reazioni erano simili a quelle di Chuuya.

«Una lettera» il biondo sembrò comprendere solo in quel momento,

«Il suo contenuto è il seguente: se Dazai morirà i vostri segreti saranno di pubblico dominio» era una minaccia sufficiente per indire una riunione e anche Verlaine parve capirlo.

«Non basterà una lettera anonima a salvarti. Non se ti uccido ora in questa cella»

«Se mi elimini così può essere considerato come un atto di tradimento, anche se tu ormai dovresti essere un esperto in materia» Dazai sapeva di aver esagerato con quella frecciatina. L’espressione comparsa sul viso dell’ex spia in quel momento era una copia carbone di quella di Chuuya. L’ex dirigente si aspettò una tempesta che però non arrivò.

«Ti credevo una persona diversa Osamu Dazai. Mi sono sbagliato sul tuo conto»

«Mi dispiace. Sai, anche io avrei voluto imbattermi in qualcun altro» Odasaku non sarebbe mai andato a cercarlo. Non in quella realtà. Tornò a rivolgere la propria attenzione sul francese.

«Anche tu puoi fornirmi le informazioni che mi servono»

«E perché mai ti dovrei aiutare?»

«Potrebbero sempre scambiarti per un mio complice» spiegò indicando le catene a terra, spezzate proprio da uno dei calci della spia.

«Desidero ucciderti con ogni fibra del mio corpo ma ora come ora ti farei solo un favore giusto?»

«Già, sei sempre stato un tipo sveglio. Doveva essere uno spasso lavorare con te nell'intelligence europeo» Verlaine preferì non commentare. Fu allora che Dazai sembrò notare un dettaglio.

«È il suo cappello vero?» mormorò indicando l’oggetto sul capo del biondo,

«In origine era mio. Rimbaud me lo aveva donato prima di partire per il Giappone» iniziò a spiegare,

«Chuuya l’ha sempre tenuto da conto, si arrabbiava molto quando provavo a rubarglielo»

«L’ho raccolto dal suo cadavere. Ormai questo cappello è tutto ciò che mi resta di lui o di Arthur» Dazai abbassò lo sguardo. Non possedeva nulla di Odasaku. Non gli era rimasto niente, solo quella promessa che lo obbligava a vivere senza di lui.

«Come sei andato avanti?» quelle parole lasciarono le sue labbra senza che potesse fare nulla per impedirlo. Come lui Verlaine aveva perso tutto eppure era stato in grado di rialzarsi.

«Non credo di comprendere»

«Hai perso prima Rimbaud poi Chuuya» spiegò. L’ex spia si prese qualche minuto, spostando nel frattempo una ciocca ribelle di capelli dal volto,

«Non si può cambiare il passato» concluse lapidario. Avevano già affrontato una conversazione simile, in un’altra realtà, altre circostanze.

«Per colpa tua Chuuya è morto. Non fingere Dazai, non con me. Prima o poi dovrai pagare per i tuoi peccati» il moro sgranò gli occhi di fronte a quella rivelazione.

«Non so di cosa tu stia parlando» Verlaine gli voltò le spalle dopo avergli tirato un pugno in pieno stomaco, spezzandogli il respiro e facendolo inginocchiare.

«Del moccioso tigre se ne occupa Akutagawa, penso che le informazioni riguardo alla sua taglia si trovino nell’ufficio comunicazioni al primo piano» fu il suo unico commento.

«Cosa è successo quattro anni fa?» urlò Dazai non appena riprese fiato ma ormai il Re degli Assassini si era già allontanato.


***

 

La conversazione con Verlaine era stata strana. Dazai continuava a ripensare alle parole del francese e alle accuse che gli aveva rivolto per la sorte toccata a Chuuya. Dopo aver trovato Odasaku avrebbe indagato anche su quella storia. Si trovava nell’ufficio al primo piano, intento a recuperare tutti i file sulla tigre mannara da consegnare a Ranpo, quando una figura comparve nel suo campo visivo.

«Sapevo che ti avrei trovato qui» Dazai trattenne il fiato, avrebbe riconosciuto quel tono di voce tra mille, come il suo possessore.

«Odasaku» l’uomo sorrise esattamente come era solito fare l’Oda che popolava i suoi ricordi.

«Torna alla Port Mafia, Osamu» propose allungando una mano.


 


 


 


 


 


 











 

  
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