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Autore: Hime Elsa    15/03/2023    0 recensioni
Meredith Rose è una ragazza irlandese di origini italiane di 24 anni che lavora in una focacceria gestita dai suoi genitori, occupandosi della preparazione delle focacce. Adora cucinarle ed ha chiamato il negozio "Rose e Focacce" proprio perché adora le focacce ed allo stesso tempo anche le rose, tant'è che la focacceria si distingue per essere abbellita di rose, scelta inusuale essendo un locale rustico.
Da sempre oggetto di bullismo da parte dei suoi coetanei a causa di un handicap di cui non le permette di parlare come gli altri, a causa di ciò non riesce ad instaurare un rapporto sociale con le persone, può solo contare l'appoggio e l'aiuto dei suoi genitori. Le cose iniziano a cambiare quando un certo Micheal viene assunto come fattorino del negozio e tramite questo ragazzo, conoscerà alcuni suoi amici e nuove persone, tra cui Anthony Pitton, un ragazzo dal carattere un po' tenebroso e dal passato tumultuoso. Come lei, anche Anthony si fida ben poco delle persone...
- IL RATING POTREBBE CAMBIARE DIVENTANDO UNA STORIA EROTICA!
- La storia verrà accompagnata da degli artwork disegnati dalla sottoscritta. (solo su wattpad)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'estate era ormai alle porte e la stanchezza, mischiata con la noia si impossessò su di me tanto da non avere la voglia di alzarmi dal letto. Mi ero ovviamente lavato, fatto colazione e messo dei pantaloni puliti ma ero a petto nudo e stavo sul letto a rilassarmi, assaporando l'aria gelata del condizionatore.
Avevo il cellulare in mano e non facevo altro che pensare a Meredith. Avevo voglia di inviarle un messaggio ma se era occupata? D'altronde lavorava in quel take-away, era lei che preparava le focacce e tutte quelle cose, sicuramente doveva essere parecchio indaffarata.
Pensavo all'uscita della volta scorsa e dei discorsi che facemmo.

Non potevo mentire a me stesso: lei mi piaceva molto.
Il problema è che praticamente ero diviso in due; il me stesso razionale mi diceva di non provarci e lasciar perdere. Dopo la rottura con Sally, non era il caso dal momento che mi ero pure ripromesso di non innamorarmi più. Poi c'era un altro me stesso, più impulsivo e molto legato ai sentimenti che percepiva; mi spronava a provarci spudoratamente.
Il dilemma era questo: che cazzo dovevo fare? Come comportarmi? Quanto mi potevo fidare di lei?
In mente non facevo altro che riempirmi di domande, domande che solo col tempo avrei ricevuto delle risposte.
All'improvviso, quel cafone di Stephen invece di bussare la porta, la aprì direttamente sbattendola perché l'aveva aperta con un calcio e questo mi fece giustamente sobbalzare dalla paura.
«Hey, campione!»
«E tu, grandissimo coglione, eh?! Nessuno ti ha insegnato le buone maniere?!»
«Ma perché, ti ho spaventato? Dai, non dirmi di sì»
«Sì, mi hai fatto sobbalzare dalla paura. Ed anche se non mi fossi cagato sotto, ti avrei rimproverato lo stesso: non lo sai che bisogna prima bussare ed aprire la porta usando la maniglia? Cristo, neanche i bambini...»
«Non rompere i coglioni che questa è casa mia e faccio il cazzo che mi pare» fu la risposta piccata del deficiente. Come non detto.
«Altrimenti se non vuoi essere disturbato, chiuditi a chiave!»
«Ed è quello che farò, stronzo. Comunque si può sapere che vuoi?»
«Chi, io?»
«No, tua madre» incominciavo a perdere la pazienza. Non riuscivo mai a capire se ci era o ci faceva.
«Ah, ora che ci penso... non me lo ricordo il perché sono entrato in camera tua...»
«STEPHEN!»
«Scherzavo! AH-AH-AH
Adoro troppo vederti incazzato, ci caschi sempre! Comunque volevo domandarti come è andata con Meredith!»
«Cosa? Ma di che cazzo stai parlando?» sbraitai io.
«Amico, non fingere con me che io so tutto»
«E scommettiamo; Meredith lo ha raccontato al tuo amichetto ed il tuo amichetto poi te l'ha detto a te, giusto? Già che ci siamo, mettiamo pure i cartelli per diffondere ulteriormente la notizia, che dici?»
«Attento a come parli, quell'amichetto -come lo hai citato prima- ha un nome e si chiama Micheal, chiaro? E non è un amichetto ma il mio miglior amico, mettitelo bene in testa»
Gli stavo per dire "sti'cazzi" ma poi la situazione si sarebbe degenerata e non era il caso.
«E comunque no, non è stato Micheal a raccontarmelo. Non lo so neanche se ne è al corrente. Sono io che ho visto tutto»
«Che cazzo fai nel tempo libero, mi spii?!»
«Ma che spiare, idiota! Stavo andando a trovare i miei genitori perché non li vedevo da un bel po', soprattutto mia madre che appena mi ha rivisto, per poco non piangeva... manco fossi ritornato da una guerra mondiale. Mentre mio padre...»
«Stephen, non me ne frega un cazzo dei tuoi genitori, vai al dunque!!»
«Cosa stavo blaterando? Ah sì, dicevo, mentre raggiungevo casa dei miei, sono passato vicino a quel bar nuovo dall'aspetto elegante. Da lontano ho visto te e Meredith che stavate entrando, tutto qua»
«Incredibile, pure quando non ci sei, mi stai sempre tra i piedi...»
«E allora, come è andata? Come mai sei uscita con lei? Per caso ti piace?»
«Non sono cazzi tuoi!» e gli tirai un cuscino in faccia.
«Ma perché non ce l'hai detto?» si lamentò lui come un bambino.
«Devo ripetere la frase di prima? E comunque, se proprio vuoi saperlo, non è stata mia la decisione di uscire con lei ma di sua madre!»
«Non ho capito; la madre di Meredith ti ha chiesto di uscire con sua figlia?»
«Esatto!»
«PUAHAHAHAH! Ma non prendermi per il culo! Non potevi trovare una scusa più patetica di questa! Ma ammettere la verità ti imbarazza così tanto...?»
«Stephen, un'altra parola e giuro che ti stacco quella testa di cazzo e la uso come palla da bowling»
«Pff, voglio proprio vedere»
Strano, solitamente quando lo minacciavo, si accucciava come un cagnolino. Stavolta rispose egregiamente alla mia minaccia. O non fui abbastanza minaccioso o gli erano cresciute le palle.

Ad un tratto, sentendo che stavamo urlando come due scaricatori di porto, arrivò Robert con una faccia seccata.
«Amen, ragazzi. Che succede?»
«Oh niente, stavamo chiacchierando» fu la risposta del rosso più deficiente di sempre.
«Quindi per te chiacchierare è sinonimo di sbraitare? Interessante. In ogni caso stavo leggendo un libro e non sono riuscito manco a finire la prima pagina a causa delle vostre voci.»
«Dai la colpa a Stephen che è venuto a rompermi i coglioni. Pensa che invece di bussare la porta, l'ha aperta con un calcio...»
«Fosse successo a me, sarebbe già crepato. In ogni caso, oltre a calmare le acque, sono qui per avvertirvi che le ragazze verranno domenica al pub!»
«Urrà!!» esclamò Stephen.
«Isabelle poi mi ha appena detto per telefono di aver incontrato Meredith in un negozio e che ci sarà anche lei domenica»
Cosa?! Ci sarebbe stata anche Meredith?!
«Un momento, ti ha chiamato Isabelle?» fu la domanda ansiosa di Stephen.
«Sì» rispose Robert, scettico dalla reazione sconcertata del rosso. «Qualche problema?»
«No, figurati...»
Quindi avrei rivisto lei. Il cuore mi batté forte senza fermarsi, solo a sentire il suo nome reagivo in quel modo.
Presi uno dei tanti cuscini che stavano sul mio letto e nascosi il mio viso rosso come un pomodoro arrostito per non farmi vedere da loro due, soprattutto da Stephen.

-

Poco dopo pranzammo anche se ragionandoci, avremmo potuto chiamare la focacceria di Meredith per farci portare delle focacce. Purtroppo non mi ricordavo minimamente il nome del take-away, chiamare direttamente Meredith non era il caso perché poteva essere occupata e quindi sorvolai l'idea sconsolato.
Una volta finito di mangiare, quel disgraziato del rosso era sul divano a poltrire, o forse dovrei dire dormire a giudicare da come russava.
Ringraziai il cielo che per essere una casa in cui abitava una sola persona era molto grande, dove ognuno di noi dormiva in una propria stanza... altrimenti con un tizio che russava in quel modo nella stessa camera lo avrei già ucciso.
Robert incominciò a sciacquare piatti e bicchieri ed io gli diedi una mano. Come minimo il rosso ci doveva ripagare con una cena.
Nessuno di noi osò fiatare anche perché Robert non era un tipo molto loquace.
E se mi faceva comunque domande, rimaneva un tipo discreto, a differenza di Stephen che non si faceva mai gli affari suoi.
«Sei libero di non rispondermi ma ho sentito -questo perché Stephen quando parla, lo si sente ovunque talmente che fa casino- che sei uscito con Meredith. Come è andata?»
«Bene» tagliai corto. Poi silenzio.
«Ho capito, non hai voglia di parlarne»
«Ti ho risposto» gli risposi piccato.
«Hai semplicemente tagliato corto, tutto qua. Non pensare di farmi fesso. Non ti obbligo di parlare con me ma visto che ci conosciamo da un anno, da parte tua mi sarei aspettato che ci avessi detto almeno di questa uscita con Meredith. D'altronde, che male c'è?
Ti imbarazza il fatto che sia disabile?»
«Ma che cazzata!»
«E allora? Perché sei così misterioso? È da un anno che ti conosco e non so niente di te, della tua famiglia. Non mi sono mai permesso di chiedertelo però se incominci a nasconderci cose futili come un'uscita con una ragazza, devo per caso preoccuparmi?»
«Da quando in qua sei il mio psicologo?»
«Non sono il tuo psicologo ma un tuo amico! Vabbè, meglio chiudere la discussione visto che non stai per niente collaborando. Credevo che fossimo amici ma a quanto pare mi sbagliavo...»
L'ultima frase mi fece infuriare di brutto e decisi di mettere le cose in chiaro. Sbatté la mano sul lavabo dalla rabbia e lo guardai truce.
«Mettiamo bene le cose in chiaro; sarai pure mio amico ma non ci sta scritto da nessuna parte che sei il mio confidente, che ogni volta che faccio o mi succede qualcosa, te la devo raccontare, chiaro?»
Mi guardò con un misto di spavento e delusione.
«Che ti devo dire... abbiamo un concetto di amicizia molto differente. Per me la questione è chiusa»

   
 
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