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Autore: _the_unforgiven_    16/03/2023    0 recensioni

Una breve storia a capitoli, ambientata subito dopo Tapeworm e la notte da leoni di Johnny nel corpo di V.
Qualcosa sulla fiducia e sulle conseguenze dell'amore.

Johnny Silverhand / Fem!V
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, V
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'believe in me as i believe in you'
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closer

where is johnny?

///

 

To live in this world

you must be able
to do three things:
to love what is mortal;
to hold it

against your bones knowing
your own life depends on it;
and, when the time comes to let it go,
to let it go.

(Mary Oliver, In Blackwater Woods)

 

 

Un hangover del genere doveva capitare una sola volta nella vita.
La prima di solito era sufficiente.

A V era già toccata la sua parte, quando era una cretinetta di quattordici anni e scappava dalla finestra del caravan per incontrare gli amici fuori dall'accampamento.

Si era sbronzata con il terribile moonshine della sua migliore amica, si erano quasi rotte l'osso del collo rincorrendo i coyote con la motocicletta, e quando era spuntato il sole stavano ancora vomitando giù per il canyon, con la gola che bruciava e gli occhi che lacrimavano.

Il solo ricordo bastò a suscitarle un nuovo conato.
V si lamentò fiocamente sul sedile della metropolitana su cui se ne stava appallottolata.

Ricacciò indietro la bile e chiuse gli occhi, premendo la fronte contro il finestrino, prima di tirare un lungo respiro rantolante. Aveva la testa in fiamme, gli occhi gonfi e in bocca il sapore dell'acido delle batterie.

Una debole luminescenza dietro le palpebre chiuse le annunciò l'apparizione del suo personale Mefistofele. Da dentro la morsa dell'emicrania, V decise che dedicargli attenzione non valeva la fatica di aprire gli occhi.

"...addormentati in metro, e stai sicura che ti sveglierai senza qualche pezzo."

"Correrò il rischio" replicò lei in un soffio, senza aver la forza di pensare a una replica pungente.

Silenzio.

"...sul serio, la metropolitana, V..?"

"Non posso guidare così."

"E perché non hai dormito in macchina, allora?"

"Perché eravamo in moto, Cristo santo Johnny, puoi chiudere il becco finché non siamo a casa..?" scattò V, aprendo gli occhi per trovarlo semisdraiato sui sedili di fronte, con le braccia incrociate sul petto e l'incredibile faccia tosta di essere lui, quello risentito.

"...Scommetti che ti sveglierai al capolinea, con un impianto in meno e qualche malattia disgustosa in più..?"

Prima che avesse il tempo di replicare, Johnny era già scomparso.

V strinse i denti sperando almeno che il suo mal di testa fosse abbastanza forte da far patire anche lui.
 

///


Le era sembrato che le cose fossero cambiate, da un po' di tempo a questa parte.

Accidenti, erano cambiate.

Quando si erano incontrati, Johnny aveva tentato di ucciderla prima ancora di avere capito cosa stesse succedendo.
Mentre dopo il disastro del rapimento di Hanako Arasaka, le aveva salvato la pelle.

Qualcosa nella parte più buia della mente di V aveva provato a bisbigliare che non era per lei; che era la propria pelle che adesso Johnny difendeva.

Ma se fosse stato così, gli sarebbe bastato mantenere il controllo del suo corpo una volta che l'aveva ottenuto. Usando per sé le pillole di Misty, non avrebbe neppure dovuto aspettare che la riscrittura avviata dal biochip fosse completa.

...Le cose erano cambiate.

Arrivata a casa, V quasi pianse di sollievo nel sentire richiudersi la porta alle proprie spalle.
Non si era ancora sfilata le scarpe che Nibbles le trotterellò incontro con un miagolio di benvenuto.
V si chinò su di lei mormorando la consueta litania di nomignoli e sciocchezze affettuose; e quando allungò la mano per darle una grattatina dietro l'orecchio, ottenne un rombo di fusa tale che le si disegnò in volto un sorriso.

Johnny si materializzò quietamente in un angolo e rimase in silenzio, addossato alla parete. Mentre continuava a coccolare la gatta, V sentì il sorriso farsi più largo.
Sapeva che Johnny aveva un debole per Nibbles.
Poteva sentirlo.

...Insomma, il fatto era che V si fidava di Johnny.

Non poteva farci niente. Non era stata una decisione; era successo e basta.
Dopotutto, per settimane avevano trascorso quasi ogni momento di veglia in ininterrotta, privata conversazione. Avevano passato guai, si erano ficcati in situazioni ridicole e in altre francamente spaventose, sempre insieme.

E se Johnny prometteva che non le avrebbe fatto del male, V gli credeva.
Quel giorno al Pistis Sophia era arrivato a dire che si sarebbe sacrificato, per lei; e dannazione, V credeva anche a questo.

Con un sospiro, V si rialzò dal pavimento e cominciò a spogliarsi.
Mentre andava lentamente avanti e indietro fra l'armeria e la lavatrice, depositando ora la pistola, ora la giacca, Johnny dal suo angolo continuava a seguirla con lo sguardo.
Iniziava a renderla nervosa.

"Cosa c'è?" chiese infine mentre lasciava cadere a terra i pantaloni , ancora indecisa se lavarli o se fosse meglio buttare direttamente tutto quanto nella spazzatura.

"Ti senti meglio, adesso?"

"...chiedimelo dopo la doccia." rispose V; ma si rese conto che non c'era più traccia di animosità nella sua voce. Si lasciò sfuggire un altro sospiro che si trasformò a metà in uno sbadiglio.
Era soprattutto molto, molto stanca.

Entrò in bagno, sollevata all'idea di buttarsi finalmente sotto il getto d'acqua calda. Stava finendo di svestirsi, quando lo sguardo le cadde sullo specchio.

Si bloccò come se avesse mancato un gradino lungo una scala.

Sul collo, giù fino alla clavicola, la sua pelle era screziata di macchie simili a lividi.
Succhiotti.

Era talmente stanca che le ci volle un momento prima di collegarli alla notte brava di Johnny.
Rimase a fissarli.

Lei non ricordava nulla.

Cominciò a sentir montare un senso di straniamento che si trasformò velocemente in vertigine; si aggrappò al bordo del lavandino. Aveva la sensazione di trovarsi lontano da sé senza riuscire a riconnettersi, come se avesse battuto la testa.

Come se non fosse suo il corpo che stava guardando.

"Johnny." sentì la propria voce come fosse quella di qualcun altro, ed era un filo d'acciaio teso.

Johnny Silverhand glitchò alla periferia del suo sguardo, materializzandosi sulla porta.

"...Huh." fece, addossandosi allo stipite.

"...è tutto quello che hai da dire..?" chiese V a voce bassa, senza spostare lo sguardo dal proprio volto riflesso.

"Non ho fatto niente di che, se è questo che stai pensando." rispose lui, sulla difensiva.

"E dovrei crederci?!" sbottò V, strappandosi finalmente dall'immagine allo specchio.

"Non è successo niente!" ribatté Johnny alzando le mani.

"Questo non è niente, Johnny!" gridò V premendosi una mano sul collo. "Questo è - questa sono ancora io."

"Seriamente ti incazzi più per questo che per il tatuaggio?"

"È diverso, Johnny..! E non -" d'un tratto V spalancò gli occhi, "...se avessimo incontrato qualcuno? Se mi ha cercato Judy?!"

"No, V, diocristo!" imprecò Johnny scoprendo i denti. "Holo staccato! Altra zona della città! Non abbiamo incontrato nessuno del tuo giro, non c'è stata nessuna conseguenza sulla tua vita. Fai di peggio tutti i giorni scorrazzando per Night City come in un fottuto videogame."

"E questa cosa sarebbe, Silverhand?!" stridette V. "Una specie di vendetta?"

Odiava sentirsi così.
Una cretinetta che si era illusa.

"No, V, non è altro che una nottata fuori, e un cazzo di hangover che alla tua età dovresti saper -"

"- e una scopata con chi sa chi cazzo!"

"Nessuno ti ha scopata!" Ruggì Johnny sferrando un pugno alla parete. "Magari sarebbe stato meglio, cazzo!"

La rabbia di V si condensò istantaneamente in un monolite gelido.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

"Tu non hai rispetto per niente e per nessuno, vero?" disse a voce bassa, distogliendo lo sguardo.
"...Non ne hai mai avuto neppure per le persone che dicevi di amare," si chinò per recuperare qualcosa sotto il lavandino, "figuriamoci cosa potevo aspettarmi io."

Johnny boccheggiò, ancora sulla porta; solo quando V si rialzò con una manciata di omega bloccanti sembrò pronto a dire qualcosa, ma prima di poter pronunciare una sola sillaba era già svanito.

V si trascinò dentro la doccia e rimase seduta sotto l'acqua finché non ebbe esaurito le lacrime di frustrazione.
 

///


Fu svegliata il giorno dopo da Nibbles, che reclamava la colazione colpendole il naso con una zampa.

"Arrivo." mormorò, rotolando faticosamente fuori dal letto. L'orologio e la luce fuori dalle serrande indicavano che era giorno pieno; aveva dormito quasi dieci ore.
Eppure si sentiva terribilmente stanca.

L'appartamento era immerso in un silenzio inusuale. V si prese un po' di tempo per bere un caffè; controllò i messaggi; scelse due o tre cose da rivendere fra quelle immagazzinate nei giorni recenti.
Alla fine, quasi a malincuore si decise a uscire.

Non era ancora entrata in ascensore che già la stava chiamando Regina, e nel giro di poco fu catturata dalla consueta girandola di richieste ed emergenze.

Ma nonostante tutto, non riuscì a scacciare la sensazione di aver dimenticato qualcosa.


///


V non sognava mai.

Le rare volte in cui accadeva, si trattava quasi sempre di incubi che la lasciavano con il cuore in gola e un infinito sollievo per essersi svegliata.

Per il resto, dal proprio sonno non portava con sé mai nulla da raccontare, per la massima insoddisfazione di sua nonna, prima; di Mama Welles, in seguito; e ovviamente, adesso, di Misty.

"Sai che naturalmente è impossibile," le stava ripetendo in quel momento, lucidando una collezione di rune per la vetrina del negozio. "Tutti sogniamo, quando dormiamo. È solo che te lo dimentichi."

"O magari, mi succedono cose già abbastanza assurde durante il giorno," sbadigliò V, lasciandosi cadere in una delle poltrone sul retro.

"E non è cambiato niente da quando hai, uh... compagnia?"

V si accigliò. Tese una mano verso il filo di fumo che saliva da un bastoncino di incenso e mosse le dita, disperdendolo nell'aria. "Non proprio." mormorò laconicamente.

Dal maledetto disastro del Konpeki Plaza, i sonni di V si erano fatti agitati. Faticava ad addormentarsi, si svegliava spesso, rimaneva a guardar sfilare sul soffitto le luci proiettate dalla strada.

Una cosa però non era cambiata: i suoi sogni restavano off limits.

Misty le concesse ancora qualche momento di lugubre silenzio prima di avvicinarsi, apparentemente per disporre le rune su uno scaffale. "...E con non proprio, intendiamo che..?"

V represse l'impulso a cambiare discorso.
Trovarsi sotto il sereno, implacabile fuoco dell'attenzione di Misty le suscitava sempre un sotterraneo istinto di fuga; ma la ragazza le voleva bene, e V ne voleva a lei.
Le rivolse un piccolo sorriso di resa.

"...Ancora niente sogni. Forse sto dormendo un po' male. Tutto qua."

"...Ti tiene sveglia?"

"No... Più o meno dormo, credo..? E' solo che mi sveglio stanca." V alzò le spalle con aria di scuse. "Forse hai ragione tu; sogno, anche se non me ne ricordo."
Si mordicchiò pensosamente l'interno di una guancia.
"Forse, non sono io a sognare," le scappò di bocca.

Era una frase priva di senso per chiunque non fosse nella sua bizzarra situazione; ma Misty si limitò ad annuire.

"Ne hai parlato a Johnny..?"

V aggrottò le sopracciglia. "In questi giorni non stiamo parlando granché."

"Ti ha fatto arrabbiare?"

V alzò su Misty un'occhiata che dovette risultare eloquente, perché la ragazza sospirò e prese una sedia. "Che cosa ha combinato?"

"Preferirei non rivangare," borbottò V fra i denti.

Misty alzò un sopracciglio.

V si strinse nelle spalle. "Sono stata io la scema a non immaginarmelo. E' che... ah, al diavolo."

Poco dopo, in un rigurgito di rabbia V aveva raccontato tutto quello che era successo dopo che aveva accettato di cedere a Johnny il controllo del proprio corpo.
O almeno, tutto quello che riusciva a ricordare.

Misty la ascoltò dall'inizio alla fine. Quando finalmente ebbe concluso la sua tirata, V si sentiva ancora arrabbiata, ma anche un pochino più leggera.

"Sarà stupido, se vuoi; ma di tutte quelle che mi sta facendo passare, questa non riesco proprio a perdonargliela".

"Forse perché stavolta ha ferito i tuoi sentimenti." osservò quietamente Misty.

V arrossì con violenza. "No," si affrettò a ribattere. "E' perché è un fottuto idiota."

"E alla fine, che cosa ha ti risposto?"

"Niente. Ho preso i bloccanti," disse V, abbassando gli occhi.
D'un tratto si sentiva a disagio.

"Ok, e dopo..?"

"Dopo..." lo sguardo di V saettò in quello di Misty, poi si abbassò di nuovo, mentre balbettava "-non l'ho ancora rivisto. Dopo."

Misty tacque per un istante. "Per niente?"

V scosse lentamente il capo. Cercò di non badare alla piega che avevano preso le labbra di Misty.

"V, sono passati giorni."

"...lo so."

"Era mai successo, prima?"

"...no?"

Misty le rivolse una lunga occhiata sotto la quale V si sentì rimpicciolire.
Poi la ragazza sospirò, si chinò avanti e strinse le sue mani fra le proprie.

"V. Si è comportato male, con te."

"...huh-huh."

"Tu ti sei fidata, e lui se ne è approfittato."

V annuì, ignorando il groppo alla gola.
Cretina.

"Ti hanno mai messa in punizione, da piccola, V?"

"...Eh?"

"Ti hanno mai proibito di uscire, o sequestrato la macchina, o qualcosa del genere..?"

V annuì cautamente; Misty le sorrise con dolcezza.

"Prova a metterti un momento nei suoi panni, V. E' un uomo adulto, e non può nemmeno decidere di fumarsi una sigaretta, da solo. Non può farsi una camminata, o guardarsi un film; non può mangiare, o fare sesso, non può toccare una mano, non può nemmeno parlare a qualcuno che non sia tu." Misty scrollò la testa. "E' un uomo adulto, ma è come se fosse un neonato. Dipende completamente da te, nel bene e nel male."

V si irrigidì, sentendo un rimescolio interno all'idea.
Misty dovette accorgersene, perché iniziò a massaggiarle le palme delle mani, disegnando coi pollici piccoli cerchi confortanti.
"Quando ha ritrovato un po' di autonomia non ha saputo darsi un limite. Non ha rispettato i tuoi limiti, e questo è sbagliato, V. Mi dispiace tanto." Misty alzò gli occhi nei suoi, e le rivolse un altro piccolo sorriso incoraggiante. "Ma sono sicura che dispiace anche a lui."

V chiuse gli occhi. Non pensava davvero di meritare il senso di colpa che le stava spuntando nel petto.
Era ancora arrabbiata con lui.

Però.

"Quell'idiota." mormorò a denti stretti. "Mi sta facendo paura. Non è mai sparito per così tanto tempo."

"La dose di omega bloccanti che hai preso..?"

"...una manciata." bofonchiò V, liberando le mani dalla stretta di Misty per appoggiarvi la testa e piantarsi le palme nelle orbite.

Misty replicò con un piccolo mh.
Si alzò, solo per tornare un istante dopo con i propri tarocchi preferiti.

"Dunque. Ho una teoria." annunciò mescolando il mazzo. "Prima, però, vediamo cosa dicono le carte."
Tese le carte verso di lei. "Pesca."

Con dita esitanti, V sfilò una carta; la porse a Misty senza guardarla.

Lei la studiò per qualche istante con interesse. "Bene," disse infine, prendendola e mostrandole il nove di coppe. "La mia idea è che Johnny possa essere rimasto bloccato. Forse si trova molto in profondità nella tua psiche, a un livello inconscio, e non può o non vuole uscirne da solo."

"A un livello inconscio..?"

"Da qualche parte al di sotto del tuo stato di consapevolezza. Una specie di ricordo rimosso. O di programma in background."

"...e io non riesco ad arrivarci?"

"Proprio come i tuoi sogni."

"E che cosa posso fare?"

Misty rimescolò le carte, accarezzandole con un piccolo sorriso. "Vai a cercarlo."


///


Misty l'aveva rispedita a casa con un cristallo da tenere ai piedi del letto, una tisana in una scatola senza etichetta e la raccomandazione di passare le notti a letto, sforzandosi di dormire almeno fino a che "il suo inquilino" non fosse ritornato.

La sua sollecitudine aveva definitivamente messo in allarme V; adesso, mentre tornava verso casa, sentiva di starsi nervosamente avvitando in una spirale in cui gli interrogativi aumentavano ad ogni passo.

Cosa sarebbe successo se la situazione non si fosse sbloccata?

La riscrittura del biochip sarebbe accelerata?
Avrebbe crashato?
Avrebbe cominciato a procedere esclusivamente in background, senza darle modo di prepararsi?
Sarebbe andata in sovraccarico e la cyberpsicosi avrebbe fatto il resto?

Arrivata all'appartamento, V si costrinse a mangiare qualcosa e bevve perfino l'intruglio di Misty. Aveva un odore che le ricordava le Badlands e l'erba bruciata dal sole. Nibbles ispezionò il contenuto della tazza e arricciò il naso lanciandole un'occhiata di rimprovero.

"Se ci rimango secca, sei la mia unica erede, Nibbles." mormorò V prima di costringersi a bere.
Qualsiasi cosa sia, almeno mi farà dormire, pensò, sentendo già le palpebre diventare pesanti.

Si trascinò nel cubicolo, sotto le coperte che non le erano mai sembrate così invitanti, e si addormentò di schianto.


///


Il mercato era talmente affollato che V riusciva a stento a sgusciare fra la gente.

Era un bel problema, visto che il suo obiettivo era lì da qualche parte, probabilmente pigiato fra altri avventori sudati; e non sembrava esserci nessun vicolo in cui scantonare o garage deserto in cui attirarlo.

V si fece sfuggire un grappolo di imprecazioni; aveva pensato di ritagliarsi un passaggio fra i tetti, ma c'erano persone accalcate perfino sulle traballanti passerelle sospese, sulle scale sgangherate, affacciate ai balconcini smangiati dalla ruggine.

Ogni paio di secondi, quasi per un tic nervoso, scansionava la folla intorno a sè, guardando impotente mentre la distanza dal suo obiettivo cresceva metro dopo metro.

Alla fine, esasperata, si lanciò dentro la prima finestra aperta che trovò.

Seguendo il segnalino del gps, iniziò ad attraversare Kabuki dall'interno. Sgusciava di stanza in stanza dentro le baracche, fra camere vuote, dentro cucine piene di vapore; passava davanti alle tv, vicino alle culle, di fianco ai letti dove la gente dormiva o scopava, calpestando tappeti lenzuola e vestiti.

Davanti a lei ogni porta si apriva, ogni serratura scattava; tende leggere si muovevano davanti alle finestre spalancate, la musica correva come un nastro da un ballatoio all'altro.

V fluiva dentro il corpo stesso della città, le scorreva libera dentro le vene, poteva sentirla pulsare.

Finché, aperta in silenzio l'ultima porta, vide che aveva finalmente raggiunto il suo bersaglio; le dava le spalle, fumando affacciato a una terrazza sul fiume.
V non avrebbe neppure dovuto friggerlo con un hack.

Le bastò sgattaiolare dietro di lui leggera come un'ombra, fargli scivolare un braccio sotto la gola, e-

"V..?"

V balzò indietro così bruscamente da andare a finire a terra, arretrando carponi di un metro prima di fermarsi con il cuore a mille.

"...Johnny?!"

A quel punto V si svegliò.


///


V spalancò gli occhi nell'appartamento silenzioso, con il cuore che galoppava nel petto e senza alcuna idea del perché.

Nibbles miagolò debolmente dalla pila di biancheria di fianco al letto; balzò sul materasso e si avvicinò per annusarle la faccia con curiosità. Poi procedette ad accovacciarsi su di lei ronfando rumorosamente.

V allungò meccanicamente una mano per accarezzarla; mentre stropicciava fra le dita un orecchio vellutino, la tensione cominciò pian piano a scemare.

Al suo posto, però, V sentì montare un'improvvisa ondata di solitudine.

Era il terzo giorno; ed era come se davanti a lei si fosse aperto un cratere silenzioso, in cui i suoi pensieri si disperdevano senza trovare nulla che li corrispondesse, come eco fra le montagne.

Rannicchiata nel suo cubicolo, così vuoto e desolato che avrebbe potuto trovarsi sulla luna, V sentì il cuore farsi più piccolo.

"Accidenti a te," bisbigliò nel buio. "Dove ti sei cacciato..?"

 

 

   
 
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