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Autore: Mercurionos    18/03/2023    0 recensioni
Si narra che, prima dell'era della luce, gli umani adorassero divinità oscure, offrendo loro tributi in oscuri rituali il cui nome ancora oggi incute timore anche nei cuori dei più impavidi: "Giochi da Tavolo". Nel ventitreesimo anno della terza Grande Era, sotto il regno di re Mattarella, un comune mortale, fiaccato dalla frustrazione e dal tedio della quotidianità, assecondò il proprio animo turbato e spese 20€ per entrare in possesso di un antico manufatto. Quando però aprì il piccolo scrigno, in compagnia delle sue losche complici, e prese per la prima volta in mano l'atavico mazzo di arcani, fu colpito come da un incantesimo. Il gioco ebbe inizio, il rituale segreto dal minaccioso epiteto, "Nobi Nobi", e il destino dei tre giovani cacciatori di manufatti mutò in un'avventura che nessuno di loro avrebbe mai potuto prevedere. Ecco qui la loro storia, narrata con estrema serietà.
Sì, ecco, ho semplicemente provato a giocare una sera a "Nobi Nobi GDR", per vedere se potessero piacerci simil-giochi di ruolo, o cose del genere. La partita è presto degenerata. Un racconto che pare iniziare sensato, ma diventa presto caotico. Però spero che questo rapido resoconto vi piaccia!
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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In viaggio
 
Aldus raggiunse le compagne di viaggio a grandi passi e giunse presto fuori dalla caverna. Le grida e gli strepiti osceni dei banditi rimbombavano ancora tra le pareti di roccia. Il gruppo emerse sulla vetta di una morbida collina erbosa, sferzata dal vento autunnale. Senza perder tempo, corsero giù per il pendio, attraverso l’erba alta. Giunsero nei pressi di una strada sterrata. La terra sembrava battuta con frequenza, e così Shian dagli occhi torvi gonfiò seria seria il petto, si mise al centro del sentiero e gridò: “TAXI!”
Subito apparve una carrozza, nera e lucida, trainata da due purosangue dal manto bruno. “Buonasera, madamigella. – Disse cortese l’anziano cocchiere – Come posso esservi d’aiuto?”
“Sta’ zitto e parti! Al castello, ora!”
L’ometto non se lo fece ripetere, poiché, quando girò il capo per salutare i paganti clienti, aveva visto anche la rabbiosa marmaglia di briganti, spade alla mano, scendere lungo il fianco dell’altura: “Vai! Vai! Giddap!”
La carrozza acquisì in fretta velocità, e il gruppo, fiaccato dalla corsa, ne approfittò per riprendere fiato.
Rikka e Grendi si affacciarono al finestrino del cocchio e ammirarono il tetro paesaggio: file di case lugubri e abbandonate si attorcigliavano strette una sull’altra su per il fianco di Colle Mesto, sulla cui cima sorgeva il palazzo di Re Garibaldo. Ora che sua figlia era stata tratta in salvo dagli avventurieri, forse il suo animo straziato dal dolore si sarebbe calmato. Forse sarebbe anche terminata l’eterna tempesta di fulmini viola che da qualche tempo a quella parte imperversava minacciosa sopra il castello.
Shian si lasciò distrarre dal panorama: “Mi ricorda il giorno in cui ho ottenuto la mia spada.” L’assassina estrasse la daga nera, Kumori-no-hi-ni-Masamune-san-ga-tsukutta-gotenrai-to-mugen-no-yami-no-ken-mata-sonotoki-karasuga-ken-no-gara-ni-shoben-o-shita-koto-ga-arimashitaga-sore-ni-tsuite-wa-hanashimasen, una delle innominate tredici spade leggendarie. La sventurata spada aveva la sventurata fama di portare sventura. Per fortuna, portava sfortuna soltanto ai suoi sfortunati nemici.
 
Shian si è ricordata di avere in tasca: Lama Maledetta (arma)
 
 
Colloquio con il Re
 
Il gruppo di avventurieri venne accolto in fretta e furia al ponte levatoio del castello in cima a Colle Mesto. Le guardie non dissero nulla, aprirono loro ogni porta e li condussero presto alla grande sala delle udienze. L’alto androne, illuminato da ambo i lati da ampi finestroni che giungevano fino al soffitto, era freddo e silenzioso. Ogni passo echeggiava più volte prima che il suono potesse morire nel gelo di quella stanza. Aldus e Rikka si inginocchiarono sul tappeto di velluto carminio: dinanzi a loro, nell’ombra, sedeva re Garibaldo sul suo trono dorato.
“Chi siete?” chiese il re a gran voce, senza scomodarsi dal proprio scanno.
Rikka si alzò in piedi: “Vostra Maestà Garibaldo V Hohenheim, Re di Colle Mesto e dintorni, Duca di Taleggio e Trepalle, siamo la compagnia a seguito di Aldus, l’eroe prescelto dalla dea Gozzilla. Portiamo con noi liete notizie. Sua maestà Piennegì, vostra figlia…”
Ma le parole le morirono in bocca quando il re si alzò e tuonò: “Quella sgualdrina! Non osare nominarla, mocciosa! Ha osato disobbedire a me, suo re e padre, soltanto perché l’avevo messa in punizione! Quando ne avevo tutto il diritto, tra l’altro! Come ha potuto osare portare nella mia reggia, la casa della mia famiglia da generazioni, un plebeo idraulico? Che il suo rapimento le serva da lezione. Un idraulico! Italiano, per giunta! Giammai! Mai e poi mai mia figlia uscirà la sera con un idraulico italiano! Non è l’impiego adatto all’erede del mio nobile casato!”
“Ma sire, ascoltate…” insistette Rikka, ma il sovrano si gonfiò d’ira e si avvinò alla giovane donna.
“Anche tu osi contraddirmi, plebea? Non m’importa da quale divinità siete stati designati, nella mia casa nessuno si oppone al volere del pater familias!”
L’omone alzò una mano sopra la testa con fare minaccioso per grattarsi la nuca, che sempre gli prudeva tanto quando s’irritava il suo animo. Shian purtroppo confuse il gesto con un quick time event di contrattacco, premette triangolo senza pensarci tanto e scagliò Kumori-no-hi-ni-Masamune-san-ga-tsukutta-gotenrai-to-mugen-no-yami-no-ken-mata-sonotoki-karasuga-ken-no-gara-ni-shoben-o-shita-koto-ga-arimashitaga-sore-ni-tsuite-wa-hanashimasen in mezzo agli occhi dell’uomo.
Il re precipitò all’indietro esalando l’ultimo respiro, stramazzando nel proprio sangue, la lama dritta impalata al centro della fronte. Rikka cadde in ginocchi, bianca in volto. La principessa non disse nulla, si stava facendo un selfie.
Aldus si voltò furioso verso Shian, che non disse nulla, intimorita dallo sguardo rabbioso dell’eroe: “Dannazione, Shian! Lo sai che Rikka ha paura delle spade! Abbi un po’ di contegno!”
 
Rikka ha ricordato tutti di avevre: Paura delle Lame (tratto)
 
 
Lotta con gli Inquisitori
 
Le porte del salone delle udienze si aprì di scatto: “Cosa avete fatto!?” gridarono più voci, disperate dal macabro spettacolo. Il sangue del re aveva imbrattato il tappeto di velluto rosso e i bianchi tendaggi lungo le pareti. Rikka si guardava sconcertata le mani, Aldus e Shian stavano ancora discutendo animatamente sulla stabilità psicologica della loro compagna. Grendy aveva cominciato a saltellare spaventato e confuso per la stanza. La bella principessa Piennegì, per nulla turbata dall’inattesa dipartita del padre, prese il telefono e scrisse su Twitter: “Finalmente anke io posso sedermi su kuello stupido trono #Ereditàaltrono #MeToo #Onesta”
Le voci furiose si trasformarono in un pesante e ritmato marciare e, nel giro di pochi istanti, il gruppo venne circondato da qualche dozzina di soldati agghindati in eleganti armature rosse e mantelli neri come la notte: i leggendari inquisitori di Colle Mesto erano giunti sul posto. Aldus tirò per l’aria qualche fendente con Trinciafulmini, illuminando con scintille dorate la stanza sempre più buia: la tempesta violacea, sopra al castello, si era fatta ancora più tetra. Anche Shian e Rikka si prepararono allo scontro più che inevitabile, ma il nemico pareva troppo potente. Loro erano soltanto in cinque (non che la principessa fosse molto interessata allo svolgersi delle vicende), e gli inquisitori erano almeno una ventina, armati di tutto punto e provetti conoscitori della stregoneria.
Allora Rikka enunciò una rapida litania e Aldus, Shian e Grendy vennero investiti da un bagliore argenteo. “Andate! – disse la studiosa – Che maestra sarei se lasciassi morire il mio unico discepolo?” diresse le mani verso i tre compagni e, continuando a pronunciare le formule degli incantesimi, li fece svanire in un lampo di luce.
 
Aldus ha rivelato a tutti di essere: Allievo (di Rikka) (tratto)

 
   
 
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