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Autore: Justice Gundam    18/03/2023    2 recensioni
Quello che per un variegato gruppo di avventurieri comincia come un viaggio in incognito e una missione di recupero di poche pretese, si rivela essere invece soltanto una parte di un vasto intrigo che li porterà a confrontarsi con il lato oscuro del loro paese, e con antichi misteri che si credevano ormai dimenticati. Ispirato alle sessioni di Pathfinder che gioco assieme ai miei amici.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Pathfinder: Madness Rising

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

 

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Capitolo 29 – Un incontro nella selva delle fate

 

 

Erano passati due giorni da quando l'imbarcazione del gruppo di Abolitori era arrivata in quello strano posto. Più di una volta, Dario e i suoi compagni si erano trovati a ddover combattere contro qualche creatura fatata un po' troppo permalosa o qualche strano predatore che sperava di fare di loro la sua cena. I giovani Abolitori avevano dovuto stare attenti ad ogni loro mossa, ma fino a quel momento, erano riusciti a cavarsela, tornare alla loro imbarcazione per recuperare le forze e tornare al loro viaggio.

 

In quel momento, però, la situazione non volgeva a loro vantaggio.

 

No, non si trattava di qualche mostruosità, di esseri fatati in vena di trucchetti, o di qualche branco di ogre mangiatori di uomini... bensì di una sezione di foresta apparentemente impenetrabile, in cui tutte le strade sembravano ricondurre allo stesso punto.

"Sono secoli che camminiamo in avanti, e ancora non si vede la fine di questa cazzo di foresta..." si lamentò Pandora, spostando attentamente con una mano un largo ramo di felci che le ostruiva il cammino. "Ma che sta succedendo? Ho come l'impressione che la foresta stessa ci stia giocando qualche scherzo!"

 

"E forse è proprio come dici tu, miao!" commentò Sotero. Con estrema attenzione, il gatto nero passò oltre una macchia di funghi variopinti che sembravano proiettare sfuggenti luci colorate tutt'attorno a sè. "Qui dominano le creature fatate del Feywild, miao. Chissà che stanno combinando... forse noi crediamo di andare avanti, ma continuiamo invece a girare in tondo..."

 

Bastiano tirò un piccolo sospiro di frustrazione. "E allora come si fa? Abbiamo un modo per capire cosa stanno cercando di farci questi folletti?" chiese il piccolo oracolo, mentre si piegava per sedersi su un ceppo d'albero che sembrava essere stato messo lì apposta per permettere ai passanti di recuperare un po' le forze dopo una lunga camminata. Uno scoiattolo era in piedi sul ceppo a guardarsi attorno con curiosità, e Bastiano lo allontanò gentilmente con un gesto della mano prima di sedersi e cercare di riposarsi un po'. Preoccupata per il suo amichetto, Matilde si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla, cercando di assicurarsi che stesse bene.

 

"Tranquillo, Basti, troveremo una soluzione." affermò la piccola spadaccina, per poi sfoderare un sorriso un po' strafottente. "Non ti metterai a lagnarti come una femminuccia proprio adesso che siamo anche noi due avventurieri armati fino ai denti, vero?"

Il ragazzino e il resto del gruppo si permisero una breve risata, e Bastiano si schiarì la voce, per poi massaggiarsi la gamba dalla quale zoppicava. "No, no, figurati, Mati... è solo che camminare tanto a lungo non mi fa tanto bene.." rispose. "Adesso, per esempio, la gamba mi fa un male che non ti dico..."

 

"A noi dispiace molto... aspettare un momento, Basti! Volere controllare una cosa." rispose il piccolo Iaco, gettando un'occhiata alla gamba dolorante di Bastiano e alzando un po' la zampa dei suoi calzoni per vedere se c'era qualcosa di allarmante. Non vide alcuna ferita od ammaccatura... ma in compenso, la gamba del ragazzino era percorsa da un'orrida cicatrice che partiva dall'articolazione del ginocchio e scendeva lungo la pate frontale del polpaccio, fino quasi a raggiungere la caviglia. I bordi della ferita erano frastagliati, e si poteva capire fin dal primo sguardo che si era trattato di un evento particolarmente grave e traumatico. Ma la cosa più strana ed inquietante era che la ferita, rimarginata già da un bel po' di tempo, emetteva una tenue luce nella penombra di quella foresta incantata, come se qualcosa di vivo ed innaturale pulsasse nel corpo di Bastiano.

 

"Ah... sì, immagino che possa fare una certa impressione..." commentò il piccolo oracolo, senza neanche scomporsi. "Quella è... una ferita che mi sono fatto quando avevo otto anni... sono caduto malamente, mi sono rotto la gamba in più punti... e da allora sono stati in molti a cercarmi perchè volevano sfruttare i miei poteri o le mie capacità di guarigione. Voglio dire, ci sono sempre stati altri ragazzi all'orfanotrofio che volevano che io curassi i tagli o le distorsioni che si facevano..."

"Beh, questa non la sapevo. Quindi dev'essere stato quell'incidente a risvegliare il potere latente in Bastiano..." commentò Gunter mentre si sedeva per revisionare il suo moschetto e fare in modo da non correre il rischio che si inceppasse proprio nei momenti più concitati. "Avevo sentito dire che i poteri di molti oracoli si risvegliano quando subiscono un incidente piuttosto grave."

 

Matilde appoggiò protettivamente una mano sulla spalla del suo amico. "Sì, è stato dopo questo incidente che Bastiano ha... imparato, si fa per dire... come lanciare incantesimi curativi." spiegò. "E immagino che sia anche per quello che i Malformatori lo cercano."

"Posso fare una domanda? Visto che io non mi intendo molto di magia..." intervenne Maria, che fino a quel momento era stata seduta su una roccia vicina e stava passando una pietra dentata sulla lama della sua ascia, in modo da tenerla affilata. "Bastiano, se tu sei in grado di lanciare incantesimi di guarigione, perchè non n potevi lanciare uno sulla tua gamba?"

 

"Non è tanto semplice." rispose il ragazzino, coprendosi di nuovo la gamba in modo che la cicatrice non si vedesse più. "In effetti ho provato, ma nessun incantesimo ha avuto effetto sulla mia gamba. Poi ho scoperto che la mia zoppia era il prezzo che avrei pagato per i miei poteri. Più esattamente... l'ho intuito. So che può sembrare stato ma... è una cosa che ho compreso per istinto."

"Ogni oracolo è affetto da una maledizione, che gli può apportare tanto beneficio quanto intralcio." spiegò Pandora grattando Sotero dietro un orecchio. "E non c'è modo per un oracolo di rimuovere la sua maledizione senza perdere i suoi poteri."

 

"Detto questo... non credo vorrei rinunciare a questa magia. Il potere di curare ferite e malattie... sicuramente può essere molto utile e può essere usato per fare del bene a molti." rispose Bastiano con un sorriso tranquillo.

Matilde mise un braccio attorno alle spalle del suo amico e sospirò con espressione malinconica. "Non devi sentirlo come un obbligo, Basti." affermò. "Io ho scelto di combattere assieme ai nostri amici perchè è quello che voglio fare, ma tu non hai l'animo del guerriero. Non abbiamo idea di che cosa ancora ci aspetti nel nostro viaggio... e ho paura che possa essere troppo per te."

"Andiamo, Mati, non metterti a fare la mamma chioccia..." rispose Bastiano. Il tono del piccolo oracolo era scherzoso, ma ascoltando con un po' di attenzione, si sarebbe potuta avvertire una punta di frustrazione. "Anch'io sono qui perchè lo voglio. Mi rendo conto che non sarò mai un guerriero, ma... farò del mio meglio per rendermi utile in qualche altro modo. In fondo, anche tu ti sei ripresa alla svelta grazie ai miei incantesimi, no?"

 

"Beh... sì... questo è vero..." ammise imbarazzata la piccola guerriera, guardandosi i punti in cui era rimasta ferita nello scontro con l'idra. Dopo un paio di incantesimi, le ferite erano scomparse del tutto, senza neanche lasciarsi dietro le cicatrici.

 

Ciò nonostante, Maria non potè fare a meno di tirare un sospiro malinconico mentre guardava i due piccoli avventurieri. "L'ideale sarebbe stato che questi bambini potessero godersi la loro infanzia come tutti gli altri. Ma temo che non funzioni così, questo mondo..." disse tra sè, ripensando alla sua situazione. Chissà adesso come se la stavano cavando i suoi genitori... e se i soldi che aveva mandato a casa fossero sufficienti per tutto.

 

Una volta che il gruppo ebbe riposato un po' e recuperato le forze, Dario controllò la radura per verificare che non ci fossero potenziali pericoli... e il suo sguardo acuto notò qualcosa sul terreno fangoso che proseguiva nei meandri della foresta fatata. Una serie di impronte... appartenenti a piedi di dimensioni umane che calzavano stivali.

"Venite a vedere qui, ragazzi. C'è qualcosa di interessante." il ragazzo chiamò gli altri membri del gruppo, stando bene attento a non alzare troppo la voce. "Credo che qualcuno sia passato qui prima di noi."

"Che cosa? Dario, ne sei sicuro?" chiese Nisa con un misto di curiosità ed allarme. Affiancata dal suo compagno canguro, l'elfa raggiunse per prima il ragazzo biondo e diede un'occhiata alle orme, chinandosi su di esse per accertarsi meglio. Erano abbastanza fresche, lasciate non più di qualche ora prima... e appartenevano ad un gruppo di persone, visto che ce n'erano almeno cinque tipologie distinte.

 

"Hmm... sì, non ci sono dubbi. C'è qualcun altro da queste parti oltre a noi." disse infine l'elfa, dopo aver esaminato attentamente le orme. Canga si piazzò accanto a lei e mosse le orecchie, nel tentativo di cogliere dei suoni che non gli fossero familiari, e il resto del gruppo si tenne pronto con le mani sulle armi o, nel caso dei suoi membri più portati per la magia, pronte a tracciare in aria i simboli magici di cui avevano bisogno. "Però da qui non vi posso dire altro. Posso solo confermare che sono passati da queste parti di recente."

 

"Di chi potrebbe trattarsi?" si chiese Gunter. "Spero che non siano agenti dei Malformatori."

"Forse si tratta di altri esploratori che si sono persi in questo strano bosco fatato?" chiese Pandora. "Se fosse così, sarebbe meglio andare a cercarli, prima che si ficchino in qualche guaio."

 

Iaco annnuì con decisione. "Sì, anche Iaco pensa che è meglio così." rispose, stando anche lui bene attento a tenere la voce bassa. "Se loro sono Malformatori, noi prendiamo loro e interroghiamo. Se loro sono amici, meglio per tutti."

"Speriamo solo che sia davvero così semplice..." disse Maria, per poi fare cenno al resto del gruppo di continuare. Dario decise di andare in avanscoperta, mentre Maria si piazzava davanti al gruppo in modo da proteggerli da eventuali attacchi frontali e poter correre ad aiutare Dario se si fosse trovato in difficoltà. Gunter prese invece la retroguardia, mentre Iaco e Bastiano, i due più fragili, si piazzarono al centro in modo da essere meglio protetti.

 

Il gruppo cominciò a seguire le tracce in silenzio, tenendo sempre le orecchie tese e gli occhi aperti per ogni evenienza. Per diversi minuti, continuarono a seguire la pista, anche quando il fango, il terreno sconnesso e le pozzanghere sul terreno la rendevano sempre più difficile da vedere...

Nisa e Dario stavano continuando a tenere d'occhio il terreno, sforzandosi di vedere ancora le impronte. Ma a quel punto, la traccia si stava facendo confusa, e non riuscivano più a seguirla tanto facilmente. I due fecero cenno al resto del gruppo di aspettare, poi iniziarono a guardare meglio, sperando di trovare qualche altra traccia... 

 

Matilde fu la prima a notare che Canga aveva drizzato le orecchie e aveva cominciato a fiutare l'aria, evidentemente in cerca di qualcosa. Il canguro si avvicinò alla sua compagna e le toccò gentilmente un braccio con le corte zampe anteriori, per poi puntare il muso in direzione di un gruppo di alberi più alti, sopra i quali cresceva un groviglio di vischio che dava quasi l'impressione di un enorme nido. Non era ad una gran distanza da loro, e la druida, essendo in grado di comprendere gli animali meglio di chiunque altro, si rese immediatamente conto che il canguro stava cercando di indicare loro dove andare.

 

"Guardate! Iaco crede che Canga ha sentito qualche odore strano!" esclamò il coboldo.

Nisa fece un cenno ed esortò i suoi compagni ad avere pazienza. "Tranquilli, questo è quello che verificheremo subito." rispose, per poi rivolgersi allo strano animale e guardarlo con attenzione dritto negli occhi. "D'accordo, Canga... adesso abbiamo bisogno del tuo olfatto per trovare queste persone. Le tracce si fanno confuse, e non riusciamo a seguirle. Puoi portarci fin lì dove si trovano questi individui?"

 

Incredibilmente, il canguro disse di sì con la testa e saltellò vivacemente davanti al gruppo, guidandolo nella direzione da cui proveniva quell'odore sconosciuto. Sperando che il suo compagno animale non si fosse confuso, Nisa incoccò una freccia nel suo arco e prese la testa del gruppo...

 

 

oooooooooo            

 

 

Agnese strinse i denti e schivò per un soffio l'enorme clava che si abbattè sul punto dove la sua testa si trovava fino ad un secondo prima. Con un ruggito animalesco, il gigantesco ogre che la sovrastava sollevò di nuovo la sua micidiale arma - niente più che un grezzo, pesante blocco di legno nel quale erano piantati dei grossi chiodi di ferro arrugginito - e la agitò in un ampio arco che la mezzelfa riuscì per un pelo a schivare, rialzandosi di scatto e poi lanciando un coltello contro il bruto. La lama penetrò nel torace dell'ogre, che ringhiò dal dolore, ma la lama non riuscì a penetrare abbastanza a fondo da colpire organi vitali, e l'ogre se la estrasse dalle carni e la spezzò tra le enormi mani carnose.

 

"Scimmia pelata cativa. Fato male me." grugnì il mostruoso gigante, avanzando minaccioso su Agnese per stritolarla tra le sue enormi mani, ma la mezzelfa sfoderò altri due pugnali, tenendone uno in ciascuna mano, ed indietreggiando fino a trovarsi schiena contro schiena con suo fratello ed Esmerelda, ognuno dei quali stava avendo i suoi problemi a gestire un ogre.

 

"Ragazze, se una di voi due ha qualche idea... o se la avete entrambe, perchè no... adesso sarebbe il momento giusto di proporla!" affermò Francesco, agitando la spada davanti al suo ogre per cercare di tenerlo lontano. Davanti ad ognuno di loro, incombeva un imponente e sgraziato ogre, un gigante alto circa due metri e mezzo, dai muscoli disgustosamente rigonfi e dalla faccia repellente, gli occhi porcini nei quali non si leggeva che cieca brutalità. Vestiti di pelli mal conciate e di stoffe cucite assieme alla meno peggio, gli ogre grugnirono e avanzarono di nuovo verso il terzetto, tenendoli separati dai loro compagni.

 

Esmerelda guardò attentamente verso l'ogre che si stagliava minaccioso su di lei. L'orrido gigante agitò la sua rozza clava e si leccò le labbra, mostrando una grossa lingua che sembrava quasi una bistecca.

"Hehee... Moscerino. Me schiacciare." gorgogliò. Esmerelda trovò che assomigliava fin troppo ad un bambino che si diveriva a calpestare le formiche, con l'unica differenza che era alto due metri e mezzo e aveva dei muscoli da toro. La ragazza dai capelli rossi vide il bruto sollevare la clava per sferrarle un colpo devastante...

 

"Ehlonna, grande madre del verde, proteggi i tuoi devoti figli e ferma chi vuol fare loro del male... Blocca Persone!" esclamò. Puntò improvvisamente una mano contro l'ogre che la minacciava, e il sorriso demente sul suo volto si trasformò immediatamente in una smorfia incredula quando il suo corpo si irrigidì di colpo fino a paralizzarsi del tutto, facendolo assomigliare ad una sorta di statua vivente! L'unica parte del suo corpo ancora mobile erano i suoi occhi, che rotearono follemente nelle orbite mentre l'ogre cercava disperatamente di muoversi.

I due fratelli mezzelfi, nel frattempo, stavano avendo a che fare con gli altri due ogre. Agnese era riuscita a schivare di un soffio la clava del suo ogre e gli era scivolata in mezzo alle gambe, ma il bruto alzò uno dei suoi enormi piedi e cercò di abbatterlo su di lei per schiacciarle il cranio come una noce. Reagendo puramente d'istinto, la mezzelfa alzò uno dei suoi pugnali, e quando l'ogre calò giù il piede, si ritrovò con la lama infilata nella pianta fino quasi all'elsa! Agnese trattenne un grido di dolore quando la forza del colpo le intorpidì il braccio, ma all'ogre andò molto peggio, e si abbattè al suolo ululando e contorcendosi per il dolore.      

 

Francesco cercò di raggiungere la sorella per darle una mano, ma l'ogre che gli stava addosso gli impediva di distogliere la sua attenzione dallo scontro. Ridendo in maniera idiota, l'ogre agitò la sua clava davanti a sè in due poderosi archi, mancando di pochissimo il suo fragile bersaglio. Con un abile scatto, il giovane Abolitore si infilò sotto il secondo fendente, in modo da trovarsi proprio attaccato al bestione, dove le sue lunghe braccia non gli erano di alcuna utilità. Con un grugnito di allarme, l'ogre cercò di indietreggiare, ma Francesco colse al volo l'occasione e sferrò un fendente che tracciò una larga ferita sul pettorale sinistro del bestione. Agnese, nel frattempo, aveva raggiunto la testa del suo ogre e gli aveva immerso un pugnale nella gola, uccidendolo in pochi istanti.

 

Il fratello tirò un sospiro di sollievo, ma si distrasse quel tanto che bastava perchè il suo avversario sferrasse un secondo attacco. Il gigantesco bruto sferrò un colpo che raggiunse Francesco al fianco sinistro, e il mezzelfo sentì un improvviso, dirompente dolore invadere la parte sinistra del suo corpo, un attimo prima di essere sollevato in aria e schiantarsi sul terreno fangoso pochi metri più in là. Reso baldanzoso dall'attacco andato a segno, il brutale ogre ghignò e si lanciò sulla sua preda, agitando la clava e gorgogliando parole incomprensibili. Lottando con il dolore, Francesco afferrò una boccetta di vetro dalla sua cintura e si rialzò quel tanto che bastava per poterla lanciare contro il bestione che lo stava caricando. L'ogre aveva appena sollevato la clava quando il giovane lanciò la boccetta, che si infranse all'impatto con il ventre del bestione e rilasciò una strana sostanza biancastra, che prese fuoco a contatto con l'aria!

 

L'ogre ululò in preda al panico quando il fuoco si diffuse sul suo addome e sul suo braccio destro, mollò di colpo la clava e si gettò nel terreno fangoso per estinguere le fiamme, ma questo gli fece perdere qualche secondo prezioso che Francesco utilizzò saggiamente per afferrare il suo arco, incoccare una freccia e scagliarla dritta nella fronte del bestione, penetrando il cranio fino a trafiggergli il cervello. L'ogre si irrigidì, percorso da qualche ultimo fremito post-morte, mentre anche Esmerelda finiva il bestione che l'aveva aggredita, trafiggendogli il torace con la spada. Gli occhi dell'ogre, ancora paralizzato, rotearono un'ultima volta nelle orbite e poi persero ogni luce, e il mostro si abbattè al suolo con uno schianto assordante, morendo pochi attimi dopo.

 

"Francesco, Agnese!" esclamò Esmerelda. "State bene? Li avete fatti fuori, vedo..."

Agnese si voltò verso la sua compagna, sostenendosi il braccio ferito. "Sì... in qualche modo..." affermò, gettando un'occhiata di ribrezzo ai cadaveri degli ogre. "Francesco, va tutto bene... hai preso un colpo niente male!"

Francesco si sedette con la schiena appoggiata ad un albero. "Ugh... ho... ho solo bisogno di... prendermi qualche minuto di pausa. E poi... andiamo a cercare i nostri compagni. Chissà in quale posto di questa cavolo di foresta si trovano..."

 

"Aspetta, Francesco. Non ti muoverai in queste condizioni." affermò Esmerelda, senza ammettere discussioni. Mise una mano sulla spalla del compagno per farlo restare seduto, poi chiuse gli occhi e cominciò ad incanalare energia nel proprio corpo. "Benedetta Ehlonna, aiutami a guarire le ferite dei miei compagni, che possano ancora difendere la purezza di questo mondo. Cura Ferite Moderate."

 

L'incantesimo curativo ebbe il suo effetto, e un bagliore dorato scorse nel corpo di Francesco, riparando i danni e facendogli riprendere le forze. Poi, Esmerelda si voltò verso Agnese e lanciò lo stesso incantesimo, che riuscì a guarire il braccio della mezzelfa... ma non del tutto, dal momento che Agnese sentì ancora dolore quando cercò di far ruotare la spalla.

"Ugh..." grugnì la ragazza, massagiandosi la spalla con l'altra mano. "Grazie per l'aiuto, Esme... ma temo che ci vorrà qualcosa di più per il mio braccio. Devo essermi lussata la spalla quando quella montagna di carne ha cercato di calpestarmi."

 

"Allora forse è meglio che tu non prosegua oltre... ci sarà sicuramente qualche altra mostruosità, man mano che ci spingeremo più avanti, e potresti trovarti in difficoltà..." Francesco cercò di convincerla a restare indietro, ma Agnese fece un occhiolino e sfoderò un piccolo sorriso sarcastico.

"E lasciare a te e ad Esme tutto il divertimento? Non ci penso proprio, fratellino!" affermò, prima di farsi seria e decisa. "Tra l'altro, dobbiamo ritrovare Hormond e messer Baldo. Non resto ferma ad aspettare mentre loro sono nelle mani di qualche folletto dalla testa vuota o tra i tentacoli di qualche bestiaccia!"

 

Esmerelda riuscì a fare una risata a mezza bocca. "Già, immaginavo che avresti detto così, Agnese." rispose. "D'accordo, ma stai attenta. Ho l'impressione che questi ogre..."

La ragazza dai capelli rossi si bloccò di colpo e guardò allarmata verso la folta vegetazione vicino a lei. Aveva sentito un rumore... non era sicura al cento per cento, ma aveva la netta sensazione di aver sentito le foglie che si spostavano. C'era qualcuno che li stava seguendo... chissà da quanto, poi!

 

Francesco ed Agnese, pur stanchi per la lotta sostenuta, afferrarono le loro armi e si tennero pronti... e anche Esmerelda strinse la mano sull'elsa della sua spada e fece per sfoderarla. Non c'era stato nessun errore da parte sua... c'era davvero qualcuno... o qualcosa... che si stava avvicinando rapidamente. Il suono delle foglie che frusciavano e dei ramoscelli che si spezzavano mentre venivano spostati si faceva sempre più vicino. Non si sentiva nient'altro, cosa che almeno confermò che di chiunque si trattasse, stava effettivamente cercando di non farsi notare. Probabilmente si trattava di qualche altro folletto ostile, come ne avevano già visti in quel periodo. Ma poteva anche essere qualcosa di ben più pericoloso...

 

"Fermi lì!" intimò Francesco, un attimo prima che la potenziale minaccia si mostrasse. Il suono di fronde spostate e ramoscelli rotti si interruppe, segno che se non altro questa minaccia era disposta ad ascoltare quello che avevano da dire lui e le sue compagne di viaggio. Sentì ancora qualche suono soffocato, e i passi di qualcuno che si stava piazzando alla testa dei nuovi arrivati... e il giovane mezzelfo corrugò la fronte, non del tutto sicuro se fosse il caso di fare la prima mossa.

 

"Chi siete voi? Identificatevi!" esclamò, mentre dietro di lui, le due ragazze si preparavano a combattere ancora se fosse stato necessario.

Per fortuna, dalla parte opposta arrivò un'esortazione alla calma. "Aspettate! Non siamo qui per farvi del male!" esclamò la voce di una giovane, un attimo prima che Pandora e Sotero emergessero dalla vegetazione tenendo le mani alzate - o, nel caso del famiglio, la coda. Dietro di lei, arrivarono gli altri membri del gruppo, ognuno a mani vuote e mostrando i palmi in modo da rassicurare Francesco del fatto che non avevano cattive intenzioni.

 

"Avevamo trovato delle tracce che portavano di qua, e pensavamo che aveste qualche problema." affermò la ragazzina. "Voi... siete per caso del gruppo di Auridanio?"

Francesco e le due ragazze sgranarono gli occhi. "Abolitori? Siete... siete stati mandati per ritrovarci?" esclamò Agnese.

 

"Se è così... che Ehlonna sia lodata!" rispose Esmerelda con un sospiro di sollievo, rinfoderando la spada. "Possiamo sapere da dove venite e chi vi manda?"

"Proveniamo da Grisborgo, e siamo stati mandati qui dal comandante Manuel e dallo sceriffo Urister." rispose Gunter, apparendo accanto a Pandora e Sotero. Per un attimo, i capelli e la barba rossi del nano pistolero riportarono alla mente di Esmerelda e dei suoi compagni l'immagine di Hormond. "Ci è stato detto che il gruppo di Auridanio era stato costretto a lasciare la città e dirigersi verso Miragliano, ma che da loro non erano più arrivate notizie..."

 

"Beh, come vedete, noi siamo vivi e vegeti... almeno per adesso." rispose Agnese, per poi indicare con lo sguardo i massicci cadaveri degli ogre che giacevano dietro di lei. "Quelle montagne di carne hanno cercato di fare uno spuntino di noi, ma adesso sono loro a fare da spuntino per i vermi."

Esmerelda guardò attentamente i membri del gruppo di salvataggio, ponendosi come obiettivo quello di ringraziare ognuno di loro personalmente. Oltre a quella ragazzina col gatto nero (che doveva essere una changeling, a giudicare dai suoi occhi di colore diverso) e a quel nano, c'erano un'elfa dai capelli verdi con uno strano animale al seguito (Esmerelda sapeva che certi druidi e ranger portavano con sè animali bizzarri, ma questo li batteva tutti!); poi un coboldo dalle squame azzurre, accompagnato da una donna dalla pelle scura e dai lunghi capelli neri, dall'aspetto deciso e combattivo; e poi un ragazzo biondo vestito principalmente di nero, e... un momento, quelli erano due bambini, per caso? Una ragazzina castana con le trecce ed uno spadone quasi più grande di lei... e un gracile ragazzino dai capelli arruffati che camminava appoggiando ad un bastone...

 

Un momento ancora!

 

Perchè adesso che guardava il ragazzo biondo, i suoi lineamenti le sembravano così familiari?

In quel momento, il biondo rivolse a lei tutta la sua attenzione... ed Esmerelda lo vide sgranare gli occhi in un'espressione di sorpresa ed incredulità! Ma certo, non poteva che essere lui! Quei lineamenti, i capelli così biondi e quell'espressione seria e decisa... era passato un po' di tempo dall'ultima volta che lo aveva visto, e qualcosa era cambiato, ma non abbastanza da renderlo irriconoscibile! E anche lui l'aveva riconosciuta...

 

"Es... Esmerelda?" balbettò Dario, con un tono di voce sorprendentemente insicuro e stupito. Colto completamente di sorpresa, non era riuscito a nascondere le sue emozioni dietro un'apparenza di razionalità, e ora stava guardando la rossa con assoluta meraviglia. "Esme... sei davvero tu?"

"D-Dario? Ma... ma come..." balbettò la rossa con gli occhi tremanti. Agnese corrugò la fronte e sbattè gli occhi in un'espressione di assoluto stupore, poi si calò la maschera dalla bocca in modo che il suo grazioso viso si vedesse per intero.

 

"Che... che succede, Esme? Conosci quel tipo?" chiese la mezzelfa.

Esmerelda annuì rapidamente, cercando di tenere a freno le emozioni. "Sì... sì, certo che lo conosco!" esclamò. "Quando... quando ero più giovane e la mia famiglia era ad Auridanio! Dario è sempre stato un mio caro amico! Ma come... come ci sei finito anche tu negli Abolitori?"

"Potrei farti la stessa domanda, Esme... ma al momento sono semplicemente contento di rivederti!" rispose Dario con un largo sorriso, che nessuno del suo gruppo era abituato a vedere sul suo viso! I due giovani corsero ad abbracciarsi, sotto lo sguardo incredulo e al tempo stesso sollevato del gruppo di Grisborgo e dei due fratelli mezzelfi. Per diverso tempo, nessuno fiatò, limitandosi a guardare Dario ed Esmerelda nelle braccia l'uno dell'altra.

 

"Ehm... okay, devo essermi persa qualche puntata." commentò Matilde, rompendo il silenzio all'improvviso. "Cosa sta succedendo qui? Abbiamo incontrato una fidanzata di Dario?"

"Mati!" esclamò Bastiano, imbarazzato dalla totale mancanza di tatto della sua amica.

 

Il suo imbarazzo, del resto, non era nulla rispetto a quello di Dario ed Esmerelda, che si staccarono leggermente e si guardarono attorno, completamente rossi in volto! Fu la giovane chierica di Ehlonna a recuperare per prima il sangue freddo e riprendere il discorso.

"Ehm... in effetti... credo che tutti noi abbiamo un bel po' di domande da fare..." affermò, cercando di schiarirsi la voce. "Ma... al momento abbiamo un problema abbastanza urgente... Due dei nostri compagni sono scomparsi, e li stiamo cercando ovunque. Se qualcuno degli abitanti di questo bosco fatato riuscisse a carpire i segreti degli Abolitori dalle loro menti... per noi sarebbe un disastro. Certo, i nostri due compagni non sanno dove si trovano gran parte dei nascondigli degli Abolitori... ma sanno abbastanza che i nostri nemici potrebbero individuare una parte importante della nostra organizzazione, che difficilmente potrebbe essere recuperata o protetta."

 

"Diavolo, questo potrebbe essere vero problema..." disse Iaco corrugando la fronte e grattandosi il mento con uno dei suoi corti artigli. "Dove andati i vostri compagni?"

"L'ultima volta che li abbiamo visti... è stato a poche centinaia di metri da qui. Abbiamo cercato di salvarli... ma ci siamo trovati di fronte un po' di quei bestioni tutti muscoli, e abbiamo dovuto ritirarci..." disse Agnese, mentre con il braccio sano indicava i corpi senza vita degli ogre che lei e i suoi compagni avevano ucciso. Il braccio ferito le inviò un impulso di dolore che le raggiunse la spalla e il torace, ed Agnese strinse i denti e si afferrò il braccio con la mano ancora utilizzabile. "Ugh... e purtroppo, non ne siamo neanche usciti del tutto illesi..."

"Aspetta, Agnese. Adesso penso io a te e a Francesco..." cominciò a dire Esmerelda, un attimo prima che il piccolo Bastiano si facesse avanti e si schiarisse la voce.

 

"Se... se posso, monna Esmerelda..." disse, un po' timidamente. Quando Esmerelda lo guardò con vago stupore, il piccolo oracolo zoppicò fino ad Agnese e mormorò qualche parola a bassa voce, poi passò una mano sul braccio ferito della mezzelfa e fece scorrere in esso un impulso di energia positiva. Dopo qualche secondo, Agnese non sentì più dolore e riuscì a muovere il braccio quasi come prima - era un po' rigido, ma nulla che un po' di riposo non curasse.

 

"Ma... ma come..." si chiese Agnese, guardandosi il braccio e poi flettendo le dita, come se volesse verificare di persona che tutto fosse a posto. "Pazzesco... hey, piccolo, vorresti forse dirmi che sei stato tu a lanciare quell'incantesimo? Come... come hai fatto?"

"Basti è un oracolo!" esclamò Matilde, dando al suo amichetto una pacca amichevole sulla spalla... con abbastanza forza da farlo quasi cascare faccia a terra! "Gli incantesimi di guarigione sono la sua specialità! E io... beh, non per vantarmi, ma con la spada me la cavo bene!"

 

Mentre Bastiano si massaggiava la schiena con aria imbarazzata e poi andava da Francesco, quest'ultimo guardò i due piccoli avventurieri con un misto di stupore e disapprovazione. "Cosa? Hey, aspettate un momento!" esclamò, rivolgendosi a quella che gli sembrava essere la capogruppo, ovvero Maria. "Che razza di idea balorda vi è venuta in mente? Reclutare dei bambini soldato? Mi rendo conto che abbiamo a che fare con delle gravi minacce a Tilea, e abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile, ma da qui a coinvolgere dei bambini..."

 

"Hey, hey, aspetta un momento, amico!" esclamò Pandora mettendo le mani avanti, mentre Matilde si voltava verso Francesco con un'espressione di dubbio e irritazione. "Noi non volevamo coinvolgerli! Si sono ritrovati invischiati in tutto questo contro la loro volontà... e adesso, beh, sono con noi perchè è il modo migliore per proteggerli dai Malformatori che li vorrebbero catturare!"

"E' vero... e comunque, abbiamo detto loro che se non vogliono esporsi ai rischi della vita da avventurieri, sono liberi di restare indietro." affermò Maria. "Matilde e Bastiano sono qui perchè vogliono essere qui."

 

"Okay, okay... non è il caso di discutere di queste cose, non adesso, al momento." affermò Esmerelda, cercando di riportare la conversazione sui binari precedenti. "I nostri compagni, messer Baldo e messer Hormond... sono ancora da qualche parte in questi boschi fatati, e dobbiamo cercare di ritrovarli... voi siete venuti qui proprio per cercare noi, giusto?"

Dario annuì con decisione. Per qualche motivo, aver rivisto Esmerelda e averla vicino in quel momento lo faceva sentire più deciso e disposto a rischiare. "Certamente. E faremo tutto il possibile per salvare anche i vostri compagni." affermò. "Esmerelda... hai detto che quegli ogre vi hanno costretto alla fuga... da dove, esattamente? Forse con noi al vostro fianco avremo qualche possibilità in più di liberare i vostri compagni!"

 

"Aspettate un momento! Sta arrivando qualcuno!" esclamò improvvisamente Sotero drizzando le orecchie. Maria si guardò attorno mentre attorno a loro provenivano dei fruscii di vegetazione che veniva spostata... e, con sua grande sorpresa, il suono inconfondibile di zoccoli che si appoggiavano su un terreno sassoso. Allarmati, i membri delle due spedizioni misero mano alle armi... e dalla vegetazione emersero due creature dall'aspetto inconfondibile: la testa, il torso e le braccia erano quelle di due uomini muscolosi, con lunghi capelli neri, lineamenti un po' rozzi ma attraenti, e diversi tatuaggi sulle spalle e sulla schiena. Ma il resto del suo corpo era quello di un agile e muscoloso cavallo da battaglia ricoperto di una lucida pelliccia marrone - si trattava, senza ombra di dubbio, di due centauri, creature fatate conosciute per la loro abilità nella caccia e per il loro carattere passionale ed impulsivo. Questi due, in particolare, erano armati di archi e frecce... ma in quel momento, per fortuna, non avevano nulla di incoccato e non sembravano avere intenzioni ostili.

 

Quello che invece preoccupò di più il gruppo fu vedere che i due centauri erano affiancati da altre quattro creature dall'aspetto stravagante ed inconfondibile: quattro enormi lepri, grandi come cani da caccia, con delle spettacolari corna da cervo che fuoriuscivano dalla testa, vicino alle loro lunghe orecchie! Quattro leprilopi, senza ombra di dubbio...

 

"Ah! Quelli sono... centauri?" chiese Matilde, sgranando gli occhi per la meraviglia. Aveva sentito parlare di loro nelle storie di avventurieri ed esploratori che lei amava, e in effetti sperava un giorno di poterli vedere dal vivo... ma incontrarli era un'esperienza davvero incredibile... "E quelli... che carini, sembrano conigli con le corna da cervo!"

"Sarebbero anche più carini se non fossero puntate verso di noi..." rispose Gunter. Il nano si teneva pronto a tirare fuori il suo moschetto in caso di bisogno, ma attendeva che fossero i nuovi arrivati a fare la prima mossa ostile.

 

"Fermi dove siete, stranieri." intimò uno dei centauri, un guerriero dall'aspetto fiero con i capelli legati in una coda e un'evidente cicatrice sul pettorale destro, chiaramente il segno di artigli. "Come mai vi trovate nel territorio di Lady Eudora? Se siete seguaci della Bella Dama Senza Cuore, non siete i benvenuti qui!"

Nisa corrugò la fronte, non avendo mai sentito quel nome prima di allora. "Non sappiamo assolutamente nulla di questa vostra Bella Dama Senza Cuore." affermò. "Veniamo qui in pace, non abbiamo intenzione di combattere. Tutto quello che vogliamo fare è salvare alcuni nostri compagni!"

 

I leprilopi restarono fermi al loro posto con le corna alzate, formando una piccola barriera di corna affilate davanti ai due centauri. Ma questi ultimi non diedero cenno di voler attaccare, e restarono fermi al loro posto, osservando con attenzione il gruppo di umani e semiumani... più quel piccolo coboldo dalle squame blu che si guardava attorno nervosamente. Incoraggiata dalla loro reazione, Nisa si avvicinò lentamente, tenendo le mani alzate in modo da confermare che non aveva intenzioni ostili. "Possiamo assicurarvi che non vogliamo farvi del male. Avete detto... Lady Eudora, vero? Avremmo davvero bisogno di incontrarci con lei, se la cosa fosse fattibile. Noi siamo Abolitori... e il nostro superiore ci ha fatto il nome della vostra signora."

 

"Abolitori?" chiese il secondo centauro. Questa volta, anche i leprilopi restarono stupiti quando Nisa pronunciò quel nome, e abbassarono le corna in segno di non voler proseguire le ostilità, almeno per il momento. "Hmm... sembrate convincenti. Ma come possiamo essere sicuri che siete chi dite di essere, e non seguaci della Bella Dama Senza Cuore?"

"Beh, per quello... possiamo darvi noi una piccola conferma." disse Dario. "Siamo stati mandati qui dal nostro superiore, messer Manuèl. Il nome vi dice quacosa, immagino."

"Certamente." rispose il primo centauro, adess decisamente meno ostile. I leprilopi si rilassarono, e la più grande delle strane creature leporine abbassò la testa in segno di scuse. "Vogliate scusare i nostri sospetti, stranieri, ma non si può mai essere troppo sicuri. Da un po' di tempo a questa parte, una creatura fatata degenere, conosciuta come la Bella Dama Senza Cuore, ha reclamato per sè una parte di questa foresta, e con il suo gruppo di ogre e creature maligne sta cercando di espandere il suo dominio, catturando i nostri piccoli fratelli, e usandoli per delle pratiche magiche orribili."

 

"E probabilmente, catturando anche coloro che passano da queste parti." affermò Esmerelda. "Due dei nostri compagni sono ancora dispersi, e riteniamo che sia stata proprio questa Bella Dama a catturarli... se dite che questi ogre sono suoi servitori..."

I due centauri si guardarono a vicenda, e il leprilope più grande lanciò una serie di squittii acuti, e i suoi simili si misero immediatamente dritti e attenti, drizzando persino le orecchie! Immaginando che fosse il momento giusto per proseguire, Nisa e Canga si fecero avanti, e l'elfa dai capelli verdi appoggiò un ginocchio a terra e si mise una mano stretta a pugno sul cuore, in segno di rispetto per gli abitanti del Feywild.

 

"Se potessimo discutere con la vostra signora, potremmo spiegarle la nostra situazione, e magari darvi una mano contro la Bella Dama Senza Cuore." affermò. "Vi chiediamo solo di fidarci di noi. Vi possiamo assicurare che le nostre intenzioni sono del tutto amichevoli nei vostri confronti."

"Va bene. Abbiamo deciso di fidarci di voi." rispose il secondo centauro. Il suo compagno annuì, e i leprilopi si separarono, piazzandosi ai lati dei due uomini-cavallo. "Prego, seguiteci. Vi porteremo da Lady Eudora, e potrete spiegare a lei la vostra situazione." Terminò la frase gettando un'occhiata incuriosita a Canga, e chiedendosi che sorta di animale fosse. Non ne aveva mai visto uno così strano...

 

Nisa sorrise e chinò la testa in segno di ringraziamento, mentre il suo compagno canguro mosse le orecchie su e giù. "Vi ringraziamo. Vi possiamo assicurare che non ve ne pentirete." affermò, con grande sollievo del resto del gruppo. Dario annuì soddisfatto e guardò verso Esmerelda, che si pettinò i lunghi capelli ramati con un lento gesto della mano e sorrise gentilmente - sentiva che finalmente, dopo una serie di giornate difficili, la fortuna riprendeva a girare dalla loro parte. Ed essersi ritrovati era solo l'inizio...

 

"E va bene... seguiamo questi stalloni." affermò Maria rassegnata, per poi assicurarsi nuovamente l'ascia alla schiena. Se non altro, questo voleva dire che non avrebbero dovuto attaccare briga con gli uomini di una loro potenziale alleata.

In fila e in ordine, i due gruppi di avventurieri si misero a seguire i due centauri, con i leprilopi che marciavano ai loro lati con le orecchie tese e le corna alzate...

 

 

oooooooooo

 

 

"Allora, schiavi? Che cosa avete da dire?" intimò una fredda voce femminile, sovrapponendosi al gentile suono della cascatella che si sentiva in sottofondo. "La vostra incompetenza ci è costata la fuga di quei tre intrusi."

 

Nel bel mezzo di una meravigliosa radura verdeggiante, alcuni ogre erano genuflessi in segno di cieca sottomissione davanti ad una cascata che celava una figura femminile alta e slanciata, i cui lineamenti erano parzialmente oscurati dall'acqua che scendeva, ma si distinguevano comunque abbastanza bene da far capire che si trattava di una donna bella ed attraente. Accanto agli ogre, una strana creatura teneva lo sguardo fisso verso la cascata, senza lo stesso servilismo di quei mostri, ma comunque con espressione preoccupata: si trattava di un vecchietto alto come un bambino umano, ma con un fisico sorprendentemente robusto, a malapena celato dalla casacca grigia che indossava. Aveva una corta barbetta bianca, e il suo abbigliamento era completato da un cappello a punta di colore rosso intenso, e da un paio di stivali con le punte rinforzate in metallo. Il suo aspetto buffo contrastava con la minacciosa falce alla quale si appoggiava, la cui lama era stata lucidata in maniera quasi ossessiva.

 

"Ecco... siamo spiacenti, padrona. Abbiamo cercato di fermare i mezzelfi e l'umana dai capelli sanguigni, ma si sono rivelati più sfuggenti del previsto." affermò il vecchietto, la cui voce suonava forte e ben cadenzata, come quella di un giovane adulto. "Detto questo... abbiamo comunque i loro compagni di squadra. Non credo proprio che li abbandoneranno."

"Giusto. Su questo ti devo dare ragione, Stillavispa." affermò la donna dietro la cascata. Quando il vecchietto con la falce guardò meglio, vide altre due figure umanoidi assieme alla sua signora - e una di queste aveva la stessa struttura fisica tozza e squadrata di un nano. "Ma non possiamo lasciare che quegli intrusi si uniscano alla mia rivale. Assieme, potrebbero costituire un pericolo per noi. E i nostri collaboratori non sarebbero contenti se noi non consegnassimo loro ciò che abbiamo promesso. Perciò, immagino che tu e i tuoi stupidi bestioni sappiate già cosa voglio che facciate."

 

"Intende dire..." cominciò Stillavispa, dapprima stupito, ma poi sfoderando un ghigno di comprensione. "Ooooh, certamente! Credo che i nostri nemici cadranno facilmente in questa trappola. Lasciate fare a me, padrona, passerò il messaggio a tutti i nostri servi, e farò in modo che si preparino. Potrebbe essere il momento giusto per chiudere i conti una volta per tutte con quegli Abolitori."     

 

"E' proprio questo il mio pensiero, Stillavispa." rispose la donna dietro la cascata. "Provvedi tu a comunucare i miei ordini, e che si sappia che non ammetterò fallimenti. Per quanto riguarda voi due... voi farete quello che la vostra amata vi chiede, vero?"

 

"Sì... sì... mia amata..." rispose la voce di un uomo di mezz'età. Se qualcuno avesse potuto sentire quella voce in quel momento, avrebbe probabilmente notato la quasi totale mancanza di emozione che non fosse abietto servilismo verso la figura...

"Nessuno può... minacciarti..." fece eco un'altra voce, un po' più profonda e dal rozzo accento dei nani. "Dì solo una parola... e ti porteremo i cuori... di chi vuole farti... del male!"

 

"Pazienza, miei diletti. Pazienza. Ne avrete l'occasione." rispose con tuttta calma la donna misteriosa. "Per adesso, limitatevi a seguire Stillavispa, ed eseguite i suoi ordini come se fossero i miei. Fatelo, eliminate i miei nemici, e vi concederò il mio amore incondizionato! Lo so bene che voi non potete vivere senza di me... nè io senza di voi, è chiaro... quindi fate in modo di non deludermi, okay? Altrimenti... temo che non meriterete più il mio amore."

 

"No, mia amata, non lasciarci! Vedrai che sapremo essere degni di te e del tuo affetto!" esclamò allarmato l'uomo. Gli ogre emisero un coretto di mugugnii e lamenti, anche loro impauriti alll'idea di perdere l'amore della loro "signora"... Stillavispa era l'unico a mantenere la ragione, per quanto anche lui non avesse nessuna intenzione di deludere la sua signora. Per quanto lo riguardava, si preannunciava la possibilità di spargere un po' di sangue in nome suo, e il sanguinario folletto non poteva chiedere di meglio, almeno per il momento...

 

                 

oooooooooo

 

Davanti allo spettacolo che si stava parando davanti a loro, Dario e i suoi compagni erano rimasti senza parole. I centauri e i leprilopi li avevano guidati attraverso vari sentieri nel bel mezzo della foresta fatata, e adesso, dopo una lunga camminata, erano arrivati di fronte ad una grande radura il cui terreno era ricoperto di foglie dorate che formavano una sorta di tappeto, pervasa da un'atmosfera di gioia e rilassatezza che non avevano trovato da nessun altra parte in quello strano luogo. Per quanto avessero già visto spettacoli suggestivi nel loro girovagare per la foresta, c'era sempre stato quel senso di inquietudine e minaccia imminente che faceva pensare che stessero per cadere in un agguato. Questo però non valeva per quella radura, che dava persino l'impressione di essere più luminosa di ogni altra parte della foresta.

 

"Fatemi indovinare..." disse Pandora, mentre attorno a loro cominciavano a fluttuare numerosi folletti alati dai colori sgargianti, non più grandi della mano di un uomo. "Questa è la corte di Lady Eudora, giusto? Hey, Sotero, quei folletti non sono da mangiare!"

"Lo so, miao! Ma io sono un gatto, e tutto quello che si muove attira la mia attenzione, miao!" rispose il gatto nero, mentre con una zampina cercava di prendere uno dei folletti, che stava spargendo petali attorno a loro. In realtà, il famiglio non dava l'aria di volerlo prendere sul serio... e il folletto stesso non sembrava spaventato, limitandosi piuttosto a riderci su e a fluttuare fuori dalla portata di Sotero.

 

Dalla parte opposta della radura, seduta su un ceppo, un'aggraziata figura femminile guardava verso il gruppo, osservandoli attentamente per qualche istante prima di alzarsi e andare loro incontro con un sorriso di benvenuto, che tuttavia non celava un'ombra di preoccupazione. Dario ed Esmerelda per primi si accorsero della fanciulla e del suo aspetto - era molto bella, alta e dal fisico atletico, ma non sarebbe stato possibile scambiarla per un'umana, neanche per un osservatore distratto. Indossava un vestito intero verde e giallo, simile ad una tunica, fatto di foglie attentamente cucite tra loro, che lasciava le braccia scoperte, e ai piedi portava un paio di calzari argentati che salivano fino alle ginocchia. Ma la sua pelle era di uno strano, intenso colore marrone-giallo, e sembrava quasi la corteccia di un albero, mentre i suoi lunghi capelli erano verdi, legati in una treccia che scendeva lungo la schiena, e davano l'impressione di essere fili d'erba intrecciati. I suoi occhi erano neri, profondi e acuti, ed emettevano riflessi come due piccole pozzanghere, e i suoi lineamenti erano eleganti e al tempo stesso vivaci, mettendo assieme forza, dignità ed energia.

 

La misteriosa donna si fermò a pochi metri dal gruppo, e immediatamente, i due centauri che accompagnavano il gruppo di Dario si fermarono e chinarono il capo in segno di rispetto. I leprilopi, da parte loro, si fermarono a distanza di cortesia, e i folletti alati fecero un breve applauso, che ricordava quasi il mormorio dell'acqua che fluiva tra i sassi. Immaginando con chi avessero a che fare, i membri del gruppo di avventurieri si fermarono e si inchinarono davanti alla fanciulla.

 

"Non c'è bisogno di essere così formali." disse la misteriosa ragazza con voce acuta, sorridendo e facendo loro cenno di alzarsi. "Voi siete gli Abolitori, vero? Avevo il presentimento che vi avrei incontrato presto... e per me è un grande onore, anche se temo che la vostra presenza significhi che il nostro paese... forse il nostro stesso mondo... sono in pericolo."

Mettendo da parte la preoccupazione per quell'affermazione, Nisa prese fiato. "Voi siete Lady Eudora, immagino." affermò.

 

La fanciulla fatata annuì lentamente. "Sono io, miei gentili ospiti." rispose. "Benvenuti nella Foresta di Bramoldia."   
             

 

oooooooooo

 

 

CONTINUA...   

   

 

  
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