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Autore: LaserGar    18/03/2023    0 recensioni
Yunix Braviery ha 16 anni. Dopo aver perso la memoria in circostanze ignote, il ragazzo, completamente solo, si è ritrovato a vagare in un mondo dominato dai Quirk, alla ricerca di una sistemazione stabile. La sua unica certezza è di aver commesso un crimine terribile, perciò mantiene un profilo basso, cercando di non avere contatti con nessuno. Dopo due mesi di vagabondaggio giunge alla sua meta che spera ponga fine alla sua 'fuga' intercontinentale: lo stato/città indipendente di Temigor, nella punta meridionale dell'isola del Kyushu. La città in questione, chiamata Kotetsu dai Giapponesi, per l'acciaio speciale che vi si ricava all'interno, è una metropoli ricca di persone provenienti da ogni dove. L'HG è l'accademia per eroi della città, capace di rivaleggiare contro lo U.A, per il titolo di scuola migliore per eroi. Nel frattempo, un cimelio del passato rinvenuto nella giungla sudamericana rischia di far sprofondare nel caos non solo Temigor, ma tutta la società degli Heroes. Yunix non sa ancora cosa l'aspetta quando si ritroverà faccia a faccia con il suo futuro e ovviamente il suo passato.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Una Strada per il Futuro - Parte Sesta: il mistero di Hearts Galvan


A varcare la porta, simile a uno di quegli usci con manovella girevole che infestano i sottomarini, fu un uomo sulla quarantina, pipa in bocca, capelli castani dalle punte biondastre, un viso vissuto, segnato dal tempo, e degli occhi parecchio, ma parecchio sgranati.

«Ah... In nome del cielo, perché ci portiamo ancora addietro le manie di Hearth?» borbottò a bocca piena, frugando negli scomparti della giacca rattoppata alla ricerca di qualcosa.

«Buongiorno professore!» lo salutarono all’unisono tutti i ragazzi della 1A, alzandosi in piedi in contemporanea, quasi come delle marionette. Il motivo era evidente. Volevano fare una buona impressione e Yunix, una volta tanto, non esitò a unirsi al saluto generale.

Di contro, l’uomo vestito all’antica non li degnò della minima attenzione. Sospirando, depose la valigia che portava a mano sulla cattedra di alluminio.
«Fa sempre così con le matricole, quel buono a nulla». Continuava a comportarsi come se fosse in completa solitudine. Tirò via la pipa dalla bocca e iniziò a versare il contenuto in un portacenere. «Un’astronave..? Letteralmente un inficio al mio stile vintage, guarda te che invidioso».
Aveva una voce stanca, energica il minimo sufficiente perché potessero udirla, non che si stesse rivolgendo a loro, comunque.

Il primo a perdere la pazienza fu Coal, che però era abbastanza accorto da non voler rischiare l’espulsione per un volgare capriccio. Ripiegò piuttosto a una soluzione diversa: attirare l’attenzione di Furry, che era in prima fila, in fondo all’ala sinistra. Dopo che il piccolo pellerossa ebbe porto orecchio nella sua direzione, il piromante iniziò a battere ritmicamente il pugno sul palmo, i nervi contratti sul volto per la concentrazione.
«Codice morse...» sussurrò Herneist, «che classe piena di sorprese, nemmeno io potrei decifrarlo senza un abbecedario specifico».
Yunix dovette assentire con un impercettibile cenno del capo. Furry però parve decifrarlo alla perfezione, perché sollevò il pollice in segno di ok e alzò una mano.
«Professore, Furry Condell qui! A nome della classe, siamo tanto tanto tanto felici di poter imparare da un uomo lindo e svampito come lei, attendiamo ardentemente d’iniziare a menare le mani, pam, pam!» concluse eseguendo due rapidi pugni per l’emozione, come se fosse un boxer.

Oltre alla prevedibile miriade di occhiatacce da parte dei compagni, anche l’arcigno professore indirizzò il cranio verso la fonte del rumore inatteso, riservando al malcapitato un cipiglio sinistro. La sua faccia raggrinzì come un pomo marcio. Furry perse coraggio e comprese di aver messo un piede in fallo.
«Ma che gli hai detto di dire..?» fece Asia a Coal, coprendosi la bocca con la mano, per evitare di essere beccata. Il ragazzo aveva un sorriso perfido stampato in faccia, che si affrettò a scacciare all’occhiata micidiale della esperta di arti marziali.
«Frena, frena. Niente di così estremo, è colpa mia se prende le cose alla lettera, non ho capito?» rispose con un filo di voce.

L’insegnante pareva costernato.
«Credo... credo di aver sentito male» balbettò, scuotendo leggermente il capo, gli occhi sbarrati, grandi come scodelle. «Scusa tanto, ma chi ti crediti di essere esattamente, signorino? Vuoi essere il primo a essere espulso, l’exemplum per un intero corso?»
Yunix non avrebbe mai voluto trovarsi al posto del ragazzo dalla pelle indiana in quel momento.
«A-aspetti, c-aahhh... non... intendevo.. non... ththt- deve aver frainteso... io...»

L’uomo si elevò in tutta la sua grandezza, sovrastando con la sua ombra persino la luce dei fotoni.
«Io avrei frainteso!? Entro una settimana, ci saranno solo tre paia di studenti a farmi la corte, posso già intravedere chi saranno» i suoi occhi severi si fermarono qua e là, su Asia, su qualcun altro alle spalle di Yunix, sul ragazzo accanto a Yunix, definitivamente non su Yunix. “E te pareva...” «Chi pensa che dopo quella bazzecola del test il peggio sia passato, si è a malapena fermato al sesto capoverso della prima pagina della Bibbia, all’incipit degli incipit».
«Che drammatico» ironizzò Coal a voce bassissima.
Furry non sapeva che pesci pigliare, il suo viso era quello di una moffetta impaurita, tremava, poveretto.
«E tu... Non osare neanche fiatare, se ti becco a singhiozzare ti giuro che ti mando a casa assieme al tuo compagno di banco, lo giuro sul nome dei padri fondatori, tu e il giovanotto arzillo affianco a te».

Il ragazzo quieto dai capelli tempestati di spilli corrugò la fronte, preso in causa.
«Mi perdoni, cosa c’entro io..?»

L’uomo lanciò un urlo assordante, facendoli quasi sorridere, ma lasciarlo intuire fu un grosso errore.
Gli occhi dell’uomo s’iniettarono di sangue.

«Non un’altra parola, non un singolo singulto, vi voglio con le bocche tappate, come se foste in una, perdonate la scurrilità, cavolo di caserma per superuomini, che a conti fatti è esattamente la meta che questa scuola si prefigge di farvi raggiungere, ci siamo capiti?» alzò le dita come un direttore d’orchestra, aspettandosi una risposta corale.

«Sì, signor professore» risposero d’istinto i ragazzi, Furry quasi mugolando.
L’uomo in giacca e cravatta abbassò il mento.
«Hm... può anche andare, ora se permettete...» si avvicinò con le stesse ampie falcate con cui era entrato al banco di Furry.
«No, la prego».
«ZITTO!» Allungò una mano raggrinzita verso il suo viso lentigginoso. Gli occhietti infantili erano pieni di paura, il piccoletto era a tanto così dall’avere un infarto in piena regola.
Yunix si pentì di averlo usato come cavia la sera prima, e plausibilmente lo stesso stava vorticando anche nella testa di Coal, perché lo vide grattarsi debolmente la tempia, rapito dalla scena che aveva di fronte.
«Lo lasci stare!» gridò Asia, abbandonando ogni cautela. «Non osserverò un mio compagno...»
L’uomo usò l’altra mano per schioccare tre volte le dita.
«Al prossimo che parla strappo le orecchie e le appendo su una gruccia, ora signor Condell...» la mano incombeva sul suo viso atterrito. «Ho deciso di...» tutti trattennero il respiro, Furry iniziò a piagnucolare.

«Oh, insomma, come faccio a mantenere la farsa se mi impietosisci con i tuoi vagiti da neonato in fasce» esclamò il professore colpendolo dolcemente sulla fronte.
Nel silenzio di tomba che seguì, l’uomo scoppiò in una risata fragorosa. «Fregati anche questa primavera! Non posso credere che ci riesca tutte le volte, forse ho davvero sbagliato carriera, oltre che epoca, misericordia. Magari fossi un satiro, coi suoi zoccoli di capra, sempre a ritmo con le note...» Si allontanò dal banco, danzando in cerchi via via più ampi. «Baccanti! Me ne vado a raggiungere le baccanti, sui pendii di Citerone, mi unirò alle loro danze».
Perfezionava i passi in un turbinio, con l’abito a rombi scuri che svolazzava attorno alle ginocchia, le mani tenevano il ritmo. Persino Herneist ne era sconcertato e prima che uno qualunque degli alunni potesse processare tutta quell’insensatezza, l’uomo aveva tranciato di netto il corso della melodia.

Solo la ragazza dal pelo azzurro continuò a canticchiare lo stesso motivo, persa da qualche parte dietro quella specie di apparecchio elettronico che le celava parte del volto trascurato.

«Tornando seri, ora...» esordì il professore, saltando a gambe incrociate dietro la cattedra, dove si sedette davanti a una platea pietrificata. «Mettiamo in chiaro un paio di cose: non siamo in un carcere, io non sono il sergente maggiore Hartman e di sicuro non voglio che si rimanga in quattro gatti. Se la scuola ha la reputazione di sfornare solo pochi eroi all’anno è perché semplicemente si tratta di un’educazione rigorosa, che bilancia ottime prospettive con un percorso arduo, lungo e difficile, per aspera ad astra, questo è il mio motto. Un percorso che in un modo o nell’altro vi metterà a nudo per ciò che siete, senza infiorettature, senza maschere o secondi fini».
Il professore studiò attentamente i ragazzi negli ultimi banchi.
«Stando così le cose, se non avete in voi un indomabile cuore eroico potete pure fare i bagagli, perché sarete espulsi entro la fine del primo semestre, senza se e senza ma. - Su quali basi lo misurate il nostro cuore? - Vi starete domandando questo, ho indovinato?»

Lex tossicchiò alle spalle di Yunix. «Cuore eroico, cuore eroico e intanto però dobbiamo coprire i vostri disastri, renditi conto».

L’uomo non lo udì.
«Con le azioni, cari aspiranti, con i gesti, con il vostro modo di vivere, benché, mi duole dirlo, il vero scoglio per la prosecuzione del vostro percorso sarà la professoressa Ektel in persona, la quale avrà accesso illimitato a ciò che gironzola nel vostro conscio e subconscio. Se siete qui per fama, soldi, vendetta, o altre ragioni, senza un accenno di crudo eroismo nella bisaccia dello spirito, lo capirà nel giro di qualche settimana o pochi mesi al massimo, e provvederemo al vostro allontanamento con decorrenza immediata, ci sono domande fin qua?»

La classe era silenziosa. Yunix non riusciva a capire come una persona potesse passare dall’essere un intransigente insegnante, a un nostalgico ballerino e viceversa con tale fluidità, però riusciva a comprendere bene la minaccia che la donna di nome Ektel portava con sé. “La sua maledizione, come la chiama”.

«Herneist, la professoressa che ha nominato, l’ho conosciuta... Ha un potere singolare, Eco si chiama, le permette di leggerci nel pensiero praticamente».

Gli sembrò importante condividere l’informazione con qualcuno, nonostante quella persona fosse la peggiore con cui confidarsi, dal momento che, purché infima, era a tutti gli effetti la più vicina. Il ragazzo dai codini a raggiera fece intendere che aveva recepito il messaggio.
“Se solo venisse cacciato a causa di quell’eroina col passamontagna, diavolo sarebbe fantastico...” rimuginò Yunix, pentendosi subito dopo di quei pensieri impuri.
Che strano, però: non riusciva in alcun modo a riportare alla mente l’immagine di quella ragazza che gli aveva dato asilo all’ingresso della villa, come se fosse scomparsa dalla sua mente. Anche quell’uomo... aveva la netta impressione di averlo già incontrato, ma dove? E perché si sentiva la testa così leggera? Un formicolio ai peli del braccio destro gli diceva chiaro e tondo che qualcosa non tornava, ma ora non era il momento. Avrebbe avuto tempo più tardi. Ora non perdersi informazioni importanti sulla scuola era la priorità. Partiva svantaggiato rispetto agli altri. Poteva dirlo senza bisogno di prove.

Presso la cattedra, l’insegnante li passava in rassegna uno ad uno, cercando inesistenti mani alzate. Dopo la scenata con Furry, tutti sembravano meno propensi che mai a dire la loro. Come biasimarli? Dopotutto conoscevano quella figura ambigua da pochi minuti, non potevano certo prendere le sue parole rassicuranti come oro colato.
Nonostante questo, il suo sospiro affranto non stupì nessuno.

«Povero me, il silenzio è dei cinici e dei codardi, spero mi proverete diversamente, strada facendo» tirò fuori un minuscolo panno dalla valigia e iniziò a passarselo sulla fronte, come un’anima in pena. «Se poi mi tocca smantellare la classe come i due anni passati, che figura ci faccio, misericordia?» continuò, parlando fra sé e sé.

Yunix e più o meno metà dei compagni orripilarono.

«Smantellare? Due anni?» ripeté congestionato il ragazzone in fondo alla classe, che Yunix notò ora avere una singola, solitaria impomatata ciocca di capelli simile a un punteruolo svettare sulla rasatura militare di capelli neri.
«Pfff, vuole solo intimidirci, è così palese» lo schernì Marin, sbadigliando.
L’armatura nera posseduta, a fianco a lei, cigolò appena, come se volesse darle ragione.

«A me gli occhi» richiamò l’attenzione di tutti il professore, ottenendo di nuovo il silenzio. «Ora. Mi pare assodato che...»

«Professore..?» Il ragazzo con la stella sulla fronte aveva la mano alzata.
Schiacciato tra le figure tenebrose e grottesche di Arc e del sinistro involucro nero, Chooki saltava ben poco all’occhio. Per di più, era stato il più taciturno fino a quel momento, letteralmente muto come un pesce. Yunix si era quasi scordato della sua presenza e dire che era tra i pochi che conosceva fin dal test.

L’uomo diede rispettosamente la parola al giovane.
«Prego, signor...»

«Chooki Mason, passato per miracolo praticamente. Signore, c’è una cosa che non comprendo. Se devo essere onesto, non riesco a capire perché i primi cinque classificati si trovino nella stessa classe. Non sarebbe stato più sensato dividerli?»
Il ragazzo tacque. Evitò di proseguire con “e che ci faccio io nella loro stessa stanza?”, parole che aleggiarono nell’aria come tanfo putrescente.

«Nessun disturbo. Hai sollevato una questione interessante. È tradizione, o meglio abitudine inserire i primi cinque del test nella stessa sezione, bada bene, non per una volontà di privilegiarne una, in sfavore dell’altra, quanto più per dimostrare una semplice verità: voi non siete posizioni, voi siete potenzialità, e da tempo immemore la media degli studenti che arriva alla vetta, al diploma, è la stessa per entrambe le classi, sia quella coi primi cinque in graduatoria, che quella che ne è sprovvista».

Marin ebbe una specie di crisi di nervi e Yunix, direttamente davanti al suo tavolo, capì cosa l’aveva provocata. «Quindi tu lo sapevi, lurido piccolo verme». Non poté alzare la voce come avrebbe voluto, ma il diretto interessato sentì alla perfezione. «Uhuhu, Marin e non sai ancora cos’ho in serbo per te...» la stuzzicò Coal, «sono proprio un fortune teller di prima categoria, fammelo dire».
«Sapere già le cose non conta come predirle!» esclamò Marin, la voce ovattata.

Il maestro richiese di nuovo il silenzio.

«Allora, ho risposto alla tua domanda?»
«Sì...» replicò Chooki, gli occhi lucidi, sprofondando di nuovo nel sedile.
«Ha lasciato la voglia di vivere nell’altra giacca, quest’altro» mormorò Herneist prima di alzare a sua volta la mano. «Mi permetta, signore, temo che la mia compagna qua a fianco abbia fatto le ore piccole stanotte».

La ragazza simile a un dolce natalizio due gusti ronfava beatamente al sicuro nella beata copertura dei sedili fantascientifici.
«Povero me, qualcuno la svegli, forza. Tu, con la maschera».
Il ragazzo dai modi belluini a fianco a Herneist emise un ringhio, che irritò alquanto il professore. «Sempre se non sto disturbando qualcosa» insisté, la minaccia che incombeva in quella voce così flemmatica.

«Spioneee, mezza cartucciaaa...! Io faccio quello che mi pare e piace, capito occhi strani?» ruggì in direzione di Herneist che cercava di riportarlo alla ragione.
«My, my, caspita qui ci vuole ben più di un corso sulle buone maniere. Non si preoccupi professore, è un problema che va al di là di una mancanza di rispetto verso di lei. Se permette...»

L’uomo fece un cenno d’assenso.
«Hai carta bianca, mi avevano informato di alcuni soggetti peculiari».

Yunix vide il compagno di banco compiere un gesto strano. Appoggiò la mano fra i capelli ispidi color albicocca del ragazzo, protendendosi verso di lui come un cobra.
«Canta, mio gallo, annuncia l’aurora. Sveglia la ragazza, Gur Kakaito, scoprirai quanti vantaggi ricaverai dall’avermi fatto un favore». Avvicinò il braccio ossuto al foro della bocca, sotto la maschera. «Lo potrai masticare tanto quanto vorrai, in cambio chiedo solo un po’ di reciproca, perenne fedeltà» pronunciò tutto quel discorso in un sussurro, che giunse flebile alle orecchie di Yunix.

Quirk, persuasione o ipnosi che fosse, il piano di Herneist funzionò, perché dietro gli strati d’avorio un grugnito appagato diede risposta alla voce ammaliante.
Il professore sbuffò, le mani in tasca.

«Tanti saluti alla nostra credibilità» gemette Asia, ma non fece in tempo a finire che una risata stridula la fece sobbalzare sul sedile.

«Sveglia, sveglia, pezzo di cioccolato nyahahah!»
Gur aveva urlato a pieni polmoni nelle orecchie della bella addormentata, la quale opportunamente si svegliò di soprassalto un po’ inacidita, anche se decisamente meno di quanto sarebbe stata una persona normale.
«Mi scusi dolce signore... yawn... mi devo essere appisolata, non accadrà più...»

«Non importa» liquidò la faccenda lui, gettando occhiate inquiete alla finestra, dove tre asteroidi entravano in collisione con un satellite di dimensioni massicce. «Siamo già fuori tempo massimo, per cui accelererò il ritmo, non vorrei condannare una scolaresca all’oblio per una mia disattenzione, miseria».
«Tsk... non farmi ridere, non l’avrà mica capito dai pianeti, spero» commentò Lex, misurando il tono.

Ignaro, il professore schioccò le dita tre volte e un proiettore calò dal soffitto per riprodurre tre immagini sulla parete dietro la cattedra: una scuola, un hangar e una scena di salvataggio da parte di Heroes professionisti.

«Bene, dunque, come procederà il vostro percorso scolastico? È molto semplice, sarà una permanenza a settimane alterne, dedicate a uno di questi tre parimenti importanti fondamenti per diventare eroi, nonché rispettabili Temigoriani: Teoria» sollevò un dito e la scuola s’illuminò di giallo. «Allenamento intensivo» sollevò il secondo e toccò all’hangar. «Ultimate Test» un terzo dito si aggiunse agli altri due e fu la scena di salvataggio a diventare chiara.

«Che eleganza, potrebbe essere l’uomo della mia vita» bisbigliò la ragazza dai capelli viola fluenti, tali da coprirle anche gli occhi.

«Teoria sta per apprendimento terra terra, di nozioni, logica, educazione civica, attitudine all’eroismo, non dimenticando le materie a cui siete già abituati: matematica, inglese, arte, storia, scienze della terra e in aggiunta inedita economia domestica ed educazione alle culture del mondo. Dal secondo anno in poi potrete specializzarvi in altre facoltà: chimica, superstizione, economia, saggistica, scrittura, psicologia, eccetera, eccetera». L’uomo fece un sorrisetto. «Non vi sto a dire che un risultato inferiore all’eccellenza sarà un campanello d’allarme sul fatto che siete in dirittura di espulsione».
«Scherza vero?» domandò Furry cercando conferme attorno a lui.

«L’allenamento intensivo occuperà la settimana ventura: si costituirà di un addestramento pressoché ininterrotto dalla prima lux fino ai vespri, che temprerà il di voi fisico e forza d’animo. Mens sana in corpore sano».  

«Morituri te salutant, più che altro» brontolò Coal, beccandosi un secondo pugno, questa volta da Asia.

«Come ogni corso che si rispetti, non è nostra intenzione privarvi del tempo libero, per cui la terza e quarta settimana di ogni mese saranno, almeno per il primo trimestre, lasciati alla vostra mente creativa» la voce appassionata dell’uomo troncò il sospiro di sollievo sul nascere, «se non ché in cinque di queste date si svolgeranno gli Ultimate Test, occasioni in cui metteremo a esame il vostro potere e come siete in grado di controllarlo, la vostra forza e come la mettete a disposizione del prossimo, le capacità cognitive di tattica e strategia, e ultimo ma non meno importante... no, non mi va di rovinarvi la sorpresa, non a voi che potreste evolvervi fino a trasformarvi in super uomini».
Li guardò con orgoglio e Yunix, per la prima volta in assoluto, scorse dell’affetto dietro quel viso così provato.
«Tenente a mente che sarà, nel modo più assoluto, un cammino strettamente individuale, in cui nome, costume e licenza da eroe, saranno acquisiti in personal measure tramite i progressi che farete singolarmente».

La ragazza a nord-est nell’ultima fila con la coda di cavallo prese a saltellare sul sedile. Per qualche motivo si era pure allacciata la cintura.
«Yum! Just come salire di livello, guadagniamo items e diventiamo più forti! Una roadmap con check points e ricompense: Yahoo!»

«Aye! Non avrei usato le stesse parole, ma altroché se hai ragione» la sostenne in maniera adorabile lo studente accanto a lei, il quinto classificato, che da quando era entrato in classe non si era mai tolto il sorriso dal volto. «Sarà come...» sollevò un dito a media altezza, colto dall’illuminazione, «un king of the hill sulla cresta dell’onda!»
Come la prossemica, anche la sua voce era dolce come il miele, accattivante, piena di alta considerazione di sé e degli altri, acnche se Yunix, ben lungi dal voler giudicare senza sapere, si ritrovò a mimare meccanicamente con le labbra una frase pungente: "non è tutto oro quel che luccica", che chiaramente si tenne per sé. 

Ben diverso fu l’intervento seguente ad opera dell’angolo nord-ovest della classe. La ragazza dalla carnagione olivastra che non aveva ancora detto una parola ad alta voce parlò dal suo anfiteatro di capelli ricci simili a spirali capovolte. Era molto magra.
«Oltre a ciò che già sappiamo, qual è la  novità che tanto agogna di disvelarci?»

Il tono criptico non tediò l’insegnante a quanto pareva, anzi lo fece sorridere.
«Ciò che nessuno racconta del nostro istituto è l’oggettività con cui scegliamo chi trionfa e chi decade, mia cara pupilla, o perlomeno abbiamo metri ben precisi, volti a non farci saltare a conclusioni affrettate come spesso accade tra persone che in virtù della loro posizione potrebbero fare quello che vogliono: questi».
L’immagine tripartita lasciò il posto a una tabella a venti colonne con, per ciascuna delle quali, la figura del dato studente.
«Quei quadretti che ora sono bianchi, sotto ognuna delle vostre foto, sono, come vedete quindici a sinistra e cinque a destra. Distinguetevi negli Ultimate Test, prendendo in mano la situazione, giocandovela in maniera più destra degli altri, oppure semplicemente dando il meglio di voi e un quadretto a sinistra della vostra colonna si dipingerà di verde. Al contrario, se la vostra performance lascerà a desiderare, se la vostra incompetenza e/o inefficienza sarà determinante per la sconfitta propria o dell’eventuale squadra, o se anche solo non riuscirete ad avvalervi di opportunità che vi vorrebbero alle redini dell’azione, se insomma fallirete le aspettative che abbiamo e avete su di voi, allora sarà un quadretto a destra a dipingersi... del rosso del fallimento».
Mostrò una mano aperta alla platea in ascolto.
«Cinque fallimenti porteranno all’espulsione, quindici successi al vostro meritato e atteso trionfo: alla maturità, alla graduazione accademica, al titolo di Heroes!»

La ragazza in fondo alla classe parve ancora più infelice di prima.
«E se... non dovessimo raggiungere la completezza di nessuna delle due colonne in tre anni?»
Il silenzio cadde sulla classe.

«Allora saranno tre anni persi» dichiarò l’uomo, con la massima sincerità, «dovrete abbandonare questo edificio, per sempre».

Un’ombra di sconforto calò sulla classe, non risparmiando nessuno. Yunix capiva bene cosa provavano i compagni. Di fronte a loro, lui compreso, non c’era una linea retta in cui poter avanzare in semplice equilibrio. A cosa sarebbe contato stare lì a sorbirsi addestramenti militari, ore e ore di spiegazioni complesse, se poi alla fine sarebbero stati schiacciati dalla necessità di quei quindici quadretti? Non c’era possibilità di lasciarsi scivolare addosso quei tre anni, in maniera passiva, attendendo un boccone gratuito dalle mani dei docenti: forse avrebbe funzionato all’inizio, ma quando il tempo sarebbe stato agli sgoccioli si sarebbero ritrovati con un pugno di mosche in mano, avrebbero dovuto dire addio a ogni sogno, a ogni prospettiva, a ogni speranza. Al test d’ingresso si poteva passare per un colpo di fortuna, per alcuni, per molti era stato così, ma ora che nel sistema c’erano dentro, quello squilibrio tra gli infiniti scalini che dovevano salire, e i pochi passi falsi che potevano fare prima di precipitare nel baratro, gridava a gran voce che erano spacciati, che solo uno su tanti poteva arrivare in fondo a quel tunnel, mantenendo la sua integrità.
L’unico modo era impegnarsi, mettersi davanti agli altri e conquistarsi quei successi, perché erano soli, soli in una competizione nuda e cruda, dove gli stessi compagni non erano che ostacoli, insignificanti avversari da sconfiggere e cinque minuscoli errori potevano significare la fine dei giochi, errori che sarebbero stati costretti a rischiare di prendere se volevano ambire a quei successi. Non c’era via di fuga, sia l’indifferenza, sia l’impegno grezzo, li avrebbero condotti al disastro, l’unica salvezza era il dimostrarsi impeccabili, capaci di imprese eroiche, mostrarsi come semidei, come macchine da guerra, come esseri superiori, conquistare per sé stessi e solo per sé stessi la vetta. Tanta pressione pesava sui loro cuori, carichi di una missione più grande di loro, una missione che li avrebbe condotti alla gloria eterna, o alle porte dell’averno, senza una via di mezzo, che evitasse loro un bivio così infausto e implacabile.

Il professore, anche se aveva detto di avere fretta, li lasciò ai loro pensieri. Dopo aver assistito all’immatricolazione e alla crescita di centinaia e centinaia di giovani, comprendeva meglio di chiunque altro quanta forza di volontà servisse per cambiare in quella misura le proprie prospettive, per mettere in palio tutta la propria vita, per imbarcarsi in quel mondo combattivo, quasi capitalista. "Dovranno lottare con le unghie e con i denti" pensò, quasi invidiandoli.

“Ma cosa sarà mai, in confronto a cercarsi il cibo nella spazzatura? Cosa sarà mai in confronto a combattere un generale decaduto che non ha più nulla da perdere? Cosa sarà mai in confronto ha ciò che ho già dovuto passare?” questi e altri quesiti affioravano nella mente di Yunix, mentre dalle grate si diffondevano sbuffi d'aria condizionata. Per la prima volta, il ragazzo dai capelli grigi credette fermamente di avere un primato in quella classe: non c’era nessuno tra quei visi multiformi che avesse meno da perdere di lui, non poteva essere altrimenti. Questo lo rincuorò.

«Un ultimatum... come ovvio che sia...» mormorò Nimble, in mezzo alla prima fila, il viso di un colorito pallido.

«È naturale» approvò Asia, «Solo così potremo mostrare di volere veramente quel mantello, di non essere fan sfegatati senza un briciolo di merito!»

«Precisamente, signorina Shiena’q» la elogiò il professore.
La ragazza aprì la bocca, perplessa.
«Pensavo che non sapesse i nostri...»
«E che razza di professore sarei se non conoscessi la mia scolaresca?»
«Ehm... professore, mi sa che... ATTENTI!» Un meteorite particolarmente grosso stava per impattare contro la finestra: Furry schizzò via, come un gatto buttato in mezzo a uno stagno, andando a rifugiarsi fra le braccia dell’asiatico dalla cinta piena di pastelli e pennelli. «AAHHH!»

Ma la superficie rocciosa non collise mai con la parete dell’abitacolo.

«L’avevo detto che era un’illusione» borbottò l’artista cercando di staccarsi di dosso un Furry alquanto terrorizzato, che ancora lo abbracciava.

«Non sei completamente in errore, Vartimor Khan, anche se ci sono più elementi di realtà tangibile di quanto sicuramente ti aspetti» rise l’insegnante dando dei colpetti alla parete finché il proiettore non si spense. «Togliamoci subito il dente, dunque. Per chi ne fosse all’oscuro, l’HG, l’accademia per eroi in cui ci troviamo, è un edificio ben più astruso di come viene descritto su Wikipedia. Vedete, l’esistenza di questa proprietà è garantita da una sola persona, che ne è il cuore, proprietario e sovrintendente. Il suo nome è Hearts Galvan, da cui le iniziali H.G., nome dell’istituto. Egli possiede un Quirk molto particolare, su cui vengono attualmente compiute ricerche da milioni e milioni di yen. Tirando le somme, è legato indissolubilmente alla struttura, ne manipola la realtà, ha controllo a grandi linee su ogni stanza, e non sappiamo realmente se abbia costruito lui l’edificio o sia lui l’edificio. Poco importa. La sua sola presenza rende l’accademia inattaccabile dall’esterno, grazie alle capacità sensazionali di cui dispone. Per questo, i controllori, ossia gli inservienti in tenuta rossa che pattugliano i corridoi, sono istruiti in modo tale da adempiere alle sue necessità. Data la sua natura schiva, e ai suoi precedenti, nel corso della vostra immediata permanenza, non avrete modo di conoscerlo, vederlo, o anche solo parlarvi, dimodoché... Che piacere, un’altra mano!» s’interruppe il professore dal viso asciutto, provocando uno spostamento degli sguardi tutti alle loro spalle, alla ricerca del coraggioso che aveva osato interrompere la spiegazione un’altra volta.

Yunix gemette.
Era Arc Nighter. La sua mano alzata sfiorava il tapis roulant appeso al soffitto. Il compagno aveva una presenza così oscura che quasi si confondeva con lo spazio aperto oltre le lunghe finestre.
«Che genere di precedenti, si può sapere?» la sua voce era quantomai piatta, probabilmente nemmeno gli importava della risposta.

L’insegnante accavallò una gamba sulla cattedra e appoggiò il mento sul proprio ginocchio, con una flessibilità semplicemente fuori di testa per un uomo adulto come lui. Il suo viso era pacato, quasi intrigato dall’intervento del ragazzo. Minuscoli micromovimenti della sua mimica facciale invece, difficili da estrapolare persino da parte dello studente dagli occhi tempestosi, evidenziavano una riluttanza, che sfociava qua e là in pinnacoli di incertezza. L’insegnante aveva una patata bollente per le mani e pianificava come farla esplodere in sicurezza? O magari, ma qui Yunix poteva solo campare ipotesi per aria, stava considerando di vuotare il sacco su un argomento palesemente scottante...

«Si è...» l’uomo sbuffò divertito, un attimo di esitazione, «si è discusso molto in merito a quali provvedimenti si sarebbero dovuti prendere verso un presunto fuggitivo. Regimi più imponenti e scellerati scelsero la damnatio memoriae per chi dello stato aveva fatto circo. Con noi andò diversamente, forse perché Temigor non era il Giappone, forse perché un loro grande nemico poteva essere il nostro più grande alleato». Una nota lugubre caricò la sua voce di presagi non espressi. «L’uomo HG, come molti lo conoscono, è una leggenda che sfocia nel mito. A cavallo fra due secoli, avrebbe assistito alla fondazione di Temigor, alla tratta dell’arkastro, alla prima riunione dell’Ordine della Giada, di cui lui stesso sarebbe stato membro per un periodo di tempo ahimè sconosciuto. Tre volte primo ministro Giapponese, eletto a pieni voti dalla Dieta riunitasi a Deika, avrebbe persino avuto un ruolo di rilievo nella battaglia di Nuova-Hiroshima e combattuto faccia a faccia contro villains di minaccia globale, tra i quali, tenetevi forte, lo stesso All For One, uscendone pressappoco indenne. - Da lui ha ricevuto il potere di non morire mai - con queste parole, gli estremisti della fazione opposta alla sua, alimentavano con numeri dall’intento innegabilmente parodico e scandalistico l’astio nei suoi confronti, perché, ve lo anticipo, è così che funzionano i governi. Ciò che andò storto è elemento di discussione anche fra noi, perché a causa di un patto, col senno di poi svantaggioso, non avremo mai altre verità dalle sue labbra. Le teorie più fondate sono state accantonate, in virtù del cool factor e in mezzo a questo malloppo di frivole storielle, abbiamo solo una versione dei fatti abbastanza verosimile, esito deludente di un lavoro amatoriale condotto a spizzichi e bocconi» sebbene usasse un tono neutro, l’uomo non sembrava farsi problemi a dire com’è che la pensava davvero, «Pare, e qui mi appello alle poche fonti affidabili in nostro possesso, che la sua condotta politica diplomatica di carattere democratico fosse vista di malocchio e che, accecato dalla rabbia per essere stato abbandonato dall’amante conosciuta in Cina ai tempi d’oro, il nostro uomo si fosse trovato a intavolare una controversia dalle tinte drammatiche con niente meno che la figlia dell’imperatore, colpevole, per gelosia o odio, di aver raccontato frottole su frottole proprio al suo più grande amore. Di fronte a una confusione simile nella sua vita privata, quegli oppositori maligni colsero l’occasione per incastrarlo in un intrallazzo tutto convoluto che lo voleva incriminato: nessuno sa dire che tipo di misfatto... un buco nell’acqua, a tutti gli effetti, solo un paio di scoop vagamente compromettenti che tentavano di metterlo in cattiva luce, con scarsi risultati se bisogna dirla tutta, sufficienti però a convincerlo a darsi alla macchia, fornendo potenzialmente la prova che c’era del vero in quelle accuse ignobili a lui scagliate, o forse era stata l’onta sulla sua immagine ad averlo spinto a una vita da reietto, lontano dal giardino di successi che aveva coltivato con tanta dedizione».

Nell’astronave, munita di apparecchi acustici d’atmosfera, nessuno fiatava, l’uomo era bravo ad arricchire di emozioni quel racconto. Era come assistere alla recitazione drammatica di un poliziesco. Anzi, era come se la fantascienza avesse d’un tratto incontrato il giallo e il Yunix del passato era stato sicuramente un cinefilo appassionato di entrambi i generi, perché ascoltando quel racconto nello spazio, aveva la bocca aperta.

«Sta di fatto che, dopo la sua ultima candidatura, di lui si persero le tracce. Si vociferava, ovvio... gente fuori di sé ululava di edifici che si tramutavano in palazzi dell’orrore. Un vecchio bracconiere in pensione portò nella commissione del suo paesello un ciuffo di capelli insanguinati, appartenuti alla moglie, lui diceva, prova inconfutabile che HG era un mostro. Ben attenti!» ammonì il professore alzando un dito, il viso sempre adagiato sul ginocchio, «lui diceva così, ma i risultati sul DNA del sangue raccontavano ben altro: oltre a ricollegarsi alla presunta vittima, davano risultati alquanto ambigui, gente che nemmeno risultava negli archivi, forse i veri assassini della donna, purtroppo anche quel caso è per noi nebbia in un’ampolla gettata nell’abisso...»
L’uomo dai capelli brizzolati si accarezzò il pizzetto appena accennato, incrociando le braccia.
«Già lontano. Già lontano dalle loro coste, HG si era rifugiato dove il Giappone non avrebbe osato cercarlo, e in egual misura non ci sarebbe riuscita neanche la Cina, dove le ingiurie d’incerta attendibilità contro la moglie da parte dell’ex primo ministro avevano sollevato non poco scalpore».

Yunix sussultò.
“Si è  rifugiato dove non era un ricercato. Come me... esattamente come...”

«È pur vero che sul radar delle multinazionali è rimasta la mano furtiva di questo essere immortale, ombra che ha ravvivato le voci sul suo passato fosco e nebuloso, rendendolo sempre più preoccupante anche sul panorama dell’opinione pubblica globale. Un All For One redivivo, un titolo da affibbiare a quel coraggioso funzionario, una frase sulla bocca di tutti, venne dichiarato nemico pubblico numero uno del Giappone nella primavera dei papaveri, e fu annoverato tra i villain di livello catastrofico in Cina, non molti mesi dopo. Anche Temigor era in procinto di adottare una politica pressoché identica in merito, poi quasi provvidenzialmente entrò in scena Fen Yang, un agente segreto, neofita ai tempi, che forse avrete conosciuto a Infection, come artefice, protagonista assoluto di quello splendido cortometraggio di cattura che voleva voi partecipi dell’azione. Ecco, lui è stato per noi ciò che il nostro preside Modus è per il mondo in questi tempi dominati dalla tensione: un intermediario fidato. Un ponte tra noi e HG stesso, rifugiatosi in questa dimora, forse fondata da lui. Criminale? No. Dio? No, certo. Eroe? Neanche. Un uomo che vuole crescere una nuova generazione di campioni, questo è tutto ciò che rimane dell’uomo connotato solo e soltanto dal suo passato, orsù, vi chiedo di accettare la mia parola, la parola di tutta Temigor. In questo stato Hearts Galvan è un uomo libero, a lui è dovuta la reputazione formidabile con cui vengono affibbiati i nostri eroi: lui ha creato lo step successivo di una società già esistente in altre nazioni con mille falle e problemi: una società degli Heroes più giusta, dove solo i veri eroi possono ambire a tale virtuoso titolo. Dove in Cina e Giappone ha trovato forze repulsive, qui a Temigor ha conosciuto il nostro spirito indomabile, multiculturale, rivolto al futuro. Gode della mia invacillabile lealtà ed è la persona più meritevole che conosca, costui è HG» concluse con un inchino, non rivolto a loro, bensì alla stanza futuristica, dove a quanto pareva era annidata un’entità secolare, che li ascoltava in quel preciso momento, senza intervenire, senza apparire alla loro vista.

Arc Nighter chinò il capo. «Non potevo ricevere risposta più esauriente, la ringrazio, professore». Il suo tono mutò all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. «E lei, qual è il suo nome?»

L’uomo ridacchiò sotto i baffi.
«Mi sembra corretto, aspettavo proprio che uno di voi se ne uscisse fuori con questa domandina. Io sono il vostro coordinatore, Jack Anderson e vi condurrò armati di tutto punto al vertice della società, a patto che sarete abbastanza svelti da tendere la mano e cogliere il kairos che vi offriamo, discenti».
Uno ad uno i ragazzi annuirono.

Il primo a parlare fu Arc.
«Ci può giurare» la smorfia beffarda svettava sul suo volto.
«Ovvio che sì» lo seguì a ruota Asia, tutta impettita.
«Daremo il nostro massimo!» esclamò Furry, ripreso coraggio.
«Ed elimineremo la concorrenza» aggiunse Coal, facendo schioccare la lingua.
«Senza sconti, ognuno a modo suo» affermò Lex, le sopracciglia più orizzontali di un gufo.
«Pfff... sarà un gioco da ragazze» continuò Marin, cavalcando l’onda delle voci.
«Che meraviglia! Mi unirò anch’io al coro allegro e festante, solo per stavolta». Herneist diede una gomitata al bestione mascherato, sogghignando.
«Aye, sir!» cantò l’eterno sorriso del quinto classificato.
«Siamo qui per questo, in fondo!» concluse Yunix, senza nemmeno rendersi conto di aver aperto bocca. Quando con lo sguardo incrociò altrettante paia di occhi fiduciosi, si disse contento di aver parlato. “E così svelerò le cortine cineree del mio passato” pensò, ispirato come mai prima di allora.

«Ultimate Test» una voce spiritata, che sembrava provenire dalle profondità dell’abisso fece rabbrividire la classe.

Con un cigolio l’armatura nera si sollevò dal sedile, era nel centro assoluto della classe, il fulcro del rettangolo di tavoli.

«O-g-g-i?»

Il professore, superato lo shock iniziale, sorrise.

«Certo che sì, Nikotos Genda! Oggi ci sarà il primo Ultimate Test. Chi ha voglia di una partita a dodgeball?»



Note d'autore:
In stallo per un po', ma ecco qui, a voi... mi sto concentrando su altri progetti, perciò la frequenza dei capitoli diminuirà drasticamente nei prossimi mesi ma mai dire mai, sono un ragazzo imprevedibile e cambio idea in fretta. In ogni caso, continuerò a dare voce all'HG perché è questo che fanno gli eroi. Grazie a tutti e alla prossima! :)
   
 
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