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Autore: _the_unforgiven_    19/03/2023    0 recensioni

Una breve storia a capitoli, ambientata subito dopo Tapeworm e la notte da leoni di Johnny nel corpo di V.
Qualcosa sulla fiducia e sulle conseguenze dell'amore.

Johnny Silverhand / Fem!V
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, V
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'believe in me as i believe in you'
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closer

lost & found


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Non mi innamorerò mai più [...], è come avere due anime nello stesso tempo. 

(Gabriel García Márquez, Il generale nel suo labirinto)
 


 

Un colpo di vento fece fremere le sterpaglie, sollevando in volo cartacce e buste di plastica colorata. Lo sguardo di V corse automaticamente alla linea dell'orizzonte, cercando indizi di una tempesta di sabbia in arrivo.

Le nuvole bianche che si spandevano a una distanza infinita non sembravano minacciose.
Ma V conosceva il deserto; sapeva che poteva essere capriccioso.

A volte, quello che si stava preparando restava invisibile finché non era troppo tardi.

"...V, mi stai ascoltando?"

La voce di Dakota la riportò bruscamente a una conversazione alla quale aveva dimenticato di stare partecipando.

"...Certo," si affrettò a replicare. Era seduta su una cassa fuori dall'officina di Dakota nelle Badlands, con una birra gelata in una mano e la fixer addossata al muro accanto a lei, le braccia incrociate e lo sguardo torvo.

Dakota la considerò un istante a labbra strette, prima di continuare. "...Non credere che da quando ti conosco non abbia notato i tuoi piccoli momenti di... sbandamento, V." disse lentamente. V deglutì.
"Alcune persone sono così. Vedono più di quanto vedano gli altri." Dakota fece una pausa, considerandola ancora di sotto in su, come se attendesse una risposta da parte sua.

V saltò giù dalla cassa con un grugnito, sperando con tutto il cuore che fosse sufficiente a chiudere la conversazione. Prese un lungo sorso, poi iniziò ad allontanarsi in direzione del proprio mezzo. "Scrivimi tutti i dettagli, ti contatto non appena avrò fatto." disse con un cenno di saluto.

"V." chiamò ancora Dakota, mentre lei già stava inforcando la moto. "Fai attenzione a non dimenticare qual è il mondo a cui appartieni."

V fece un cenno vago con il capo, fingendo di aver capito; poi filò via mentre già il sole andava tingendo il cielo di rosa.
 

///


Aveva in mano una lista della spesa.

V la stropicciò fra le dita: era proprio una lista di carta, scarabocchiata a penna. Sopra, in una grafia un po' traballante, c'erano elencati gli ingredienti per una torta.

L'avrebbe preparata nella cucina di Judy.
Era un regalo.

Una torta come quelle delle vecchie pubblicità, da impastare con le mani, con dentro delle pesche - delle pesche vere!

V non mangiava una torta così da quando sua nonna aveva preparato l'ultima per un suo compleanno di bambina.
E in qualche modo, sapeva che proprio sua nonna aveva scritto la lista che teneva fra le mani, ingiallita e gloriosa come una mappa del tesoro.

V pregustava già il momento in cui avrebbe affondato il coltello nella polpa zuccherina delle pesche; il nettare appiccicoso che impiastricciava le dita, l'odore di paradiso mentre il dolce cuoceva nel forno.

Recitò di nuovo mentalmente l'elenco degli ingredienti: farina, burro, zucchero; pesche ben mature; limone e cannella.
V faceva rotolare sulla lingua ogni parola, le rigirava come perle, come cose antiche e preziose.

C'era solo un problema, in quella lista, proprio all'ultimo punto, nascosto come un piccolo ordigno che minacciava di far saltare tutto.

Due uova fresche, diceva la lista.

Uova di gallina. 

A Night City. 

Sarebbe stato più facile scovare un uovo di dinosauro. Da quando era in vigore il bando sui volatili, le uova erano introvabili ovunque.

Eccetto in un posto.

V smontò dalla moto sotto l'insegna del Batty's Hotel e si guardò attorno, cercando di non dare nell'occhio.
Sarebbe stato un guaio se avesse trovato le uova e poi le avesse rotte nel mezzo di una rissa in strada.
Filò verso il mercato più svelta che poteva, mescolandosi al viavai.

Stava cercando di concentrarsi e ricordare come diavolo si dice uovo, in francese, quando improvvisamente una mano le calò sulla spalla.

"Oeuf!" gridò, alzando le mani.

"...Che accidenti stai facendo..?"

V seguì con gli occhi uno scintillio d'argento che dalla sua spalla la guidò fino al volto corrucciato di Johnny, in piedi dietro di lei con una sigaretta spenta fra le labbra.

V si sentì avvampare di un ardente quanto repentino entusiasmo; e prima ancora di accorgersene gli stava già saltando al collo. "Johnny!" esclamò, "Cosa ci fai, qui?"

"Te lo sto domandando io, ragazzina," rispose lui, frenando l'impeto di V con due mani ben piantate sui suoi fianchi."Che diavolo succede, V?"

"Niente, perché..?"

V si chiese perché avesse improvvisamente una gran voglia di piangere.
L'onda dell'entusiasmo, tracimando, si stava trasformando in un sollievo tale da farle salire le lacrime agli occhi. "...Accidenti a te, Johnny."

Per tutta risposta, Johnny alzò gli occhi al cielo e la prese per un braccio, trascinandola fuori dal mercato fin sulla terrazza del Batty's.

"Ehi - No, aspetta!"

"V."

"Ero venuta a cercare - dovevo-"

"V." ripeté Johnny, fermandosi davanti alla balaustra, dove l'aria dell'oceano riusciva a portare un soffio di azzurro sopra il calore surriscaldato del cemento.
Sembrava serio, le sopracciglia aggrottate dietro gli occhiali da sole. Finalmente, V seguì la traiettoria del suo sguardo; e vide la mano organica di Johnny ancora stretta sul suo polso.

Nemmeno l'ombra di un glitch.
V poteva sentirne la pressione sulla pelle.
Era calda.

"Ma che..?"

Johnny lasciò la presa e si addossò al parapetto, incrociando le braccia.

"V. Pensa, accidenti. Cosa eri venuta a fare, qui?"

V aprì la bocca per rispondere, una mano già ficcata nella tasca per recuperare... d'un tratto, non sapeva più che cosa.

Si bloccò per un attimo, perplessa, guardandosi le mani; poi alzò di nuovo gli occhi su Johnny. "...non mi ricordo." ammise a mezza voce.

Johnny la studiò per un momento, stringendo le labbra; poi, proprio mentre apriva la bocca per parlare, alle spalle di V risuonò una breve scarica di mitra.

"Hé ! Vous deux ! Qu'est-ce que vous faites ici, bordel?"

"Merda!" sputò Johnny, e V ebbe appena il tempo di vedere un drappello di Voodoo Boys puntare nella loro direzione prima di sentirsi di nuovo strattonare via.

In un attimo stavano correndo sull'asfalto crepato del piazzale, mentre i proiettili fischiavano intorno alle loro orecchie e scoppiavano a terra in piccole nuvole di polvere.

"Qui!" gridò V mentre mezzo correndo e mezzo inciampando raggiungevano un brandello di spartitraffico di cemento; si tuffarono entrambi dietro la copertura.

V si allungò a sbirciare attraverso una crepa, cercando un apparecchio qualsiasi da cui violare la rete.
"Johnny, che mi sta succedendo?" digrignò, iniziando a prendere di mira gli impianti degli inseguitori. "Perché non mi ricordo un cazzo?"

"Perché lo chiedi a me?" replicò Johnny, seduto a terra con la schiena contro il muretto. "E' il tuo cervello."

V si buttò giù, addossandosi a propria volta alla parete mentre aspettava di liberare un po' di RAM; di colpo piantò su Johnny due occhi spalancati. "Non ti sarai di nuovo preso..?!"
L'espressione di lui si fece vacua per un momento, prima che capisse a cosa V stava alludendo. "Tutto qui quello che ti viene in mente?!" sbottò.

Poi in un unico, fluido movimento si chinò su V, le tolse la pistola dalla fondina e la puntò in faccia al tizio che stava per sorprenderla alle spalle con un machete, freddandolo con un tiro preciso in mezzo agli occhi. Il tizio crollò, e il machete cadde a terra risuonando come un gong.

"Hm." fece Johnny compiaciuto, soppesando l'arma ancora fumante; rivolse a V un breve sorriso lupesco e se la infilò nella cintura.

"...non ho detto che potevi tenerla." gracchiò lei, ancora appiattita contro il muro.

"Non c'è di che." ribatté Johnny, accennando col capo al tizio del machete.

V bofonchiò qualcosa di indistinto, mentre si affacciava di nuovo oltre lo spartitraffico per friggere gli ultimi due teppisti. Il piazzale era sgombro, ma sulle scale del Batty's già si intravedeva del movimento.

"Ne arriveranno altri." borbottò fra i denti. "Filiamo."

Scivolarono dietro una fila di cassonetti, per poi spiccare una breve corsa fino a un pontile quasi sommerso da mucchi di spazzatura.
Si buttarono fra i piloni imbrattati di graffiti e corsero fino alla riva, fermandosi dove l'acqua lambiva la spiaggia disastrata di Pacifica.

V si guardò le spalle; non sembrava che fossero stati inseguiti.
Accanto a lei, Johnny riprendeva fiato, chino con le mani appoggiate sulle ginocchia; aveva un velo di sudore sulla fronte e gli occhiali gli erano scivolati giù lungo il naso.
V sentì un sogghigno solleticarle gli angoli della bocca.

"Che hai da ridere?" sbuffò lui.

"Finalmente fai un po' di fatica."

Johnny replicò con un grugnito in cui non era impossibile distinguere un'ombra di riso; poi si incamminò lungo la spiaggia, chiudendo le mani a coppa davanti al volto mentre si accendeva una sigaretta.

Diede la prima boccata ed esalò il fumo con un gemito sfacciatamente osceno. "Cristo." mormorò, "Finalmente."

V gli camminava dietro in silenzio, senza riuscire a staccare gli occhi dalle sue orme impresse sulla sabbia.

"...Allora." esordì quietamente dopo un po'. "Mi dici cosa sta succedendo?"

Lui si voltò a guardarla; continuando a camminare a ritroso, tese la mano cromata e le diede un colpetto sulla fronte.

Soffiò via una boccata di fumo. "Il problema è qui."

"No, il problema è che non sei qui," replicò V, scacciando la sua mano con un gesto, solo per urtare malamente con il braccio metallico. Scrollò le dita doloranti con un borbottio.

Johnny sogghignò.
 "Mmh-hm," fece, aspirando ancora dalla sigaretta. "Pensaci, V. Spiegherebbe due o tre cose."

"Per esempio?"

"Questa," e Johnny fece di nuovo schioccare sulla sua fronte un indice decisamente corporeo.

"Ahio!"

"...o quello," proseguì, indicando un gigantesco graffito che occupava quasi per intero la facciata di un palazzo vicino alla spiaggia.
In caratteri cubitali, la vernice azzurra gridava DOV'ÈJOHNNY?

"...Cosa c'entro io?" protestò V; chissà perché, adesso si sentiva in imbarazzo.

"D'un tratto li sto vedendo ovunque." Johnny si voltò per continuare a camminare dandole le spalle. "Senza contare," aggiunse dopo un po', "che non è la prima volta che ti vedo apparire e svanire nel nulla."

"Eh?"

"Puff. Sotto il mio naso. Scomparsa come un ologramma."

V si fermò, interdetta. "Non prendermi per il culo."

"Parola di boy scout." rispose Johnny, fermandosi a propria volta per guardarla in faccia. "Davvero non ti ricordi?"

"Ma di che parli?"

"Kabuki. Hai provato a strangolarmi."

Il braccio intorno al suo collo, la gola palpitante e la voce, la sua voce, "V..?"

Una diga si squarciò nella sua testa. 

 Le si accavallarono nella mente il ricordo di quel sogno, la sensazione di attraversare la città scorrendo come sangue nelle sue vene; e poi quello che era accaduto mentre era sveglia, la conversazione con Misty, la lite, gli omega bloccanti, tutto quanto.

V si lasciò scivolare a sedere sulla sabbia. 

"...Cazzo." esalò, passandosi lentamente una mano fra i capelli.

"Ti sei ricordata?"

"...Forse hai ragione." mormorò, stringendosi nelle spalle. Le mancava l'aria; il cielo le pesava addosso come una tenda che si afflosci. "Questo non è reale."

"Ding ding ding."

"...è un sogno?"

"Spiegherebbe come mai bighellonavi per Pacifica a cercare delle uova." replicò Johnny, e stavolta c'era indubbiamente una vibrazione di riso nella sua voce.

Il suono allentò leggermente la morsa del panico che le chiudeva la gola. V si costrinse a deglutire e alzò gli occhi su di lui. "Sei davvero tu..?" 

Johnny si limitò ad aprire le braccia in un gesto eloquente.

"Voglio dire, proprio tu? Non... tu-dentro-la-mia-testa?"

"Bambina, sono sempre io-dentro-la-tua-testa." sbuffò Johnny.

"...Però so che sei reale." obiettò cautamente V. "Ma, se questo è il mio sogno..." gli lanciò un'occhiata incerta. "Come faccio a sapere che non sei frutto del sogno anche tu?"

"Non puoi, immagino." rispose Johnny alzando le spalle. "Ma qui non c'è mio o tuo. I sogni sono di tutti e due."

"Come fai a dirlo?" fece V sulla difensiva.
Non le piaceva pensare che un'altra fetta di lei non le appartenesse più; oltretutto, una parte di lei a cui non aveva mai avuto davvero accesso, mentre invece Johnny, a quanto pareva, la conosceva come le sue tasche.

"Te l'ho detto. Non è la prima volta che ci incontriamo qui."

Johnny gettò via il mozzicone ancora fumante; dietro di lui, il sole iniziava a tingere l'oceano di arancio. V strinse gli occhi per riuscire a guardarlo in controluce.

"...dove vai, quando non ti posso vedere?" chiese piano.

"Lo sai." C'era una nota stanca, nella sua voce. 

 Era vero.
V poteva sentire Johnny dentro di sé anche quando non lo vedeva.
Anche quando non si parlavano, avevano un dialogo fatto di sensazioni condivise, reazioni che si rispondevano.

A volte, a V prudeva il naso ed era Johnny a grattarsi con aria assente.

Si chiese se, quando non poteva sentirlo, fosse solo perché il mondo intorno riusciva temporaneamente a distrarla.

"E quando io dormo, dormi anche tu?"

"...A volte."

"Insomma, ha ragione Misty," mormorò V sforzandosi di sorridere. "Sogno anch'io, anche se non me lo ricordo."

Johnny si accovacciò davanti a lei, sfilandosi gli occhiali da sole.

"Qualcosa del genere." disse. "A volte ti ho vista dentro dei miei sogni ricorrenti. O c'ero mentre facevi cose cretine tipo andare nella tana dei Vodoo Boys per preparare una torta."

Il tassello mancante andò al proprio posto, mentre il ricordo del sogno si completava di tutti i propri dettagli.
V rise proprio malgrado, appoggiando il capo sulle ginocchia. "Quindi tu ci riesci, a ricordarteli."

"Huh-huh."

"Ho mai sognato qualcosa di imbarazzante?"

"Tipo uscire dall'appartamento a Corpo Plaza e scoprire di essere nuda? Nah." scrollò la testa Johnny. Poi lasciò cadere il capo in avanti, sospirando pesantemente. "...Quindi, V. Stai bene?"

"...Direi di sì."

"Non sei... in coma, o qualcosa del genere."

- inchiodata a una sedia da netrunner, col cervello in pappa, volata via senza ritorno-

"N-no," balbettò V, facendo uno sforzo per rimettersi in piedi. "Sto bene. Ma dall'altra sera, quando ho preso i bloccanti, tu non - Avevo paura che -"

- rinchiuso, perso per sempre, senza poterti vedere mai più, parlare mai più, sentire mai più -

"- pensavo che fossimo bloccati qui perché non ti eri più svegliata. Cazzo, V, mi hai fatto una paura fottuta -"

- inerte fra le braccia come una bambola, le ultime tracce di calore risucchiate dal gel di raffreddamento della tuta-

"- avevo pensato - credevo solo mi stessi evitando, ma poi non c'eri più, e io -"

- abbandonata, lasciata indietro, nessuno più che ti risponda -

"Ma è proprio quello che stiamo cercando di fare, V."

La frase la colpì come uno schiaffo.

"Per salvare la tua stupida pellaccia è lì che dobbiamo arrivare. Non te lo stai dimenticando, vero?"

V contrasse la mascella. "Smettila."

Johnny fece un passo verso di lei, sovrastandola di tutta una testa. "Non ce la faremo mai se non resti concentrata. Hai chiaro quello che dobbiamo fare o no?"

"Non trattarmi come una bambina!" sbottò V alzandogli gli occhi in faccia.

"Lo farò quando la smetterai di comportarti come una bambina!" replicò Johnny. "C'è in gioco la tua vita, lo capisci o no?!"

"La mia vita, Johnny!" gridò V, i denti scoperti. "Ci faccio quello che voglio!"

A quel punto Johnny la afferrò per le spalle, con una forza e uno slancio tali da spaventarla -

e in quel momento suonò la sveglia. 
 

 

Note

1) I Bakkers erano un clan sgangherato; probabilmente prima di sciogliersi si saranno accontentati di lavoretti a basso rischio (e bassa paga) come la raccolta della frutta in campagna o la guardia alle farm sintetiche. L'occasionale cibo fresco sarà stato una magra consolazione.

2) Il graffito azzurro "Where is Johnny?" è un accenno alle prime concept art. 

 

 

   
 
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