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Autore: dirkfelpy89    24/03/2023    0 recensioni
1998 - il il Canada–France–Hawaii Telescope osserva per la prima volta, dalla terra, il satellite di un asteroide: 45 - Eugenia. In cerca di ispirazione per dare un nome a quel piccolo satellite, a Lucienne, una ricercatrice, viene chiesto di portare il diario di sua nonna, contenente, tra tante cose, la triste storia di Eugenio Napoleone, l'unico figlio dell'ultimo imperatore francese Napoleone III.
Questa è la storia dei suoi ultimi anni.
"Un piccolo asteroide che orbita intorno a 45 Eugenia… non è possibile," sussurrò Lucienne, osservando il quaderno e cercando ancora una volta di ricacciare indietro le lacrime. "Le Petit Prince."
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Napoleonico, Età vittoriana/Inghilterra
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Capitolo 6, Progetti e Ambizioni

 



"Il faut donner à la Classe ouvrière des droits et un avenir."(*)
Proclama di Napoleone III.

 



Camden House, 1876.

Quando suo padre era venuto a mancare, Luigi Eugenio aveva deciso di lasciare il più possibile immutata Camden House, la dimora dei loro tristi, ma allo stesso tempo paradossalmente piacevoli, giorni da esuli politici.
Era strano pensare come quelle stanze, che avevano accolto la sua famiglia in un momento così difficile, riuscissero, quasi per un gioco fortuito del caso, a rasserenare la mente del principe.
Non poteva riuscire ancora a considerare quella villa casa perché casa è dove nasci e cresci, dove il pensiero va prima di dormire, quando le irresistibili braccia di Morfeo sono pronte a cullarti verso un mondo dove non esiste dolore o paura.
Camden House non era casa ma rappresentava per lui un posto che, con il lento trascorrere dei mesi e degli anni, stava lentamente riuscendo a scavarsi un piccolo posto nel suo cuore e perciò ci mise particolarmente impegno nell'arredare il vecchio studio di suo padre, luogo dal quale avrebbe cercato di guidare quello che rimaneva del partito Bonapartista.

Molte cose rimasero al loro posto: Luigi Eugenio non si sognò nemmeno per un momento di buttare via i centinaia di volumi che la biblioteca di suo padre conteneva e nemmeno l'imponente scrivania e la comoda poltrona, posizionata proprio dietro una grande finestra che dava sul pacifico cortile interno della dimora. I cambiamenti che adottò furono più delicati, si concentrò maggiormente sui particolari perché sono quelli che fanno la differenza, o almeno così diceva sua madre.
Appese alla parete nuovi quadri commissionati per l'occasione, paesaggi non solo francesi ma anche provenienti dall'Africa, dalla Spagna, dall'Italia e dalla Scozia.
Da un mondo che avrebbe così tanto voluto esplorare.
Adorava leggere romanzi di avventura, era un passatempo forse sciocco, puerile, non adatto a un principe, ma ciò nonostante non gli impediva di divorarsi numerosi romanzi di quel genere.
E non solo romanzi, beveva come acqua sorgiva numerosi racconti sulle varie tribù indigene che popolavano il vasto mondo sconosciuto, i resoconti dettagliati dei vari esploratori e avventurieri che entravano per la prima volta in contatto con società sconosciute, inferiori forse, dato che ancora non avevano ricevuto la parola del Signore, ma, ciò nonostante, non di meno affascinanti.

Sua madre non riusciva a capirlo fino in fondo, non comprendeva la passione del figlio per argomenti così distanti dalla loro situazione terribilmente precaria.
La Repubblica che era nata dalle ceneri del secondo Impero era forse traballante ma allo stesso tempo pericolosa e da lì a pochi mesi si sarebbero tenute le elezioni del 1876 ed era vitale che i Bonapartisti fossero della partita. Che fosse costante, nei francesi, il ricordo di ciò che Napoleone III aveva fatto per loro.
"Dovresti iniziare a interessarti molto di più del tuo futuro!" Era il costante richiamo della donna.
Non capiva che lui era un Bonaparte e i Bonaparte non sono fatti per restarsene buoni, fermi, a complottare seduti su morbide poltrone…
La loro mente andava sempre oltre le tribolazioni passeggere.

/ / / / / / /



L'arrivo di Eugène Rouher non lo colse impreparato.
L'uomo, il quale ormai aveva abilmente passato i sessant'anni, uno dei collaboratori più importanti e fedeli a Napoleone III, era arrivato a Camden House con tutti gli onori del caso per una visita programmata da tempo.
Quell'uomo ormai quasi anziano, dalla faccia segnata dalle rughe, tra le quali facevano capolino due occhi sempre attenti e indagatori, e dai lunghi basettoni rappresentava uno dei pochi legami di Luigi Eugenio alla Francia e alla sua politica, perciò era importante trattarlo con rispetto e attenzione.
Il principe lo conosceva da quando era nato, praticamente, presenza discreta e costante nella sua infanzia a palazzo, e, nonostante fossero trascorsi ormai parecchi anni, non riusciva a non provare una qualche forma di tensione o timore ogni volta che doveva intrattenere una conversazione con lui.
Un politico così navigato, esperto e scaltro…

Dopo una mattinata passata a camminare in compagnia dell'imperatrice Eugenia, sicuramente intenti a elaborare una qualche arzigogolata strategia politica, e un pranzo squisito, Luigi Eugenio sapeva che sarebbe giunta l'ora delle chiacchiere.
Del reale motivo di quella visita.
Perciò, seduto composto dietro la scrivania del suo studio, intento a rileggere alcuni scritti che aveva buttato giù nel corso delle giornate precedenti, accolse con ben poca sorpresa la vista della faccia rotonda di Eugène fare capolino dallo stipite aperto.

"Posso avere l'onore di scambiare due parole, altezza?"
Il principe annuì, indicando all'uomo una delle tre poltrone poste dall'altro lato della scrivania.
Rouher si sedette, emettendo un flebile grugnito.
"Quando avrete aggiunto la mia età, potrete capire fino in fondo l'amore per le sedute comode e per i pasti luculliani," sorrise Eugene, lasciando vagare lo sguardo per la stanza. "Vedo che avete cambiato completamente questa stanza."
"Sì, non riesco a lavorare e concentrarmi in un posto che non sento davvero… mio," rispose Luigi Eugenio. "Adesso le cose sono cambiate, per fortuna."
L'ospite osservò brevemente, giusto un guizzo che venne notato dal principe, i fogli di carta che il padrone di casa teneva poggiati sul ripiano della scrivania.
"E questo… cambiamento che cosa ha portato? " chiese Rouher, apparentemente interessato.
Le quisquiglie sociali erano concluse.
Sapeva che tutto quello che avrebbe riferito al suo ospite quest'ultimo lo avrebbe a sua volta detto a sua madre perciò Luigi Eugenio scelse con deliberata cura le parole giuste.

"So che voi e mia madre siete in contatto stretto ormai da anni, contatto che si è ulteriormente rafforzato durante l'esilio e che adesso, in vista delle prossime elezioni in Francia, si sta rivelando particolarmente affiatato."
"Non lo negherò, l'imperatrice Eugenia è una donna saggia e tengo molto al suo parere," disse Rouher, candidamente.
"So anche che mia madre, e con lei parte della corte imperiale in esilio, è convinta che il mio amore per le avventure, per la letteratura e per la religione mi facciano apparire come un ragazzo debole, poco risoluto, un debosciato. Dovrei apparire come un ragazzo giovane ma determinato… però, all'esterno, pare che io dia un'impressione sbagliata," disse Luigi Eugenio.
Tacque per un attimo, bevendo un sorso d'acqua, notando con piacere come l'uomo che aveva di fronte fosse lievemente arrostito.
Si mosse, a disagio sulla sedia.
"Principe, io…"
"Mi avete visto in fasce, non serve mentire o scusarsi, so bene come sia importante la prima impressione e le apparenze. Amo mia madre, per lei mi getterei tra le fiamme dell'inferno fino a raggiungere Lucifero e duellare con lui in persona," sussurrò il ragazzo, "ma mia madre non capisce come in una giovane mente possano trovare spazio sia i pensieri più avventurosi sia quelli più meramente pratici."
Luigi prese in mano alcuni fogli che teneva sul ripiano del divano, li osservò intensamente e poi ne passò alcuni all'ospite il quale lesse con attenzione le fitte parole scritte con la calligrafia ancora infantile del principe.

Una piccola ruga scomparve tra i freddi occhi dell'uomo.
"Che cosa significa…" chiese, appoggiando i fogli sulla scrivania.
Il padrone di casa si alzò, quasi incapace di rimanere fermo seduto, si avvicinò a una delle finestre che davano sul cortile e sospirò.
Oltre la finestra regnava la pace e la tranquillità: era una domenica soleggiata, non si vedeva nessuno per le strade. Tutti riposavano, tutti tranne loro due.

"Significa che le elezioni generali si avvicinano e sono molto importanti, ovviamente. Una cosa ancor più importante è che non siamo organizzati. Il partito Bonapartista è forte, basti vedere quante persone hanno attraversato la Manica per rendere omaggio a mio padre, durante il suo funerale, eppure non riusciamo a essere una forza propositiva abbastanza grande da sconfiggere questa insulsa Repubblica," disse infine il principe, rompendo quel silenzio teso.
Poté giurare di aver visto gli occhi di Rouher scintillare, ma fu solo un attimo. L'uomo comunque parve effettivamente colpito dalle parole del ragazzo perché accese la pipa e lo osservò attentamente.
"Da qui è difficile prendere delle decisioni, so tutto con qualche giorno di ritardo per colpa della distanza, però ho cercato nei diari di mio padre e ho trovato tutta una serie di suoi vecchi collaboratori, gente che ha fatto carriera grazie a lui, che sono ancora presenti in Francia e che, a regola, potrebbero fungere da base al nuovo partito Bonapartista!"

L'ospite annuì, all'apparenza soddisfatto, e disse, sorridendo: "ben detto principe, mi avete sorpreso, lo ammetto. Mi leverei il cappello... se ne portassi uno, in questo momento!"
Un grosso sorriso comparve anche sul volto di Luigi ma la gioia, l'orgoglio di aver sorpreso quella vecchia volpe, fu di breve durata perché Rouher parlò e le sue parole si rivelano molto dure e pragmatiche.
"La situazione però non è molto semplice. L'esilio di vostro padre e la successiva morte hanno contribuito a sfilacciare il nostro movimento, senza una forte guida sul campo…"
"È vero, non sono in Francia, però adesso ho tutta intenzione di seguire attivamente questa vicenda e, per quanto riguarda la Francia, vi conferisco i più assoluti poteri per parlare a mio nome con i membri della lista!" Lo interruppe il principe, un groppo alla gola. Ci doveva essere un modo per mantenere attiva la lotta per l’Impero!
"Non si tratta di avere pieni poteri, il discorso è più complesso perché il movimento Bonapartista è diviso in tutta una serie di correnti e fazioni e non è facile unirle," spiegò Rouher, aspirando il fumo dalla piccola pipa e chiudendo gli occhi. Quando li riaprì scosse la testa.
"Il Partito Bonapartista è un grande calderone che comprende quelli che, come me, vedono il ritorno a un impero forte e autoritario, sì ma non solo: ci sono anche Liberali, Conservatori, Clericali e Anticlericali, più tutta una serie di piccoli movimenti mischiati tutti insieme. Ognuno di questi con una visione diversa per la Francia. Riuscirete facilmente a capire perché le forze repubblicane hanno avuto la meglio. Siamo in tanti, forti e battaglieri, ma divisi."
A quelle parole l'ottimismo del principe crollò.

"Ma, insomma, c'è una causa più grande di tutti noi: quella dell'Impero da difendere. Dovremmo cercare di mettere da parte le differenze e concentrarci su ciò che ci unisce e su quello per cui vogliamo lottare!" Esclamò, battendo il pugno sul tavolo.
L’altro alzò le spalle, desolato.
“Anche su questo punto il partito si rivela essere molto litigioso…”
No, non poteva essere… davvero quegli stolti stavano mettendo a repentaglio il futuro della loro nazione per colpa di antipatie personali o differenze di vedute?
C’era bisogno di una visione comune…
E lui forse poteva dargliela.

Il giovane principe aprì un cassetto e ne estrasse altri fogli fittamente scritti che porse all'ospite, quasi in sol gesto.
"E quanto più necessario che torniate in Francia e vi adoperiate per ricompattare il partito, mio caro Eugène," sospirò Luigi Eugenio mentre Rouher diede una rapida occhiata agli scritti del giovane.
"Un… un programma di governo?" Chiese, non riuscendo a dissimulare del tutto la sorpresa.
"Niente di così elaborato o ufficiale, solo dei pensieri che ho buttato giù negli ultimi mesi," si schernì il principe. “Ma se c’è bisogno di unificare il partito… forse può essere una base.”

"Parità del cittadino di fronte alla legge e al servizio militare, ricostruire un aristocrazia di merito… decentralizzazione del potere e creazione delle basi per un terzo impero," lesse Rouher, con attenzione.
"Ho deciso anche di riprendere in mano le idee sociali di mio padre. Estrema attenzione alle necessità degli strati più bassi e del nuovo proletariato… dobbiamo dare un sogno alle classi meno abbienti e quel sogno non può essere la Repubblica," sussurrò Luigi, pendendo dalle labbra del vecchio amico di famiglia.
La faceva così facile ma in realtà aveva passato su quelle carte molte notti insonni. Non ne aveva mai parlato con nessuno dei suoi assistenti o collaboratori, mai aveva anche solo sognato di dare vita a quei pensieri profondi ma la situazione della causa Imperiale necessitava un suo più forte intervento e a quanto pareva c'era riuscito.
Certo, erano solo parole, vuoto inchiostro su altrettanto vuota e insignificante carta, ma quel che contava davvero era essere riuscito a dare forma ai suoi pensieri.
Se fosse riuscito a convincere Rouher allora, ecco, sì, allora avrebbe potuto tirare un piccolo sospiro di sollievo.

Il gradito ospite piegò i fogli e li infilò in una tasca della giacca.
"L'ora è tarda e mi avete dato davvero molte cose sulle quali dover riflettere," ammise, "devo congedarmi e capire bene come agire."
"Ma certo…"
"Non so come andrà a finire ma vi prometto, altezza, che darò il massimo," l'uomo si alzò, digrignando i denti per il dolore alle ginocchia.
Dopo un breve inchino, volse le spalle al principe e si avviò verso l'uscita ma, aprendo la porta, si fermò per un istante, si voltò e disse, l'espressione visibilmente commossa: "se mi permettete un pizzico di sentimentalismo, oggi vostro padre sarebbe stato davvero orgoglioso di suo figlio."

Si voltò e uscì dalla stanza, quasi sicuramente diretto a salutare sua madre per commentare quella riunione, ma a Luigi Eugenio la cosa non interessava.
Si era tolto un peso che lo attanagliava da dentro e aveva reso orgoglioso suo padre, di questo ne era sicuro.
Per la prima volta da giorni si rilassò, il futuro sarebbe stato complicato, certo, ma lo avrebbero affrontato e con l'aiuto di Dio e del fidato Rouher la sua causa avrebbe trionfato.
Ne era sicuro.
Forse

/ / / / / / /



L'incontro con Eugenia fu più breve del previsto.
Quando Eugène entrò nel salotto che ospitava la donna era passata a malapena mezz'ora dall'incontro con il figlio. Questo voleva necessariamente significare due cose: o l'incontro era stato estremamente positivo oppure terribilmente negativo.

"Non posso fermarmi oltre, Eugenia cara," furono le prime parole dell'uomo, "tuo figlio ha incredibilmente sconvolto tutti i miei piani."
"Come mai?"
"Perché ha dimostrato un acume e un'intelligenza che non credevo possibili, scusami ma devo dirti la verità," rispose l'altro. "Ti ricordi, credevo di dover spiegare tutto al ragazzo e di impiegarci un'ora solo per introdurre l'argomento e invece mi ha anticipato e dato molte cose sulle quali riflettere!"
Eugenia parve radiosa.
"Davvero? Cosa…"
"Scusami, come ho detto devo tornare ai miei alloggi… inviare subito qualche lettera importante ai miei contatti," Eugene replicò, baciando, cortese, la mano della dama.
"Probabilmente domani non avrai mie notizie ma tornerò, non mi sentivo così emozionato e pieno di vigore da anni, puoi credermi, tuo figlio è una vera perla, anche se ancora da sgrezzare!"
Dopo aver bevuto un sorso d'acqua, l'uomo corse letteralmente fuori dal salotto, diretto quasi sicuramente fuori da Camden House alla ricerca di qualche carrozza che lo riportasse al villaggio.

Conosceva l'amico da anni e lo non aveva mai visto in quelle condizioni, era chiaro che qualunque cosa suo figlio avesse detto era riuscito a colpire quella vecchia volpe. Forse era vero, aveva sottovalutato le capacità del figlio non per malizia ma forse per eccessiva preoccupazione.
Ma allora se anche Rouher era rimasto sorpreso dalle capacità del figlio… forse la situazione non era poi così grave.
C'era una soluzione possibile alle porte?

“Devo averlo sconvolto per davvero…”
La donna si voltò e vide il figlio appoggiato alla porta aperta del salotto.
“Già, ha detto che sei una perla… anche se da sgrezzare!” disse Eugenia, sorridendo. Ma poi gli angoli della bocca si afflosciarono impercettibilmente.
“Luigi… devo chiederti scusa, io…”
“Non c’è bisogno che vi scusiate, madre," il figlio, intuendo le parole di Eugenia, si era avvicinato alla donna e aveva preso le fredde mani tra le sue. “So che non sono stato particolarmente presente… ma ora le cose andranno meglio, vedrete."
E Eugenia gli credette.
Di fronte a quel sorriso, e a quegli occhi così simili ai suoi, l’Imperatrice annuì.

“La Repubblica non durerà, si scioglierà come neve al sole… e al momento giusto riprenderò quello che mi… che ci spetta,” esclamò Luigi. “Sono ancora giovane, avrò tutto il tempo di questo mondo per lottare e ho intenzione di iniziare a farlo da adesso.”
“Lo faremo insieme, mon fils

/ / / / / / /



*Dobbiamo dare alla classe operaia diritti e un futuro

Eccomi qui, lo sapete che gli aggiornamenti arrivano un po’ a rilento ma ho tutta l’intenzione di non lasciare questa storia a metà.
Un capitolo molto più politico, un House of Cards ottocentesco potremmo dire. Sappiamo davvero poco sulla lotta anti-Repubblicana, per trovare queste fonti ci ho messo un bel po’, spero vi sia piaciuto^^

  
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