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Autore: nachiko_nene    25/03/2023    0 recensioni
Nina è una cacciataglie piuttosto vivace e, ancor prima, un'umana. Annoiata dalle questioni politiche, riesce ad accendersi solo quando si parla di missioni avvincenti, feste scatenate e storie romantiche, di quelle che fanno battere il cuore.
Ormai rassegnata all'idea che nella galassia non ci sia più posto per gli umani, civiltà alla quale è stata inferta una grave ingiustizia, volge lo sguardo al futuro consapevole che nulla potrebbe più sorprenderla ormai.
E se, durante una missione, Il ricercato più pericoloso e irriverente che abbia mai conosciuto dovesse iniziare a mettere in discussione ogni sua certezza?
DAL CAPITOLO 1:
" Si avvicinava con calma. La visiera della maschera luccicava nell'oscurità donandogli un'aura ancora più sinistra; Indossava un lungo mantello nero dall'aspetto piuttosto pesante che celava armi di vario genere.
(...)
«Sei un completo disastro» La prese in giro, osservandola rantolare sul pavimento, esausta e dolorante. «Dovresti assicurarti di essere all'altezza del nemico prima di uno scontro.»
«Ma stai un po' zitto... » Boccheggiò tenendosi lo stomaco con entrambe le mani. "
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dodici: Libero arbitrio



 

In un fascio di luce l'Estus apparve.

Imperioso e immenso.

Era un gioiello di ingegneria aliena con scudi e cannoni all’avanguardia, così temuto da generare scompiglio al solo avvistamento. Nel momento in cui atterrò una folata di sabbia si alzò da terra investendoli entrambi.

Lukasz si girò verso Nina.

Ne sei sicura? Le domandò prima di salire a bordo.

Lei annuì, ancora con gli occhi lucidi.

Appena varcarono l’ingresso della nave furono circondati da almeno una trentina di mercenari che lo accolsero con fervore dopo una trepidante attesa.
Quella scena la colpì, perché non aveva mai visto un umano suscitare tanto rispetto e devozione tra le altre razze, men che meno in ambienti militari.

Presto però l’attenzione si spostò su Nina, che camminava mestamente dietro di lui e la reazione fu diametralmente opposta: i loro occhi infatti si colmarono di rabbia e fu investita da una serie di grugniti e minacce. Accidentalmente incrociò lo sguardo con un mercenario e vi lesse un odio così feroce che il suo primo impulso fu quello di aggrapparsi al mantello di Lukasz.

«Credo avrò vita breve quassù» bisbigliò Nina, premurandosi di stargli vicino. «Forse valeva la pena restarmene dov’ero. Certo, non sarei sopravvissuta molto, ma almeno sarei arrivata all’alba di domani.»

«Piantala» le rispose lui, «per quanto possano essere contrari si limiteranno ad accettare la mia decisione. Qui nessuno si azzarderebbe a disobbedirmi, per nessuna ragione.»

Fece loro un cenno e ogni ruggito cessò all’istante.

Si addentrarono per i corridoi della nave, allontanandosi da tutta quella attenzione. Varcarono una serie di porte e finalmente furono soli.

«Inoltre…» proseguì, «non credo di esagerare nel dire che ora sei una delle creature più forti della galassia. Non dovresti avere paura di loro.»

Invece di sentirsi rassicurata Nina rabbrividì.

«Non userò mai più quei poteri, per nessuna ragione.»

Lukasz le lanciò un’occhiata enigmatica.

«Vedremo.» disse semplicemente.

Mentre camminavano per i corridoi la ragazza continuava a guardarsi intorno, avida di cogliere informazioni su quel posto dall’aspetto labirintico.

D’un tratto, svoltata una curva, si trovarono faccia a faccia con un individuo dalla statura imponente e con degli spettrali occhi violacei cerchiati di scuro.
Nina capì che si trattava di un androide per via del colore dei capelli, di un inconfondibile verde acceso, contrastante con l’incarnato pallido.

Lo vide accennare un inchino a Lukasz e poi il suo sguardo si spostò su di lei, osservandola con attenzione.

Anche Nina lo studiò incuriosita.

Gli androidi l’avevano sempre messa in soggezione. Non c’entrava nulla la limitata capacità espressiva, era piuttosto il fatto che non sbattessero mai le palpebre. Mai.

Parlavano con gli occhi sbarrati, vacui, fissi sull’interlocutore.

«Lui è Morlin» lo presentò, «conosce i bisogni degli esseri umani e in mia assenza potrai fare riferimento a lui, ma ricorda, risponde solo ai miei ordini.»

Bella fregatura, pensò Nina, un androide che non posso nemmeno comandare.

Morlin non disse niente, continuò a studiarla in modo insistente e dopo qualche attimo si rivolse al padrone.

«Rilevo un dispositivo non sicuro, nella tasca destra.»

Quindi Lukasz si girò verso di lei e protese la mano aspettando che glielo consegnasse.

«Forza» la sollecitò, «bisogna sbarazzarsene subito prima che lo usino per rintracciarci.»

Nina fulminò Morlin con lo sguardo. Quel maledetto si era accorto del telefono.

«Un momento» disse lei portandosi la mano in tasca, «non c’è un modo per renderlo innocuo? Mi sembra di avere letto una guida tempo fa e…»

L’uomo avanzò di un passo e lei arretrò di due.

«Vuoi darmelo te o devo strappartelo dalle mani?»

«Aspetta un attimo voglio solo… e-ehi, fermo… aaah!»

Non le diede tempo di balbettare scuse e in un batter d’occhio le fu addosso prendendolo con la stessa facilità di quando si toglie un gioco a un bambino.

Proprio in quel momento il telefono trillò cogliendoli entrambi di sorpresa e prima che potessero fare qualsiasi cosa una voce squillante iniziò a sbraitare:

«SI PUÒ SAPERE DOVE SEI FINITA!?»

La voce di Johann riecheggiò per tutto il corridoio e Lukasz allontanò bruscamente l’aggeggio, infastidito da tutto quel baccano. Nina invece trattenne il respiro portandosi le mani al volto.

«Ma che diavolo…»

«Eh? E tu chi cazzo sei? Muoviti e passami Nin-»

Lukasz pigiò il tasto e terminò la chiamata sul nascere, rimanendo a fissare il telefono con un’espressione spaventosa, quasi ringhiandoci contro.

Se avesse Johann davanti probabilmente gli darebbe fuoco, pensò lei.

«Ehm…quello poi me lo restituisci, vero?»

L’uomo fece oscillare lo sguardo tra Nina, che lo stava fissando speranzosa e il telefono. Poi si rivolse a Morlin e glielo passò.

«Pensaci te.»

«Sissignore.»

Nina fece per corrergli dietro ma Lukasz l’acchiappò per un braccio bloccandola.

«Ferma dove sei. Mi sono dimostrato più che indulgente con te, ora però è il momento di porre anche le mie condizioni, non trovi? Per prima cosa voglio che mi giuri lealtà. Lo reputo il minimo dopo averti accolta sulla mia nave.»

«Intendi… non ostacolarti, non tradirti e cose del genere?»

«Cose del genere, sì.»

Nina ci pensò un po’ su e convenne che dopotutto quella fosse una richiesta ragionevole.

«Va bene, lo giuro.» rispose in modo frettoloso.

«Un po’ misero come giuramento, puoi fare di meglio» la incalzò, alludendo a qualcosa di più articolato. Lei si guardò intorno, non sapendo bene cosa dire. Non le piacevano i discorsi forzati, le parole faticavano sempre a uscire di bocca.

«Io giuro di-»

«E voglio che mi guardi negli occhi quando mi dai la tua parola.» la interruppe bruscamente, al ché Nina drizzò la testa con espressione frustrata.

«Io, Nina Björklund, giuro di non tradire la tua fiducia, di rispettare l’equipaggio, le leggi della nave…» si sforzava di rimanere seria ma nonostante la situazione le veniva da ridere, «…di essere sempre limpida nelle intenzioni…»

L’uomo intervenne facendole segno con la mano di smettere.

«Va bene, va bene. Basta così, sei imbarazzante» disse, anche lui col sorriso sulle labbra, «per il momento cercherò di accontentarmi.»

Poi sancirono un accordo.

Le offriva la possibilità di separarsi dall’Estus in qualsiasi momento se lo avesse voluto, ma in tal caso non sarebbe più potuta tornare a bordo. Inoltre Lukasz stabilì che durante tutta la permanenza sulla nave era obbligata a rendersi utile al pari degli altri componenti dell’equipaggio e, cosa non meno importante, rispettare la sua autorità.

«Ti concederò qualche deroga» aggiunse, «sarai esonerata dalle missioni esterne, non tutte, ma la maggior parte. Almeno per il momento.»

Nina si sentì in dovere di mettere in chiaro fin da subito una questione.

«Io non sono un’assassina, né una ladra.» lo avvertì, marcando una netta linea di confine. Negli occhi una luce decisa, risoluta. Su quello non sarebbe mai scesa a compromessi.

«Non ti chiederò mai nulla di simile» la rassicurò, «ti do la mia parola.»

La ragazza esitò qualche attimo e infine si strinsero la mano per suggellare il patto.

  
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