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Autore: NyxTNeko    26/03/2023    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 147 - Noi siamo amici dei popoli che discendono dagli Scipioni -

16 maggio

Il generale Bonaparte non aveva perso tempo, che era più prezioso della sua stessa vita e aveva deciso immediatamente di sfruttare tutte le risorse del duca Serbelloni per attuare la sua politica rivoluzionaria. Era perfettamente consapevole del fatto che bisognasse stupire le personalità più influenti di Milano e dei dintorni.

"È arrivato il momento di adoperare sapientemente tutte le mie conoscenze" diceva fra sé, sistemandosi la giacca dell'uniforme. Aveva notato che i domestici avevano tolto la polvere e le macchie più superficiali. Sorrise leggermente nel pensare che anche se glielo aveva ordinato il duca, la servitù si era dimostrata molto prodiga nella pulizia "Questa efficenza e dedizione mi saranno utili" allungò le mani delicate, afferrando gli stivali, anche questi lucidati per bene, si sedette sul letto e li infilò velocemente. Si diede la spinta, alzandosi nuovamente in piedi.

Nel mentre abbottonava la giacca blu, il lieve russare del suo aiutante Marmont lo fece voltare, dormiva ancora profondamente, così come il povero Muiron, che si stava ancora riprendendo da quell'esperienza. Erano state intense giornate di combattimenti, anche di notte si erano spostati con marce rapide e forzate, quasi senza pace. Bonaparte stesso non si era risparmiato nulla, però, era giusto che fossero i suoi uomini a riposare di più, recuperare le energie, in modo che potessero essere nuovamente pronti per la seconda parte della campagna contro gli austriaci.

"Io mi sono rifocillato abbastanza, in quanto comandante non posso permettermi di abusare della mia posizione" allaciatosi la sciabola attorno alla vita sottile, controllata la pistola, con grande discrezione si diresse verso la porta, la aprì lentamente, evitando di farla cigolare e uscì "Soprattutto ora che sto costruendo la mia immagine di perfetto generale, di liberatore agli occhi degli italiani".

Tuttavia, poco dopo, un via vai di gente ridestò dal sonno il giovane aiutante di campo e si sentì scuotere da qualcuno - Ancora... qualche minuto... - borbottò con la voce pastosa - Poi mi alzo comandante...

- Marmont, svegliatevi, non sono il comandante... - rispose una voce familiare - Sono io... Muiron

Marmont si mise in posizione supina e aprì gli occhi, l'immagine sfocata divenne sempre più nitida, era proprio il giovane viso del suo collega e amico quello che stavano mostrando i suoi occhi - Buongiorno Muiron... - gli sorrise, stiracchiandosi. Era da tempo che non dormiva su un bel letto comodo e pulito. Gli aveva fatto bene - Ero convinto che foste il comandante... - guardò in ogni direzione - A proposito dov'è?

- Non saprei - rispose sinceramente Muiron, facendo spallucce - Però da quel che si sente là fuori, sembrerebbe che si stia mettendo già all'opera per attuare i suoi progetti politici - aggiunse - Il sonno da soldato mi ha evitato lo spavento - ridacchiò poi.

Marmont sorrise a sua volta, era felice di sapere che si stesse riprendendo da quella brutta vicenda. La guerra era terribile, questo lo sapeva fin troppo bene dal giorno in cui aveva intrapreso la carriera militare, bisognava avere una grande forza d'animo, per evitare di impazzire completamente. Gli diede un'amichevole pacca sulla spalla - Sicuramente sarebbe capitato anche a me, se fossimo stati sulla fredda e nuda terra, Muiron - poi rivolse lo sguardo alla porta - Dovremmo andare anche noi ad aiutarlo non credete? Siamo pur sempre i suoi aiutanti di campo, tra quelli che non ha ancora mandato da qualche parte

- Eh già Junot è ancora in Francia - rifletté Muiron fissando l'amico - E sicuramente oltre al dovere si starà divertendo - ridacchiò - Così come pure Murat... penso che li farà richiamare per il proseguimento della campagna...

- Sono indispensabili per l'esercito Muiron, lo sappiamo bene che per il nostro comandante qualsiasi persona che abbia talento, fortuna e capacità è importante - affermò il collega, rivestendosi. Nel farlo, però, gli venne in mente una parte della conversazione che ebbe con Bonaparte. Il giovane generale corso non aveva mai fatto troppo mistero della stima che provava nei suoi confronti; infatti si era complimentato con lui per l'ottima azione svolta a Lodi, avendo catturato un'intera batteria nemica e lo aveva nominato comandante di battaglione - È una promozione che vi spetta, anzi quasi non vedevo l'ora di darvela, Marmont, visti i vostri risultati - gli aveva detto colto da un'euforia incontrollabile, tirandogli un po' le orecchie.

A Marmont, quella sera, subito dopo la conversazione con il duca, non era sfuggita la luce intensa che brillava negli occhi chiari di Napoleone, era più accecante del solito. Quasi non riusciva a guardarlo fisso, era come se dopo gli avvenimenti di Lodi, qualcosa in lui fosse cambiato, eppure non sapeva nemmeno lui dire cosa realmente fosse. Era sempre stato ambizioso e desideroso di realizzare grandi e memorabili imprese, perciò quel suo entusiasmo era quasi prevedibile. E poco prima di coricarsi, gli aveva chiesto - Saranno contenti di noi a Parigi?

Con l'assurda e arrogante sicurezza che lo contraddistingueva Bonaparte gli aveva detto - Non hanno ancora visto niente - aveva poggiato le braccia dietro la nuca, scrutando il soffitto decorato, che a lume di candela, assumeva un aspetto quasi misterioso - La fortuna ci assegnerà successi ancora più grandi. Ai giorni nostri nessuno sa pensare in grande, toccherà a me dare l'esempio - aveva guardato Marmont, convinto di ciò che affermava, seppur lo avesse riferito usando un tono piuttosto basso, per poi piombare nel suo silenzio meditativo e impenetrabile, fino ad addormentarsi.

Tali parole avevano fatto riflettere a lungo Marmont: era vero, nonostante tutti quanti avessero sulla bocca termini come gloria, onore e grandezza, nessuno era realmente intenzionato a tramutarli in realtà. Tranne Bonaparte, era l'unico che pareva vivere, alimentarsi, prendere nutrimento e vigore da quelle parole "Quindi il trionfo mostrato alla popolazione milanese, non è che un assaggio dei piani che ha in mente" era più che mai curioso e ansioso di scoprire fin dove si sarebbe spinto quell'uomo.

- Generale Bonaparte non soltanto siete mattiniero ma anche produttivo - emise sorpreso il cittadino duca nel vedere come quel giovane militare avesse reso una macchina da lavoro tutte le persone, che aveva messo a disposizione del militare francese.

- Aurora Musis amica est, dicevano saggiamente i latini - fece Napoleone, seduto sulla sedia, a gambe accavallate, nel mentre la scrivania si riempiva di carte, libri di ogni tipologia e categoria - Il tempo può essere un alleato se speso bene e con frutto, altrimenti diventa il peggior nemico degli uomini, soprattutto se lo si spreca per futilità senza scopo... - cercava di non essere troppo sarcastico. Per quanto il duca fosse disponibile, era pur sempre uno di quegli aristocratici che non aveva mai lavorato, faticato nella propria esistenza, non aveva mai mosso un dito, poiché aveva già tutto.

Eppure tali individui non esitavano mai quando si trattava di ottenere altre ricchezze, altro potere ed altro prestigio e Bonaparte era più che disposto ad accontentarlo, purchè facesse ciò che voleva lui. Gli interessi, la gloria personale e della Francia venivano sempre prima di quegli degli altri, non si sarebbe mai fatto mettere i piedi in testa - Spero di non aver creato troppo trambusto e recato eccessivo disturbo alla corte

- Come vi ho già detto vi ho fornito io tutto il necessario - lo rassicurò Gian Galeazzo Serbelloni - Anzi è davvero appagante vedere come ciò sia utile per portare le idee rivoluzionarie anche a Milano - si sedette poco distante da lui; non era abituato a quei ritmi frenetici, ma non voleva lamentarsi di questo davanti ad una persona energica e volitiva come Bonaparte. Voleva mostrarsi all'altezza, in modo da poter acquisire vantaggi da una simile "amicizia" - Questo fermento e movimento è indispensabile per far circolare il nuovo

In poche ore il palazzo Serbelloni si mutò nel centro del nuovo potere, da ogni parte della città, sempre più gente facoltosa, importante, giungeva spontaneamente o veniva convocata al cospetto di quel generale francese: Napoleone stupiva tutti, non c'era argomento che non sapesse o problema di cui non fosse a conoscenza e del quale aveva già la soluzione - Inoltre ho intenzione di creare non soltanto una repubblica lombarda, ma persino una nazione unita, l'intera Penisola italiana avrà nuovamente i confini dell'antica Roma, come Augusto li aveva delineati, suddividendola in regioni

La conoscenza dell'italiano giocava a suo favore, poteva sfruttare la sua origine per conquistarli completamente "Per dominare bisogna sapere e per dominare bene si deve sapere meglio" era delle sue massime che più rispecchiavano il proprio pensiero e stile di vita; non gli bastava essere soltanto al di sopra degli uomini, esserne il capo e avere il potere fine a sé stesso. Non era nella sua personalità appagarsi di qualcosa di così banale, misero, non era cresciuto con quegli ideali. Era vero che, nel corso degli anni, la sua visione del mondo era cambiata, le esperienze lo avevano reso più cinico e pragmatico; però il suo lato visionario e grandioso non era svanito completamente.

Anzi, era sempre più convinto di poterlo cambiare quel mondo, renderlo migliore, utilizzare quel potere per trasformare la realtà. Lodi gli aveva finalmente dato la risposta che cercava, ed era soltanto la genesi di quel sogno che voleva concretizzare. Lo vedeva già chiaro, nitido nella sua mente, pareva un qualcosa di impossibile, assurdo, i greci avrebbero sicuramente considerato una sfida agli dei la sua smisurata ambizione. Ma non gli importava, la testardaggine, la sete di sapere, di grandeur gli impedivano di accontentarsi, persino quando aveva vissuto in una condizione di indigenza, ai limiti della fame, non aveva mai perso la volontà e la voglia di combattere per migliorare la propria condizione.

Era nelle difficoltà, nelle situazioni di pericolo estremo, quando pareva infranta ogni possibilità di riuscita o di riscatto, che gli uomini veri emergevano: i grandi del passato ne erano la prova, erano trascorsi secoli o addirittura millenni dalla loro scomparsa, eppure di loro e delle loro gesta ed eredità se ne parlava ancora. Oltre ad essere oggetto di continuo studio e riflessione.

Per questo avrebbe preferito morire, anziché chinare il capo e sottomettersi, ma ora che aveva messo a tacere anche il Direttorio, non sentiva le catene della società bloccarlo, era libero di attuare il suo folle progetto. Naturalmente mostrava una maestria invidiabile nel mascherare le intenzioni meno condivisibili. Inoltre il vedersi tanto ammirato, elogliato, considerato era una sensazione appagante, l'aveva già vissuta in passato, ogni volta che un gruppo di persone mostrava apprezzamento e si affidava a lui "Ma da questo momento in poi sarà diverso, la mia gloria e la mia fama non sono più limitate a piccoli centri o nella sola Francia, non mi basta più".

- Generale Bonaparte, la vostra sapienza è ammirevole, vasta e puntigliosa, non c'è nulla che sia insignificante per voi - era il complimento che risuonava sempre più spesso nelle sue orecchie, ammaliati da questo giovane ufficiale, dal nome inconsueto, che dal modo in cui esponeva i suoi ragionamenti, logici, chiari e puntuali, senza tralasciare la minima informazione, sembrava avere più di duemila anni, non di certo ventisei. Gesticolando animatamente, accompagnava le frasi e le caricava di un carisma eccezionale, pur adottando una retorica molto semplice. Era come una stella che splendeva intensamente e la sua luce si rifletteva sui pianeti vicini; come una fiamma ardente, affamata, abbagliante, che non si riusciva a contenere nel camino, neppure diminuendo la legna.

Gli intellettuali più acuti e che erano giunti al palazzo Serbelloni solamente perché erano stati chiamati, ma che non sembravano suoi sostenitori, di fronte ad un individuo del genere, tremavano di una paura sconosciuta. Si poteva paragonare a quel timore reverenziale che nasceva nel trovarsi dinnanzi ad una manifestazione straordinaria del divino, che non si poteva spiegare razionalmente. Le sue vittorie rapide e sfolgoranti, poi, attestavano la veridicità delle sue parole, rendendo quelle piccole battaglie autentica epica, al pari dell'Iliade o dell'Eneide. E si chiedevano come avesse fatto ad ottenere simili risultati in un lasso di tempo brevissimo, l'esercito di cui disponeva non era numeroso e tantomeno equipaggiato al meglio, rispetto a quello piemontese e soprattutto quello austriaco.

Qual era il suo segreto? Chi era davvero costui? E quali erano le sue reali intenzioni? Voleva davvero restituire la libertà agli italiani? Oppure si sarebbe semplicemente sostituito agli austriaci? Tali domande che quasi traboccavano, tuttavia, rimanevano bloccate in gola, non trovavano la forza di uscire. Persino quando Bonaparte non li guardava direttamente, avevano la terribile sensazione di essere osservati, di non potergli sfuggire. E di conseguenza restavano muti, sbigottiti, attoniti.

- Comandante! - emise uno degli ufficiali che presidiava Milano, Hyacinthe François Joseph Despinoy, approfittando di un momento di pausa per avvicinarsi a lui correndo. Teneva tra le mani un foglio di carta.

- Siete voi Despinoy - si rivolse a lui, Bonaparte, spostandosi dalla finestra - Come mai correte? È qualcosa di urgente? Spero non sia una cattiva notizia dalle zone che state sorvegliando - aveva corrucciato leggermente il volto, restando con le braccia dietro la schiena.

- No, comandante, al contrario è una notizia più che positiva che potrebbe esservi d'aiuto per celebrare la Rivoluzione e le nostre vittorie - e gli consegnò il foglio, vi era sopra un ritratto del generale fatto con carbone e gessetto.

Anche se realizzato velocemente, Napoleone scorse la tecnica, era di una mano esperta, che era riuscita a cogliere i dettagli più importanti anche se fugacemente. Rimase quasi folgorato, lo aveva ritratto con una somiglianza che non si aspettava, il tratto era molto morbido, delicato, nitido, ma trasmetteva energia, vigore, forza. I capelli al vento lo avevano reso quasi un eroe mitico. Despinoy aveva ragione, l'artista che aveva disegnato non poteva farselo scappare, vide che era firmato - Appiani...il tratto mi pareva familiare - mormorò Napoleone - Despinoy - lo chiamò e gli elencò, per filo e per segno cosa avrebbe dovuto riferire all'artista.

Un uomo sulla quarantina dal fisico atletico, dai folti capelli incipriati, dagli inqueti e profondi occhi azzurri, che scrutavano l'ambiente circostante, era stato appena convocato da Despinoy, era proprio l'artista che aveva realizzato quel ritratto, Andrea Appiani. Il vestito elegante e alla moda, la cravatta pregiata e di ottima fattura, attorno al collo, indicavano lo status e la fama del pittore.

Il francese, senza perdere tempo, gli disse immediatamente il motivo dell'invito - Il vostro ritratto è stato apprezzato dal comandante, il quale vorrebbe coinvolgervi attivamente nel suo progetto repubblicano e rivoluzionario che ha in mente per la Penisola, per questo vi ordino di eseguire un altro ritratto del comandante, questa volta completo - sollevò la testa per guardare meglio Appiani, questi ascoltava attento - Inoltre il generale Bonaparte vi attribuisce il titolo di commissario superiore per scegliere le opere da inviare a Parigi e vi affida anche il compito di disegnare testate, brevetti ufficiali, allegorie repubblicane

Appiani si inchinò, sorpreso e molto emozionato: era riuscito a fare breccia nell'anima di Napoleone, dopo aver immortalato quel viso tanto particolare, che difficilmente passava inosservato. I lineamenti erano espressivi, definiti, rifiniti, come se fossero stati realizzati da uno scultore, la fronte alta e spaziosa erano indice di una mente eccezionale. Anche se magro e dalle guance leggermente scavate, vi era un'armonia perfetta nella posizione degli occhi, grandi ed espressivi, esaltati dalle lunghe ciglia scure e dalle sopracciglia sottili, del naso lungo e lievemente aquilino e le labbra sottili, ermeticamente chiuse, che mettevano in risalto il mento pronunciato, che non guastava affatto la fisionomia del corso. I capelli lunghi e sciolti incorniciavano il tutto, rivelando il suo spirito selvaggio e indomabile. Possedeva una bellezza unica, che sembrava provenire da quel passato che la corrente neoclassica aveva riportato alla luce.

- Sono onorato della considerazione ricevuta dal generale Bonaparte - l'accento milanese rendeva più dolce il suo perfetto francese - Mi metterò subito all'opera per realizzare il tutto in nome della classicità, dell'arte, della cultura e della potenza - avrebbe messo completamente a disposizione il suo straordinario talento. Il generale francese gli aveva affidato non poche commissioni: ciò stava ad indicare che ben sapeva a chi li stesse affidando.

 

 

   
 
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