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Autore: MaryFangirl    28/03/2023    0 recensioni
C’era un ragazzo
Uno strano ragazzo incantato
Dicono che vagasse molto, molto lontano
Oltre la terra e il mare
[Hook/Pan]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Capitan Uncino, Peter Pan
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una fanfiction tradotta dall’inglese, potete trovare i dettagli dell’originale qui sotto.
 
Titolo originale: Nature boy
Link storia originale: https://archiveofourown.org/works/31346861?view_adult=true
Link autore: https://archiveofourown.org/users/SolidState/pseuds/Foxtrot
 
 
Alla veneranda età di 30 anni ho scoperto la ship Hook/Pan e me ne sono innamorata perdutamente. Non mi pento di nulla.
Grazie a tutti gli autori che mi hanno permesso di farlo. Non ce ne sono molti, ma in certi casi il livello è notevole, per questo motivo sono più che felice all'idea di proporli anche nella mia lingua.
 
Avvisi: Pan e Hook sono descritti come immortali, senza età, non propriamente umani, specialmente Peter, visto come un essere fatato; per questo motivo, Peter non viene considerato un bambino e, anzi, all’interno di questa storia è presente il tema della sua crescita.
 
 
 
“Devi proprio startene a rimuginare sulla mia nave?”
 
Peter era disteso sulla schiena, lungo il corto parapetto di legno massiccio che correva sul lato del ponte della nave, un ginocchio piegato mentre l’altra gamba penzolava con noncuranza dal cornicione, sfiorando appena l’acqua. Infilò un braccio magro sotto la testa e lanciò un’occhiata diffidente a Hook, James, prima di voltare di nuovo il viso al cielo. Con un piccolo sbuffo, James si sistemò con la schiena contro la ringhiera, stendendo le lunghe gambe, Peter era appena visibile alla sua destra. Il suo eterogeneo equipaggio di pirati era assente.
 
“Mi ha baciato”
 
James non dovette chiedere chi. “Certamente”
 
Un lungo silenzio passò prima che Peter dicesse, insolitamente apprensivo: “Non mi è piaciuto”
 
L’altro emise un ronzio, giocherellando con un vecchio accendino di rame estratto dalle abbondanti tasche del suo cappotto rosso. Lo apriva e chiudeva, in un lieve ‘click-clack, click-clack’.
 
“Non deve piacerti. Baciare chiunque. È okay non esserne entusiasti”
 
Accese una sigaretta dall’apparenza piuttosto malconcia, voltò la testa per soffiare una grossa nuvola di fumo aromatizzato dalle labbra socchiuse.
 
James ricordava una volta a scuola, doveva avere 10 o 11 anni, quando la piccola e graziosa Lucy McCormic lo aveva messo all’angolo nel magazzino delle scorte, ricordava le sue risatine e quanto fosse stato disgustoso essere costretto a baciare il suo terribile e bel viso. Aveva trovato, molto tempo dopo, persone che era stato molto più entusiasta di baciare, e nessuna di loro assomigliava a Lucy.
 
Osservò Peter aprire e chiudere la bocca diverse volte mentre si sforzava di districare alcuni rampicanti sconosciuti nella foresta selvaggia e invasa della sua mente. Click. Clack. Aperto. Chiuso. Lasciò che Peter ci pensasse da solo, come aveva fatto all’epoca James. Molto tempo prima.
 
“Penso...penso che il bacio fosse okay. Ma...”
 
“Era Wendy che non ti piaceva” James espirò il fumo dal naso mentre parlava e Peter cercò di essere furtivo osservando la foschia, sporgendosi un po’ più vicino all’odore dei chiodi di garofano.
 
“Mi piaceva. Come persona, intendo, raccontava belle storie. Non...non penso che si tratti di lei nello specifico, ma delle ragazze in generale”
 
Ah. “Potresti scoprire che la fortuna è dalla tua parte, Pan. Hai un sacco di ragazzi a disposizione che puoi provare a baciare, se è qualcosa che stuzzica la tua fantasia”
 
Sentì Peter spostarsi dietro di lui, rotolare sullo stomaco e appoggiare il mento sul palmo mentre guardava James con curiosa sorpresa.
 
“Si può fare?” era una domanda così onesta, non accusatoria né con il malcelato disgusto usato dai genitori di James quando parlavano con lui.
 
“Pan...” James lo squadrò con sguardo ironico, le sopracciglia scure aggrottate. “Almeno metà del mio equipaggio si trova a Neverland perché preferisce così”
 
Altri erano stati cacciati; uomini e donne, e tutto ciò che stava in mezzo e oltre a tali designazioni, allo stesso modo. In una maniera o nell’altra avevano trovato la strada per Neverland, e su una nave dove nessuno avrebbe cercato di cambiarli a suon di mazzate. A volte giungevano da soli, altre mano nella mano. Erano sempre rimasti.
 
“Puoi fare quello che vuoi con chi vuoi, se la fantasia è condivisa” l’accendino si chiuse. Con un fruscio James lo ripose in tasca. “E se ti riscopri non così interessato, non devi rifarlo”
 
(Coraggio, Jamie, Lucy è una ragazza così carina. Non sei un invertito, vero? Dalle un bacio...)
 
James lo affrontò con un’espressione intensa sul volto austero. “Se qualcuno, Wendy o qualcun altro, cerca di costringerti, scaricalo nella laguna del coccodrillo”
 
Peter sbuffò una risata e James colse il momento di leggerezza per alzare il viso pallido verso il sole, chiudere gli occhi e appoggiare la testa sulla ringhiera, rimanendo all’altezza di Peter. Spense la sigaretta contro le assi e lasciò uscire l’ultimo soffio di fumo, ebbe il breve pensiero delirante di sputare fuoco come un drago mentre lo guardava salire. Il suono sommesso delle onde e dei gabbiani, il respiro calmo di Peter così vicino al suo orecchio, lo mandarono alla deriva nella piacevole dimensione tra veglia e sonno, il sole era caldo e tranquillo come quella giornata. Incolpò la lieve pausa per non aver notato i movimenti di Peter, finché l’ombra non si profilò su di lui, bloccando il sole.
 
Aprendo gli occhi con un sospiro sorpreso, James trovò Peter, con il viso abbronzato e gli occhi verdi e brillanti, molto più vicino di quanto non fosse mai stato. James poteva contare la spruzzata irregolare di lentiggini brune sul naso del ragazzo, sulle sue guance e persino sulla punte delle sue orecchie. Forse avrebbe dovuto essere più sorpreso quando Peter chiese, con tono strano e ardito: “Posso baciarti?”
 
Un respiro dentro, un respiro fuori.
 
“Se vuoi”
 
E Peter eseguì.
 
Lo baciò come se non volesse rovinare tutto, come se stesse cercando di ottenere la risposta giusta a un quiz per cui non aveva studiato, o lanciando una freccia contro un bersaglio a portata di mano. Lo baciò come se sperasse che James gli dicesse che aveva fatto un buon lavoro. James non lo guidò, sollevandosi e prendendo il controllo o esigendo, si limitò a inclinare la testa e con un tocco morbido sul viso di Peter lo incoraggiò in modo che le loro bocche si unissero, provocando in Peter un respiro tremulo. Permise a Peter di incombere su di lui, chinandosi per ottenere ciò che voleva da James.
 
(Mantenendo l’opportunità di indietreggiare, quella che Lucy gli aveva negato).
 
Quando Peter premette maggiormente e artigliò il polso di James, l’uomo lo allontanò gentilmente, con grande disapprovazione del ragazzo a giudicare dal suono che rilasciò, ma lui si limitò a tenere il palmo contro la guancia di Peter. La distanza di un braccio li separava.
 
“Zitto” disse James con voce fin troppo dolce per essere un rimprovero, premendo le labbra sulla fronte di Peter mentre si alzava con un movimento delle spalle che fece schioccare piacevolmente la schiena.
 
“Se insisti a rimuginare sulla mia nave, la prossima volta puoi anche entrare”
 
Se qualcuno dell’equipaggio li aveva visti baciarsi, nessuno disse nulla.
 
.
 
Se gli fosse stato chiesto, nessuno dei due avrebbe potuto dire con certezza quando esattamente Peter aveva iniziato a cambiare, ma entrambi avrebbero concordato di essersene accorti nello stesso momento.
 
Dopo Wendy.
 
James era sicuro che fosse stata una crescita lenta – anche se forse ‘lenta’ era l’eufemismo del secolo – e Wendy aveva semplicemente spintonato Peter oltre il gradino finale. Come se Peter fosse rimasto sul precipizio, un piede già in aria, per secoli. Lo stesso Peter era insolitamente taciturno sull’argomento e si limitava a diventare rosso e a cambiare discorso. Indipendentemente dal momento, dal come o dal perché, era avvenuto un cambiamento irrevocabile che stava rapidamente guadagnando terreno a ogni maldestro e goffo passo.
 
E Peter non era il solo a cambiare.
 
Il giorno seguente il bacio, che ora James usava come una sorta di marcatore di un ‘prima’ e un ‘dopo’, a causa della bizzarra follia rappresentata dallo scorrere del tempo su Neverland, James fece una cosa assolutamente particolare: si rasò la barba.
 
In piedi nel suo alloggio davanti a uno specchio sospeso dall’aspetto francamente ridicolo, fatto di sgargianti vortici d’oro e scintillanti gemme di vetro, James fissò e fissò e fissò il suo riflesso, come desiderando che tornasse a risultare familiare. Ma, ostinatamente, non accadde. Prese invece una grossa manciata di barba ispida e incolta e tagliò il fascio con le forbici di ottone che Smee aveva regalato a James, senza mai aspettarsi che l’uomo le usasse realmente. Uno sfacciato colpo all’apparente apatia di James nei confronti del proprio aspetto.
 
Una volta iniziato, non riuscì a fermarsi e alla fine si trovò a guardare il suo viso molto più di quanto non avesse fatto in quelli che gli sembravano, e probabilmente erano, eoni. Anche con un pesante strato di barba che ancora il ombreggiava il viso, l’uomo allo specchio sembrava...più reale, in qualche modo intangibile. Non era più il giovane uomo robusto di Balliol, ma non era neanche la caricatura di una fiaba per bambini.
 
Più solido, con meno polvere di fata.
 
.
 
Peter tornò piuttosto prima del previsto.
 
Era il compleanno di qualcuno, l’anniversario o la festa per un bambino o qualcosa di altrettanto ridicolo a Neverland, apparentemente motivo di una celebrazione alquanto esuberante che proseguì fino a tarda notte. Il che normalmente non sarebbe stato particolarmente rilevante per James, ma questa volta Tiger Lily aveva preparato quelle tortine di mais per le quali sapeva che lui andava matto e senza dubbio gliene avrebbe spedita una porzione insieme al suo equipaggio, quando qualcuno di loro fosse stato abbastanza sobrio da rientrare sulla nave.
 
Valeva quasi la pena per il dolore alla schiena dovuto al fatto di essere rimasto chino sul libro mastro per tutta la sera. Quasi.
 
Quando la porta del suo alloggio si aprì con abbastanza forza da far tremare lo stipite, Peter era davvero l’ultima persona – creatura magica? Divinità della distruzione e del fastidio? Seccatura volante? – che si sarebbe aspettato di vedere e se non fosse stato per il cesto di tortine di mais che trasportava, James avrebbe potuto gettare il ragazzo in mare solo per principio.
 
James era seduto a una grande e pesante scrivania in quercia, con il grosso libro mastro aperto davanti a sé e una mezza dozzina di calamai di varie dimensioni e colori sparsi, mentre scriveva velocemente e con irritazione con la mano sana. La destra era al momento e sorprendentemente priva di qualsiasi aggeggio appuntito e pericoloso – dopotutto, non era il caso di infilzare il proprio registro. Al posto dell’uncino c’era una protesi liscia e intagliata su cui manteneva il mento trasandato. Un regalo piuttosto generoso delle sirene dopo che lui aveva ucciso un enorme squalo che minacciava il loro territorio. Che James l’avesse fatto per altruismo o per liberarsi del mal di testa causato da quella bestia non era di particolare importanza per le sirene, più che felici di non essere più nel pericolo imminente di diventare il pasto dello squalo.
 
“Smettila di fissare e passa qui” abbaiò James e Peter uscì dal suo stato incantato, avvicinandosi con il cesto, continuando però a fissare James come un gufo una volta che lo posò sulla scrivania.
 
Peter impiegò una decina di secondi prima di sbottare: “La tua mano”
 
“Come?” James si fermò con una tortina a metà strada verso la sua bocca, guardando entrambe le braccia con un lampo di confusione. “Oh, per l’amor del cielo, ragazzo”
 
Con il lungo sospiro sofferente di un uomo che aveva vissuto qualche centinaio d’anni di troppo, James tese il braccio destro per l’ispezione. La protesi era scolpita, liscia e robusta, con strane conchiglie o pietra, poteva persino piegarsi all’altezza delle articolazioni, come le bambole; non aveva la stessa possibilità di movimento di un braccio reale, ma era un esemplare di arte e magia davvero meraviglioso che permetteva persino una sbiadita sensazione, come il formicolio percepito dalla gamba dopo aver esercitato troppa pressione su di essa. Peter afferrò il polso, spingendo in su la voluminosa manica della camicia di James per vedere meglio l’applicazione all’avambraccio come un guanto, torcendo il braccio dell’uomo da una parte all’altra, con aria assolutamente dilettata.
 
C’era stato un periodo – piuttosto lungo – in cui James aveva odiato Peter per averlo mutilato in quel modo. Aveva odiato la feroce piccola bestia che aveva dato la sua mano a un coccodrillo, ridendo nel mentre. Odiava ancora il Peter di prima, ma era passato molto tempo – anche da prima di Wendy – da quando Peter era stato quel ragazzino. Dal momento in cui Peter aveva chiesto a James perché la mano non ricrescesse così come a una lucertola ricresceva la coda, accusandolo di mentire quando James gli aveva urlato ‘Non funziona così, cretino’. Peter non credeva più che gli uomini adulti fossero in grado di far ricrescere gli arti e le loro successive battaglie si erano frenate in modalità tacita.
 
“Lily voleva che ti portassi dei dolci prima che venissero spazzolati tutti” Peter azzardò con un po’ più di tatto, tenendo ancora il polso di James e fallendo nel non fissarlo apertamente. “Io...non sapevo che lei parlasse con te. O che le piacessi”, eccolo lì, il tatto.
 
“Vuoi dire che non sapevi che lei avesse giocato a fare finta con te” corresse.
 
Tiger Lily non era come Peter, sarebbe cresciuta come le persone reali, ma per un certo periodo aveva giocato con Peter e lo aveva amato in modo infantile. Ma aveva capito, a differenza di Wendy, che le acque che l’avevano minacciata erano poco profonde e limpide, che le corde intorno ai suoi polsi erano state abbastanza morbide da potersene liberare con un respiro appena accennato, e che la persona più pericolosa in quel gioco era il ragazzo che non aveva ancora imparato che la morte era per sempre.
 
“No, non sapevo di aver giocato a fare finta”
 
Peter piegava e fletteva con attenzione le dita della protesi, cercando di trovare i piccoli spazi in cui le articolazioni si incastravano. Provocava una specie di solletico.
 
“Adesso lo sai, presumo” borbottò James portandosi alla bocca un pezzo della deliziosa bontà al mais, mordicchiando il tortino, dopo che Peter ebbe lasciato la sua mano. Trascurò in parte il modo in cui Peter lo manipolava come se avesse il diritto di farlo, ma non disse nulla mentre il ragazzo vagava per il suo alloggio, frugando tra ninnoli e cianfrusaglie che ricoprivano le pareti, gli scaffali e i tavoli. Peter sembrava particolarmente interessato a un astrolabio d’argento in una teca di vetro e James odiò il fatto che il suo pensiero immediato fosse quello di concedere a Peter di prendere il dannato oggetto, se osservarlo lo rendeva così contento.
 
Nessuno dei due scelse di menzionare che Peter era cresciuto nell’arco inferiore a una settimana. Che ora arrivava comodamente alle spalle di James. Che assomigliava più a un membro della sua ciurma che a un Bimbo Sperduto, con i pantaloni di lana grezza tagliati e una camicia di lino arruffata dalle maniche arrotolate in modo irregolare, una fusciacca legata intorno ai fianchi sottili e numerose tasche che pendevano da essa. I suoi piedi erano sempre nudi e sporchi di terra, i capelli un vaporoso pasticcio a causa del vento. Sarebbe rimasto selvaggio per sempre.
 
Alla fine, James ne aveva abbastanza di affari da sbrigare – grazie mille – e spinse la sua massiccia sedia lontano dalla scrivania con un gesto stizzoso, accavallò le gambe all’altezza delle caviglie, appoggiando i piedi sulla scrivania e girandosi con un gemito, strofinando gli occhi pruriginosi. Quando sentì Peter toccargli le gambe con il fianco, James acconsentì e si spostò in modo che il ragazzo saltasse sul bordo della scrivania. Peter aveva un’aria piuttosto compiaciuta, scalciando le gambe avanti e indietro.
 
“Cerca di non far cadere nulla”
 
Peter sorrise maliziosamente e spinse una penna di onice giù dalla scrivania, mantenendo il contatto visivo per tutto il tempo. Un gatto solitario in cerca di attenzioni.
 
James si appoggiò allo schienale, i piedi piantati a terra mentre incrociava le braccia sull’ampio petto, sollevando un sopracciglio indifferente. “Raccogli, piccolo degenerato”
 
Peter fu teatrale nel tendere la mano e afferrare la penna nel suo palmo, poi la offrì a James con un’espressione soddisfatta sul suo bel viso. James incontrò il suo sguardo decisamente malizioso mentre faceva per strappargli la penna, rendendosi conto dell’errore con un secondo di ritardo, quando Peter gli afferrò il braccio non appena fu abbastanza vicino, strattonandolo e costringendo James a inciampare tra i propri piedi e le ginocchia di Peter.
 
“Devo supporre che ti sei esercitato con i tuoi amici dall’ultima volta che abbiamo parlato?” livellò Peter con uno sguardo non impressionato che non conteneva una vera derisione, ma che sentiva di dover almeno sfoggiare.
 
“No. Non voglio baciare loro” disse Peter tenendo ancora il polso di James. Qualcosa di quasi feroce nel verde dei suoi occhi fece perdere l’equilibrio a James.
 
“Oh? Non ti piace baciare, dopotutto?”
 
“No, mi piace molto, solo con te però”
 
James si stava sforzando per non reagire come se Peter non stesse mettendo l’intera Neverland sottosopra. Percepiva chiaramente il centro di gravità che impazziva, inclinandosi su un asse sconosciuto.
 
“Non sai cosa stai chiedendo, Peter” lo avvertì, desiderando di avere ancora una grossa e stupida barba dietro cui nascondersi.
 
Peter tirò James più vicino, gli occhi larghi, sembrava ancora più elettrizzato. Più selvaggio. “So che ti sto chiedendo di ripetere il mio nome in quel modo”
 
Merda.
 
“Vuoi baciarmi ancora, James?”
 
Merda merdosa.
 
Afferrò saldamente il mento del giovane con la mano buona, costringendo Peter a rimanere fermo mentre lo sorreggeva. “Non giocherò con te in questo modo, Peter”
 
Sarebbe stato troppo doloroso se Peter l’avesse trasformato in un gioco, in un altro arto gettato nella bocca del coccodrillo, lasciando James desolato e ferito. Non aveva negato nulla a Peter nei suoi giochi, ma non poteva, non voleva, lasciare che questo fosse un’altra finta.
 
“Non sono cresciuto per Wendy”
 
James scoprì che non gli importava molto quando effettivamente rovesciò diverse cose nel rimuovere tutto tranne Peter dalla scrivania con un movimento frenetico del braccio, troppo occupato a spingere Peter verso lo spazio libero per dedicare a qualsiasi altra cosa un secondo pensiero.
 
James lo baciò come se non volesse rovinare tutto. Tenne il volto di Peter con entrambe le mani – carne e pietra, caldo e freddo – in modo da premere con più forza e più vicino, per calmare il calore delle sue dita lungo la linea di lentiggini sulla guancia di Peter e seguire lo stesso percorso con le labbra, facendo contorcere Peter sulla scrivania. Quando la bocca di James trovò la sua mascella, Peter si spostò in avanti per avvolgere le gambe intorno ai fianchi dell’uomo e avvicinarli maggiormente, afferrò manciate dei capelli scuri e arruffati di James per riunire le loro labbra e piagnucolò a bocca aperta contro di lui.
 
Era esigente, la creatura fatata, desiderosa, bisognosa e generosa in egual misura.
 
.
 
Il problema della crescita, della vita nel suo insieme, è lo scambio delle perdite con i guadagni. Crescendo si perde la convinzione che un uomo possa far ricrescere gli arti come alle lucertole ricresce la coda, ma in cambio si acquisisce la nozione di come ci si sente a essere consapevoli. Si deve scambiare la convizione adolescenziale con la sapienza adulta. Non è affatto una brutta cosa, in realtà. Si impara solo a riporre la propria fede in ciò che conta davvero.
 
Peter credeva alle sirene, ai folletti e ai pensieri felici che sollevavano da terra, ma ora conosceva il sapore di James, qualcosa di dolce e affumicato – sigarette ai chiodi di garofano, realizzò più tardi – o la morbidezza dei suoi capelli scuri come la pece arricciati intorno alle sue dita, e il suono senza fiato che emise quando gli morse la gola.
 
L’elenco delle cose che Peter conosceva cresceva in modo esponenziale.
 
La mano ruvida e callosa sotto la camicia scorreva delicata sullo stomaco, sopra le costole, afferrando e tirando e chiedendo, poi abbassandosi per slegare i lacci dei pantaloni di Peter e ancora più in giù, facendo gemere Peter con forza e urgenza. Le sue stesse mani strapparono la camicia di James dai pantaloni ingiustamente stretti, tastando con le dita le piccole cicatrici sulla schiena e il petto dell’uomo.
 
Non sapeva dove James avesse gettato la sua camicia, ma scoprì che non era così importante nel grande schema delle cose quando James strattonò le sue gambe, portandolo a un precario equilibrio sul bordo della scrivania, facendo qualcosa di assolutamente delizioso con quelle lunghe dita.
 
Anche James era in procinto di conoscere molte cose nuove, non ultimo il collo di Peter che si colorò di rosa nel punto in cui l’aveva baciato energicamente, facendogli emettere il più incantevole dei suoni. Conobbe le lentiggini diffuse sulle spalle di Peter, le nocche delle sue dita, fino alla morbida rotondità delle sue cosce. Seppe come piegare le dita esattamente in quel punto dentro di lui, portando Peter a urlare e a muovere i fianchi, fino a piegare la sua schiena in un arco, staccandosi dalla scrivania. Imparò il modo in cui Peter chiedeva, supplicava, implorava.
 
Ancora, ancora, ancora.
 
Fecero sesso nello stesso modo in cui si baciavano. Per non rovinare tutto. Era quindi positivo che entrambi fossero così dediti alla conoscenza.
 
Insieme appresero che a Peter piaceva che James lo tenesse fermo contro la scrivania con una mano sullo sterno, e quando l’uomo pronunciò il suo nome sul suo collo con una tale riverenza da apparire come una preghiera, Peter lo amò ancora di più.
 
Impararono che James gridò e imprecò quando Peter trascinò le unghie smussate lungo la schiena, usando le gambe per attirare l’uomo più profondamente dentro di sé, che James acconsentì volentieri alle richieste di “di più” con uno scatto oscenamente fluido dei suoi fianchi stretti e che “più forte” ottenne un impeto tale da far scricchiolare e tremare la scrivania.
 
Seppero che Peter venne con un singhiozzo, fremendo, scalpitando verso l’uomo, come se volesse strisciare dentro James e condividere un unico corpo per sempre.
 
Seppero che quando James venne, ansimò ruvidamente e rapidamente, premendo le loro fronti insieme, guardando Peter con i suoi occhi incredibilmente azzurri, avvolgendo le braccia sotto il ragazzo per tirarlo a sedere, stringendolo forte.
 
Più tardi, mentre James teneva stretto Peter nella grandiosa mostruosità che chiamava letto, seppero come risuonava l’altro mentre diceva ‘Ti amo’ con la voce appesantita dal sonno.
 
Peter e James credevano e sapevano in egual misura. Era un’avventura terribilmente grande.
  
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