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Autore: Ephram    29/03/2023    0 recensioni
Seguito de "La Stagione del Dubbio". Il viaggio di Eric e Martha in un mondo in rovina dopoguerra giunge al termine, ma presto scopriranno di non essere del tutto soli.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le settimane trascorsero veloci quanto l'alternarsi dei giorni.
Le giornate stavano gradualmente diventando ormai brevi, le notti si allungavano e diventavano sempre più fresche. Ormai in pieno autunno inoltrato nel corso del nostro viaggio l'asfalto iniziò a ricoprirsi di foglie mentre gli alberi diventavano sempre più scheletrici.
Un tardo mattino arrivammo nei pressi di quella che doveva essere stata una cittadina rurale.
Non c'era nessuna indicazione che dicesse come si chiamava, tuttavia come tutto il resto finora non era in buono stato, alberi e piante infestanti avevano preso il sopravvento su ogni cosa, non c'era un edificio con una sola finestra e la maggior parte degli edifici era priva di tetto o addirittura parziale crollata.
Camminando lungo la strada coperta di foglie e dalla quale spuntavano arbusti ed erbacce la cosa che più mi colpì fu la sensazione di desolazione che questo posto trasmetteva.
Non come il campo di detenzione, era qualcosa di diverso, inconcepibile.
-Una altra città fantasma.- osservò Martha.
Guardandomi attorno cercai d'istinto segni di attività recenti, ma non ne trovai.
Passammo accanto ad un palo della luce consumato dalla ruggine ancora in piedi ma leggermente piegato di lato, le piante infestanti lo avevano talmente reso irriconoscibile che ormai sembrava una sorta di albero alieno.
Continuammo a camminare finché non ci ritrovammo in quella che doveva essere la piazza, circondata da edifici semidistrutti con le mura infestante dall'edera che con l'arrivo dell'autunno aveva le foglie che avevano assunto una tonalità rossastra dando alle case una sfumatura cremisi.
Anche qui gli alberi e l'erba avevano iniziato a farsi strada attraverso l'asfalto e il cemento, alcuni avevano iniziato a crescere persino all'interno di edifici senza tetto con i rami che sporgevano dalle finestre senza vetri.
-Cosa può essere successo qui?- fece Martha, -sembra che ci sia stato un terremoto.-
-Ho un sospetto, aspettami qui.- dissi.
Mi tolsi lo zaino per alleggerire il mio peso.
-Cos'hai intenzione di fare?- fece lei incerta.
Mi arrampicai sulle crepe di un edificio vicino che sembrava leggermente più alto degli altri, il muro era talmente crepato che non ebbi difficoltà a trovare degli appoggi dove mettere le mani e sollevarmi ulteriormente passo dopo passo, tra i mattoni esposti.
Poco alla volta arrivai abbastanza in alto da potermi guardare attorno.
Attorno a me quasi tutti gli edifici erano privi del tetto e parzialmente crollati, altrettanti avevano solo il perimetro delle mura e tracce di bruciature lungo i muri interni, ma una cosa era certa, un tempo un'altra bomba aveva devastato una buona porzione della città.
A circa mezzo chilometro di distanza c'era un altra gigantesca voragine dal diametro di un centinaio di metri dove probabilmente prima c'erano solo edifici, impossibile vederla da terra perché le rovine celavano la sua visuale.
Facendo attenzione a non scivolare, lentamente tornai a terra.
-Cos'hai visto?- chiese Martha.
-C'è un altro cratere oltre quegli edifici?- spiegai.
-Lo immaginavo.-
Ci dirigemmo nella direzione opposta della città, quando fummo a circa metà giornata facemmo una pausa mangiando una porzione delle provviste che ci eravamo procurati con una certa fatica negli ultimi giorni, a base di erbe commestibili e piccoli animali sotto sale catturati con delle trappole a base di lacci, in questo caso una marmotta che Martha aveva avuto la fortuna di catturare il giorno precedente.
Dal punto di vista della caccia lei era molto più fortunata di me.
Da quando le avevo insegnato a costruire trappole lei aveva sviluppato una certa abilità, e anche un certo gusto, che da una ragazza semplice come lei non mi sarei mai aspettato.
Sentivo tuttavia che mi stava nascondendo qualcosa, non ne avevo nessuna conferma, ma era piuttosto una sensazione.
Si era forse pentita di aver intrapreso questo viaggio?
Certe volte la sentivo vicina, molto spesso distante con il pensiero.
-Senti. Volevo chiederti se per oggi possiamo fermarci qui?- mi chiese lei riscuotendomi dai miei pensieri -Mi sento stranamente stanca oggi.-
La domanda mi sorprese, era la prima volta che mi chiedeva di fermarsi in anticipo.
Mi guardai attorno in cerca di un luogo per accamparci per la notte.
Mi resi conto che in un posto del genere durante la notte saremmo stati particolarmente esposti, soprattutto con il fuoco acceso dal momento che ormai iniziava a fare freddo.
C'era la remota possibilità che il bagliore ci avrebbe resi visibili da lontano, senza contare che non potevamo avere la certezza che non ci fosse nessuno in questo posto.
-Va bene, - decisi -ma non ci fermeremo qui, ci accamperemo sul fondo del cratere che ho visto prima.-
-Perché proprio lì?- fece Martha.
-Perché quando accenderemo il fuoco questa sera saremmo meno visibili, soprattutto se è circondato da rovine che ci riparano da sguardi indiscreti.- spiegai.
-Per me non c'è problema.- disse -Quanto dista?-
-Non molto da qui.-

Quando il sole iniziò a scendere le ombre iniziarono ad allungarsi e sul fondo del cratere la temperatura scese in fretta.
Mi ero procurato della legna da alcuni vecchi scaffali all'interno di alcune rovine e la tenda era già stata piantata.
Martha stava seduta davanti al fuoco, le braccia tra le gambe, a riflettere.
Vedevo il bagliore delle fiamme che si rifletteva nei suoi occhi, assorti nei suoi pensieri.
D'un tratto in lontananza si udì un ululato, seguito da un altro da una posizione diversa.
Martha tornò rapidamente al tempo presente.
-Lupi?-
-Forse anche coywolf. Non credo che potremmo essere un loro obiettivo, ma meglio non rischiare.- dissi.
Gettai altra legna sul fuoco, poi presi il mio zaino e da una tasca interna tirai fuori una sacca di cuoio piuttosto vecchia, da cui estrassi i pezzi di una vecchia pistola Berretta, un modello che sicuramente aveva più anni del sottoscritto ma ancora in buono stato, poi dopo averli studiati uno per uno iniziai ad assemblarli.
-E quella da dove esce fuori?- fece Martha sorpresa.
-Era del mio vecchio, l'ho portata dietro per casi estremi.- dissi.
-Potevi dirmelo subito che avevi con te una pistola.- dissi arrabbiata.
In quel momento sentimmo alcuni sassi cadere lungo la parete del cratere.
Guardai con attenzione la direzione da dove erano caduti, ma nell'ombra e nell'ultimo chiarore della sera non vidi molto, nulla di particolare.
-Ho l'impressione che siamo entrambi a non dirci proprio tutto.- risposi a Martha.
Ma prima che lei potesse rispondermi sentimmo altri sassi cadere da una parete, ma stavolta da una posizione diversa.
-C'è qualcosa che non va.- notò Martha alzandosi in piedi.
Ormai il cielo era poco più che una sfumatura rossastra tendente al blu dove iniziavano a scorgersi le prime stelle.
-Non siamo soli.- dissi guardandomi attorno ma senza vedere niente.
Il bagliore del fuoco illuminava solo la parte bassa del cratere dove eravamo accampati, ma buona parte della parte alta irregolare rimaneva in ombra.
Sentimmo un altro rumore di pietre che cadevano, mi voltai nella direzione da cui proveniva il rumore quando il grido di Martha dietro di me mi colse alla sprovvista.
Mi voltai solo per constatare che era scomparsa, la chiamai gridando ma a sua volta sentivo le sue grida sempre più lontane, poi in alto nell'oscurità vidi una figura che scompariva in un punto appena sotto il bordo del cratere. Poi le urla tacquero.
Qualunque cosa fosse era velocissimo e sicuramente molto più forte di me per portare via Martha con quella velocità.
Mi gettai rapido sulla Berretta che avevo assemblato, nella frenesia cercai i proiettili nello zaino, svuotandolo, rovistai finché non li trovai, e la caricai con le mani che mi tremavano.
Quando alzai la testa mi resi conto di essere osservato.
-Che diavolo...-
C'erano dozzine di paia di occhi verdi come lampadine che mi fissavano nell'oscurità.
La luce del fuoco si rifletteva su quegli occhi innaturali proprio come su quelli di un gatto, ma la cosa più spaventosa erano quelle alte e pallide figure umanoidi che sembravano non appartenere a questo mondo.
Avevano un paio di lunghe braccia sproporzionate rispetto al corpo, e un paio di gambe, ma erano gracili e probabilmente erano di colore bianco.
Si muovevano lentamente attorno a me come se aspettassero la mia prossima mossa, pronte ad attaccare.
Ritornai in me, resistendo alla paura, e sollevai la pistola al cielo sperando che non si inceppasse.
Un boato assordante quasi mi spaccò i timpani.
Le creature umanoidi sembrarono quasi impazzite e scattando agili come cavallette in pochissimi secondi si arrampicarono lungo le pareti scoscese del cratere e scomparvero.
Si erano nascosti? Non persi tempo a scoprirlo, afferrai un grosso bastone che avevo recuperato dalle rovine, avvolsi uno straccio attorno ad esso e lo impregnai di alcool puro, per poi accenderlo sul falò.
Quindi, con la torcia in una mano e la pistola nell'altra, iniziai a risalire il pendio del cratere nella direzione in cui avevo visto scomparire Martha.
C'era un tunnel semi-nascosto dalle pietre, riuscii a infilarmi a stento e mi resi conto che ero all'interno della vecchia rete fognaria della città, l'entrata del tunnel era la parte rimasta esposta all'interno del cratere.
-Martha!- gridai.
Nessuna risposta.
A terra c'erano detriti di ogni tipo e c'era anche un forte odore di putrefazione e qualcos'altro.
C'erano anche moltissime ossa di origine incerta, probabilmente era il nido degli umanoidi bianchi.
Facendomi luce avanzai il più rapidamente possibile stando attento a dove mettevo i piedi. Un osso scricchiolò sotto il mio scarpone.
-Martha!- gridai di nuovo.
-Sono qui!- la sentii gridare non molto lontano.
Continuai ad avanzare.
Poi la vidi, o meglio fu lei che mi corse incontro piangendo. La abbracciai.
-Cos'è successo?-
-Quella cosa mi ha trascinata non so dove nell'oscurità, non vedevo niente,- pianse lei terrorizzata -ho continuato ad urlare, poi ad un tratto ho sentito lo sparo e lui si è bloccato, mi ha lasciato ed è scappato via.-
-Andiamo via di qui, stammi vicino.-
Iniziammo a correre in avanti, io le tenevo stretto la mano, credevo di essere ormai prossimo all'uscita ma Martha si bloccò all'improvviso, come me.
Nell'oscurità, nella luce debole del fuoco della torcia improvvisata vidi chiaramente alcune di quelle figure.
Il viso non era molto lontano da quello di un essere umano se non fosse per la mancanza di lineamenti e una mandibola che sembrava aprirsi il doppio di quella umana, oltre alla totale assenza di qualunque pelo o capello.
Era chiaro che non intendevano lasciarci andare via.
-Merda.-
-È la fine.- pianse Martha chiaramente terrorizzata.
Sollevai la pistola, sperando che il boato li spaventasse nuovamente, ma quando premetti il grilletto partì solo uno scatto metallico. Nulla di più.
Dannazione, quel fottuto rottame si era inceppato.
Le figure avanzavano, ma con esitazione.
Probabilmente temevano il fuoco oltre che i boati.
-Cosa facciamo?- fece Martha.
Sentimmo un ringhio animalesco, poi delle grida stridule quanto disumane.
Gli esseri davanti a cercarono di correre, o meglio scappare nella nostra direzione ma furono attaccati da...lupi.
Un branco di lupi si era infilato nel tunnel, probabilmente attratto dall'odore di queste creature.
Tuttavia a guardarli meglio non erano i lupi che conoscevo, avevano alcune somiglianze con grossi cani ma allo stesso tempo il muso, il comportamento e il pelo come quello di un lupo.
Coywolf!
Le grida continuavano mentre in quella lotta gli umanoidi bianchi venivano attaccati e trascinati via da queste bestie.
Alcuni lottarono e usarono persino pezzi di cemento del tunnel per attaccare i lupi, uno emise un guaito, ma in breve tempo furono sottomessi dalla maggioranza.
La lotta si trascinò per lunghissimi istanti sotto i nostri occhi esterrefatti, poi quando gli umanoidi bianchi iniziarono a sparire e a essere trascinati via da quei lupi ibridi uno di essi dal pelo grigio iniziò ad avanzare a testa bassa ringhiando verso di noi con il muso insanguinato delle sue prede. Poi all'improvviso si bloccò, forse richiamato dai suoi compagni e tornò indietro.
Tirai un sospiro di sollievo.
Poco alla volta le bestie se ne andarono trascinandosi dietro porzioni di carne o addirittura interi corpi mutilati di quegli esseri umanoidi, finché non scomparvero.
Rimase solo il silenzio. Un silenzio orribile.
-Andiamocene,- disse Martha - ti prego.-

Il mattino seguente al limitare di quella zona urbana lasciai Martha addormentata sulla mia giacca e con un braccio fasciato dove quell'essere l'aveva morsa.
Avevamo passato la notte all'intero di un vecchio edificio. Lei alla fine si era addormentata sulle mie gambe.
Prima che si risvegliasse corsi nel cratere con la pistola a recuperare le nostre cose, troppo indispensabili per lasciarle lì.
Da quanto avevo capito quelle creature uscivano solo di notte.
Le pareti di quella gigantesca voragine erano solcate da scie di sangue che si perdevano in superficie, dove i coywolf avevano trascinato via le loro prede.
Arrancando lungo la parete raggiunsi il bordo e guardando un ultima volta il fondo del cratere quasi mi bloccai.
C'era un altro di quegli esseri umanoidi che mi fissava dal centro del cratere, non sembrava avere intenzioni ostili ma qualcosa che non capivo.
Per un lungo istante i suoi occhi si fissarono nei miei, poi quando il sole iniziò a sorgere si dileguò in uno di quei tunnel.

Quando ritornai, Martha si era già svegliata.
-Dove sei stato?- mi chiese con la voce leggermente rauca.
-A recuperare un po' di cose,- dissi - come va il braccio?-
Lei non protestò, non disse nulla.
-Fa un po' male, spero che non si sia infettato.- disse.
Quindi alzandosi in piedi, come prima cosa mi abbracciò e mi strinse forte.
La strinsi a mia volta.
-È finita.- dissi.
-Credo sia il momento di dirti una cosa.- mi disse.
Compresi che si trattava di ciò che si era tenuta dentro di sé da un po', e non trovava il coraggio di parlarmene.
-Ti ascolto.- le dissi.
Lei trasse un profondo respiro, poi deglutì.
-Credo di aspettare un bambino.-
Le parole le uscirono bloccandomi, sorpreso.
Lei mi guardò in silenzio, in attesa della mia reazione, incerta.
Senza dire nulla piegai il mio viso sul suo.
Lei non disse nulla, colta di sorpresa, quindi unì le mani dietro il mio collo e piegò ulteriormente il viso schiudendo ulteriormente le labbra.
Restammo immobili per un lungo momento dimenticando per qualche istante gli orrori di quella notte appena trascorsa.

Poco dopo lasciammo la città è ciò che celava sotto di essa.
-Cosa erano quelle creature?- fece Martha con ancora vivi i ricordi di ciò che aveva passato.
-Credo che siano i discendenti dei sopravvissuti della precedente guerra.- dissi - Devono essersi rifugiati a vivere nelle fogne e da lì generazioni dopo hanno preso l'uso del linguaggio, si sono abituati a vivere al buio e vivere come animali.-
-Di umano avevano ben poco!- osservò Martha.
-Credo che le condizioni ambientali e la carenza di cibo dopo generazioni abbia indotto qualche tipo di mutazione, sono diventati predatori umanoidi.- ipotizzai.
-E perché i lupi ci hanno risparmiato, non ha senso, avevano l'occasione di farci a pezzi.- fece lei confusa.
-Non erano del tutto lupi. Sono una razza mista tra i branchi di cani selvatici formatisi dopo la guerra, il lupo e i coyote.
Sono molto intelligenti, forse hanno capito che non ne avevano la necessità.- dissi.
-Preferirei non rivederli.-
-Nemmeno io.-

Raggiungemmo le Montagne Rocciose nel tardo autunno, la brina ricopriva ormai il paesaggio ogni notte facendoci tremare nella tenda, al punto da costringerci a dormire molto stretti l'uno all'altra per riscaldarsi.
Lentamente il ventre di Martha iniziava a crescere e lei sembrava indebolirsi mentre le pause di viaggio quando lei aveva la nausea di moltiplicavano.
Non trovammo quello che cercavamo, ma trovammo una piccola costruzione in pietra con io tetto ancora incredibilmente stabile in una vallata tra le montagne.
Riuscii a riparare le parti instabili del tetto usando rami e scarti all'interno della foresta.
Decidemmo di passare qui l'inverno.
Il lago sembrava ricco di pesci di vario tipo e anche la foresta era piena di selvaggina.
Le giornate nel frattempo divennero sempre più brevi e in seguito durante un mattino presto quando andavo a recuperare la legna mi accorsi che stava scendendo la prima neve.
Il lago ghiacciò e la neve scese per tutto l'inverno.
Quell'inverno fu difficile.
Diviso tra la caccia, le trappole e procurare la legna da ardere, le giornate di riposo erano rare.
E l'addome di Martha continuava a lievitare..
Poi venne la primavera e poco dopo il disgelo di maggio nacque Skye. Una femmina.
Quell'estate restammo lì ad occuparci della maternità di Martha. Difficile poteva viaggiare con il piccolo.
Inoltre perché muoversi quando si aveva ciò che ci serviva per vivere...
Così passò un anno da quando eravamo partiti. Poi giunse nuovamente l'autunno e l'inverno ed eravamo oramai sempre più preparati dalla stagione precedente.
Poi venne di nuovo primavera. E le stagioni si susseguirono mentre nostra figlia da gattonare non iniziava a muovere i primi passi e poi a dire le sue prime parole.
E poi le stagioni accompagnarono gli anni in cui anche Martha stava cambiando insieme con nostra figlia.
Finché per noi sulla riva del lago, con una bambina di nove anni gli anni non ebbero più fine.

 

   
 
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