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Autore: Brume    31/03/2023    2 recensioni
1788, autunno. Oscar e André sono in viaggio per conto del generale e, dopo una notte agitata - soprattutto per lui - arrivano a Le Havre, dove si imbarcheranno per Londra. Ma, durante una sosta forzata in attesa dell' imbarco, arriva nella locanda dove alloggiano un uomo del padre e consegna ad Oscar una lettera. I due saranno costretti a tornare indietro e verrà loro affidato un incarico segreto, anzi, segretissimo.
Storiella di pochi capitoli, lontanamente ispirata alle storie gotiche ma, più che altro, alla figura (secentesca) di Madame Catherine Montvoisin (o Monvoisin)...meglio conosciuta come La Voisin: chiaroveggente, ostetrica,maga...ma , soprattutto, esperta nel creare veleni, per i quali si faceva profumatamente pagare.
Genere: Fantasy, Noir, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Astrid aveva osservato a lungo Oscar, prima di rivolgere lo sguardo verso  André. La carrozza procedeva con passo spedito e, in breve tempo, li avrebbe portati fuori Parigi. Dopo aver indugiato per un po', la ragazza si lisciò la veste da inesistenti pieghe ed iniziò a parlare.
‘Io non mi chiamo Astrid e nemmeno Narcisse. Il mio vero nome è Camille e sono l’unica figlia di colei che voi conoscete come La Voisin. Vi chiedo perdono per non aver mai avuto il coraggio, fino ad ora, di confessarvi tutto questo ’ disse accompagnando le parole con pesanti sospiri    ‘ …e…. sono, anzi ero …l’ amante di Francesco Maria d’ Attolico, nobiluomo napoletano, noto ai più come il Barone di Branciforte.’

Oscar, sorpresa, era rimasta senza parole.
Cosa diamine stava raccontando quella donna? Il Barone era un grande amico del padre, come era mai stato possibile che il Generale de Jarjayes non si fosse accorto di nulla? Con occhi sorpresi e spalancati, fissò la donna che solo qualche attimo prima conosceva con il nome di Astrid e, al contempo, cercò di controllare le proprie emozioni le quali, istintivamente, le avevano fatto poggiare la mano sull’ elsa della spada.André, ancora intontito dal colpo ricevuto, era seduto accanto a lei, altrettanto sconvolto.

Badate!… badate bene a ciò che dite! Potrebbe costarvi una condanna pesante o una punizione dello stesso peso, financo per mano mia , Mademoiselle!’ era stata la concitata risposta di Oscar.
La giovane Camille non aveva mosso ciglio davanti a quel tono di voce e alla reazione della donna,  anzi;  lo sguardo  sereno  -quasi si fosse appena liberata di un peso-  fece pensare prima sia a Oscar, sia ad André che …che forse le sue parole corrispondessero a verità.


‘ Voi siete libera di credere a ciò che volete; avete chiesto la verità e io vi ho riferito  tutto. Lasciatemi almeno finire, poi prenderete le vostre decisioni al  riguardo…’ rispose. Oscar levò la mano dall’ elsa e diede un cenno di assenso.

Francesco ed il defunto Barone  si erano conosciuti una quindicina di anni prima, in Italia, in occasione delle esequie di un comune e lontano parente e subito, la curiosità di fronte ad una così  forte somiglianza che aveva stupito tutto il parentado – erano praticamente identici! – aveva fatto loro stringere  amicizia in brevissimo tempo. Il Barone, uomo dalla doppia faccia e dal doppio gioco, aveva però visto anche altro: l’ opportunità di sfruttare la loro somiglianza per il proprio comodo così, un bicchiere dopo l’ altro, aveva raccontato lui delle tenuta, dei vigneti, e del bisogno che aveva di una persona fidata e, alla fine della giornata, si erano rimessi in viaggio, insieme.
Arrivato qui, dopo un breve periodo Francesco decise di fermarsi ed accettare senza alcuna riserva la proposta che il Barone gli fece:  fargli da attendente, anche se di fatto ne aveva già uno.
 Il compito di Francesco sarebbe stato quello di sovrintendere sugli affari e sulle economie della casa. Dopo poco tempo, tuttavia, il nobiluomo iniziò  ad approfittarsi della situazione , arrivando al punto di inviare Francesco a riscuotere crediti, presenziare a incontri…si recò perfino ad un duello in sua vece, un paio di volte. Quando d’ Attolico si è reso conto che dell’ antica amicizia, semmai ci fosse stata, era rimasto poco o niente…gli andò a parlare; in fondo, seppur decaduto era un nobile anche lui stesso e non meritava un simile trattamento. La lite degenerò, inutile dirlo…ed il Barone, il vero Barone, perse la vita. Annette, la vedova, viveva ormai da tempo da una sorella più giovane in Austria, suo Paese d’ origine e , allorquando Francesco le comunicà la dipartita del marito, nemmeno si presentò al funerale…’
Camille aveva raccontato il tutto senza mai fermarsi ed ora, pallida, il capo chino, copiose lacrime avevano iniziato a rigarle il volto. Oscar e André la fissavano, gli occhi spalancati ed in silenzio, probabilmente elaborando ciò che avevano appena ascoltato; la storia aveva davvero dell’ incredibile.
Ammesso e non concesso che possa credervi, Mademoiselle…perché ha aspettato tutto questo tempo a dire la verità? Inoltre, cosa c’ entrate voi con La Voisin?’ aveva dunque domandato  Oscar, dopo alcuni interminabili minuti. I lineamenti di Camille diventarono improvvisamente duri, aspri, gli occhi ridotti a due fessure fiammeggianti di rabbia.
La Voisin è mia madre. Mi abbandonò che avevo sei anni, lasciandomi in un convento, per sposare un ricco gioielliere che condivideva insieme a lei l’amore per l’ occulto. Io, una volta cresciuta ed uscita dal convento, andai a cercarla ma lei…lei  mi ripudiò, di nuovo. Vagai giorno e notte per Parigi, dalla disperazione; finchè, una sera, entrai in un bordello. Credo che Madame abbia avuto pietà di me perché, dopo avermi ripulita e sfamata per bene, mi lasciò vivere in quella casa per lungo tempo. La scelta…insomma, la scelta di fare quel mestiere fu mia… ed è li, in una camera al terzo piano, che conobbi e mi innamorai di Francesco’.

‘ Astrid…Narcisse…chi erano? Perché tutte queste bugie?’ le aveva allora domandato Andrè.
Lei si era coperta il viso con mani di porcellana.
‘…
Bugie. Bugie rese necessarie per coprirne altre. Il falso Barone mi costrinse a fare tutto: nel giro di poco tempo, infatti, diventai ben presto l’ ennesima sua pedina ma…credetemi! Io non ho mai fatto del male a nessuno; sono stata costretta a fare da tramite, ad adescare le vittime di turno…ma vi assicuro…vi assicuro!...desidero, voglio quanto voi che questa storia finisca e la Voisin venga acciuffata e punita. Riguardo a Francesco…ormai da anni non mi lega più nulla, a lui; sono semplicemente rimasta invischiata all’ interno dell’ enorme castello di bugie. Ora… adesso non ne posso più! Molti innocenti sono morti….’disse. Oscar rimase senza parole, senza fiato e anche André, al suo fianco, non fu in grado di profferire verbo.

‘…Camille…perché? Perché lo hanno fatto?’ aveva domandato, ancora un volta, André.
La ragazza, infilata la mano dentro una borsetta di raso, prese un fazzoletto e si tamponò gli occhi.

‘ Pazzia, immagino. Francesco non aveva problemi di denaro e…nemmeno la Voisin…ella, infatti, aveva ereditato tutti i beni del defunto marito e molti soldi aveva guadagnato con i propri traffici…’
Oscar distolse per un attimo gli occhi dalla ragazza volgendo il capo verso il panorama al di fuori della piccola finestrella alla sua sinistra.
‘ Camille, per favore, chiedete al cocchiere di fermarsi. Dobbiamo tornare a Parigi’  aveva quindi detto; l’ altra donna, senza battere ciglio, fece subito come richiesto.

‘ Che intendi fare, Oscar?’ le aveva domandato André. Lei, seria, aveva rivolto lo sguardo all’ uomo.
‘ Porterò Camille dinnanzi al Generale , mio padre…poi, sarà lui a deciderne il futuro. Mademoiselle, tutto ciò è necessario e, se dite la verità, non avete nulla da temere’ aveva infine risposto. Camille, che la verità l’ aveva raccontata, non fu turbata da tali parole; anzi… chinò il capo in segno di ringraziamento , quasi sollevata che l’ incubo entro il quale era vissuta per così tanto tempo  avesse finalmente una fine. I tre, mesti, pensierosi, fecero così ritorno a Palazzo Jarjayes  presso il quale arrivarono circa due ore e mezzo dopo la loro prima partenza dalla città. Una volta giunti presso la magione, Camille era stata affidata a Robert, uno degli uomini del padre di Oscar e quest’ ultima, salutato André, era subito salita al piano superiore recandosi nei propri appartamenti.





Il mattino seguente, Palazzo  Jarjayes.

Nanny , preoccupata, entrò nella camera del nipote che erano da poco passate le otto; la sera precedente non si era presentato per la cena e, nel momento in cui lei era andata a controllarne le condizioni, lo aveva trovato che dormiva, pallido, forse a causa di qualche linea di febbre.

“André, ieri sera è passato il dottore, ma tu già dormivi.Tornerà stamani, insieme al Generale, quindi preparati alla svelta. Sono in pensiero per te, ieri sera quando sono passata di qui già dormivi, avevi il viso stravolto…”
Lui, seduto sul letto con indosso solo che la lunga camicia da notte, sorrise.
“Sono solo molto stanco, nonna. Oscar è già in piedi?” domandò, piuttosto. La vecchia annuì.
“Si, sta facendo colazione, in cucina. Ha chiesto di poter assistere alla tua visita, se non ti fa nulla; è molto preoccupata…come me, del resto. Sbrigati  a preparati ” disse.  André le rivolse uno sguardo colmo di tenerezza e afferrò la camicia appena stirata che gli stava porgendo.
“Grazie, nonna, farò al più presto” rispose, allungano una mano per accarezzare quel volto rugoso.
Nanny, appoggiando la propria mano su quella del nipote, alzò lo sguardo per raggiungere il suo viso.

“…Poi…una volta finito, quando starai meglio…tornerete a Parigi? Intendo…una volta finito tutto questo, tornerete là?” domandò

“Si…è il nostro posto, quello… ” rispose lui.

Nanny allora abbassò gli occhi e, senza aggiungere nulla, si allontanò dal nipote ed  uscì dalla porta, ripensando ai vecchi tempi - quando tutto appariva fin troppo normale e i suoi due bambini correvano e giocavano, ignari del mondo, tra le mura del palazzo ed anche fuori, combinando sempre un sacco di guai -…tempi che non sarebbero più tornati, purtroppo.
André finì quindi di sistemarsi e , a sua volta, lasciò la stanza in direzione della cucina, non prima di dare una occhiata al proprio viso notando  la guancia ed un occhio erano velati da un fresco ematoma . Quando arrivò, Oscar aveva già finito la sua prima colazione.

“Buongiorno, André. Come stai? Sei riuscito a riposare? Ieri avrei voluto parlare con te riguardo a quanto accaduto, ma la stanchezza ha prevalso…” disse non appena lo vide. Lui afferrò il bricco con il latte caldo e ne versò un po' in una tazza, infine prese posto.
“Sto abbastanza bene, grazie Oscar;  ma ho ancora molto dolore al collo e, come puoi notare, un bel ricordo su parte del mio viso. La nostra…ospite?” chiese riferendosi a Camille
Oscar addentò un pezzo di torta, offrendone una generosa parte ad André.
“Guardata a vista dal figlio di Marta. Ha tredici anni ma è un energumeno…sai, ha voluto a tutti i costi aiutare Rober” rispose. André iniziò a soffiare sul latte, rivelatosi  fin troppo caldo per i suoi gusti ma,per la nonna, appena tiepido.

“Dimmi la verità, cosa pensi di questa storia?” domandò ad un certo punto,  senza girarci intorno. Teneva la tazza tra le mani a pochi centimetri dal viso e di tanto in tanto provava a sorseggiare il latte, sperando si fosse raffreddato. Oscar finì l’ ultimo pezzo di torta, poi afferrò il tovagliolo alla sua sinistra e si ripulì con grazia le labbra. I suoi occhi fissarono il piano del tavolo.

“Ci ho riflettuto molto, ma non riesco a farmi ancora una idea precisa; credo che sia una vittima a sua volta ma … lasciamo che mio padre ascolti la sua versione e che sia lui a pronunciarsi.
Un punto di vista in più non fa mai male. Una volta sistemata lei, andremo a prendere La Voisin e questo Francesco... ” Disse.
André allungò la mano per afferrare del pane , sfiorando la mano di Oscar che arrossì come una educanda. Per qualche istante i loro occhi si incrociarono.

“A che ora hai l’ appuntamento con il dottore, André?”   domandò infine la donna, dopo alcuni secondi di silenzio, cambiando radialmente argomento.
“Tornerà tra poco, insieme a tuo padre,  almeno così ha riferito Nanny …”
Oscar sorrise, dopodiché si alzò dalla sedia. In piedi sulla porta che divideva l’ambiente dal corridoio di servizio, guardò André.
“Bene,  attendiamoli nel salottino, allora. Dovrebbero essere qui a momenti…” disse.
Lui annuì  e fece per alzarsi, ma dovette appoggiare entrambi i palmi delle mani sul tavolo. La testa doleva e si sentiva stordito.

“Qualcosa non va?”  domandò Oscar la cui voce tradiva una certa  preoccupazione.
“No, mi gira un po' la testa…” la rassicurò André; lei, allora, tornò indietro, gli sedette accanto e gli prese la mano.
Lui la fissò con aria interrogativa.
“…Potrebbero vederci, Oscar..” disse; ma la donna  sembrò non ascoltarlo e mantenne la mano ben stretta a quella dell’ uomo,  finché non udì una carrozza fermarsi davanti all’ ingresso principale.
 



***                                           ****                                         ***                                           ****
 
 

La visita di André fu abbastanza veloce e  Lassone , ascoltato quanto accaduto, gli fece giusto un paio di domande più per  scrupolo che per necessità.  Oscar, in piedi a poca distanza dal letto di André in compagnia della propria nutrice, attendeva il verdetto, impaziente.

“Non è nulla di grave ma sono quasi certo che, avendo tu ricevuto un colpo qui …” disse indicando un punto accanto alla tempo  “ …potresti soffrire di vertigini, nausea e mal di testa per un bel po'; stai tranquillo, è un qualcosa che passerà, ma dovrai fare attenzione a qualsiasi peggioramento e stare a riposo il più possibile. Tenendo anche conto del fatto che sei reduce da un tentativo di avvelenamento…sai, credo consiglierò al mio caro e vecchio amico di darti qualche giorno di riposo in più…”
André, per nulla contento, non pronunciò parola; Oscar, invece, sembrò più sollevata.

“Suvvia, André, qualche giorno e sarai operativo” disse, per rinfrancarlo.
Lui sorrise, poco convinto. Non aveva nessuna voglia di essere di peso, lo era stato già fin troppo…
“ E’ necessario, Dottore? “ chiese.
“Si… ma non posso di certo importi nulla. Io ti ho avvisato, André…” rispose lui, impegnato a sistemare gli attrezzi. L’ uomo più giovane ne prese atto e non disse più nulla.
Nanny nel frattempo slacciò il cordoncino del borsello che teneva perennemente attaccato alla cinta e prese  alcune monete, allungandole al dottore che già si stava allontanando;nonostante le pronte rimostranze di Oscar, la nutrice si incaponì per pagare Lassonne che, tuttavia, rifiutò il denaro.
“Non posso chiedervi nulla, Madame, dopo tutti questi anni” rispose. Nanny bofonchiò qualcosa, ma alla fine si arrese.
“Grazie, allora, Dottore” si limitò a rispondere, seguita dal nipote. Con la consueta gentilezza ed affabilità, Lassonne li salutò ed uscì. Nanny lo accompagnò alla porta.
Oscar ed André rimasero soli.
“Quando sei pronto, se te la senti, possiamo andare da mio padre, allora. Vediamo di dare un taglio a questa storia e poi… penseremo al da farsi “ disse  la donna.
 “Camille? Dobbiamo andare a prenderla e condurla con noi?”domandò. Lei negò.
“Dovrebbe già trovarsi  fuori dalla porta dello studio insieme a Robert” Rispose.
André si alzò in piedi, infilò la giacca e attese che Oscar lo precedesse . Lei a quel punto si avviò e, dopo alcuni minuti, giunsero davanti alla porta dello studio.Come aveva previsto Oscar,  Robert e Camille li stavano attendendo. André notò che la ragazza aveva gli occhi cerchiati da ombre scure e ne dedusse che la notte precedente non avesse dormito; Oscar, invece, bussò alla porta e poi, con passo marziale entrò nello  studio del padre. Il Generale aveva il  viso stanco dovuto ai numerosi e inderogabili impegni che lo portavano, sempre più spesso, a stare fuori casa anche per settimane;
ora, li attendeva in piedi -la pipa tra i denti-  accanto alla propria scrivania davanti la quale erano state in precedenza sistemate tre sedute invece che le solite, comode poltroncine. Quando vide la donna più giovane non batté ciglio; attese che tutti si fossero accomodati e si sedette a sua volta, arrivando subito al sodo.

“Dunque, questa è la persona di cui mi hai scritto nel biglietto che mi hai fatto recapitare?” domandò rivolgendosi alla figlia. Lei, seduta con le gambe incrociate e la schiena comodamente appoggiata,  annuì.
“Si, padre. Come vi ho anticipato, ha qualcosa da raccontare riguardo la questione sulla quale abbiamo indagato fino ad ora. Non sarò di certo io a suggerirvi come agire, tuttavia vi pregherei di ascoltare per intero la storia. Non crederete alle vostre orecchie.” rispose.

Il Generale de Jarjayes, curioso , non perse tempo.

“Parlate, dunque” disse senza ulteriori preamboli , rivolgendosi a Camille, seduta tra André ed Oscar. La donna, che teneva le mani giunte sul grembo ostentando molta calma, fissò gli occhi del dell’ uomo  ed iniziò a parlare così come aveva fatto il pomeriggio precedente, riportando per filo e per segno le stesse parole riferite ad Oscar; Jarjayes padre ascoltò tutto con estrema attenzione, senza mai far trasparire i propri pensieri o sentimenti e, infine, quando il racconto fu giunto al termine, rimase immerso in un meditabondo silenzio. Una mano allungata sul piano della scrivania e l’ altra a sostenere la pipa, gli occhi socchiusi, fece quindi un’ ultima domanda. La più importante.

“…Avete delle prove?” domandò.

Camille…negò.
“Non ho testimoni, se è questo che mi state chiedendo. Ma sono disposta a confrontarmi con il D’ Attolico e tutti coloro che ho citato, qualora lo riteniate necessario. Non ho nulla da nascondere…non più, ormai.” rispose. Il Generale , che ora la stava fissando, prese un foglio ed iniziò a scrivere. Quando ebbe finito, il suo sguardo si posò sulla figlia e poi su Camille.
“Dall’ alto della mia esperienza, posso essere portato a credere che voi diciate la verità e che siate a vostra volta una vittima ; tuttavia, non posso passare oltre al fatto che il Barone, mio caro e vecchio amico, sia un lontano parente del Re e che la scoperta tardiva della morte potrebbe portare spiacevoli conseguenze.  Qui” disse indicando il foglio che aveva nel frattempo ripiegato e sigillato “ vi è una lettera che dovrete dare alla madre superiora del Convento Benedettino di Jouarre. Rimarrete in quel sacro luogo finchè la situazione non sarà chiarita e , allorquando avremo raccolto testimonianze ed eventuali prove, sarete portata davanti alle autorità preposte che decideranno del vostro destino. Ora potete andare, Robert e mia figlia vi accompagneranno” concluse.
Camille non parve turbata dalle parole ma si alzò e, dopo aver accennato ad un inchino,  senza dire niente altro, uscì dalla stanza accompagnata da Robert, rimasto silenziosamente ad aspettare in un angolo dello studio.   A quel punto, Oscar e André rimasero soli con il Generale.
“Padre, se permettete, avete fatto la scelta migliore. Affidare subito Camille ad una corte non sarebbe stata una mossa adeguata; ci può essere ancora utile, come avete ben previsto…”
Il Generale fissò la figlia; si alzò, posò la pipa su uno scaffale alla propria destra, prese il capello sottobraccio e si preparò ad uscire.

“…Oscar, io mi allontanerò per qualche tempo. Come ben sai, il Barone di Branciforte era un mio caro amico e… ed io non sopporto di essere preso in giro. Sarò di ritorno quanto prima” disse senza effettivamente  risponderle.  Un ultimo sguardo tra i due ed il padre di Oscar uscì, con passo svelto, diretto chissà dove.

“Padre…” mormorò Oscar non appena l’ uomo fu sparito alla propria vista.

“Lascialo fare, Oscar. “ disse André. La donna non aggiunse altro e, pensierosi, i due  tornarono alle loro mansioni: Oscar si preparò per accompagnare Camille fuori Parigi ed André, che di riposo non voleva saperne, si recò in cucina da sua nonna.


 
.



***                               ***                                           ***                                           ***                   ***



Quando Oscar rientrò erano passate da poco le otto di sera. Andrè era nel giardino d’ inverno a raccogliere alcune erbe per sua nonna.

“Che ci fai qui, André? Non ti sei riposato un po'?”
Lui , che le dava le spalle, si voltò, sorridendo.
“Buonasera anche a te, Oscar…” disse “… stai tranquilla, ho riposato, ho riposato. Tu, piuttosto, come mai di ritorno a quest’ ora? Ci sono stati problemi?” domandò.
Oscar fece alcuni passi in direzione dell’uomo.
“No, affatto; solo che al ritorno sono passata in Caserma. Domani dovrò necessariamente rientrare per alcuni giorni, forse settimane…ci sono molti problemi, in città” rispose.

“…più del solito, intendi? “ domandò lui, quasi sarcastico. Lei annuì.
“Vorrà dire che, in attesa di buone nuove, verrò con te.” rispose. Lei negò, con forza.
“No, André, tu rimarrai qui, almeno qualche giorno. Poi, potrai rientrare. Il dottore è stato chiaro…”
L’ uomo la fissò a lungo, in evidente disaccordo con quanto aveva appena ascoltato.

“Non mi interessa, quando mai ho ascoltato Lassonne? Se c’è bisogno di noi, io sarò al tuo fianco”

Oscar, stanca, non aveva voglia di discutere; abbassò lo sguardo e mormorò tra i denti un fa come vuoi, tornando poi sui suoi passi. André la osservò andare via e, una volta consegnato quanto richiesto a Nanny, si recò nella propria stanza per preparare tutto il necessario al rientro. Sei proprio testarda, Oscar…ma come credi che io possa rimanere lontano da te, anche solo per un attimo? Tantopiù ora, che siamo …che sei esposta ad un ulteriore pericolo? pensò mentre sistemava la divisa sulla sedia .
Ora non possiamo , non posso fare altrimenti…

“ah!”
Mentre era immerso nei propri pensieri, una fitta prese André al capo, costringendolo a sedersi.
“…ma che diamine…?”

L’ uomo vide gocciolare alcune gocce di sangue sul lenzuolo candido e immediatamente si tastò il viso;  poi, afferrato il lembo del lenzuolo , tamponò il naso. Ma la stoffa bianca si impregnò ancora di più; allora, provò a fermare l’ epistassi con l’ acqua fredda nel catino; ma anche ciò non servì a nulla. Deciso a raggiungere il letto, mosse alcuni passi, tra le mani una pezza impregnata di acqua fresca,  ma un giramento di testa lo fece inciampare e cadde in ginocchio.
 Quando provò a rialzarsi, la vista offuscata, le forze vennero meno e cadde a corpo morto sul pavimento. Lo trovò Jacques una mezz’ora dopo quando, passando di li su richiesta di Nanny, subito avvisò la donna, la quale a sua volta richiamò Oscar.


“André, André! Cosa succede? “ domandò quest’ ultima non appena lo raggiunse, insieme alla nutrice. Lui, che nel frattempo aveva riaperto gli occhi e sembrava avere ripreso colore, scosse il capo.
“Non lo so, Oscar…ha iniziato a scendere sangue dal naso e poi…sono svenuto.” Rispose tagliando corto. Lei lo fissò preoccupata.

“E tu vorresi rientrare in caserma?” domandò, indicando con un cenno del capo la divisa già pronta.

“Si, è esattamente  quello che voglio fare. ” rispose André. Nanny, in tutto questo, rimase ferma, silenziosa presenza in un angolo.
Oscar incrociò le braccia sul petto.

“Non ci pensare nemmeno, non scherziamo.  Io rientrerò, ma tu rimarrai qui a riposare. Non me ne faccio nulla di un uomo disteso nel letto della propria camerata” disse. Si rese conto di essere stata piuttosto dura, ma forse così lui si sarebbe convinto, in qualche modo…
André, come previsto,  cambiò radicalmente espressione.
“Va bene…” rispose atono “ resterò qui. Ma ti raggiungerò quanto prima…”
La donna, impaziente, sbuffò; infine, spazientita, si voltò verso Nanny.

“…Potresti lasciarci soli, per favore?” domandò.
La nutrice,sopresa da quella richiesta, provò ad obiettare, ma a nulla valsero le parole. Oscar era decisa più che mai.Una volta che la donna fu uscita, Oscar prese la sedia e si avvicinò al capezzale di André.

“…Ti prego, André, fai come dico. Riposati. Ne va della tua salute…” disse,stavolta con un tono molto più dolce, sentito.
L’ uomo la fissò negli occhi.
“…non posso, Oscar. Lo sai.”
Lei iniziò a mordicchiarsi nervosamente il labbro.
“Non hai capito. Sono io che non ti voglio con me…” rispose, evitando all’ ultimo lo sguardo sorpreso che lui le rivolse.
Andrè, già stravolto di suo, impallidì.

“Cosa ti ho fatto, ancora? Ho preso troppa confidenza? Vuoi punirmi per qualcosa? “ rispose con un sussurro. Lei diventò rossa e abbassò la testa.
“No,André, non hai fatto proprio nulla… Solo che…solo che tornare in città , per te sarebbe davvero pericoloso. La compagnia sarà costretta a turni su turni, senza giorni di riposo e tu risenti ancora di ciò che ti hanno fatto…come puoi pensare di resistere? Resta qui, fai come dice Lassonne; me la caverò. Inoltre, quando tornerà mio padre, potrai ascoltare cosa ha da dire…”
André non fu per nulla convinto ma, ahimè, si dovette rassegnare. Era inutile, del tutto inutile, incaponirsi con lei, visto che aveva già deciso tutto.
“…va bene…” le rispose.
Oscar sorrise, sollevata, per poi rimanere ancora un attimo al suo fianco; non aveva proprio voglia di lasciarlo solo, in quelle condizioni. Inoltre…sentiva di non poter più fare a meno di lui; ogni minuto, ogni secondo in sua compagnia era un attimo prezioso.


“Oscar…” sussurrò Andrè.
“Si? Dimmi, Andrè, hai bisogno di qualcosa?”
“Mi aiuteresti a mettermi seduto? “ domandò.
Lei, prontamente, si fece avanti per aiutarlo.Tuttavia, quando le sue mani toccarono la pelle di Andrè, ne fu quasi respinta, spaventata da strane sensazioni. Lo stomaco in subbuglio, il cuore in gola, la confusero ancora di più.
Lui se ne accorse: del resto, provava le stesse emozioni, ormai da tempo.
 Senza indugiare ulteriormente afferrò la mano di Oscar , conducendo lentamente la donna verso sé. Lei lo lasciò fare e,  senza nemmeno rendersene conto, si ritrovarono vicini, estremamente vicini, come qualche tempo prima… Solo che stavolta nessuno scappò, nessunò usci da una porta: chinata in parte sul viso di André, Oscar incontrò le labbra di quest’ ultimo in un bacio delicato, ma che provocò in lei una tempesta di emozioni tali da portarla a tremare, quasi. Quando le labbra si lasciarono, lui sorrideva. Lei appoggiò il viso sul petto dell’ uomo.

“Ho aspettato così tanto questo momento…” le disse “ …a volte…a volte mi pareva di impazzire!”
Oscar socchiuse gli occhi, crogiolandosi in quel calore, dentro un sentimento che stava venendo allo scopertp.

“…Non osavo ammetterlo ma… André, anche io non attendevo altro. Dopo quella sera, a Parigi, ho combattuto tanto contro i miei sentimenti…ho riflettuto a lungo…ma alla fine, come vedi, mi sono arresa. Ti voglio bene, André…” disse con voce carica di emozione.

“Solo?” domandò lui. Lei rialzò lo sguardo incontrando quello dell’ uomo.
“Co-cosa intendi?” domandò.
André, che all’ inizio pareva serio, quasi risentito, si sciolse in un sorriso.
“Hai detto che mi vuoi bene: non hai proprio il coraggio di usare la parola amore, Oscar?” chiese.
Lei arrossì, ancora una volta; André capì che per ora, non poteva pretendere altro.  In fondo, si trattava solo che di una parola…

“Ora che faremo?” domandò Oscar.
Lui rivolse il capo verso la finestra, le cui tende per fortuna avevano celato  tutto ciò che era accaduto in quella stanza.

“…che faremo? Andremo avanti come prima, Oscar, lo sai meglio di me; ma spero, un giorno, di poterti amare liberamente. Perché io ti amo, Oscar, ti ho sempre amata.

Oscar si strinse ancor più all’ uomo.

“Non lasciarmi, André, non lasciarmi mai sola” disse.

“Oscar, sai benissimo che non ti lascerò mai. Lo sai. Se tu me lo permetti, starò sempre insieme a te, al tuo fianco, come ho sempre fatto.” rispose; detto ciò, cercò ancora le sue labbra, finché lei uscì per incontrare la madre, rientrata nel frattempo dalla corte di Versailles, con la speranza di tornare da lui quanto prima.
   
 
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