Scevri d'ogni moral stretta
Le nostre van sperimentando
Per capire che le aspetta
Per infiniti anni andando
Dopo un'altra dimensione
Non si raccapezzan più
Non trovandosi padrone
Di che creato loro fu.
"Lo spazio ora è misurabile"
Lamenta il signore universale
"Eppur non parvermi palpabile
E disorientamento assale."
"Le leggi di codesto mondo"
S'arrovella il principe novello
"Come possono trovar fondo
In chi di misura non ha un orpello?"
"Di veritade m'hai fatto sazio"
Si serafica il pantocratore
"Chi può occupare un preciso spazio
Quando la massa non ha fattore?
Noi solo siamo volontà astratta
Che niente sfiora con un tocco;
Orsù convien che ci si adatta
E farci un corpo per balocco."
"Sol per giuoco questo vale?"
"Certo, non ti devi affezionare
Metti caso che t'esca male
Ancor lo vorresti conservare?
Crea come l'umor ti porta
E non cadrai mai nel fallo"
Dice senza cur di sorta
Poi procede a farsi un mallo.
Ecco appare, primitiva
La prima scorza di sostanza
Si delinea e su si giva
Una sfera di gran portanza.
La matematica esperienza
D'un oggetto in stabile unione
Manca e segue la tendenza
Della gravitazional coesione.
Di che materia o in quale stato
Fu la prima creata cosa
Io non so dire ma il suo strato
Apparve candida e porosa.
Era ferma la sua immagine
Pria di rendersi a vision noto
Dunque tutte le sue pagine
Involarono al primo moto.
"Come dicevo, non è tosto"
Lei rise di spirito rapito
"Io mi movo e rimane al posto!"
E dietro lascia divin detrito.
“L’almagama s’è mossa”
Notò la piccola luminare
“Ma alla tua primera scossa
E la direzion sta a conservare.”
La lor attenzione diè perno
Ai granelli del gran guscio:
Come esplosi dall’interno
Sperdon e fan del buco uscio.
“Dovremmo forse raccattarli?”
Chiede il piccolo creato.
“Non mertan pure che ne parli
Fu un esperimento errato,
Lascia pur che se ne voli
Per l’infinito vuoto etere
Uno scopo demmo soli
E ci delusero, le sfere.
Puoi forse farci qualcos’altro?
È un inutile sparagno
Riciclare e farsi scaltro
Se dal nulla trai guadagno.
Di quelle cose posso farne
Miglior copie quando voglio,
Dunque indugi tu non farne
E del potere fatti orgoglio.”
Questo detto il creatore
Irretì la sua stellina
E meditava, in sordina
A pensar senza pudore.
Non esisteva ancora distinzione
Fra il parlato o il loro inconscio
E ragionò che il suo padrone
Udir potesse il dubbio sciolto.
“Ell’abbandona ciò che crea
Disprezzandone il valore
E non è la forma mea
Pur creatura del suo amore?
Debbo forse sospettare
Ch’egli intenda sbarazzarsi
Del mio futil presenziare
Alla prossima catarsi?
Oh, Lucifer sventurata,
Come soffrirai l’attesa
Di venire rimpiazzata
Da maggior perfetta resa.”
“Tu non dire più così!”
S’impone alfine il creatore
“Vita sei e voglio sì
Che mai scompaia un mio fiore.
Ho già visto io la morte
E non voglio più succeda
Se io posso farmi forte
D’impedir che cadi preda.”
“Hai tu visto già la morte?
Quanto tempo allor passò
Dacché formastimi consorte?
Tua seconda sono o no?”
“Un giorno forse capirai
Ma voglio chiara la mia intesa:
Giuro morte vedrai mai
O sarai da lei tu lesa.”