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Autore: Enchalott    11/04/2023    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non è amore
 
«Mahati…»
«Sei così minuta e fragile, ma mi fai uscire di testa. Toccami. Voglio sentirti come senti me.»
«Bruci… bruci più del fuoco…»
Seguitò a imprimerle baci roventi sulla pelle, assimilandone i sospiri e l’inebriante profumo femminile stanato con le carezze, il contatto prolungato dei corpi. Le dita scivolarono tra le sue gambe e il gemito che raggiunse l’udito incentivò l’impulso che lo dominava.
L’istinto non lo aveva mai ingannato, lei però non apparteneva alla sua stirpe. Divenne tempesta quando la sentì cedere, inarcarsi per accrescere l’adiacenza, le labbra che gli percorrevano il thyr con l’unico scopo di eccitarlo e deliziarlo. La voleva. La voleva come mai con alcuna, ogni cellula vibrava di passione mentre premeva le membra contro le sue, apprestandosi a penetrarla.
Yozora avvertì la spinta incontenibile che stava trasformando la stretta in amplesso. Lo attrasse in un misto di desiderio e timore, rallentò le carezze in scie intense, incandescenti sull’epidermide d’ambra del demone che un tempo la faceva tremare, ma di terrore. Nel nocciola dei suoi occhi fluttuavano eros e ferocia, ogni movimento era un crescendo di sensualità, non prevaricante, non imposto.
«Ah, Mahati, non frenarti…»
Lui avvertì la sua involontaria tensione e si abbassò per stemperarla, le lingue si incontrarono in una danza frenetica, intrecciò le dita alle sue, le rubò respiro e non si fermò. Come aveva giurato, come anelava, si spinse dentro di lei, il piacere increbbe, si propagò come inchiostro nell’acqua, sostenuto dall’astinenza prolungata e dal vigoroso desiderio di renderla sua.
Lei lo strinse spasmodica, i polpastrelli gli affondarono nella carne regalandogli un accesso di brividi. Mahati percepì l’esalazione del sangue, i sensi infuocarono liberi e autocontrollo divenne una mera parola.
Se avessi preteso l’algido dovere senza attenderla, le avrei fatto male e basta. Non sarebbe stato tanto naturale che… dèi, in duecento anni è la prima volta!
La sentì contrarsi nell’estasi, non riuscì a trattenersi. Raggiunse il picco e si liberò in un ansito di piacere assoluto, gli artigli squarciarono la seta delle lenzuola, un rivolo di sudore ruscellò lungo la spina dorsale. Rimase in lei, ascoltando gli irrefrenabili ansiti che si accavallavano ai suoi, attendendo la breve quiete che non pareva intenzionata a presentarsi.
Cercò la sua bocca e le accarezzò la guancia, lei sollevò la destra e la inoltrò tra i capelli sciolti. Rabbrividiva e dispensava una sensazione terribilmente appagante.
«Siamo differenti, veniamo da mondi lontani, eppure i nostri corpi sono un incastro perfetto. Non m’importa d’altro, lo giuro sull’Arco infallibile.»
Yozora assentì commossa. Avvertiva il suo pieno vigore, il fiotto bollente del suo seme, le pulsazioni che l’attraversavano.
Mahati ricominciò a muoversi, le palpebre socchiuse al riaccendersi della libido.
«Oh, come…?»
«Non sono neanche a metà di ciò che posso. Mi duole ammettere che poco fa sono stato irruente» le zanne balenarono in un sogghigno dolce e sfacciato «Sei un richiamo irresistibile» le baciò il collo con divampante trasporto «E non ho mai atteso una donna.»
Yozora si abbandonò alle sue attenzioni. Si stupì quando realizzò di anelarlo con la medesima forza, di desiderare ancora il suo piacere e il proprio. La prima volta era diversa da come l’aveva immaginata. Le asheat avevano svolto il compito, la paura non le stava rubando quel momento unico, l’imbarazzo non era che un ricordo.
Le braccia vigorose di Mahati erano l’unico luogo in cui rifugiarsi, i corpi avvinghiati un’esplosione di voluttà, i sospiri ingovernabili la spronavano a darsi e a percepire tutto di lui. Gli prese il viso tra le mani, osservando lo straordinario scintillio delle iridi tra le ciglia.
«Ti ho fatto aspettare troppo.»
«Hai modo di sdebitarti. Non ti sconterò il ritardo.»
 
Si accorse che era giorno quando la brezza sollevò una cortina, autorizzando l’ingresso alla luce dorata del mattino.
Mahati era in piedi accanto alla finestra e stava tamponando la chioma corvina, umida d’acqua. Bello come la prima aurora del creato.
Yozora stirò le membra indolenzite e il fruscio delle lenzuola lo fece voltare. Le sorrise. Indossava aderenti pantaloni di seta, la fascia di sostegno era piegata sulla cassapanca insieme al resto del vestiario.
«Te ne vai?» domandò sconfortata.
«Devo.»
Il principe sedette sul materasso: gli aveva detto che per lei il primo amplesso era significativo e in base a quello pensò che lo fosse anche il dopo.
«Sono lontano mille fars dall’idea di offenderti» mormorò «Ma sono lignaggio dei daamakha, aiutami a capire.»
La ragazza avvampò, sentendosi colta in fallo.
«Un uomo non se ne va in silenzio dopo aver fatto l’amore» balbettò «A Seera chi si comporta così agisce per disprezzo o disinteresse.»
«Un Khai non ama. Quanto al resto, se l’avessi pensata così, mi sarei imposto al tuo arrivo.»
«Lo so, ma ho creduto che anche i Khai, almeno la prima volta, rimanessero insieme dopo aver… esaurito il rapporto.»
«Esaurito?» esclamò Mahati divertito «Se non mi attendessero al processo contro i tuoi aggressori, ti trascinerei nell’amplesso seduta stante. Ciò che descrivi con troppo pudore avviene dopo le nozze: gli sposi non escono dalle loro stanze per tre giorni, puoi immaginare il motivo.»
«Solo in quell’occasione?»
«Siamo guerrieri, la battaglia ci chiama lontano, ma non significa che non ci sia un modo in cui mostriamo apprezzamento, soprattutto noi maschi.»
Scostò le coltri senza attendere l’ovvia domanda e la sollevò tra le braccia. Si diresse alla sala da bagno e scese nell’acqua. Iniziò a lavarla con delicatezza, le mani le percorsero il corpo con l’olio profumato, poi il massaggio divenne intimo finché il desiderio non tornò a prevalere: la sollevò per i fianchi e la prese tra i vapori fluttuanti.
«E cosa fa una donna per sdebitarsi?» ansimò Yozora, stretta al suo collo.
«Mette al mondo suo figlio. Dopo ripetuti amplessi, è quasi matematico.»
«Allora sbrigati a sposarmi.»
Il Šarkumaar rise. La vibrazione del corpo, immerso nel suo, si trasmise fornendole una scossa di benessere. A sua volta sospirò deliziato.
«Non garantisco che la mia e la tua natura stabiliscano di generare, certo non mi negherò.»
«Gli dèi lo concedano. Non voglio lasciarti solo, quando la mia effimera vita…»
«Ssh. No.»
«È meraviglioso, Mahati. Ciò che condividiamo, anche se non è amore non vale di meno. Vorrei trovare una definizione che non ti offenda, vorrei…»
Lui le appoggiò le dita sulle labbra, la fronte contro la sua, finché il respiro non si regolarizzò. Il cuore pulsava all’impazzata, spasimava perché costretto a occuparsi di doppiezza, di crudeltà, di morte quando avrebbe desiderato annegare nella soavità della sua donna.
Non è amore, no.
Il Kharnot lo ribadì a se stesso infilando le spade alla cintura, pronto a uscire.
«Potrei presenziare all’udienza?» azzardò lei.
«Non è uno spettacolo edificante.»
«Ma…»
«Ho visto il sangue» la interruppe «Non ti ho domandato se stessi provando dolore, sarebbe stato sminuire l’atto, spezzare l’alchimia. Ma non sono insensibile, ora riposa.»
«Sto bene, è comune la prima volta.»
Mahati sollevò lo sguardo a fissarla, poi uscì senza aggiungere altro.
 
Si avviò in rapide falcate, la mente impegnata sul recente trascorso più che sul ruolo istituzionale cui era chiamato. Era avvezzo a valutare le sfumature, le reazioni, le emanazioni, credeva nell’onestà di Yozora, ma esperire che non aveva mentito gli pacificava l’animo. La spina conficcata nel cuore era sparita.
Sentirmi gratificato per la verginità della mia sposa… illogico! Dovrei sopprimere il senso di sproporzione che provo verso mio fratello, invece di esultare per non essere stato surclassato nella mia sfera di pertinenza. Il sommo stratega delle armate demoniache non necessita di appigli, usa la mente e le lame!
Al suo ingresso l’intera assemblea s’inchinò.
«Sei in ritardo» sibilò Rhenn tendendogli la fascia viola.
Mahati infilò l’ornamento che lo designava come giudice.
«Il letto aveva le braccia» ribatté gelido.
Gli occhi ametista del primogenito lampeggiarono irati.
Al centro della stanza Saji e Shiadar scrutarono i principi con un’occhiata torva. Gli abiti sporchi di sangue erano quelli del giorno dell’arresto, segno che non avevano ricevuto trattamenti di favore. Thiara si reggeva alla balaustra, lo sguardo assente come non fosse oggetto d’accusa, le dita a tormentare la veste sgualcita.
«Questa è una farsa!» tuonò Saji «L’arbitro è fazioso, ha assassinato Shama ma reca la banda dell’alto giudizio!»
Rhenn sentì prudere le mani, ma replicò con la massima calma.
«Shama ha domandato la morte almeno quanto la principessa Yozora ha chiesto le sue luride attenzioni. Non vedo perché soddisfare un’istanza sola.»
«È una calunnia!» gridò Shiadar «La shitai si è concessa! Forse l’eccesso di vino è stato deleterio, ma abbiamo preso quanto ci veniva offerto.»
«Dunque siete tanto patetici da mendicare considerazione da una donna preda di – inesistente – ebbrezza? Che i Khai partoriscano figlie astemie!» sogghignò Rhenn «Spiegami il veleno, reikan, i lividi sui polsi e sulle caviglie. Segni di libera scelta?»
«Tutti sappiamo perché sfoderiamo gli artigli durante l’amplesso. Il nostro unico torto è aver sottovalutato la fragilità della sottomessa, accettando di possederla in tre.»
«Vi ho sorpresi in flagrante coercizione. Ardisci darmi del visionario?»
«Una supplica della Salki. Sottoponete a processo i gusti degli stranieri?»
L’Ojikumaar gettò uno sguardo al fratello, pensando di lasciargli campo, ma il minore fissava gli imputati con gelida quiete.
«Essi comprendono il chari?» continuò sarcastico.
«Un’idea di Althāri, l’abbiamo saputo dopo. L’ha fatto per voi e per Mardan.»
Le dita di Mahati si contrassero sull’elsa, ma le labbra rimasero serrate. Il principe della corona sospirò, appoggiando il mento al dorso della mano.
«Sono curioso di apprendere i particolari di tale generosità.»
«Yozora è un’ingiuria al clan reale» ringhiò Shiadar «Familiarizza con le dorei, frequenta i piani inferiori, non ha ritegno nel mostrarsi in compagnia degli shitai, non mi stupirei se fosse in combutta con gli hanran! Alla pari osa camminare al fianco del Šarkumaar! Mia cugina desiderava lavare l’onta, provarvi la riprovevole natura di quella donna ed è stata ricompensata con la morte!»
«Non vedo oltraggio, la principessa è una prigioniera, non è strano che si avvicini a quelli di cui condivide la sorte. Inoltre compie il suo dovere.»
«La vostra imparzialità è compromessa» ribatté Saji «Forse offre qualcosa cui non potete rinunciare.»
L’assemblea congelò: era un’accusa grave e mirata. Un mormorio indignato si levò tra gli astanti, decine di occhi puntarono lo scranno dell’Ojikumaar in attesa della reazione. Rhenn scoppiò a ridere.
«È così» ammise tra le zanne «Osa rivolgersi a me senza fronzoli, con una sincerità ignota alla maggioranza dei presenti. Sto pensando di eleggerla consigliera, è bene che apprenda le nostre leggi. La istruisco con la certezza che non muoverà la lingua a proprio vantaggio.»
I Khai rimasero senza parole. Lo stesso Mahati faticò a conservarsi impassibile. Sbirciò il fratello, arrovellandosi su come riuscisse a mantenersi lucido.
 
Dopo aver relegato la fidanzata nell’ala orientale era tornato sui suoi passi, certo che Rhenn fosse rimasto in biblioteca. Non si era sbagliato.
Era seduto a terra, il volto pervaso da un pallore innaturale. Sull’abito c’era una striatura scarlatta, la mano che reggeva la tazza tremava, le labbra erano tirate, tuttavia lo sguardo invitto aveva promesso battaglia.
«Esigo tutte le spiegazioni del caso. Ora.»
Per tutta risposta la bocca del primogenito si era piegata in un sogghigno.
«Puoi torturarmi, non ricorderò.»
Mahati lo aveva afferrato per i lembi della camicia, rialzandolo a forza: l’altro aveva soffocato un gemito e aveva reagito serrandogli i polsi, ma la presa fiacca e la facilità con cui si era lasciato scrollare lo avevano turbato.
«Sei un maledetto veggente!?»
«Non lo so!»
«Da quanto va avanti questa storia!?»
«Se parli del libro, qualche mese. Se ti riferisci a Yozora, non c’è nessuna storia. Mi assiste, usando il cervello comprenderesti il motivo.»
«La tiri in qualcosa che non controlli e non hai la decenza di informarmi! Giuro che ti strappo il cuore!»
«Ci sei già andato vicino, datti una calmata.»
Rhenn aveva schiuso la camicia: sul petto si allungavano cinque graffi profondi. Mahati aveva mollato la presa e spostato lo sguardo sul libro. L’artigliata era sparita.
«Quale maleficio…?»
«A tua scelta. Per esaurire la prima richiesta, no. Non sono un veggente ma deduco che quel dannato tomo si sia collegato a me per ragioni imperscrutabili.»
«Cosa!? Per tutti gli dei, hai parlato del risveglio del retaggio di Kushan e di un sigillo infranto, le pagine hanno vomitato sangue!»
«Davvero? Tsk, è fastidioso profetizzare senza ricordare.»
«Fai dello spirito!?»
«Vorresti che mi disperassi?»
Mahati aveva perso le staffe. Gli stivali erano scricchiolati sulla distesa di vetri rotti mentre camminava irrequieto per l’atrio.
«La leggenda è vera? Sei tu il Signore dei Khai?»
Rhenn lo aveva squadrato con rabbia e si era versato l’akacha ormai freddo.
«Non dire sciocchezze. Quanto ahaki vedi in me, eh? Il mio dubbio era su di te, primo motivo per cui ti ho tenuto fuori. Secondo è perché comandi le armate, terzo perché Yozora è illibata.»
«Stai corteggiando la morte!»
«Sono sincero, accordami altrettanto. Tu sei sgusciato dall’abbraccio di Reshkigal, tu sei quello carismatico, tu quello che aspetti di essere amato prima di prendere quanto ti spetta. E dire che Yozora si darebbe volentieri.»
«Hai stabilito di usarla per mettermi alla prova! Sei un ipocrita!»
«Abbassa la voce» Rhenn gli aveva rivolto un’occhiata torva «Ammetto che all’inizio ti ho punto sul vivo per spronarti a sposarla. Dacché sei geloso marcio ho rincarato la dose, considerandolo un sintomo indicativo, ma è saltato fuori lo Shikin così mi sono concentrato su altro. Il fatto di non capirci nulla mi ha irritato finché non ho scoperto che diveniva decifrabile in presenza di Yozora. È il lascito di Kushan, non lo nego solo perché mi urta i nervi. Si lascia leggere al cospetto di un vincolo affettivo, ecco il mio pensiero.»
«Vincolo? Accusi me e poi ne ammetti uno! Di cosa sei preda, Rhenn!?»
«Piantala! Non è amore. L’amicizia è un legame rispettabile.»
«Non farmi ridere! Tu non sei amico di nessuno! Inoltre stento a credere che tu abbia interpretato quei segni!»
«Tu no?»
Mahati aveva ringhiato seccato, raccogliendo dal pavimento il volume e di nuovo aveva avvertito un morso nella carne.
«Oh, guarda» aveva sorriso serafico il maggiore «La prima volta che l’ho toccato ero uno straccio, a te va decisamente meglio. Allora, ti raccapezzi?»
Lui aveva scorso rapido le righe vermiglie, che apparivano scritte di recente.
«E questo sarebbe il manoscritto arcaico?»
«No, sarebbe un’altra beffa. Fino a stamani l’inchiostro era ossidato, non m’interessa se non mi credi. Non l’ho scritto io, la prova è che non ha il mio odore.»
Il Šarkumaar aveva esaminato le pagine con estrema cautela e le tracce vergate a pennino, prive d’essenza, erano apparse meno ostiche sebbene incomprensibili.
«Ti credo» aveva affermato «Siamo fratelli, nostro malgrado è una relazione. Il libro ha reagito, le ipotesi collimano.»
«Ora lo leggi?»
«No, mi confondo meno.»
«Certo siamo agli antipodi dell’affetto. Abbiamo sbagliato a non andare d’accordo da mocciosi» aveva riso il maggiore.
«Già» Mahati aveva chiuso il volume e lo aveva restituito.
«Beh? Non pretendi di esaminarlo con la tua promessa sposa?»
«Tra noi non c’è amicizia o ahaki. Servirebbe?»
«Mh, no. Dovresti spezzare il suo di sigillo prima di verificare la vostra connessione.»
Il Kharnot aveva meditato su quelle parole a prescindere dalle personali intenzioni.
«La tua volgarità non mi diverte. Ciò che ho stabilito resta valido. Sta’ lontano da lei, non occuparti di quanto avviene nel mio letto o te ne pentirai.»
«Sentiamo, come dovrei tradurre lo scritto?»
«Trovati un’amante.»
«Testimonierebbe che parlo nel sonno. Nae, pessima idea.»
Mahati gli aveva lanciato un’occhiata gelida e aveva tranciato la discussione.
«Sistemiamo questo scompiglio. Usa la fantasia per giustificare i danni.»
«Un amplesso troppo focoso?»
«Idea geniale. Rasalaje ti coprirebbe, se le parlassi di cosa ti succede.»
Il sorriso irrisorio dell’Ojikumaar si era dissolto.
«Il talamo reale è affar mio. Detto ciò, che intendi fare? Hai un’arma vincente contro di me, sarà opportuno che mi guardi le spalle.»
«Sono abituato a colpire di faccia. Al momento terrò per me che fai da collettore alle voci del passato, ma varca il confine e giuro che perderai il trono e la testa.»
 
Si domandò se Rhenn sarebbe stato ai patti e la risposta negativa balenò fulgida. La consapevolezza che avrebbe avvicinato Yozora in segreto gli abbrancò lo stomaco: aver consumato il rapporto non bastava. Si scoprì a bramare la certezza assoluta che lei non provasse nulla per suo fratello e che questi ne fosse conscio.
«Siete libero di rendervi lo zimbello del regno» stava argomentando Saji «Il lignaggio khai è messo a tacere con disonore mentre gli schiavi vengono trattati con riguardo, ecco l’unica verità processabile.»
«Non vi resta che entrare in tale categoria privilegiata» sancì l’erede al trono «Da ora siete privati del titolo di reikan, dello status a corte e di ogni appiglio al clan, la stessa sorte a chi vi fornirà aiuto.»
«È un abuso!» esclamò Shiadar «Giuro sull’Arco che la pagherete!»
«Kharnot!» interpellò Saji «Ti abbiamo servito con fedeltà e ci ricambi con il silenzio? Lasci che sia tuo fratello a difendere l’onore del clan?»
«Concordo con le sue decisioni, sebbene troppo magnanime» ribatté questi.
Gli accusati pietrificarono.
«Ecco la triste verità» mormorò Shiadar «Hai perso lo smalto, l’uomo che ammiravo è morto a Minkar, non sei che l’ombra dello stratega supremo. La casa reale ha tentato di nascondere la tua debolezza. Demandi ad altri, non sguaini a tutela del tuo nome, pendi dalle labbra di una sgualdrina straniera e non ne godi nell’unico modo attuabile. Temi la concorrenza, Shama avrebbe saputo piegare l’Irravin e la femmina salki, per questo è stato eliminato!»
Mahati abbandonò la posa assorta.
«Dategli una spada» mormorò glaciale.
Scese i gradini con terrificante flemma, gettando a terra la fascia di giudice.
«Ora meriti il duello, Shiadar. Sei tornato uomo, prima non eri che un verme celato nel sotterfugio.»
All’affronto l’altro snudò la lama con un ruggito. Il suono del metallo echeggiò nella sala, gli spettatori seguirono lo scambio esterrefatti.
Rhenn sibilò un’imprecazione, dando per scontato il finale.
Non attendevi altro, vero Mahati? Ti capisco, è così che un principe khai difende il nome e il decoro.
Il Šarkumaar chiuse lo scontro in tre mosse: squarciò il petto al rivale con un montante e lo lasciò ad agonizzare sul pavimento.
«Sono pronto a risolvere le incognite» affermò «Qualcuno contesta il mio titolo o la mia virilità? Mi avete visto uccidere, reclamate che prenda la mia futura moglie in mezzo all’adunanza?»
I demoni si alzarono in segno di rispetto. Il secondogenito liberò la lama dal sangue e rinfoderò, riservando ai due imputati rimasti uno sguardo di profondo disprezzo.
Saji si riscosse dalla catatonia, staccando l’attenzione dal corpo spasimante del nipote, mentre Thiara si copriva il viso esangue scossa dai sussulti.
«Parla, piccola stupida!» la rimproverò «Di’ all’adunanza che la straniera si è offerta al nostro piacere o faremo la stessa fine. Preferisci diventare dorei
La ragazza si morse le labbra, contrastando la sensazione soffocante che la travagliava da giorni. L’avevano educata al credo khai, all’onestà, alla fierezza. Era entrata nelle grazie di Althāri, sperando di ascendere a corte tramite un matrimonio di classe, invece aveva trovato grettezza e invidia. Si era sentita sola, diversa, ogni ideale era caduto in quella gora d’ipocrisia e doppiezza. L’aspetto peggiore era che risultava complice, tacere era più vile che agire.
Sollevò gli occhi, incrociando quelli comprensivi della principessa salki. Non l’aveva vista entrare e non si era seduta accanto ai principi reali. Avrebbe avuto ben donde a presentarsi come vittima, all'opposto era rimasta in disparte e pareva addirittura dispiaciuta per la fine ingloriosa di Shiadar.
Si scrollò dalla presa di Saji con una decisione che non le era mai appartenuta.
«Vostra altezza, chiedo di testimoniare.»
«Alla buon’ora» soffiò il cugino.
«Concesso» disse Rhenn.
«Davanti al sommo Belker, giuro che i miei parenti sono rei. L’odio e l’invidia hanno mosso mia cugina, una rozza brama sessuale ha spinto gli uomini a stuprare la principessa dopo averla drogata e avvelenata. L’intervento del principe della corona lo ha scongiurato. Non intendo negare le responsabilità, ero convinta si trattasse di uno scherzo, ma alla verità dei fatti non sono intervenuta. Non meritiamo condono.»
Saji la fissò con gli occhi fuori dalle orbite, inerme davanti alla confessione che lo inchiodava senza appello. Calcolò le opzioni, saltò la balaustra con l’agilità di un felino, impossessandosi della spada di Shiadar.
Mahati sguainò. Inutilmente, poiché l’altro crollò a terra, un coltello conficcato in gola.
«Nessun duello d’onore per chi non ne vanta» sancì Rhenn abbassando il braccio «Chiudiamo la riprovevole sceneggiata, ho perso sin troppo tempo.»
Il Šarkumaar sogghignò: neppure il primogenito aveva perso lo smalto, la mira restava micidiale. Si chinò sul corpo riverso a terra e pose fine alle sofferenze del reikan con un affondo degli artigli.
«Thiara del clan di Ŷalda» riprese stentoreo l’erede al trono «Ti condanno a morte per alto tradimento, ma l’esibizione di sincerità garantisce i diritti postumi. Le tue ceneri non verranno disperse.»
«Lei non ha fatto nulla!»
La voce affranta risuonò nell’atmosfera tesa.
Yozora? Dèi immortali, quando è arrivata?
Rhenn rimase attonito, osservandola scendere di corsa.
«Ha cercato di aiutarmi! Altezza reale, vi supplico di concederle la grazia!» raggiunse il banco dove Thiara si reggeva a stento «Si è pronunciata contro la violenza, l’hanno sopraffatta o sarebbe intervenuta! Non è colpa sua, non è stato per viltà.»
«La condanna è stata emessa.»
«Potete mutarla! Comminare l’esilio o concederle di diventare vestale!»
«Non sapete cosa state chiedendo» la fermò Rhenn «Siete tanto sconvolta da non vagliare che sarebbe peggio della morte. Tornate alle vostre stanze, kalhar
Yozora si rivolse alla ragazza, spinta della disperazione.
«Chiedete di diventare mia dama di compagnia! Non gettate la vostra vita!»
Thiara si sentì pervadere da una profonda commozione, ma scosse la testa in un ultimo atto d’orgoglio.
«Rifiuto di servire una shitai, sono stirpe del nobile Ŷalda. La spada, nessuna onta sulla mia memoria.»
«Perché? Potremmo essere amiche!» scongiurò la principessa.
L’altra strinse l’elsa come le avevano insegnato. Affondò, l’abito si intrise di sangue.
«In un’altra vita sarò la vostra migliore amica» rantolò, mentre Yozora si piegava a sorreggerla «Aiutateci, altezza… avete sperimentato quanto ne abbiamo bisogno… solo voi potete.»
«Mia signora! Fatevi aiutare!»
«Allontanatevi, se vi sono cara… non voglio spirare tra le vostre braccia. Lasciatemi la fierezza…»
«Yozora» Mahati la costrinse a spostarsi, apprestandosi a concedere alla moribonda l’onore supremo «Non guardare.»
Lei strinse i pugni e non si voltò. Rimase in piedi quando le spiccò la testa, quando il sangue arrossò il muro, quando portarono via il corpo e quando Rhenn congedò i presenti, che sciamarono con insolita riluttanza.
«Ti avevo chiesto di non venire!» la rimproverò Mahati.
«Non uccidere, se non desideri che ti veda uccidere. Perdona se vuoi che ti veda perdonare…» i singhiozzi le spezzarono la voce «Dei, è morta! È morta! Era bella e gentile e…»
«Ssh» impose lui stringendola a sé «Basta. Hai fatto ciò che ritenevi giusto.»
Le sollevò il viso e la baciò. Lo fece a lungo, incurante delle occhiate incuriosite. Non le concesse fiato. Giocò con le sue labbra e le sorrise malizioso, gli apici delle zanne la solleticavano istigandola a ricambiarlo.
«N-non siamo soli.»
«Lascia che ci vedano, nessuno oserà mai più toccarti.»
   
 
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