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Autore: Zyadad_Kalonharysh    13/04/2023    0 recensioni
Anni prima della scoperta del continente oscuro, si scopre un altro continente enorme e mai visto prima. Una macroregione composta da cinque piccoli continenti: Europa, Asia, le due Americhe, Africa e zone di vaste distese ghiacciate. Alcuni coraggiosi abitanti di questo continente provano a raggiungere York Shin City, ma scompaiono misteriosamente dopo l’atterraggio presso la repubblica di Padokea. Alla scomparsa degli incursori, i cui responsabili sono ignoti, segue la comparsa di alcuni personaggi eccentrici alla ricerca di risposte.
Espedito Petracelli è il presidente incaricato dell’organizzazione WCS (Worlds Communication Services) e si è ritrovato a svolgere questo ruolo improvvisamente dopo la morte del padre. La sua vita fatta di lusso, moda e serate eleganti verrà stravolta per una nuova avventura non molto glamour.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shonen-ai | Personaggi: Genei Ryodan, Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Le Petit Dejeuner

La rassegna mattutina a portata di click!
 
MONDO – Cronaca Nera

WCS003. L’aereo è intatto, i passeggeri scomparsi. Il procuratore: «Siamo pronti ad andare in tribunale»

Domenica, 17 Marzo 2019 – Articolo a cura di Mathieu Bernard
 
I radar hanno finalmente individuato l’aereo scomparso grazie alla sua scatola nera perfettamente intatta. Il gran giurì della settimana scorsa ha giudicato ammissibile un processo contro la Azur Corporation, l’azienda che ha fornito la pista d’atterraggio quel fatidico giorno.
 
Cosa c’è da sapere
Il volo WCS003 era decollato il 3 maggio 2018 dalla base WCS di Albany. La denominazione “WCS003” deriva dal fatto che si tratta del volo preparato per ultimo, quello che trasportava il presidente Petracelli. I voli WCS001 in partenza da Kuala Lumpur con il capitano Bronstein e il WCS002 in partenza da Montreal con la commissaria Buffay sarebbero dovuti partire una settimana dopo, ma sono stati soppressi non appena WCS003 ha smesso di comunicare con la base.
L’aereo ha proseguito regolarmente per oltre 54 ore fino ad arrivare alla pista d’atterraggio – in una regione identificata come “Repubblica di Padokea” – per poi smettere di comunicare con la base.
 
«La scorta avrebbe dovuto chiamare per confermare l’atterraggio» ha detto la commissaria Patricia Buffay alla conferenza stampa tenutasi a Montreal lo scorso giovedì. «La cosa misteriosa è che fino all’ultimo è andato tutto bene. L’aereo non è sparito, è lì fermo e in ottime condizioni. È davvero impossibile figurarsi che fine abbiano fatto i passeggeri.»
 
La situazione interna alla WCS
L’attuale struttura della Worlds Communication Services è divisa in tre dipartimenti: “Gestionale e Servizi Segreti (GSS)”, “Pubbliche Relazioni e Servizi Umanitari (PRSU)” e infine “Ufficio Legale e Squadra Investigativa Speciale (ULSIS)”.
Il GSS è in mano al presidente Espedito Petracelli, il PRSU a Graziina Petrovsky e l’ULSIS a Maxine Parker.
Lo staff è stato completamente rinnovato, se non per alcune eccezioni.
«Ora che tutte le mele marce sono fuori dall’organizzazione, possiamo sul serio parlare di lavoro» ha detto Petracelli alla conferenza di Anversa.
Alle conferenze stampa hanno partecipato anche i leader delle seguenti squadre:
  • Commissione Interna della Coordinazione Speciale (CICS): capitanata da Patricia Buffay, a sua volta facente parte del GSS. È composta da quattro commissari, principalmente procuratori e strateghi politici.
  • Commissione Esterna della Relazione Intercontinentale (CERI): Capitanata da Debora Bianchi (Svizzera), a sua volta facente parte del PRSU. Si tratta di una commissione di otto delegazioni dei diversi servizi segreti di tutto il mondo.
Né l’ULSIS né le squadre investigative hanno preso parte alle conferenze stampa.
 
FOCUS – Chi è Maxine Parker, la super avvocatessa di Telecom Italia
 
Il caso “Azur Corporation”
«Siamo quasi sicuri che la sicurezza dell’equipaggio sia stata violata grazie alla complicità della Azur» ha detto il procuratore Michael Thompson Jr. alla conferenza stampa di Albany.
«Si tratterà quasi sicuramente di un processo in contumacia» ha ribattuto, però, la dottoressa Parker poco dopo essersi insediata. Ha poi detto, senza alcun pelo sulla lingua: «Non abbiamo modo di far costituire la Azur dinanzi alla giuria. Non abbiamo nulla per fare giustizia, questa trovata del procuratore è tutto fumo e niente arrosto.  
 
 
 
 
 

 
 

Capitolo 2

Le ragazze cercano di imparare il Nen.

Nen: Desiderio o necessità?

 
Carte, carte e carte. La pila di documenti sulla mia scrivania aumenta costantemente. Nonostante io lavori come un dannato e alla velocità della luce, non riesco a contrastare questo aumento continuo, così mi sembra di scavare in un buco infinito. Sto subendo un fuoco di saturazione. Ormai la mia routine è “leggi, verbalizza, fax”. Leggi, verbalizza, fax, ufficio archiviazioni. Leggi, verbalizza, fax, ufficio archiviazioni, timbro. Leggi, verbalizza, fax, ufficio archiviazioni, timbro, pistola alla tempia, spara.
Mi chiedo se tutto questo scrivere mi porterà da qualche parte. Ma sono ligio al dovere e finisco il lavoro comunque. La burocrazia è essenziale.
Verso il tardo pomeriggio, io e le ragazze abbiamo un appuntamento per quanto riguarda il discorso “Nen”. Anche quello è tutto un viaggio. Vengono con noi Gon e Killua a intercedere, come si fa per i santi.
Entriamo in un appartamento dal pavimento giallo e le pareti rosa, con dei tappeti asiatici sparsi qui e lì. Ottima strategia di combattimento, perché questo accostamento di colori è un pugno in entrambi gli occhi.
«Gon! Killua!» un tizio alto, dai capelli neri e con gli occhiali li accoglie. Sembra uscito dal peggior film indipendente giapponese, nel tipico ruolo di impiegato frustrato che poi diventa un criminale o un puttaniere. E la camicia non sa mettersela nei pantaloni.
«Da quanto tempo, signor Wing!» esclama Gon. «Questi sono i miei amici dell’altro mondo.»
«E speriamo che dopo ci sia il camposanto», ironizzo, prima di presentarmi adeguatamente.
«Credo di aver capito. Quel continente che è stato scoperto da poco, giusto?» ci chiede lui.
Ci sediamo tutti di fronte a lui, mentre porta al centro della stanza una lavagna. Io, Maxine e Graziina ci disponiamo su un divano bianco posto al centro della parete. Gon e Killua sono seduti per terra alla nostra destra.
Poi, entra in stanza un ragazzino in tenuta da karate. Vedo che qui i bambini tutto fanno tranne essere bambini. 
«Lui è Zushi, il mio migliore allievo», lo presenta Wing.
«Abbiamo trovato il sosia di Topo Gigio», rido. Il piccoletto sembra offeso. «Scusa, è che proprio non riesco…» dico, soffocandomi dalle risate.
«Non dargli ascolto, è odioso», borbotta Killua.
«Osu!» dice lui, inchinandosi. Inizialmente non ci faccio caso, ma poi noto che lo fa ripetutamente, più o meno ad ogni respiro.
«E questo cos’ha?» mi sussurra Maxine, che sta già roteando gli occhi.
«Credo che abbia il singhiozzo», le rispondo io, stavolta ad alta voce. Tiro fuori dalla mia borsa un antipsicotico e glielo porgo. «Ti serve? È per il singhiozzo!»
«Io non ho il singhiozzo», dice. Questo significa che dovrò sorbirmi quel verso per tutta la serata?
«Sicuro che non vuoi comunque un antipsicotico?» gli chiedo, beccandomi un pugno alla gamba da parte di Killua.
Che ci posso fare se, quando vedo una persona perfetta da bullizzare, non ci penso due volte a farlo?
Quando il professore inizia a parlare, Maxine sta prendendo appunti meticolosamente per tutte e tre. Le gioie dell’avere una compagna di studio. Ci sono strani caratteri e grafici sulla lavagna, poi una “mappa” del corpo umano accanto.
«Per apprendere la strada del Nen, dovete temprare la vostra mente e il vostro spirito prima di tutto…»
«Madre di Dio», sussurro alle altre, causando una risatina generale.
Quando entrano in gioco i concetti di Ten, Ren, Zetsu e Hatsu, il mio cervello inizia a liquefarsi. Tutte e tre guardiamo il professore con sguardi alquanto confusi, inclinando la testa per seguire gli schemi alla lavagna. Gon e Killua, rilassati, ci fissano con sadica soddisfazione.
«Quindi per nascondere la propria presenza si chiudono gli Shouko», dice Maxine, l’unica che sta capendo qualcosa.
«Fin qui ci siamo, ma come si chiudono?» chiedo io.
«Adesso vi do una dimostrazione pratica», il professore si sistema i capelli e si avvicina a noi. Gon e Killua scattano già sulla difensiva.
Sento una fortissima botta allo stomaco e inizio a sudare freddo. Percepisco una sorta di energia negativa che mi fa scattare sull’attenti. Mi viene da prendere tutto e andarmene correndo lontano da qui.
«Ma tu hai capito qualcosa?» mormora Graziina verso di me.
«Mi sento in imbarazzo e non so perché», dice Maxine, ancora assorta a guardare.
«Vi ho scagliato addosso un intento maligno», spiega. Questo potevo capirlo da solo, il punto è come?
«Andiamo a pregare la Madonnina per togliercelo», scherza sottovoce Maxine, facendoci soffocare per trattenere le risate.
«Il Ten è la prima cosa che vi serve per rilasciare l’aura…» come se non sentisse ciò che diciamo, il professore continua a parlare voltato di spalle mentre aggiunge altre cose alla lavagna. «Concentrarsi sulla radice dell’aura…»
«Radice?!» Credo di essermi perso un passaggio ma questa è troppo divertente.
«Poi c’è la tecnica dello Shu. Una versione avanzata del Ten e consiste nell’estendere l’aura a un oggetto. Come se diventasse un’estensione del corpo», Wing spiega e Maxine riesce perfettamente ad appuntare ogni cosa. Io sono ancora alquanto confuso.
«Ma vale anche per il sesso?» ci sussurra Graziina in maniera genuina, stimolata dalla curiosità.
Né io né Maxine riusciamo a risponderle seriamente, non riuscendo più a trattenere le risate. Abbiamo contagiato Gon, che per una risatina si è appena preso un pugno al fianco da Killua.
«Le persone che stanno ridendo possono ricomporsi? Grazie», ci redarguisce il maestro facendoci cadere in un imbarazzante silenzio.
Dopo circa mezz’ora, con lo sguardo assorto che si ha di fronte a un incidente d’auto, stiamo ancora seguendo il maestro Wing che ci illustra il modo in cui si sarebbero dovuti aprire gli Shouko.
«Per aprirli da soli, è necessario un tempo che dipende dal vostro talento», precisa.
«Mi ci vorrà una vita», penso ad alta voce.
«Io quasi quasi non ci provo proprio», sbuffa la rossa.
«Ma come vi viene in mente di parlare così?» Graziina ci sgrida. «Siamo arrivate fin qui, siamo forti e siamo brave. Rimettetevi in piedi, ragazze!»
«Ho la cervicale», le rispondo scherzosamente, non nascondendo che le sue parole mi abbiano esortato parecchio. Anche Maxine è visibilmente rinvigorita.
«Oppure, potete farlo mediante un intervento esterno!» aggiunge il professore. Oh, questo è bello. Quindi c’è speranza anche per me? «Ma dovremmo discutere se sia giusto farlo.»
«Veda, non per essere il tipico allievo impaziente e arrogante. Conosco il cliché dei film, del resto io i film li faccio. Per farla breve, è una tipologia di personalità che sta antipatica anche a me. Il punto è che a noi manca proprio il tempo, materialmente», provo a spiegargli, stavolta con educazione.
«Ci servirà solo per la missione», aggiunge Graziina. «Non siamo interessati né a diventare Hunter né cose del genere.»
«Vediamo cosa posso fare…» dice lui, mettendosi una mano sul mento. «Sedetevi in piedi!»
«Eh?! Ha bevuto qualcosa che le ha fatto male?» faccio io, confuso.
«Su, andiamo, avete capito!»
Ci alziamo in piedi e ci disponiamo di fronte a lui. Decide di iniziare da me, facendomi mettere di spalle. Non so che sortilegio si sia messo a fare ma in un lampo vengo scosso da una sensazione fortissima che mai ho provato prima. Come se qualcosa stesse uscendo violentemente dal mio corpo. Per qualche secondo, non ci vedo più e sento un rumore bianco in sottofondo. Quando la sensazione si attenua, riprendo lucidità e cerco di capire cosa stia succedendo.
«Adesso proviamo a fare una cosa», dice il maestro dopo aver fatto lo stesso con Graziina e Maxine.
Zushi porta un tavolino con le rotelle sul quale è poggiato un bicchiere riempito d’acqua e con una foglia lasciata lì a galleggiare. È arrivato il momento di una sorta di test. Gon e Killua, adesso, ci fissano con gli occhi pieni di interesse. È evidente che siamo giunti a un momento chiave di questa strana esperienza.
«Userete l’hatsu», dice.
«L’hatsu qual era?» chiedo sottovoce a Maxine, nel panico.
«Semplice rilascio dell’aura su un oggetto», mi sussurra lei.
Ad aprire le danze è Maxine, si avvicina al bicchiere e dispone le mani intorno. Ricordandosi la spiegazione, riesce a rilasciare dell’aura e a concentrarsi sul suo obbiettivo. Un leggero movimento spinge la foglia a muoversi da una parte all’altra del bicchiere. Appena abbassa lo sguardo per vedere cosa stia succedendo, salta indietro per lo spavento.
«Complimenti, sei della Manipolazione!» le spiega Wing, mentre la rossa sta ancora recuperando qualche battito.
«Anch’io! Anch’io!» come una bambina, Graziina si lancia subito verso il tavolino, impaziente di provare. «Come devo mettere le mani?» dice, facendo sussultare il maestro.
Iniziamo benissimo.
Appena capisce cosa fare, la mora rilascia la sua aura intorno al bicchiere. Quando abbassa lo sguardo, nota che il livello dell’acqua sta aumentando fino a strabordare.
«Che significa?» domanda lei, stupita da quell’effetto.
«Che sei del Potenziamento», la informa il maestro.
«Evviva!» sento Gon urlare da dietro. «Siamo della stessa categoria!» il piccolo sembra molto felice della cosa. Killua, invece, è diventato particolarmente inacidito all’idea e si volta dall’altra parte.
È il mio turno. Mi appropinquo lentamente a quel tavolino con le palpitazioni, anche se riesco a nascondere la cosa. Mi tremano le mani, chissà cosa succederà!
Non so bene in che modo si liberi l’aura, mi limito a procedere di istinto. Mi concentro sull’acqua nel bicchiere e, a poco a poco, sento nuovamente quel senso di flusso nel mio corpo. Vedo un leggero movimento nell’acqua. Sarò della manipolazione anche io? Inaspettatamente, nel giro di qualche secondo, la foglia prende fuoco e il bicchiere si rompe scagliando pezzi alla velocità della luce. Se non fosse stato per i miei riflessi fuori dal comune, mi sarei tagliato le mani e sfregiato in volto. Questo esito ha stupito tutti i presenti, persino Gon e Killua.
«A quanto pare…» il maestro a stento riesce a parlare. «Sei della Specializzazione. Nessuno dei tipi che abbiamo citato prima.»
Avevo dato per scontato che non sarei riuscito ad accaparrarmi nulla se non qualche potere da quattro soldi; invece, sono di una categoria rara e particolare. Assurdo!
«Io sono raro e particolare», esulto, anche se non so esattamente cosa significhi il tutto.
 
La lezione si è rivelata un vero parto. Sono le otto di sera e siamo entrati qui alle tre. Adesso basta, ho bisogno di un cocktail. Siamo per strada sotto la casa di Wing mentre mi viene in mente una cosa.
«Oggi è sabato!» realizzo gioiosamente.
«E quindi?» Killua risponde seccato.
«Non dirmi che hai intenzione di restare in camera!» gli dice Graziina.
«Ti sembro il tipo che si preoccupa del sabato sera?» ci risponde in maniera provocatoria. «Io passo, preferisco guardare un po’ di televisione o giocare a qualcosa. Andiamo, Gon», lo chiama, ma il moro sembra opporre qualche resistenza.
«Io vorrei camminare un po’!» gli dice, facendogli gli occhioni. «Non ti vuoi unire?»
«Non sono interessato», l’altro diventa improvvisamente scontroso, avviandosi per tornare a casa.
 
Gon torna in camera con Killua per prepararsi, noi facciamo altrettanto.
Ma nel frattempo, nella camera d’albergo dei due ragazzini, il moro è impegnato a lavarsi e il ragazzo dai capelli bianchi sta girando i canali alla ricerca di qualcosa di interessante da guardare. Appena uscito dal bagno, però, Gon si rende conto che qualcosa non va nell’altro. Non è tanto il fatto che Killua sia andato a letto così presto, nonostante sia molto un tipo da ore piccole può capitare quando ci si stanca molto. Il problema, appunto, è un altro: il fatto che sia stato così silenzioso per tutto il tragitto.
«Va tutto bene?» gli chiede Gon, avvicinandosi al letto dove Killua è disteso a pancia in giù.
«Uh?» si volta, guardando gli occhi color ambra dell’altro. «Niente che non vada. Semplicemente, non sono molto in vena.»
«Vuoi che resti qui con te? Guarda che chiamo subito Graziina e le dico di andare da senza di me…» propone Gon.
«Ma no! Goditi l’uscita!»
«Il mio numero lo hai!» esclama il moro mentre si infila una maglietta nera da abbinare al jeans. «Chiamami per qualsiasi evenienza.»
«Gon.» Lo ferma improvvisamente mentre ha già aperto la porta. Il moro si volta a guardarlo, chiedendosi cosa Killua voglia dirgli. «Fai attenzione.»
 
Pochi attimi dopo, l’autista ci fa accostare sotto l’albergo di Gon. Lo vediamo subito all’ingresso a chiamarci in maniera molto animata. Appena lo facciamo salire, partiamo per il centro per esplorare un po’ la vita notturna da queste parti.
«Che macchina spaziosa!» dice il moretto, spalmandosi sul suo sedile come se non fosse mai stato in nessun tipo di automobile. Graziina ride di gusto.
Entriamo in un locale con un’atmosfera particolarmente retrò, ma è molto movimentato. Nello specifico, c’è della musica disco stile anni Settanta. Prendiamo un tavolino al centro della sala, così da poter dominare la vista e poter vedere tutte le persone che ci sono.
«Guarda, guarda!» mi sussurra Maxine, indicando un tavolino verso l’angolo.
Vedo che la sua caccia è già iniziata, andiamo bene!
Mentre Gon si siede al nostro tavolo, noi tre ci disponiamo in piedi con Graziina al centro e guardiamo tutte dove la rossa ci ha indicato. È una figura incappucciata con metà viso coperta da uno scaldacollo. Ha i capelli neri e rizzi, sembrano aculei di un porcospino. Quando si abbassa lo scaldacollo per consumare un drink, notiamo che ha anche un viso abbastanza carino.
«Non è male!» mi sussurra Graziina.
«Già, è proprio carino», aggiunge Maxine.
«Non posso darvi torto, è davvero carino. Quasi quasi vedo se mi offre un drink», ho già gli occhi a cuoricino. «Che cosa sappiamo?»
«Non è registrato da nessuna parte, proviene sicuramente da Meteor City. Diverse fonti sostengono che la Brigata si sia originata lì», mi spiega Graziina, assicurandosi di non farsi sentire.
«La stampa non ne parla, abbiamo recuperato qualche fonte sul sito degli Hunter e poi, in ufficio, analizzato le immagini satellitari. Meteor City è un’enorme discarica di detriti abitata da un numero incalcolabile di persone che per la società non esistono. Non c’è assistenza di alcun tipo, né governo, non sono coperti da alcun tipo di servizio. Ho provato a triangolare i ripetitori e da quelle parti non c’è segnale», mi aspettavo da Maxine una spiegazione così dettagliata. Fortunatamente, non mi delude mai.
«Da queste parti, le istituzioni sono completamente inutili. Lasciano che si formino dei non-luoghi così e poi si lamentano della criminalità. E noi che ci lamentiamo dei nostri…» osserva Graziina, girandosi verso di me. «L’intelligence sconsiglia ogni intervento diretto a Meteor City.»
«Mi pare ovvio. C’è stato un momento in cui avete seriamente considerato di fare una cosa simile?»
Ci guardiamo tra noi e scoppiamo a ridere subito dopo.
«Sarà gay o etero?» si domanda Graziina.
Mi sforzo un attimo di guardare nella sua direzione. Preparo lo sguardo da gatta morta caso mai dovesse notarmi, così da non fargli capire che sto cercando di spiarlo. Vedo qualche movimento e poi faccio caso ai vestiti.
«Gay», affermo con sicurezza. «Vorrà dire che vado io.»
«Cosa pensi di fare?» mi tira Maxine, divertita.
«Analizzo il linguaggio del corpo. Voglio vederlo da vicino», le spiego.
Sono sicuro di me. Nessun uomo mi dice mai di no e nessuno lo ha mai fatto. Nemmeno quelli eterosessuali.
Faccio un piccolo check: indosso una camicetta crop-top bordeaux, dei pantaloni neri larghi di seta pieni di brillantini, un berretto francese in testa e ho viso e capelli perfettamente in ordine. Questa volta, però, è tutto Valentino. Raramente tradisco Dior, speriamo che il karma non mi faccia morire adesso. Sbottono un po’ i primi due bottoni della camicetta e decido che posso avvicinarmi. Oh, male che vada, prima di uccidermi mi scopa.
Appena mi volto per guardare nuovamente verso il tavolo, noto che lui è sparito. Ho distolto lo sguardo solo per due secondi mentalmente cronometrati, è assurdo che si sia volatilizzato così. Infatti, una cameriera accorre e sbuffa accennando a qualche bestemmia. Si sta lamentando del fatto che se ne sia andato senza pagare.
Mi avvicino alle ragazze, con aria sconfitta, trovando solo Graziina seduta al tavolo e Maxine in piedi a fissare la folla che balla in fondo alla sala.
«Sparito prima ancora che io potessi avvicinarmi», le dico.
«Ma come?», mi domanda la mora.
«Aveva l’En attivo, probabilmente», spiega Maxine. «Ma è improbabile che abbia capito che si tratti di noi. Ti ho visto mentre lo guardavi, sembrava davvero che tu volessi provarci. Reciti bene!»
Eh già, recito proprio bene!
«Scusa, ma Gon quanti cocktail ha bevuto?» provo a non ridere guardando una certa situazione vicino alle casse.
«Un paio, perché?» risponde Graziina, che non sta vedendo la scena.
Così, con un ghigno sulla faccia, indico il moretto che balla in mezzo alla folla divertita. Qualcuno ha fatto mettere la canzone Doctor’s Orders di Carol Douglas. Deve essere stata Graziina, perché questa è la sua canzone preferita. Noto che alle persone del posto è piaciuta.
 
Tornando verso le nostre ubicazioni, io e le ragazze sembriamo aver retto bene, mentre Gon è definitivamente partito. Scesi dal taxi ed entrati nel cortile del suo albergo, ci sediamo su una panchina per farlo calmare.
«Tesoro, copriti! Fa freddo!» gli raccomanda Graziina, mentre il piccolo corre per il cortile urlando. «Vado io o vai tu?» domanda poi a me.
«Io l’ho trascinato fin qui, adesso vai tu!» le rispondo io.
Per Maxine, invece, è fuori discussione a prescindere da tutto.
Graziina si avvicina a Gon e gli prende le braccia delicatamente per calmarlo, guardandolo negli occhi. Lui ondeggia con le braccia, come se volesse ancora ballare, mentre lei per un po’ lo asseconda.
«Sei così gentile…» mormora Gon.
«Non preoccuparti, sai quante volte ho trovato Espedito così, la sera?» Graziina alza la voce e si volta a guardarmi, mentre io le faccio la linguaccia.
«Tu hai strisciato per tutta Park Avenue e hai perso anche le chiavi di casa!» le ricordo. 
 
Aiutiamo Gon a entrare in camera mentre Graziina gli tiene la bocca tappata per evitare che svegli qualcuno. Lo lasciamo sull’uscio della porta, tornando poi nel nostro albergo.
Mentre noi rientriamo, Gon deve fare i conti col suo esigente compagno di stanza.
«Hai idea di che ore sono?» sbotta Killua, seccato, quando il moro è già sul suo letto.
«Ho tardato un po’, scusami. Stai meglio?» l’altro, ubriaco, si mangia le parole.
«Ma che hai?» il ragazzo dai capelli argentati si avvicina con sguardo indagatore. «Ma tu sei ubriaco!»
«Solo un pochino», dice Gon tra un singhiozzo e l’altro, facendo un sorriso ebete. Poco dopo, sente una forte sensazione di dolore alla guancia destra, distogliendo velocemente lo sguardo dagli occhi preoccupati dell’amico.
«Mi è scappato», borbotta questi, per poi tornare a letto.
   
 
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