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Autore: Cassidy_Redwyne    15/04/2023    0 recensioni
Le uniche cose che mandano avanti Sarah con i cavalli, dopo dieci anni, sono la grinta e la voglia di non arrendersi.
Il suo maneggio è un ricovero per cavalli problematici, dove il suo istruttore Michele prova a dare un'altra chance ad animali maltrattati e destinati al macello. Dire che i cavalli che montano gli allievi sono difficili, insomma, è un eufemismo.
Amiche in maneggio? Neanche l'ombra. Tutte le ragazze lì hanno un loro beniamino, un cavallo al quale sono più affezionate e con cui hanno uno splendido rapporto di fiducia. Questo genere di cavallo manca a Sarah: vorrebbe un vero amico, uno su cui poter contare e con cui creare un vero legame... possibile che in un cavallo "assassino", esuberante, difficilissimo da gestire, considerato pazzo e poco affidabile si nasconda il tanto atteso candidato?!
[note: un bel po' di gergo equestre!]
Genere: Avventura, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sapevo solo una cosa.

Mentre mi sistemavo le staffe, mentre spronavo Honey al passo e mentre fissavo le altre ragazze senza la minima traccia di paura.

Sapevo che Benedetta non avrebbe mai vinto.

Quel maneggio era la mia casa, Michele il fratello che non avevo mai avuto e quei cavalli che ormai conoscevo da anni la mia famiglia. Benedetta e la sua perfidia si erano impadronite pian piano di gran parte del maneggio, partendo da chi lo frequentava. Mi avevano reso la vita insopportabile, mi avevano preso in giro e umiliato, ma non l'avrebbero mai avuta vinta.
Io non me ne sarei andata da lì, e stavolta avevo il coltello dalla parte del manico. In fin dei conti, quella in ospedale con una gamba sfatta e la mente offuscata da perfidi pensieri non ero io.

Svuotai rapidamente la testa da Benedetta appena in tempo, perché la lezione era cominciata. Niente salti quel giorno, solo un leggero lavoro in piano.

Mentre seguivo con pazienza i movimenti di Honey durante il trotto, guardai le ragazze vicino a me, identificando chi avrebbe potuto giocarmi il prossimo scherzo per ordine di Benedetta. Michele sembrò quasi venirmi in aiuto, scegliendo di tanto in tanto una ragazza che facesse un giro di galoppo con il cavallo che montava.

La prima fu Deborah, in sella a Yale, uno dei cavalli prediletti di Michele. Il suo nome, come quello di Harvard, non era casuale. Il mio istruttore era giovanissimo e avrebbe desiderato frequentare un'università all'estero, ma allo stesso tempo nutriva il desiderio di portare avanti il maneggio dei suoi genitori, morti  in un incidente stradale tre anni prima. Diviso fra due strade, due scelte e due carriere, Michele aveva deciso di dedicarsi al maneggio e quindi a noi, ma il suo rimpianto soffocato di tanto in tanto tornava a farsi vivo nei nomi dei suoi primi cavalli, quali Harvard, Oxford, Yale. Mi divertivo a canzonarlo spesso per questo motivo, ma dentro di me lo avevo molto a cuore.

Deborah era abbastanza piccola, ma idolatrava Benedetta, mi faceva quasi venire la nausea. Benny avrebbe potuto manipolarla senza difficoltà per metterla contro di me, nonostante di fondo fosse una ragazzina a posto.

La ragazza che seguì fu Alessia, come al solito insieme al suo Falco. Mi morsi il labbro vedendola, perché per anni l'avevo considerata veramente la mia migliore amica, una di cui mi potessi fidare. La rivelazione di Monica mi aveva fatto aprire gli occhi. Adesso mi rendevo conto di che persona codarda fosse, fedele a Benedetta come un cagnolino, ma forse ancora combattuta all'idea di ferirmi. L'avrebbe fatto, se sua maestà l'avesse chiesto, ma era una persona così superficiale che non aveva ancora deciso da che parte stare, e probabilmente dopo si sarebbe sentita in colpa per me. 

Mi stupii di quanto fossi cinica dei suoi confronti, ma in un secondo momento mi resi conto che Alessia aveva semplicemente raccolto ciò che aveva seminato: troppo buona per farmi del male, ma allo stesso tempo troppo debole per ribellarsi a Benedetta.

In fin dei conti, la nostra amicizia non era mai stata degna di essere definita tale. Affrontare la verità una volta per tutte faceva male, lo sentivo in ogni fibra del corpo mentre stringevo le redini di Honey, tanto che attesi pazientemente che Alessia e Falco finissero di galoppare e tirai un sospiro di sollievo quando non li ebbi più in vista.

Seguirono Alice e il suo cavallo scuro, e altre amiche di Benedetta che avevano giurato fedeltà al tiranno ormai da molto tempo. Da loro non potevo aspettarmi niente di buono.

Interruppi le mie riflessioni solo quando fu il mio turno: spronai dolcemente Honey perché rompesse al galoppo, e svuotai nuovamente la testa da pensieri pesanti per concentrarmi sulla mia posizione e sulla palomina.

 

Più tardi, mentre pranzavamo sulla panca del Club House, Michele chiese un attimo di attenzione.

«Ragazze, questo pomeriggio ho intenzione di dedicarmi alla riabilitazione di Wind» ci spiegò, facendo un cenno alla ragazzina accanto a lui. «Insieme a Deborah, ovviamente.»

In risposta lei sorrise raggiante e mi sentii sinceramente felice per loro, nonostante tutto. 

«Cosa farete?» chiese Monica, incuriosita.

«Inizieremo a lavorarlo alla corda, con calma. Penso che reagirà bene. Prima iniziamo a riabilitare le sue zampe malandate, prima Deborah potrà provare a montarlo. Potrebbe non sembrare, ma il lavoro alla corda è estremamente importante per instaurare fiducia tra cavallo e cavaliere: tramite la longia, che diventa una sorta di filo conduttore tra i due, si costruiscono le basi per quello che sarà poi un vero e proprio lavoro di squadra.»

Ci limitammo ad ascoltare attente Michele che, con il suo tono carico di esperienza e di saggezza, ma allo stesso tempo sempre incline alle novità, non poteva non affascinarci tutte.

Mentre parlava dei risultati che si potevano ottenere da un corretto lavoro alla corda, l'istruttore mi fissò negli occhi, come se si stesse rivolgendo a me in particolare: purtroppo conoscevo piuttosto bene quel suo sguardo supplichevole e incrociai le braccia al petto, già pronta per ascoltare ciò che aveva da dirmi.

«...Stavo pensando che potresti provare anche tu, Sarah. Con Killer» disse infatti, al termine del discorso, confermando il mio pensiero.

Significava iniziare davvero qualcosa di serio con quel cavallo assassino, mi ritrovai a pensare. Ma non sarei stata da sola, avrei anche potuto farcela.

"Spero che anche tu finisca calpestata sotto gli zoccoli di Killer."

Quelle parole mi tornarono in mente proprio mentre stavo annuendo a Michele e rimasi come pietrificata per un rapido, terribile, attimo.

***

Killer parve capire fin dal principio che in me era cambiato qualcosa.

Si rifiutò di farsi prendere in paddock e dovetti inseguirlo fino al sottobosco prima di riuscire a mettergli la cavezza. Dopo qualche capriccio lungo la strada, arrivammo davanti al Club House ansimanti e madidi di sudore.

Michele mi consigliò di legarlo all'anello dei uno dei box e, una volta lì, mi imbattei in Deborah, che stava mettendo le fasce a Wind.

Ricacciando una strana sensazione in fondo allo stomaco, feci come mi aveva detto Michele e, mentre osservavo con aria divertita Killer che mordicchiava con tutte le sue forze la corda che lo teneva legato al box, vidi distrattamente un gruppo di amiche di Benedetta parlare con l'istruttore, che indicò loro le panche di legno disposte vicino al tondino.

Con uno strano presentimento, lasciai il baio da solo e raggiunsi Michele.

«Cosa gli hai detto?» chiesi, catturando la sua attenzione.

«Solo dove sedersi! Cosa pensi che facciano, mentre voi girate i cavalli? Di certo non evaporeranno» scherzò lui in risposta, mentre io mi mordevo nervosamente il labbro, riflettendo.

«Posso girare Killer dopo?» domandai all'improvviso, con una nota supplichevole nella voce che odiai all'istante. 

Ma d'altronde non volevo lavorare con quel cavallo davanti a loro, non dopo quello che era successo, non dopo quel foglietto... soffocai a stento un fremito, incapace di controllarmi.

«Sarah? Tutto bene..?» chiese Michele preoccupato, abbassandosi fino a scorgermi bene in viso.

Mi ritrovai ad annuire, di fronte alla sua espressione rassicurante.

«Se per te è un problema avere un pubblico che ti osserva, gireremo Killer più tardi» disse tornando in piedi, per poi incamminarsi verso Deborah, che stava portando Wind verso il tondino con aria emozionata.

Dopo aver fatto un respiro profondo, li raggiunsi a passo svelto e mi sedetti su una delle panchine, a debita distanza da Alessia.

Michele aiutò Deborah a far entrare il grigio dentro al tondino e le mostrò brevemente come guidarlo lungo la pista con la corda, perché stava già cominciando a fare storie. Dopo qualche momento di incertezza, Wind iniziò a procedere spedito e Michele lasciò il tondino per poi appoggiarsi allo steccato, pronto ad intervenire se necessario.

Il grigio trottava apparentemente senza sforzo, sbuffando di tanto in tanto e scuotendo la coda scura. Le zampe malandate, coperte da numerosi strati di fasce, non accennavano a zoppicare mentre il cavallo ripeteva il suo giro a testa bassa. Merito di Michele, che lo curava regolarmente con un ciclo di antidolorifici accompagnato da un buon lavoro, stimolante ma abbastanza leggero da essere adatto alla sua fragile situazione. Stava migliorando veramente molto e all'improvviso avvertii una punta d'invidia osservando Deborah fissare il suo cavallo con evidente ammirazione.

Scacciai quella fastidiosa sensazione con un sospiro, tornando a concentrarmi su Wind. Si comportò molto bene ed evitò capricci di qualunque genere finché non fu il momento di cambiare mano. Il grigio pareva confuso e si ribellò alla mano di Deborah, tanto che Michele fu costretto a intervenire per calmarlo e mostrargli la nuova direzione da prendere.

Wind non era un cavallo intuitivo, le cose gli andavano spiegate con estrema calma ma, una volta che aveva capito,  si dimostrava eccezionale. Riprese a trottare con impegno, tendendo i posteriori al massimo in un trotto che stupì persino il nostro istruttore.

Quando Deborah lo fece rallentare al passo, capii che a breve sarebbe toccato a me e Killer.

Fortunatamente, le ragazze avevano cominciato ad andarsene. Non era passato molto tempo da quando il grigio aveva iniziato a girare alla corda, ma probabilmente si erano rese conto che non c'era niente di così interessante da vedere e avevano agito di conseguenza. 

Tirai un sospiro di sollievo, vedendo che quasi tutte si erano allontanate dal tondino, e notai Michele farmi un cenno d'intesa: era arrivato il mio turno.

Andai da Killer, che nel frattempo aveva rinunciato dal fare a pezzi la sua longhina e si limitava a fissare i cavalli dentro ai box, rampando con l'anteriore sinistro.

«Buono...» borbottai mentre lo slegavo, frenandogli la zampa con la mano libera.

Quindi, afferrando la corda ma tenendolo saldamente anche per la capezza, mi incamminai verso il tondino, appena lasciato libero da Wind. Il grigio adesso pascolava poco lontano, sorvegliato a distanza da Deborah.

Entrando, lasciai il baio nelle mani di Michele, perché gli sostituisse la longhina con la longia, e io mi accinsi a chiudere l'entrata con attenzione.

Killer mi aspettava immobile al centro del tondino, il collo alto e lo sguardo intento a scrutarmi. Afferrai la longia dalle mani di Michele, che a quel punto si fece da parte, e lo incitai ad avanzare schioccando la lingua. Ero così concentrata su di lui da essermi completamente dimenticata la frusta, ma non m'importava.

Il cavallo reagì alla mia voce, aumentando il passo mentre si incamminava sulla pista, ed io ripetei lo schiocco più volte finché non ruppe al trotto. Lo osservai attentamente, notando i muscoli ben visibili nell'atto di muoversi, gli zoccoli che non si trascinavano sulla sabbia ma la sollevavano a intervalli regolari sollevandosi a loro volta, la testa bassa... e le orecchie altrettanto basse, mentre procedeva piano ma con estremo impegno. 

Pensai per un attimo a come dovesse essere comodo il suo trotto in sella, ma scacciai il pensiero con la stessa velocità con cui mi era venuto in mente. Io non avrei mai montato Killer, non potevo e non ne avevo alcuna intenzione, riflettei irremovibile.

«Sarah, stai attenta. Killer ha tutta l'aria di essere uno di quei cavalli a cui, quando offri la mano, si prendono il braccio» mormorò Michele, accennando al fatto che, mentre ero coinvolta nelle mie riflessioni, avevo lasciato un po' troppa longia a Killer, che sembrava essersene accorto.

Annuii, cominciando ad accorciare la corda giro dopo giro, per non scatenare alcuna sua reazione. Lui continuò a trottare tranquillo, tanto che ne rimasi stupita.

«È bravo» dissi, guardando Michele con la coda dell'occhio.

«Be', non mi stupisce. Ha diversi problemi, ma rimane pur sempre un supercavallo, allenato per i concorsi e cresciuto in scuderie una più prestigiosa dell'altra» rispose lui, con ovvietà.

Scrollai le spalle, tornando a concentrarmi su Killer. Dopo qualche altro giro, venne il momento di cambiare mano. Fischiai a lungo, mentre il baio rallentava il trotto fino a tornare al passo, quindi lo condussi al centro del tondino.

Feci per dargli una pacca sul collo per congratularmi con lui, quando una serie di grida sguaiate squarciò il silenzio: doveva essere una delle ragazze che avevano lasciato il tondino e, a giudicare dal tono dalla voce, non sembrava essere spaventata. Probabilmente dovevano averle fatto uno scherzo o qualcosa del genere.

Killer però non sembrò capire il malinteso: si slanciò in avanti in uno scatto di terrore e feci appena in tempo a spostarmi per non essere travolta dalla sua mole. 

Urlai, cadendo sulla sabbia, mentre cercavo freneticamente di liberarmi della longia che, legata al baio, mi trascinava con lui verso lo steccato del tondino. Me la sfilai dalla mano appena in tempo, prima che Killer si abbattesse sul recinto del tondino in preda al terrore e capisse che non c'era alcuna via di fuga.

A quel punto, sotto i miei occhi esterrefatti, saltò la recinzione da fermo, come se al suo posto ci fosse stata una barriera - dopotutto era pur sempre un supercavallo, no? - e, ansimante e scosso dal terrore, raggiunse al galoppo Wind, che brucava poco lontano.

Michele lasciò lo steccato del tondino e lo raggiunse, a passo rapido ma senza correre, per non spaventarlo ulteriormente. Deborah lo seguì a ruota e io cercai di rimettermi in piedi, ma le ginocchia non sembravano essere in grado di reggermi. Avevo rischiato grosso. Mi vidi di nuovo davanti a lui, mentre mi travolgeva in preda alla paura ed io non riuscivo nemmeno a focalizzare la situazione. Fortunatamente avevo agito d'istinto, altrimenti a quell'ora non sarei nemmeno stata lì a riflettere sulla questione. 

Osservai con aria di sfida il gruppetto di ragazze vicino al complesso nei box, la causa di quel disastro. Anche loro mi stavano fissando, ma non riuscivo a scorgere le loro espressioni. Avrei voluto sinceramente capire se era stato tutto architettato da loro per mettere paura a Killer o se si era trattato davvero di una coincidenza, ma in quel momento non era la priorità. 

Non avendo la stessa agilità del baio,  decisi di non scavalcare la recinzione del tondino e passai dall'ingresso per raggiungere il punto in cui si erano rifugiati i cavalli. 

Deborah stava mettendo la capezza a Wind, mentre Michele osservava Killer con attenzione.

«Non si è fatto nulla» spiegò alla ragazzina accanto a lui, senza accorgersi della mia presenza; quindi tornò a occuparsi del baio. 

«Non va bene, non va bene per niente...» continuava a ripetere quasi tra sé, tanto che mi spazientii.

«Ma hai detto che sta bene!» sbottai. «E, se ti riferisci a loro, probabilmente è stato solo un incidente» aggiunsi, coprendo la loro bravata. Continuavo a pensare che la questione di Benedetta non fosse la priorità, in quel momento.

«Quello che non va bene la sua reazione!» rispose lui, voltandosi di scatto verso di me. Pareva scocciato e non ne capivo il perché. «Hai visto come ha reagito Wind?» proseguì.

«Non ha reagito.»

«Infatti! Non va bene che agisca così. Dobbiamo rimediare, e anche in fretta» borbottò, raccogliendo la longia di Killer da terra.

«Perché tutta questa fretta, all'improvviso?» chiesi, levando esasperatamente gli occhi al cielo. 

Michele mi scrutò un attimo, prima di rispondere. Sembrava quasi non credere alle sue orecchie.

«Ti sei forse dimenticata della situazione, Sarah, o dello scorrere dei giorni? Vogliono venire a riprendersi Killer.»

  
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