Serie TV > MacGyver
Ricorda la storia  |      
Autore: Ellygattina    23/04/2023    0 recensioni
Dopo un rapimento di diversi giorni, Mac è davvero in pessime condizioni all'arrivo dei soccorsi, ma per fortuna Jack è sempre pronto a prendersene cura.
*Questa storia partecipa alla challenge “Hello, it’s me!” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction.*
(Storia presente anche su AO3 con lo stesso nickname.)
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dopo un tempo indefinito, Mac aprì a fatica gli occhi nel buio più totale e lentamente registrò, in aggiunta a un mal di testa atroce e al consueto dolore in tutto il corpo, una serie di rumori in lontananza che gli rimbombarono insopportabili nel cervello, già provato dalla febbre alta e dalla pessima situazione in cui versava da giorni.

Inizialmente confuso, gli ci vollero parecchi secondi per capire che doveva trattarsi di uno scontro a fuoco da qualche parte nell'edificio, ma non riuscì a gioirne come aveva sempre fatto in occasioni simili. Al momento soffriva troppo per credere che i suoi amici l'avessero finalmente trovato e i rumori che tante altre volte gli avevano dato speranza erano solo un enorme fastidio che desiderava finisse il prima possibile.

Da quando era stato rapito da casa sua chissà quanti giorni prima, aveva perso il conto delle torture che gli avevano inflitto per costringerlo a rivelare dove avesse nascosto le armi che lui e Jack avevano sottratto con l'inganno a un gruppo di terroristi qualche settimana prima e il suo corpo iniziava seriamente a risentirne.

Legato a quella sedia in una stanza fredda e buia dopo un tentativo di fuga finito male, avrebbe solo voluto addormentarsi una volta per tutte, visto che ogni risveglio, ormai, gli garantiva solo sofferenze sempre maggiori.

All'inizio della prigionia era stato in grado di resistere a tutto, come sempre, al confortante pensiero che i suoi amici l'avrebbero salvato in men che non si dica, ma con il passare del tempo, capendo che i rapitori dovevano essere stati particolarmente abili a far perdere le loro tracce, aveva deciso di arrangiarsi da solo con i pochi oggetti utili che aveva raccolto di nascosto.

L'unico risultato che aveva ottenuto, però, era stato di incattivire ulteriormente i suoi aguzzini, che da allora non si erano più risparmiati per raggiungere il loro obiettivo.

Non sapendo dove andare per guadagnare l'uscita, infatti, era stato riacciuffato in pochi minuti e i rapitori, furiosi per essere stati giocati con dei semplici rifiuti da un ragazzo solo e in condizioni già pietose, gliel'avevano fatta pagare in ogni modo possibile, riuscendo infine a far crollare i suoi buoni propositi di non rivelare nulla.

Mostrarsi più collaborativo, però, non era servito a far cessare le sue sofferenze perché la Fenice, per fortuna di tante persone, si occupava di smaltire il prima possibile qualunque tipo di arma senza fornire agli agenti che l’avevano recuperata dettagli utili a rintracciare il carico, ma sebbene avesse provato a spiegarlo ai terroristi, questi continuavano a infierire sul suo corpo martoriato nel tentativo di strappargli informazioni che non aveva, al punto che perdere i sensi era presto diventata una benedizione che Mac accoglieva con gioia, augurandosi ogni volta che fosse l'ultima.

Un vero peccato che presto o tardi dell'acqua gelida in faccia o un violento scossone lo riportassero alla realtà, facendo ricominciare da capo quell’inferno finché il buio tornava a reclamarlo.

All'inizio, suo malgrado, gli capitava spesso di svegliarsi da solo dopo qualche tempo, per lui incalcolabile, circondato dall’oscurità e dal silenzio opprimente che lo stavano portando alla pazzia, ma all'aggravarsi delle sue condizioni soltanto quei metodi erano riusciti, finora, a strapparlo allo stato di torpore generato dalla febbre o dal semplice istinto di sopravvivenza, che gli impediva così di soffermarsi troppo su ciò che stava accadendo.

Questa volta il risveglio era stato meno traumatico, da un certo punto di vista, ma Mac rimpianse comunque di aver lasciato quel mondo tranquillo in cui non sentiva più nulla, domandandosi che avesse fatto di male per meritarsi un simile supplizio. I rumori, avvicinandosi, diventavano infatti sempre più forti e la sensazione di annegare in quel mare di sofferenza aumentava di pari passo.

Quanto avrebbe voluto potersi almeno coprire le orecchie, ma il debole tentativo di muoversi senza pensare servì solo a infliggersi un'ulteriore stilettata di dolore ai polsi, sicuramente feriti dalle fascette che lo tenevano legato.

Impossibilitato a fare altro, cercò invano di permettere alla sua mente di vagare altrove, nella speranza di avere un minimo di sollievo, ma sembrava non esserci modo di sfuggire a quella terribile realtà e il buio opprimente che lo circondava non lo aiutava a focalizzarsi su pensieri più piacevoli.

Se non avesse visto con i suoi occhi la stanza quando lo torturavano - gli unici momenti in cui le luci venivano accese -, avrebbe creduto di trovarsi in un pozzo o qualcosa del genere, ma nel tempo aveva capito di essere invece in una stanzetta spoglia chissà dove.

Nella sua cella precedente coglieva, ogni tanto, dei rumori distinti che, una volta riguadagnata la libertà, avrebbero potuto essere molto preziosi per tornare a casa, ma laggiù gli sporadici suoni arrivavano talmente ovattati che non avrebbe neanche saputo dire se fosse ancora nello stesso luogo oppure no. Ricordava infatti vagamente di essere stato stordito con un colpo alla testa mentre cercava di orientarsi nei corridoi di una vecchia fabbrica in disuso e al suo risveglio si trovava già lì a tremare per il freddo e a combattere contro le orribili sensazioni che un posto simile non poteva non trasmettere.

Se anche fosse stato un po' più in salute, quindi, non avrebbe avuto modo di percorrere la strada all'indietro, ma i suoi rapitori, per evitare ulteriori tentativi di fuga, avevano pensato di togliergli davvero ogni minima possibilità di azione, con tutte le conseguenze del caso.

Il tempo passava, intanto, e Mac si sentiva sempre peggio mentre nel suo cervello si susseguivano i ricordi di ciò che aveva subito e le terribili minacce che non sarebbe stato in grado di evitare, al punto che sentire dei colpi e delle voci appena fuori dalla porta lo mandò nel panico.

Terrorizzato e del tutto inerme, cercò invano di prepararsi alle torture che avrebbe sicuramente ricevuto di lì a poco, chiedendosi per l'ennesima volta se sarebbe servito a qualcosa spiegare di nuovo ai suoi rapitori che le loro armi erano perse per sempre.

Purtroppo i terroristi sembravano convinti che fossero ancora nelle sue mani e il ragazzo non poteva far altro che ripetere le stesse frasi inutili e addirittura dannose, visto che persino il disperato tentativo di spingerli a mettersi in contatto con la Fenice per effettuare un finto scambio e consegnarli alla giustizia era miseramente fallito con esiti disastrosi.

Con ogni probabilità, se fosse riuscito a persuaderli che con lui perdevano solo tempo, l'avrebbero ucciso all'istante, ma al momento non gli importava. Non osava illudersi che l'incubo fosse finito con quello scontro e sperò che la morte, per un motivo o per l'altro, arrivasse presto a liberarlo nel modo più rapido e indolore possibile. Il suo unico rimpianto sarebbe stato non aver rivisto Jack e i suoi amici, ma non ce la faceva più. Chissà se il suo partner l'avrebbe mai perdonato per essersi arreso prima del suo arrivo?

Non fece in tempo a finire il pensiero che la porta si spalancò, sbattendo forte contro il muro, e la debole luce che proveniva dall'esterno gli ferì gli occhi.

Come se questo servisse davvero a proteggerlo, voltò istintivamente il viso dall'altra parte chiamando tra sé il compagno di tante avventure mentre qualcuno si avvicinava rapido per fargli chissà cosa.

In realtà il semplice fatto che il nuovo arrivato non avesse toccato l'interruttore avrebbe dovuto suggerirgli che non poteva essere uno dei suoi aguzzini, ma in quel momento non riusciva a ragionare e ogni cosa lo spaventava come non avrebbe mai creduto possibile.

Tremando per il freddo e la paura, cercò di farsi più piccolo sulla sedia nel sentire una presenza non identificata a un nulla da lui, subito seguita dal rumore di qualcosa che veniva appoggiato a terra, e sussultò violentemente a un tocco inaspettato sulla guancia.

«Va tutto bene, Mac, sono io» lo rassicurò una voce vicino al suo orecchio mentre la stessa mano, troppo gentile per appartenere a qualcuno che fino a poco prima l'aveva torturato senza pietà, gli scostava dal viso i capelli sporchi e sudati per poi attirarlo piano contro un petto solido.

Il ragazzo si irrigidì ma non poté fare nulla per impedirlo, limitandosi ad ascoltare stupito parole confortanti che capiva a stento mentre quell’uomo ancora sconosciuto continuava ad accarezzarlo e le sue braccia forti ma delicate lo stringevano quel tanto che bastava a trasmettergli un minimo di calore e protezione.

Era assurdo essere abbracciato in quel modo in un posto simile ma non poteva negare che fosse piacevole, e nonostante il terrore che non voleva lasciarlo, iniziò a godersi quelle sensazioni, augurandosi per un attimo di andarsene così, con quella voce bassa e stranamente familiare che gli risuonava nelle orecchie, per non dover vivere l'orribile risveglio che ne sarebbe seguito. Sarebbe stato troppo crudele ritrovarsi da solo e al freddo, in balia dei suoi rapitori, dopo un simile sogno che sembrava promettere la tanto sospirata salvezza.

«Jack, sei... davvero tu?» mormorò a fatica il ragazzo dopo qualche minuto. Non osava credere a ciò che i suoi sensi cercavano di suggerirgli, ma conosceva un’unica persona che l’avrebbe coccolato in quel modo. Con ogni probabilità era solo l’ennesimo delirio della sua mente sconvolta ma sperava con tutto il cuore che quella dolce illusione fosse reale. Aveva smesso da tempo di credere che qualcuno sarebbe venuto a salvarlo, ma finalmente intravedeva una via d’uscita da quell’orribile incubo.

«Sì» gli rispose teneramente l'amico, lieto che l’avesse infine riconosciuto, continuando ad accarezzarlo piano. Non poteva vederlo bene ma sentiva il suo respiro spezzato e il battito del cuore molto più rapido del normale, per non parlare poi della pelle incrostata di sangue che scottava in maniera preoccupante sotto le sue dita.

In quel momento gli sembrava talmente fragile che aveva quasi paura a toccarlo, ma allo stesso tempo non riusciva a smettere. I giorni passati a cercarlo ovunque avevano lasciato il segno e doveva assicurarsi che fosse davvero lì, nella speranza che quelle timide carezze riuscissero a calmarlo almeno un po'.

Sembrava che in parte avesse funzionato, per fortuna, ma percepiva ancora la tensione nel suo corpo, e i fremiti che lo scuotevano da quando era entrato non accennavano a fermarsi. Potevano anche essere dovuti al freddo, in realtà, vista la temperatura in quella stanza, ma aveva parecchi dubbi che fosse solo quello. In ogni caso doveva sbrigarsi a portarlo in un posto caldo e sicuro, augurandosi che capisse di non avere più nulla da temere.

Il ragazzo provò a dire qualcosa, ma venne interrotto da una serie di colpi di tosse, intervallati da gemiti, che non promettevano nulla di buono. Probabilmente aveva delle costole rotte e non si sarebbe stupito se i medici della Fenice gli avessero diagnosticato una polmonite o qualcosa del genere.

«Tranquillo, Mac, ora ti libero» provò a rassicurarlo Jack, sentendosi ancora più in colpa per averci messo tanto a trovarlo. Purtroppo sapeva già che non sarebbe stato in buone condizioni, visto che era stato un terribile video diffuso in rete qualche giorno prima a permettere loro di rintracciarlo con parecchie difficoltà, ma non pensava fossero giunti a tanto. Se solo l'avesse immaginato, li avrebbe conciati molto peggio mentre percorreva l'enorme struttura insieme al resto della squadra, ma in quel momento aveva altro a cui pensare.

Sempre sussurrando parole dolci, si costrinse a malincuore a lasciarlo andare dopo un'ultima carezza per riuscire a liberarlo. Non sarebbe stato semplice, visto che la poca luce proveniente dall'esterno non bastava a illuminarlo come si deve, ma non voleva allontanarsi per cercare un interruttore.

Contando sul fatto che i suoi occhi, nel frattempo, si erano in parte abituati all'oscurità, aguzzò la vista per capire come muoversi. Così facendo, un attimo dopo individuò l'ago di una flebo nel suo braccio destro e si affrettò a toglierlo, strappandogli un altro gemito per il gesto forse un po' troppo brusco.

«Ssh, va tutto bene, scusami. Tra poco sarai libero» lo rassicurò dispiaciuto, passando quindi a tagliare le fascette con più attenzione dopo avergli raccomandato di non muoversi per nessun motivo.

Il ragazzo obbedì, ma Jack lo sentì lamentarsi debolmente ogni volta che la lama del suo coltello ne tranciava una. Era una fortuna per i rapitori che al momento avesse altro da fare, ma questo non gli impedì di maledirli tra sé e sé per tutto il tempo.

«Coraggio, adesso ti porto fuori di qui. Ce la fai a camminare?» disse alla fine e Mac annuì con suo enorme sollievo.

Gli bastò sollevarlo dalla sedia, però, per capire che le gambe non potevano reggere il suo peso, e dopo un paio di tentativi che rischiarono di farli cadere entrambi, si arrese all'evidenza.

Continuando a confortarlo, lo aiutò a sdraiarsi a terra cercando di ignorarne le deboli richieste di farlo uscire come gli aveva promesso.

Gli piangeva il cuore a non accontentarlo in un momento simile, ma si ripeté più volte che lo faceva per il suo bene. La strada fino all'ambulanza che lo aspettava all'esterno era troppo lunga, e finché non conoscevano gli effettivi danni, poteva essere pericoloso permettergli di sforzarsi tanto. Era strano anche solo pensarlo, ma non era sicuro che l'amico si rendesse davvero conto della situazione, e toccava quindi a lui impedirgli di peggiorare le cose.

Tra la tosse e la debolezza, Mac non poté insistere più di tanto e Jack, da una parte sollevato per quell'insolito atteggiamento così arrendevole, gli fece appoggiare la testa sulle sue gambe prima di prendergli con delicatezza una mano e comunicare via radio al resto della squadra di far arrivare il medico con la barella. Il respiro del ragazzo sembrava ancora più affannoso dopo lo sforzo compiuto e il suo volto sofferente lo faceva sentire male. Avrebbe preferito di gran lunga trovarsi al suo posto per risparmiargli il dolore che stava sicuramente provando, ma purtroppo poteva solo fare del suo meglio per aiutarlo a superare quella terribile avventura.

Senza neanche pensarci, una volta chiusa la comunicazione cominciò a scostargli dolcemente i capelli dalla fronte in un movimento ritmico a cui Mac si aggrappò subito come se fosse un'ancora di salvezza. Non l'avrebbe mai detto a voce alta, ma le coccole del suo partner quando stava male gli erano sempre piaciute, e anche quel giorno gli permisero di rilassarsi almeno un po', alleviando in breve tempo il dolore e la paura che continuavano a tormentarlo.

Di tanto in tanto un lieve gemito, dovuto a una fitta più forte delle altre o a un fastidioso rumore dell'equipe medica in avvicinamento proveniente da fuori, sfuggiva ancora al suo controllo, ma bastava che Jack aumentasse appena la stretta sulla sua mano, assicurandogli che i soccorsi sarebbero arrivati presto, per farlo sentire meglio.

In realtà anche solo la rapida visita prima di spostarlo si rivelò un'impresa, visto che il ragazzo non si lasciava toccare da nessuno che non fosse il suo partner, il quale dovette impegnarsi parecchio per convincerlo che quelle persone non erano lì per fargli del male. Mac, però, non sembrava in grado di capire davvero cosa stesse succedendo e alla fine fu probabilmente la stanchezza a costringerlo a stare fermo, nonostante l'evidente timore, permettendo così al medico di fare il suo lavoro mentre Jack, a sua volta chino su di lui, non smetteva di parlargli e accarezzarlo.

Fu un sollievo per tutti quando il dottore diede il permesso di caricarlo sulla barella e l'ex soldato, senza che nessuno glielo dicesse, si mise subito in un punto in cui sapeva che l'amico avrebbe potuto vederlo.

Durante il trasporto notò fin troppo bene i lividi e le ferite sul suo corpo decisamente più magro dell'ultima volta che erano stati insieme, e di nuovo la rabbia e il senso di colpa tornarono a chiudergli la gola.

Consapevole che Mac avesse bisogno di ben altro da lui, si sforzò però di non far trasparire nulla, continuando a camminare per i corridoi per un tempo che gli parve davvero troppo lungo senza smettere di massaggiargli delicatamente la mano con il pollice prima di sedersi al suo fianco sull'ambulanza.

A quel punto il ragazzo cercò di nuovo di dirgli qualcosa, ma il suo respiro, durante il tragitto, era peggiorato sempre di più.

«Non sforzarti a parlare, amico» lo interruppe Jack preoccupato mentre il medico si avvicinava con una mascherina per l'ossigeno.

Al tentativo di appoggiargliela sul volto, però, Mac si agitò di nuovo e l'ex soldato, vedendo che le parole non servivano, fu costretto a tenerlo fermo, con la massima delicatezza, per il tempo necessario a metterla in posizione.

«Scusa, ma è per il tuo bene» gli disse poi, vedendolo lanciargli un'occhiata delusa per il tradimento subito.

Fece male quello sguardo ma Jack si impose di non pensarci. Dopo ciò che gli avevano fatto, era naturale che reagisse così appena un estraneo cercava di toccarlo, e che si aspettasse protezione da parte sua.

Ascoltò distrattamente il medico dire a un infermiere di preparare una siringa di antidolorifico e ricominciò subito a parlare a Mac nel tentativo di distrarlo. Aveva la netta impressione che il suo partner sarebbe andato di nuovo nel panico per quella puntura, ma era anche fin troppo chiaro che ne avesse bisogno. Quando gli avevano chiesto di quantificare l'intensità del dolore, aveva risposto dopo qualche secondo con un numero decisamente alto per i suoi standard e l'ex soldato, osservandone il volto, non osava immaginare quanto stesse soffrendo.

Sembrò che funzionasse, in un primo momento, ma appena il dottore sistemò il laccio emostatico per far affiorare la vena, il ragazzo, che nel frattempo aveva chiuso gli occhi e si stava rilassando, cercò di nuovo di alzarsi con aria terrorizzata.

«Calmati, va tutto bene. Tra poco starai meglio, promesso, ma devi lasciarli fare» lo rassicurò Jack, guardando intensamente quelle iridi azzurre così spaventate mentre lo tratteneva per le spalle.

L'amico ricambiò lo sguardo per qualche secondo, chiaramente combattuto tra l'istinto di fuga e la fiducia nei suoi confronti, ma smise presto di fare resistenza, continuando però a fissarlo come se si aspettasse da lui un aiuto che non avrebbe potuto dargli. L'avrebbe fatto molto volentieri, ovvio, ma non aveva la capacità di farlo guarire all'istante o qualcosa del genere.

«Guardami e stringi forte la mia mano. In un attimo sarà tutto finito» gli disse dolcemente, ricominciando a sistemargli i capelli.

Il ragazzo annuì e si sforzò di eseguire, gemendo appena solo quando l'ago gli bucò la pelle. Nonostante l'evidente paura, non riusciva a stringere come forse avrebbe voluto, ma Jack capì comunque e ricominciò a parlare come faceva sempre nei momenti più critici nel tentativo di distrarlo.

Tirò un impercettibile sospiro di sollievo quando il medico annunciò di aver finito e gettò via la siringa vuota, applicando una leggera pressione per fermare la perdita di sangue.

«Riposati, adesso. Veglierò io su di te» sussurrò l’ex soldato in tono calmo e rassicurante appena l'uomo distolse l’attenzione da loro, e con suo enorme stupore, Mac accennò un sorriso.

Si addormentò poco dopo, con il viso leggermente più disteso, mentre l'ambulanza correva verso l'ospedale della Fenice e il personale sanitario iniziava a medicargli le ferite più brutte.

A quel punto Jack avrebbe anche potuto smettere di accarezzare l’amico e cercare invece di rilassarsi come gli avevano consigliato, ma in fondo quel movimento ritmico aiutava entrambi, rassicurandoli che l’incubo fosse finalmente finito come nient’altro avrebbe mai potuto fare.

 

 

Angolo autrice:
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! Era da molto che non scrivevo su loro due e questa challenge mi ha fatto tornare l’ispirazione per finire questa vecchia fic abbandonata da tempo (per loro sfortuna xD). Sono stata un po’ sadica, lo ammetto, ma spero che la storia vi sia piaciuta e di aver reso bene la situazione, visto che non avevo mai scritto una cosa del genere. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, e grazie a tutti per il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo! <3
Come ho scritto nell’introduzione, la storia partecipa alla challenge “Hello, it’s me!” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction. Passate a trovarci se amate questo genere!
😉
Se a qualcuno interessa, ho creato tempo fa un gruppo facebook principalmente su Fairy Tail, Edens Zero e il nuovo Gate of Nightmares (manga promozionale basato su un videogioco che Mashima ha contribuito a creare disegnando ambientazioni e personaggi), ma anche sugli anime e manga in generale. Se volete conoscere altri fan di queste bellissime opere, saremo ben felici di accogliervi qui (attenzione ai possibili spoiler se non seguite le scan online!), dove organizzo periodicamente challenge di scrittura e disegno. Vi aspettiamo numerosi! :)
Penso di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto, augurandovi una buona notte e buona giornata per domani.
Bacioni e alla prossima!
Ellygattina

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > MacGyver / Vai alla pagina dell'autore: Ellygattina