Dopo un
tempo indefinito, Mac aprì a fatica gli occhi nel
buio più totale e lentamente registrò, in
aggiunta a un mal di testa atroce e
al consueto dolore in tutto il corpo, una serie di rumori in lontananza
che gli
rimbombarono insopportabili nel cervello, già provato dalla
febbre alta e dalla
pessima situazione in cui versava da giorni.
Inizialmente
confuso, gli ci vollero parecchi secondi per
capire che doveva trattarsi di uno scontro a fuoco da qualche parte
nell'edificio, ma non riuscì a gioirne come aveva sempre
fatto in occasioni
simili. Al momento soffriva troppo per credere che i suoi amici
l'avessero
finalmente trovato e i rumori che tante altre volte gli avevano dato
speranza
erano solo un enorme fastidio che desiderava finisse il prima possibile.
Da
quando era stato rapito da casa sua chissà quanti
giorni prima, aveva perso il conto delle torture che gli avevano
inflitto per
costringerlo a rivelare dove avesse nascosto le armi che lui e Jack
avevano sottratto
con l'inganno a un gruppo di terroristi qualche settimana prima e il
suo corpo
iniziava seriamente a risentirne.
Legato a
quella sedia in una stanza fredda e buia dopo un
tentativo di fuga finito male, avrebbe solo voluto addormentarsi una
volta per
tutte, visto che ogni risveglio, ormai, gli garantiva solo sofferenze
sempre maggiori.
All'inizio
della prigionia era stato in grado di
resistere a tutto, come sempre, al confortante pensiero che i suoi
amici l'avrebbero
salvato in men che non si dica, ma con il passare del tempo, capendo
che i
rapitori dovevano essere stati particolarmente abili a far perdere le
loro
tracce, aveva deciso di arrangiarsi da solo con i pochi oggetti utili
che aveva
raccolto di nascosto.
L'unico
risultato che aveva ottenuto, però, era stato di
incattivire ulteriormente i suoi aguzzini, che da allora non si erano
più
risparmiati per raggiungere il loro obiettivo.
Non
sapendo dove andare per guadagnare l'uscita, infatti,
era stato riacciuffato in pochi minuti e i rapitori, furiosi per essere
stati
giocati con dei semplici rifiuti da un ragazzo solo e in condizioni
già
pietose, gliel'avevano fatta pagare in ogni modo possibile, riuscendo
infine a
far crollare i suoi buoni propositi di non rivelare nulla.
Mostrarsi
più collaborativo, però, non era servito a far
cessare le sue sofferenze perché la Fenice, per fortuna di
tante persone, si
occupava di smaltire il prima possibile qualunque tipo di arma senza
fornire
agli agenti che l’avevano recuperata dettagli utili a
rintracciare il carico, ma
sebbene avesse provato a spiegarlo ai terroristi, questi continuavano a
infierire sul suo corpo martoriato nel tentativo di strappargli
informazioni
che non aveva, al punto che perdere i sensi era presto diventata una
benedizione che Mac accoglieva con gioia, augurandosi ogni volta che
fosse
l'ultima.
Un vero
peccato che presto o tardi dell'acqua gelida in
faccia o un violento scossone lo riportassero alla realtà,
facendo ricominciare
da capo quell’inferno finché il buio tornava a
reclamarlo.
All'inizio,
suo malgrado, gli capitava spesso di
svegliarsi da solo dopo qualche tempo, per lui incalcolabile,
circondato dall’oscurità
e dal silenzio opprimente che lo stavano portando alla pazzia, ma
all'aggravarsi delle sue condizioni soltanto quei metodi erano
riusciti,
finora, a strapparlo allo stato di torpore generato dalla febbre o dal
semplice
istinto di sopravvivenza, che gli impediva così di
soffermarsi troppo su ciò
che stava accadendo.
Questa
volta il risveglio era stato meno traumatico, da
un certo punto di vista, ma Mac rimpianse comunque di aver lasciato
quel mondo
tranquillo in cui non sentiva più nulla, domandandosi che
avesse fatto di male
per meritarsi un simile supplizio. I rumori, avvicinandosi, diventavano
infatti
sempre più forti e la sensazione di annegare in quel mare di
sofferenza
aumentava di pari passo.
Quanto
avrebbe voluto potersi almeno coprire le orecchie,
ma il debole tentativo di muoversi senza pensare servì solo
a infliggersi
un'ulteriore stilettata di dolore ai polsi, sicuramente feriti dalle
fascette
che lo tenevano legato.
Impossibilitato
a fare altro, cercò invano di permettere
alla sua mente di vagare altrove, nella speranza di avere un minimo di
sollievo, ma sembrava non esserci modo di sfuggire a quella terribile
realtà e
il buio opprimente che lo circondava non lo aiutava a focalizzarsi su
pensieri
più piacevoli.
Se non
avesse visto con i suoi occhi la stanza quando lo
torturavano - gli unici momenti in cui le luci venivano accese -,
avrebbe
creduto di trovarsi in un pozzo o qualcosa del genere, ma nel tempo
aveva
capito di essere invece in una stanzetta spoglia chissà dove.
Nella
sua cella precedente coglieva, ogni tanto, dei
rumori distinti che, una volta riguadagnata la libertà,
avrebbero potuto essere
molto preziosi per tornare a casa, ma laggiù gli sporadici
suoni arrivavano
talmente ovattati che non avrebbe neanche saputo dire se fosse ancora
nello
stesso luogo oppure no. Ricordava infatti vagamente di essere stato
stordito
con un colpo alla testa mentre cercava di orientarsi nei corridoi di
una
vecchia fabbrica in disuso e al suo risveglio si trovava già
lì a tremare per
il freddo e a combattere contro le orribili sensazioni che un posto
simile non
poteva non trasmettere.
Se anche
fosse stato un po' più in salute, quindi, non
avrebbe avuto modo di percorrere la strada all'indietro, ma i suoi
rapitori,
per evitare ulteriori tentativi di fuga, avevano pensato di togliergli
davvero
ogni minima possibilità di azione, con tutte le conseguenze
del caso.
Il tempo
passava, intanto, e Mac si sentiva sempre peggio
mentre nel suo cervello si susseguivano i ricordi di ciò che
aveva subito e le
terribili minacce che non sarebbe stato in grado di evitare, al punto
che
sentire dei colpi e delle voci appena fuori dalla porta lo
mandò nel panico.
Terrorizzato
e del tutto inerme, cercò invano di
prepararsi alle torture che avrebbe sicuramente ricevuto di
lì a poco,
chiedendosi per l'ennesima volta se sarebbe servito a qualcosa spiegare
di
nuovo ai suoi rapitori che le loro armi erano perse per sempre.
Purtroppo
i terroristi sembravano convinti che fossero
ancora nelle sue mani e il ragazzo non poteva far altro che ripetere le
stesse
frasi inutili e addirittura dannose, visto che persino il disperato
tentativo
di spingerli a mettersi in contatto con la Fenice per effettuare un
finto
scambio e consegnarli alla giustizia era miseramente fallito con esiti
disastrosi.
Con ogni
probabilità, se fosse riuscito a persuaderli che
con lui perdevano solo tempo, l'avrebbero ucciso all'istante, ma al
momento non
gli importava. Non osava illudersi che l'incubo fosse finito con quello
scontro
e sperò che la morte, per un motivo o per l'altro, arrivasse
presto a liberarlo
nel modo più rapido e indolore possibile. Il suo unico
rimpianto sarebbe stato
non aver rivisto Jack e i suoi amici, ma non ce la faceva
più. Chissà se il suo
partner l'avrebbe mai perdonato per essersi arreso prima del suo arrivo?
Non fece
in tempo a finire il pensiero che la porta si
spalancò, sbattendo forte contro il muro, e la debole luce
che proveniva
dall'esterno gli ferì gli occhi.
Come se
questo servisse davvero a proteggerlo, voltò
istintivamente il viso dall'altra parte chiamando tra sé il
compagno di tante
avventure mentre qualcuno si avvicinava rapido per fargli
chissà cosa.
In
realtà il semplice fatto che il nuovo arrivato non
avesse toccato l'interruttore avrebbe dovuto suggerirgli che non poteva
essere
uno dei suoi aguzzini, ma in quel momento non riusciva a ragionare e
ogni cosa
lo spaventava come non avrebbe mai creduto possibile.
Tremando
per il freddo e la paura, cercò di farsi più
piccolo sulla sedia nel sentire una presenza non identificata a un
nulla da
lui, subito seguita dal rumore di qualcosa che veniva appoggiato a
terra, e
sussultò violentemente a un tocco inaspettato sulla guancia.
«Va
tutto bene, Mac, sono io» lo rassicurò una voce
vicino al suo orecchio mentre la stessa mano, troppo gentile per
appartenere a
qualcuno che fino a poco prima l'aveva torturato senza
pietà, gli scostava dal
viso i capelli sporchi e sudati per poi attirarlo piano contro un petto
solido.
Il
ragazzo si irrigidì ma non poté fare nulla per
impedirlo, limitandosi ad ascoltare stupito parole confortanti che
capiva a
stento mentre quell’uomo ancora sconosciuto continuava ad
accarezzarlo e le sue
braccia forti ma delicate lo stringevano quel tanto che bastava a
trasmettergli
un minimo di calore e protezione.
Era
assurdo essere abbracciato in quel modo in un posto
simile ma non poteva negare che fosse piacevole, e nonostante il
terrore che
non voleva lasciarlo, iniziò a godersi quelle sensazioni,
augurandosi per un
attimo di andarsene così, con quella voce bassa e
stranamente familiare che gli
risuonava nelle orecchie, per non dover vivere l'orribile risveglio che
ne
sarebbe seguito. Sarebbe stato troppo crudele ritrovarsi da solo e al
freddo, in
balia dei suoi rapitori, dopo un simile sogno che sembrava promettere
la tanto
sospirata salvezza.
«Jack,
sei... davvero tu?» mormorò a fatica il ragazzo
dopo qualche minuto. Non osava credere a ciò che i suoi
sensi cercavano di
suggerirgli, ma conosceva un’unica persona che
l’avrebbe coccolato in quel modo.
Con ogni probabilità era solo l’ennesimo delirio
della sua mente sconvolta ma sperava
con tutto il cuore che quella dolce illusione fosse reale. Aveva smesso
da
tempo di credere che qualcuno sarebbe venuto a salvarlo, ma finalmente
intravedeva una via d’uscita da quell’orribile
incubo.
«Sì»
gli rispose teneramente l'amico, lieto che l’avesse infine
riconosciuto, continuando ad accarezzarlo piano. Non poteva vederlo
bene ma
sentiva il suo respiro spezzato e il battito del cuore molto
più rapido del
normale, per non parlare poi della pelle incrostata di sangue che
scottava in
maniera preoccupante sotto le sue dita.
In quel
momento gli sembrava talmente fragile che aveva
quasi paura a toccarlo, ma allo stesso tempo non riusciva a smettere. I
giorni
passati a cercarlo ovunque avevano lasciato il segno e doveva
assicurarsi che
fosse davvero lì, nella speranza che quelle timide carezze
riuscissero a
calmarlo almeno un po'.
Sembrava
che in parte avesse funzionato, per fortuna, ma
percepiva ancora la tensione nel suo corpo, e i fremiti che lo
scuotevano da
quando era entrato non accennavano a fermarsi. Potevano anche essere
dovuti al
freddo, in realtà, vista la temperatura in quella stanza, ma
aveva parecchi
dubbi che fosse solo quello. In ogni caso doveva sbrigarsi a portarlo
in un
posto caldo e sicuro, augurandosi che capisse di non avere
più nulla da temere.
Il
ragazzo provò a dire qualcosa, ma venne interrotto da
una serie di colpi di tosse, intervallati da gemiti, che non
promettevano nulla
di buono. Probabilmente aveva delle costole rotte e non si sarebbe
stupito se i
medici della Fenice gli avessero diagnosticato una polmonite o qualcosa
del
genere.
«Tranquillo,
Mac, ora ti libero» provò a rassicurarlo
Jack, sentendosi ancora più in colpa per averci messo tanto
a trovarlo.
Purtroppo sapeva già che non sarebbe stato in buone
condizioni, visto che era
stato un terribile video diffuso in rete qualche giorno prima a
permettere loro
di rintracciarlo con parecchie difficoltà, ma non pensava
fossero giunti a
tanto. Se solo l'avesse immaginato, li avrebbe conciati molto peggio
mentre
percorreva l'enorme struttura insieme al resto della squadra, ma in
quel
momento aveva altro a cui pensare.
Sempre
sussurrando parole dolci, si costrinse a
malincuore a lasciarlo andare dopo un'ultima carezza per riuscire a
liberarlo.
Non sarebbe stato semplice, visto che la poca luce proveniente
dall'esterno non
bastava a illuminarlo come si deve, ma non voleva allontanarsi per
cercare un
interruttore.
Contando
sul fatto che i suoi occhi, nel frattempo, si
erano in parte abituati all'oscurità, aguzzò la
vista per capire come muoversi.
Così facendo, un attimo dopo individuò l'ago di
una flebo nel suo braccio
destro e si affrettò a toglierlo, strappandogli un altro
gemito per il gesto
forse un po' troppo brusco.
«Ssh,
va tutto bene, scusami. Tra poco sarai libero» lo
rassicurò dispiaciuto, passando quindi a tagliare le
fascette con più
attenzione dopo avergli raccomandato di non muoversi per nessun motivo.
Il
ragazzo obbedì, ma Jack lo sentì lamentarsi
debolmente
ogni volta che la lama del suo coltello ne tranciava una. Era una
fortuna per i
rapitori che al momento avesse altro da fare, ma questo non gli
impedì di
maledirli tra sé e sé per tutto il tempo.
«Coraggio,
adesso ti porto fuori di qui. Ce la fai a
camminare?» disse alla fine e Mac annuì con suo
enorme sollievo.
Gli
bastò sollevarlo dalla sedia, però, per capire
che le
gambe non potevano reggere il suo peso, e dopo un paio di tentativi che
rischiarono di farli cadere entrambi, si arrese all'evidenza.
Continuando
a confortarlo, lo aiutò a sdraiarsi a terra
cercando di ignorarne le deboli richieste di farlo uscire come gli
aveva
promesso.
Gli
piangeva il cuore a non accontentarlo in un momento
simile, ma si ripeté più volte che lo faceva per
il suo bene. La strada fino
all'ambulanza che lo aspettava all'esterno era troppo lunga, e
finché non
conoscevano gli effettivi danni, poteva essere pericoloso permettergli
di
sforzarsi tanto. Era strano anche solo pensarlo, ma non era sicuro che
l'amico
si rendesse davvero conto della situazione, e toccava quindi a lui
impedirgli
di peggiorare le cose.
Tra la
tosse e la debolezza, Mac non poté insistere più
di tanto e Jack, da una parte sollevato per quell'insolito
atteggiamento così
arrendevole, gli fece appoggiare la testa sulle sue gambe prima di
prendergli
con delicatezza una mano e comunicare via radio al resto della squadra
di far
arrivare il medico con la barella. Il respiro del ragazzo sembrava
ancora più
affannoso dopo lo sforzo compiuto e il suo volto sofferente lo faceva
sentire
male. Avrebbe preferito di gran lunga trovarsi al suo posto per
risparmiargli
il dolore che stava sicuramente provando, ma purtroppo poteva solo fare
del suo
meglio per aiutarlo a superare quella terribile avventura.
Senza
neanche pensarci, una volta chiusa la comunicazione
cominciò a scostargli dolcemente i capelli dalla fronte in
un movimento ritmico
a cui Mac si aggrappò subito come se fosse un'ancora di
salvezza. Non l'avrebbe
mai detto a voce alta, ma le coccole del suo partner quando stava male
gli
erano sempre piaciute, e anche quel giorno gli permisero di rilassarsi
almeno
un po', alleviando in breve tempo il dolore e la paura che continuavano
a
tormentarlo.
Di tanto
in tanto un lieve gemito, dovuto a una fitta più
forte delle altre o a un fastidioso rumore dell'equipe medica in
avvicinamento
proveniente da fuori, sfuggiva ancora al suo controllo, ma bastava che
Jack aumentasse
appena la stretta sulla sua mano, assicurandogli che i soccorsi
sarebbero
arrivati presto, per farlo sentire meglio.
In
realtà anche solo la rapida visita prima di spostarlo
si rivelò un'impresa, visto che il ragazzo non si lasciava
toccare da nessuno
che non fosse il suo partner, il quale dovette impegnarsi parecchio per
convincerlo che quelle persone non erano lì per fargli del
male. Mac, però, non
sembrava in grado di capire davvero cosa stesse succedendo e alla fine
fu
probabilmente la stanchezza a costringerlo a stare fermo, nonostante
l'evidente
timore, permettendo così al medico di fare il suo lavoro
mentre Jack, a sua
volta chino su di lui, non smetteva di parlargli e accarezzarlo.
Fu un
sollievo per tutti quando il dottore diede il
permesso di caricarlo sulla barella e l'ex soldato, senza che nessuno
glielo
dicesse, si mise subito in un punto in cui sapeva che l'amico avrebbe
potuto
vederlo.
Durante
il trasporto notò fin troppo bene i lividi e le
ferite sul suo corpo decisamente più magro dell'ultima volta
che erano stati
insieme, e di nuovo la rabbia e il senso di colpa tornarono a
chiudergli la
gola.
Consapevole
che Mac avesse bisogno di ben altro da lui, si
sforzò però di non far trasparire nulla,
continuando a camminare per i corridoi
per un tempo che gli parve davvero troppo lungo senza smettere di
massaggiargli
delicatamente la mano con il pollice prima di sedersi al suo fianco
sull'ambulanza.
A quel
punto il ragazzo cercò di nuovo di dirgli qualcosa,
ma il suo respiro, durante il tragitto, era peggiorato sempre di
più.
«Non
sforzarti a parlare, amico» lo interruppe Jack
preoccupato mentre il medico si avvicinava con una mascherina per
l'ossigeno.
Al
tentativo di appoggiargliela sul volto, però, Mac si
agitò di nuovo e l'ex soldato, vedendo che le parole non
servivano, fu
costretto a tenerlo fermo, con la massima delicatezza, per il tempo
necessario
a metterla in posizione.
«Scusa,
ma è per il tuo bene» gli disse poi, vedendolo
lanciargli un'occhiata delusa per il tradimento subito.
Fece
male quello sguardo ma Jack si impose di non
pensarci. Dopo ciò che gli avevano fatto, era naturale che
reagisse così appena
un estraneo cercava di toccarlo, e che si aspettasse protezione da
parte sua.
Ascoltò
distrattamente il medico dire a un infermiere di
preparare una siringa di antidolorifico e ricominciò subito
a parlare a Mac nel
tentativo di distrarlo. Aveva la netta impressione che il suo partner
sarebbe
andato di nuovo nel panico per quella puntura, ma era anche fin troppo
chiaro
che ne avesse bisogno. Quando gli avevano chiesto di quantificare
l'intensità
del dolore, aveva risposto dopo qualche secondo con un numero
decisamente alto
per i suoi standard e l'ex soldato, osservandone il volto, non osava
immaginare
quanto stesse soffrendo.
Sembrò
che funzionasse, in un primo momento, ma appena il
dottore sistemò il laccio emostatico per far affiorare la
vena, il ragazzo, che
nel frattempo aveva chiuso gli occhi e si stava rilassando,
cercò di nuovo di
alzarsi con aria terrorizzata.
«Calmati,
va tutto bene. Tra poco starai meglio,
promesso, ma devi lasciarli fare» lo rassicurò
Jack, guardando intensamente
quelle iridi azzurre così spaventate mentre lo tratteneva
per le spalle.
L'amico
ricambiò lo sguardo per qualche secondo,
chiaramente combattuto tra l'istinto di fuga e la fiducia nei suoi
confronti,
ma smise presto di fare resistenza, continuando però a
fissarlo come se si
aspettasse da lui un aiuto che non avrebbe potuto dargli. L'avrebbe
fatto molto
volentieri, ovvio, ma non aveva la capacità di farlo guarire
all'istante o
qualcosa del genere.
«Guardami
e stringi forte la mia mano. In un attimo sarà
tutto finito» gli disse dolcemente, ricominciando a
sistemargli i capelli.
Il
ragazzo annuì e si sforzò di eseguire, gemendo
appena
solo quando l'ago gli bucò la pelle. Nonostante l'evidente
paura, non riusciva
a stringere come forse avrebbe voluto, ma Jack capì comunque
e ricominciò a
parlare come faceva sempre nei momenti più critici nel
tentativo di distrarlo.
Tirò
un impercettibile sospiro di sollievo quando il
medico annunciò di aver finito e gettò via la
siringa vuota, applicando una
leggera pressione per fermare la perdita di sangue.
«Riposati,
adesso. Veglierò io su di te» sussurrò
l’ex
soldato in tono calmo e rassicurante appena l'uomo distolse
l’attenzione da
loro, e con suo enorme stupore, Mac accennò un sorriso.
Si
addormentò poco dopo, con il viso leggermente più
disteso, mentre l'ambulanza correva verso l'ospedale della Fenice e il
personale
sanitario iniziava a medicargli le ferite più brutte.
A quel
punto Jack avrebbe anche potuto smettere di
accarezzare l’amico e cercare invece di rilassarsi come gli
avevano
consigliato, ma in fondo quel movimento ritmico aiutava entrambi,
rassicurandoli che l’incubo fosse finalmente finito come
nient’altro avrebbe
mai potuto fare.
Angolo
autrice:
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin
qui! Era da molto che non scrivevo su loro due e questa challenge mi ha
fatto
tornare l’ispirazione per finire questa vecchia fic
abbandonata da tempo (per
loro sfortuna xD). Sono stata un po’ sadica, lo ammetto, ma
spero che la storia
vi sia piaciuta e di aver reso bene la situazione, visto che non avevo
mai
scritto una cosa del genere. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, e
grazie a
tutti per il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo! <3
Come ho scritto nell’introduzione, la storia
partecipa alla challenge “Hello, it’s
me!” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort
Italia - Fanart
and Fanfiction. Passate a trovarci se amate questo genere! 😉
Se
a qualcuno interessa, ho creato tempo fa un gruppo facebook
principalmente su
Fairy Tail, Edens Zero e il nuovo Gate of Nightmares (manga
promozionale basato
su un videogioco che Mashima ha contribuito a creare disegnando
ambientazioni e
personaggi), ma anche sugli anime e manga in generale. Se volete
conoscere
altri fan di queste bellissime opere, saremo ben felici di accogliervi qui
(attenzione ai
possibili spoiler se non seguite le scan online!), dove organizzo
periodicamente challenge di scrittura e disegno. Vi aspettiamo
numerosi! :)
Penso
di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto, augurandovi
una
buona notte e buona giornata per domani.
Bacioni
e alla prossima!