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Autore: Bibliotecaria    01/05/2023    0 recensioni
In un mondo circondato da gas velenosi che impediscono la vita, c’è una landa risparmiata, in cui vivono diciassette razze sovrannaturali. Ma non vi è armonia, né una reale giustizia. È un mondo profondamente ingiusto e malgrado gli innumerevoli tentativi per migliorarlo a troppe persone tale situazione fa comodo perché qualcosa muti effettivamente.
Il 22 novembre 2022 della terza Era sarebbe stato un giorno privo di ogni rilevanza se non fosse stato il primo piccolo passo verso gli eventi storici più sconvolgenti del secolo e alla nascita di una delle figure chiavi per questo. Tuttavia nessuno si attenderebbe che una ragazzina irriverente, in cui l’amore e l’odio convivono, incapace di controllare la prorpia rabbia possa essere mai importante.
Tuttavia, prima di diventare quel che oggi è, ci sono degli errori fondamentali da compire, dei nuovi compagni di viaggio da conoscere, molte realtà da svelare, eventi Storici a cui assistere e conoscere il vero gusto del dolore e del odio. Poiché questa è la storia della vita di Diana Ribelle Dalla Fonte, se eroe nazionale o pericolosa ed instabile criminale sta’ a voi scegliere.
Genere: Angst, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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11. Il re del gregge e la collina di papaveri




 
Luca Deserto, 11 maggio 2022






Vidi Tony uscire dal bosco con le mani alzate. E mi lanciò un’occhiata tra il divertito e il seccato. Fu Atlas a verbalizzare il pensiero di tutti. “Ti fai mettere sotto da una cagnetta e da un vecchio? Serio Luca?” Mi alzai lentamente mentre il vecchio sospirava.
“Franco buono bello. Alba qui!” Con un uggiolio entrambi i cani smisero di ringhiare e trottarono tra le gambe del loro padrone quasi fosse un gioco. Mentre io sentivo il mio cuore battere all’impazzata e la mia faccia ribollire per l’ondata di terrore e imbarazzo provati.
Alzai lo sguardo verso il vecchio esprimendo tutto il mio disprezzo. Ma quegli occhi non erano né severi, né arrabbiati, né spaventati, c’era solo pace in loro.
“Venite, vi offro qualcosa di caldo.” La sua voce fu come una carezza, e, per un istante, sentii la mano ruvida e secca di mio nonno scompigliarmi i capelli. Fu rassicurante e doloroso quanto una stilettata.
 
 
 
Tra noi ragazzi ci fu uno scambio di sguardi confusi. Il vecchio, invece, non si pose problemi a darci le spalle e si ritirò in quella che rassomigliava ad una capanna per la caccia molto raffazzonata per poi uscirne con una forma di formaggio.
Sentii chiaramente lo schiocco che Selina attuò alla vista del formaggio, doveva avere l’acquolina in bocca e anche gli altri sembravano bramosi.
Io fui l’unico indifferente: mi ero ripromesso di non mangiare mai più il formaggio, aveva riempito il mio stomaco per troppi anni.
 
Il vecchio non chiese nulla, si limitò a tagliarne quattro fette generose e ce le porse. Selina fu la prima ad avvicinarsi, inizialmente aveva qualche remora ma, come annusò l’odore, non resistette e addentò la sua fetta avidamente. Notai che si asciugò gli occhi prima di rivolgersi a noi. “È buonissimo.” Bofonchiò a bocca piena. Il vecchio sorrise divertito, notati una certa tenerezza nei suoi occhi.
Atlas e Tony mantennero la calma davanti alla prospettiva di qualcosa di buono, si vedeva che eravamo al fronte da poco tempo. Ma non poterono non accettare, avevamo comunque lo stomaco praticamente vuoto.
Io scelsi di declinare ma mi sedetti accanto al resto del gruppo. “Grazie ma sono a posto.” Decretai, il vecchio ridacchiò. “Non è avvelenato, rilassati, non sprecherei mai del buon cibo.” Disse mettendomi in mano la mia fetta obbligandomi ad accettarlo, compresi allora che non potevo rifiutarmi di mangiare: ero appena diventato suo ospite o ostaggio, non c’è tutta questa differenza.
Infastidito lo addentai, mi sentii sollevato nel sentire che il sapore era profondamente diverso da quello incastonato nelle mie memorie, tuttavia provai rabbia perché sarei stato in grado di riconoscere quel sapore tra mille. Poi il vecchio tornò a sedersi accanto ad un piccolo fuocherello e ci fece cenno di porgerci le nostre scodelle.
Mentre lo facevamo notai che un immenso zaino in stoffa era pigramente appoggiato in un lato accanto alla catapecchia e sporgevano diverse corna, palchi, piume e altri piccoli trofei.
Un cacciatore!
 
“Prendete, è stufato di urogallo. Ho avuto la fortuna di stanarne un paio un po’ più a sud, vicino alle vette.” Non avevo idea di cosa fosse quella bestia; dal nome appariva come qualcosa di spaventoso ma, studiandone la carne, compresi che doveva essere una qualche sorta di gallina selvatica.
“Ci sono anche dei tuberi per te tranquillo.” Disse il vecchio guardando Tony che parve sollevato, e potevo immaginare perché: il suo palato poteva tollerare il sapore della selvaggina, ma se l’avesse mangiato il suo stomaco gliel’avrebbe fatta pagare molto cara.
 
 
Dopo lunghi attimi in cui consumammo il nostro pasto in silenzio il vecchio ci guardò con compassione. “Dove stavate andando?” Restammo in silenzio: per quel che ne sapevamo poteva essere un collaborazionista, come me del resto, ma non avrei messo a repentaglio la mia identità per allearmi con un vecchio matto.
L’uomo sospirò e iniziò a pasteggiare con il suo brodo. “Se state tentando di salire per la montagna ve lo sconsiglio, c’è una postazione di vedetta piena di cecchini. E se volete confermare quel che dico dovete solo andare più a sud-ovest, c’è una collina di papaveri da cui raramente passano per le ronde e, soprattutto, c’è una buona visuale sulla postazione.”
 
 
Selina e Tony si scambiarono uno sguardo furtivo.
“In cambio cosa vuoi, pastore?” Domandai per loro. “Solo essere lasciato in pace. A me, a questo punto della mia vita, interessa relativamente chi vince o perde questa guerra, voglio solo restare qui, e, quando il mio momento arriverà, morire qui.”
Noi tutti ci guardammo confusi. “Chi ci garantisce che non lavori per il Governo?” Domandò Selina sulla difensiva, l’uomo sospirò. “Voi siete troppo giovani per ricordarlo ma cinquant’anni fa c’è stata una guerra qui nell’Altipiano. In molti scapparono e abbandonarono le montagne anche in quella occasione, io rimasi qui a combattere, subendo il freddo, la fame e il terrore.” Ci fu una lunga pausa in cui guardai incredulo Tony: quel vecchio aveva settanta e passa anni!
Ma non potemmo commentare che il vecchio riprese a parlare.
 
“E tutto ciò per cui abbiamo tentato di combattere, tutto ciò che è fatto si è perso nel eco dell’eternità. Nessuno si ricorda della nostra sofferenza, nessuno. Cinque anni di orrori per niente. Il Governo ci ha abbandonati a noi stessi, definendolo solo uno screzio. Eppure, ha mandato il suo esercito a bruciare le nostre case e boschi millenari per costruire quei tre maledettissimi forti. E tutto ciò perché alcuni di noi si rifiutavano di abbandonare la nostra cultura. Siamo un popolo abbandonato a noi stessi da allora, povero e con nulla da dare. Molti giovani se ne sono andati perché a noi non è concesso nulla, poiché non seguiamo le loro direttive. Ci trattano come se quassù ci fossero le stesse possibilità che in pianura da ben prima che io nascessi ma la situazione è degenerata da allora.”
Ci fu una breve pausa, poi riprese a parlare.
“Io sono rimasto qui perché questa è la mia terra, qui sono stati seppelliti i miei antenati, i miei genitori, e mia moglie e qui verrò seppellito. L’altipiano mi ha dato tutto, posso solo ricambiare restando qui. E, anche se mi si spezza il cuore a vedere le terre in cui sono cresciuto bruciare, io non le abbandonerò.”
Alzai gli occhi al cielo: mi sembrava di sentire parlare mio padre. Capraro, ignorante, sciocco che si è convinto che questo è il mondo e che non possa cambiare.
 
 
Mi alzai per sfogare l’irritazione. “Senti vecchio. Non abbiamo tempo da perdere con te. Abbiamo una missione da completare. Grazie per il pasto ma abbaiamo di meglio da fare.” Mi aspettavo che iniziasse a protestare, invece scoppiò a ridere.
“Chiedo scusa, dimentico sempre che da giovani si è testardi come un mulo e perennemente di fretta. Ma ascolta un consiglio da un uomo che è sopravvissuto ad una guerra: siediti e nutriti, ti indebolirai inutilmente così.” Lo guardai in malo modo e lanciai uno sguardo a Selina come per chiedergli di dare l’ordine di partire, ma lei non pronunciò parola.
“Loro sono appena arrivati giusto?” Domandò con una certa serenità il vecchio a Selina. “Ma tu mi capisci, vero? L’ho visto da come hai mangiato il formaggio.”
 
Selina abbassò lo sguardo per poi alzarlo con fierezza. “Non ci serve una lezione di Storia! Siamo qui per combattere per una giusta causa. La ringraziamo per il cibo ma adesso dobbiamo andare!” Rispose Selina alzandosi.
“Andiamo ragazzi.” Decretò e tutti noi ci alzammo e allontanammo.
Il vecchio rise. “Ragazza, nessuno sta combattendo contro di te, tanto meno il sottoscritto. E, forse, vi dovreste fidare della parola di chi vuole solo che ve ne andiate dalla sua casa.”
 
Selina lo fissò infastidita. “Sappi che la prossima volta verremo qui per catturarti e spedirti in pianura, dove è giusto che tu stia.”
Il vecchio sorrise. “Allora spero che la morte mi accolga prima di questo momento.”
Lo fissai incredulo, non capivo come si potesse essere così accoglienti verso la morte. Avrei compreso in seguito che quelle erano le parole di un uomo che non aveva rimpianti.
 
 
 
Riprendemmo a camminare a passo svelto anche se non eravamo più così sicuri del sentiero da prendere. “Secondo voi il vecchio ha detto il vero? Per quanto riguarda le sentinelle?” Domandò Atlas dando per la prima volta aria alla sua boccaccia in maniera sensata. “Non lo so. Però ha senso quel che ha detto. Forse è meglio se facciamo un giro un po’ diverso per raggiungere la cima. Ma non saprei quale seguire.” Sussurrò Selina. “Aveva parlato di una collina di… pervinche?” Domandò Tony.
“Papaveri!” Tutti noi ci voltammo: il vecchio era dietro di noi. Gli puntammo contro i fucili. “Esagerati. Venite, vi faccio strada.”
“Ehi! Chi ti ha chiesto niente!?!” Domandò Selina incazzata. “Ve lo si legge in faccia che non sapete dove andare e io voglio che il Governo se ne vada dalla mia casa, quindi seguitemi.” Noi tutti lo fissammo increduli e indecisi: non c’era un protocollo per queste situazioni.
 
“Credete che ci possiamo fidare?” Domandò Atlas spaventato.
“No!” Rispondemmo quasi in coro io e Selina.
“Ma non abbiamo altra scelta.” Completò Tony, noi tutti lo fissammo infastiditi. “Che intendi dire?” Domandai confuso. “Se non lo seguiamo rischiamo una morte certa, lo ha detto anche Dennis che molti soldati sono morti in queste perlustrazioni.”
“E se fossero morti per causa sua?” Domandò Selina. “Magari lo pagano.” Commentò lei e la trovai una possibilità.
“Allora faremo così: uno di noi resterà in dietro e se qualcosa va’ storto correrà dagli altri per informarli. Selina, quanto veloce puoi volare in questo ambiente?” Propose Tony guardando la nostra compagna negli occhi. “Abbastanza da essere fuori portata nel giro di due minuti, soprattutto se volo sopra le cime, ma mi serve copertura.”
“Bene, allora faremo così. Tenete le orecchie ben aperte. Io starò vicino al vecchio.” Era una condanna a morte: così vicino ai cani e al mulo sarebbe morto se il vecchio si fosse rivelato una minaccia. “Atlas, tu tieni la bocca chiusa e stai vicino a Luca, al primo movimento strano sparate.” Accennammo di aver capito e iniziammo a seguire il vecchio.
 
 
Il percorso che ci fece fare sarebbe stato impossibile da trovare senza aver già battuto quelle terre milioni di volte; quindi, sicuramente, conosceva il territorio il che poteva dire che era una trappola o che era veramente cresciuto in quelle terre. Camminammo a lungo per poi ritrovarci in una piccola radura sopraelevata piena di fiori primaverili, in particolare di papaveri, ce ne erano a centinaia. Controllai attentamente la zona, non sembrava esserci nulla di pericoloso e le nozioni che avevo appreso nell’addestramento fornito dal Governo avevo imparato a riconoscere eventuali segnali adoperati per creare delle basi nascoste e lì non sembrava esserci stato nessun intervento artificiale.
“O porca puttana.” Esclamò Tony sdraiato sulla parte più alta del colle sotto ad un grosso albero dai rami ampli accanto al vecchio.
“Cosa?” Domandò Atlas preoccupato a mezza voce. “Venite qui e date un po’ un’occhiata.” Ci disse Tony facendoci cenno di avvicinarci.
Atlas raggiunse Tony tenendosi basso e guardò attraverso il binocolo, la sua espressione terrorizzata non mi rassicurò per nulla.
“C’è un fronte vicino alla vetta. Guarda Luca.”
 
 
Non mi avvicinai a loro, restai sul limitare del bosco e osservai anch’io dal cannocchiale. Non potevo vedere tutto da lì ma nascosti tra le fronde c’erano delle trincee. Finii di osservare giusto in tempo perché gli altri tornassero tra le fronde.
“Merda. Che facciamo? Ci potrebbero vedere da qui?” Domandai a Tony e questo guardò il vecchio. “Fin tanto che state nel lato ovest di questa altura no. Ma non rischierei oltre se fossi in voi.” Tony e Atlas seguirono il consiglio del vecchio e rientrarono velocemente nel fitto del bosco. Nel mentre sentivo le mie mani sudare ed invidiai i cani e il mulo che stava pascolando tranquillamente.
Atlas stava già blaterando su come avremmo potuto vedere le linee nemiche senza raggiungere un punto sopra elevato.
“Molto banalmente non possiamo Atlas.” Lo interruppe, fortunatamente, Selina. “Ma almeno ora sappiamo perché tutti sparivano quando andavano in perlustrazione.” A quel punto si rivolse al vecchio. “Come lo si aggira?” Domandò guardandolo dritto negli occhi.
 
 
Il vecchio tirò fuori una mappa e ci mostrò un percorso tra le montagne e iniziarono a discutere su come attraversarle in sicurezza. Io decisi di restare di vedetta e di memorizzare il percorso una volta che l’avrebbero definito, a quel punto lo avrei indicato al Governo.
Mi distanziai dal gruppo quel poco che bastava per poter tenere d’occhio la radura: non c’era alcun segno di vita ma ero comunque teso ed esausto. Ero al fronte da meno di una settimana e già mi sentivo distrutto, non mi sorprendevo più di tanto per l’oscurità negli occhi di Selina, ciò che mi lasciava veramente perplesso era la vitalità in quelli di Dennis, doveva essere stato mandato al fronte circa quattro mesi fa da quel poco che avevo recepito, com’era possibile mantenere quella vitalità dopo tutti quei mesi?
 
 
Fu allora che avvenne.
Una stupida cinciallegra, la riconobbi perché amavano nidiare vicino al mio villaggio, mi volò addosso facendomi scostare lo sguardo e lo vidi.
Un uomo in divisa, una divisa con una bandiera con strisce nere, blu e gialle con una foglia di quercia verde cucita al petto, un soldato del Governo. Teneva il fucile alzato e me lo stava puntando contro tuttavia non aveva sparato, non ancora.
Non sfidai la sorte.
Con il cuore che pompava a mille e lo stomaco che si contorceva, vidi lo sguardo dell’altro realizzare quel che stava succedendo. Alzai il fucile e sparai. Partì un unico colpo che riempì l’aria e l’uomo cadere a terra, silenzioso, neppure un lamento uscì dalle sue labbra.
Iniziai a guardarmi attorno tenendo in alto il fucile cercando tracce di chiunque altro. Riuscivo a stento a vedere qualsiasi altra cosa oltre a ciò che avevo davanti ma l’udito si era affinato tanto che fui certo che nessun’altro era nei paraggi, comunque non smisi di tenere alta l’arma.
 
“Luca, che succede?” Domandò Selina, anche lei con le armi imbracciate e lo sguardo attento, posizionandosi contro le mie spalle. “Un uomo, solo, l’ho ammazzato.”
Ammazzato. Una parola così cruda e così difficile da pronunciare uscì dalle mie labbra con una fluidità impressionante. A ripensarci adesso mi domando dove avessi trovato quella freddezza.
“Altri nemici a vista?” “No.”
“Sentiti?” “No.”
“Bene. Tony, Atlas, qui! Ora! Occhi e orecchie aperte.” I ragazzi scattarono all’ordine di Selina e si diressero accanto a noi. “Io mi avvicino. Voi controllate l’area.” Dissi ma Selina mi bloccò. “Sei scemo? Se fosse ancora vivo potrebbe sganciarti una granata in faccia.” Sgranai gli occhi, avevo sentito che alcuni soldati facevano gesti simili quando alle strette piuttosto di essere catturati ma non avrei mai pensato che fosse un fatto così frequente da preoccupare Selina in quel modo.
Attendemmo qualche istante e ci scambiammo uno sguardo, doveva essere morto, non emetteva neppure un suono. Guardai Selina e Tony per avere conferma e questi iniziarono a muoversi, restavamo sempre sull’attenti ma eravamo meno terrorizzati rispetto a trenta secondi fa.
 
 
La buona notizia era che il tizio era morto, la cattiva fu che come vidi gli occhi spenti del soldato che doveva avere forse due anni in meno di me mi venne da vomitare. Trattenni il conato di vomito per il tempo appena sufficiente per scostarmi dal resto del gruppo.
Atlas mi si avvicinò e mi accarezzò la schiena per starmi vicino, rigettai tutto quel poco che avevo mangiato mentre sentivo ombre oscurare la mia mente. E queste sussurravano e sibilavano. Avrei potuto essere io, mezzo secondo in ritardo e sarei morto, salvato da una fottuta cinciallegra!
 
“Luca, calmati, respira. Va’ tutto bene.” Mi incoraggiò Altas ma non lo sentivo, le lacrime che scendevano sul mio viso avevano cancellato il resto e stavo diventando prigioniero della mia mente.
Cosa mi era passato per la testa? Uno stupido, ignorante e insignificante Bassul come me non sarebbe mai riuscito in nulla. Avevano ragione tutti, dovevo restare al mio paese a badare alle capre, brutto idiota ignorante che non sono altro.
Pensieri simili affollarono la mia mente, fantasmi che credevo sconfitti da tanto tempo riapparvero prepotenti e crudeli.
 
Atlas mi abbracciò e mi strinsi a lui in cerca di calore e, lentamente, piano piano, i conati se ne andarono. Tornai a respirare normalmente e la mia mente tornò lucida. Atlas mi sorrise per incoraggiarmi e sentii una lingua ruvida leccarmi la guancia.
“EHI!” Esclamai infastidito ma la cagna, Alba, mi leccò di nuovo. Atlas scoppiò a ridere e io mi alzai stizzito. Notai solo a quel punto che Tony mi stava guardando seriamente ma non sapeva bene cosa dire.
“Meglio?” Mi domandò Selina mentre si stava riempiendo le tasche delle pallottole del ragazzo.
“Sì, meglio. Sto meglio.”
“Bene, meglio va’ bene.” Rispose lei continuando a cercare qualcosa di non meglio specificato.
Il vecchio ci stava guardando da lontano con pietà, però sembrava in pace. Probabilmente la sua anima era già guarita da tempo o non mi sarei spiegato la calma nei suoi occhi.
Risposi al suo sguardo con fastidio: come osava guardarmi in quel modo? Non avevo bisogno della sua pietà.
 
“Ohoh…” Esclamò Selina evitandomi una baruffa con il vecchio. “Trovato qualcosa?” Domandò Tony allungando il collo. “Questi sono ordini, e freschi direi.” Disse Selina dandogli una letta mentre tra le sue labbra appariva un sorriso crudele, un sorriso furbo che si estese nei suoi occhi.
“Cosa succede?” Domandai incuriosito dalla sete di sangue in quelle iridi neri.
“Il Luna è sguarnito.”
Tony fece un mezzo sorriso e io non compresi cosa avessero da sorridere. Se il Luna fosse stato realmente sguarnito avrebbe voluto dire una sola cosa: avrebbero attaccato gli altri due forti a breve e con un’azione di massa, probabilmente verso il Gate essendo quello strategicamente di maggior valore data la situazione di merda a Calante.
 
 
“Quindi?” Domandai senza capire il loro sorrisetti sadici.
“Se il Luna ha poche difese abbiamo la possibilità di conquistarlo.” Inspirai affondo al commento di Selina: avrei potuto lasciarla illudere ma era una cosa talmente logica che non avrebbe cambiato nulla. “E come? Con trenta chilometri di distanza in liea d’aria che, guarda caso, sono pieni di trincee nemiche, cannoni e solo il Sole sa cos’altro! Come pensi di superare le trincee nemiche?” Domandai incrociando le braccia. “Beh, il nostro nonnetto qui ci ha appena fornito una strada alternativa.” Mi voltai incredulo verso il vecchio che pareva preoccupato.
“Non potrete far passare più di trenta ragazzi senza essere visti.” Ci fece notare il nonnetto chiaramente preoccupato.
“Dettagli. Dennis avrà un’erezione quando lo saprà!” Esclamò Selina mentre i suoi occhi brillavano.
 
Tossicchiai in imbarazzo a sentire quel termine poco adatto alle labbra di una ragazza. Atlas invece trattenne a stento una risata.
“La lingua ragazza.” La riprese il vecchio. Ma Selina si limitò a sorridere.
“Beh, grazie Piero.” Disse rivolgendosi al soldato morto con un sorriso di scherno. “Hai fornito un grande servizio alla Neo-repubblica.” Così dicendo strappò qualche stelo di papaveri e glieli mise sul petto e gli chiuse gli occhi. “Che il Sole e la Luna ti accompagnino nell’altra vita.” E dopo una breve preghiera estrasse una sacca ermetica ed iniziò a trasferivi il sangue, nel mentre tagliò la pancia del ragazzo e ne estrasse il fegato per poi metterlo dentro ad una scatola.
Io non rimasi lì ad osservare il processo, mi faceva piacere che il ragazzo non avrebbe rischiato di finire nell’Oblio per colpa mia ma questo non rendeva la vista delle viscere umane meno piacevole.
 
Selina rubò anche gli stivali al ragazzo e decretò che dovevamo tornare alle trincee il prima possibile e che il vecchio doveva venire con noi.
Questi, ovviamente, si rifiutò di accompagnarci, così Tony dovette caricarselo in spalla. Inizialmente si lamentò un po’ ma quando comprese che, non importava quanto baccagliasse, non l’avremmo lasciato andare smise di agitarsi e si limitò a dare dei comandi ai suoi cani e ci ricordò di prendere il suo mulo che ci seguì docilmente.
Alba rimase con noi senza mai mancare di ringhiare a Tony di tanto in tanto per come teneva il suo padrone. Invece Franco, l’altro cane, tornò in dietro e, circa un’ora dopo, mentre attendavamo che scendesse la notte, tornò con le dieci capre che costituivano il gregge del pastore.
Quando giunse la notte il vecchio comandò il suo gregge con pazienza. Lo seguivano senza emettere un verso, senza questionare, quel vecchio si comportava come se fosse un re benevole e le sue pecore, i suoi cani e il suo mulo erano il suo popolo.
 
Grazie al vecchio trovammo una strada alternativa che ci permise di entrare nelle nostre trincee senza rischiare di essere presi di mira da qualche cecchino. I nostri compagni, quando ci videro tornare con un vecchio, dieci capre, due cani e un mulo iniziarono a deriderci e Dennis si passò una mano sul capo alla vista del circo che ci eravamo portati appresso.
“Vi prego… ditemi che non è stato un vecchio pastore a causare la morte dei nostri compagni.” Supplicò lui strofinandosi gli occhi. “No, almeno non crediamo. Ma abbiamo una buona notizia.” Disse Selina sventolando il messaggio che Piero stava portando.
Un brivido mi scosse le spalle e iniziai a ripetermi il mantra che mi ero ripetuto per l’intero pomeriggio.
Se non avessi sparato, mi avrebbe sparato. Se avesse sparo, sarei morto. Se fossi morto, la missione non sarebbe servita a nulla. Se la missione non fosse servita a nulla, io non sarei servito a nulla. Se non fossi servito a nulla, sarei stato nulla.
 
 
Quando Dennis finì di leggere la lettera sgranò gli occhi e guardò verso Nord, strizzò gli occhi e il terrore si tinse nel suo viso. Afferrò il cannocchiale e continuò a guardare a Nord.
“Il Gate adesso è sotto assedio.” Ci comunicò terrorizzato.  “Cosa?” Domandammo tutti, Dennis ci indicò un puntino rosso nella notte situato sulla vetta di una montagna. “Se ciò che c’è scritto è vero. Temo che il Gate non possa resistere ad un attacco così massiccio, non per tanto tempo almeno. Devo parlare con gli ufficiali. Tu passami la base del Ferir!” Esclamò Dennis per poi sparire in un angolo.
Lo sentii discutere per lunghi minuti al telefono e poi tornò da noi, lo sguardo pallido. “Dennis, che succede?” Domandò Atlas, non aveva ancora capito, ma intuii che Selina, Tony e persino il vecchio sapevano già.
“Il Gate è caduto.”
 
Dovetti trattenermi per non sorridere: senza il Gate la marcia verso Jiuli sarebbe stata bloccata con estrema facilità e a quel punto sarebbe stata una questione di tempo prima che Calante cadesse nuovamente e se quella città fosse caduta i territori nelle montagne a Nord avrebbero avuto i giorni contati senza i rifornimenti diretti da parte della così detta Neo-repubblica. E a quel punto la Neo-repubblica avrebbe dovuto fare un’operazione ben più massiccia per riuscire a recuperare i territori perduti.
Inoltre, qui, con solo un forte mezzo distrutto rimasto a difendere la regione dei Fiumi presto o tardi sarebbero stati costretti ad ordinarci la ritirata.
La situazione si era appena ribaltata.
 
   
 
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