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Autore: Chiarazzz95    15/05/2023    0 recensioni
𝘾𝙤𝙣𝙘𝙡𝙪𝙨𝙖 √
Rebeca, una giovane principessa fuori dagli schemi, farà di tutto pur di non sopprimere il suo spirito ribelle, oppresso dal padre e dai suoi doveri da figlia ed erede del reame di Caicos. Sarà il pirata Jeon Jungkook, membro della temibile flotta Coreana dei cigni neri, a farle scoprire veramente cosa significa essere liberi di superare i confini e viaggiare oltre l'oceano che l'affascinava tanto.
🏴‍☠️Dalla storia:
*Accennò un sorrisetto soddisfatto, che sfumò non appena si ricordò con chi adesso, avesse effettivamente a che fare.
«Grazie dell'aiuto» Disse nervosamente.
Jungkook per sua sorpresa tornò con lo sguardo annoiato al suo rum.
«La prossima volta che immischi qualcuno nei tuoi problemi, assicurati almeno che non possa dartene altri»*
•••
Questa storia è una breve long romantica parte di una trilogia ispirata al mondo dei pirati, con riferimenti a Pirati dei Caraibi e Black sails. Non avrà capitoli numerosi e come ogni mia storia contiene scene violente e rigorosamente spicy!!🔥
Attenzione gli idol nelle mie FF fungono solo da presta volto e sono spesso OOC, per questo vi chiedo di separare la realtà dalla finzione e di divertirvi con la vostra immaginazione🙏🏻❤️
Genere: Avventura, Erotico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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La principessa.
 

"E' qualcosa da cui non puoi scappare Il mare. Ma soprattutto: il mare chiama. Non smette mai e ti entra dentro, ce l'hai addosso perché è te che vuole. Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti senza spiegare nulla, senza dirti dove. Ci sarà sempre un mare che ti chiamerà a sé."

-Alessandro Barrico-

 

L'amaro e rarefatto odore dei vicoli bui non era per nulla paragonabile a quello dei corridoi del castello. Quelli sapevano di pulito, sapone e gelsomini, quelli che puntualmente ogni settimana venivano sostituiti con altri freschi e bianchi dalla servitù, che si occupava ogni singolo centimetro della sua gabbia dorata.

Lei in realtà l'aveva sempre odiato quell'odore.

Troppo regale, le ricordava che era in trappola. Una semplice pedina da muovere e vestire a piacimento del padre.
Santarellina nella sua verginità imposta, lei che non poteva nemmeno parlare con un ragazzo se non in un futuro prossimo, quando il Re avrebbe deciso a chi donarla come la sua giumenta preferita.

E quel giorno orribile, era arrivato.

Girò per un altro vicolo imboccando una strada stretta e umida.
Il leggero suono della musica ovattata iniziava a farsi sentire perfino da lì.

Anche quello era diverso.

Il cinguettio signorile e la musica dei violini non aveva nulla a che fare con quella caciara burbera e le risate, in sottofondo l'allegro motivetto suonato a ritmo da una fisarmonica.
Rebeca si tirò su il cappuccio, coprendosi per bene i lunghi capelli biondi stretti in una treccia appositamente fatta da lei per la serata. Se l'avessero vista le sue inservienti, le avrebbero fatto una bella ramanzina per aver trattato così la sua adorabile chioma, che ogni mattina lisciavano con la spazzola in madreperla.
Le tiravano i nodi senza alcun remore, le acconciavano i capelli a loro piacimento, come se si stessero dilettando con una bambola di pezza.

«È ora di colazione, signorina»
«In dentro la pancia, signorina»
«Le ho sostituito i gelsomini nel vaso in camera, signorina»

«Bruciateli quei maledetti fiori» Sputò, aumentando il passo verso l'edificio che si apprestava a raggiungere.

In realtà sperava che l'intero castello prendesse in fiamme in sua assenza. Lei non voleva essere una principessa, non l'aveva chiesto a nessuno e nessuno l'aveva chiesto a lei.
Da piccola le era parso diverso.
Ogni mattina si alzava e scrutava l'orizzonte del mare dal balcone della sua camera. L'odore di salsedine invece, era la sua più totale perdizione. Il frizzante frusciare delle onde e il calore del sole che ammantava il regno. Si accontentava di quello: guardare un' infinita distesa d'acqua e ringraziare il cielo di essere nata con una tale fortuna da poter contemplare ogni giorno.

Poi però aveva iniziato a voler di più con il crescere.
La sola vista non le bastava, aveva cominciato a chiedersi come fosse al di là di quell'oceano, oltre i confini che le era impedito di scoprire e vedere.

«Sei una principessa, non puoi imbarcarti sul vascello regale»

«Dovrai regnare qui con il tuo sposo, cosa ti interessa sapere del resto?»

Le aveva detto suo padre con disgusto in voce.

«Tutto» pensò in risposta, e l'unica cosa che le rimase da fare da quel giorno, fu quella chiudersi nella biblioteca Reale e leggere per filo e per segno ogni libro che parlasse d'altro.

Con il tempo si era appassionata alla lettura. Divorava storie, tomi e romanzi d'amore che le capitavano a tiro. Impazzendo per quell'amore, che forse lei, non avrebbe mai e poi mai conosciuto e di sicuro, non finché sarebbe stata alla mercé del padre. Solo un finto matrimonio combinato con qualcuno che odiava le era stato concesso e questo era inaccettabile.

Si fermò non appena la luce del lampione al di fuori del locale le illuminò i vestiti. Nessuno l'avrebbe riconosciuta così mal messa, con una tunica bianca sgualcita a coprirle le forme e il cappuccio a velarle il viso dalla carnagione chiara. Alcuni uomini ubriachi sbiascicavano qualcosa a lei apparentemente sconosciuto e non le diedero peso, troppo interessati ai loro bicchieri stracolmi di birra frizzante. Dalla vetrata del locale filtrava una pesante luce rossa e la calca di gente all'interno sembrava coinvolta nel ballare e brindare ferocemente.
Se suo padre l'avesse vista in un posto simile nel cuore della notte, sicuramente l'avrebbe lapidata l'indomani con le sue stesse mani.

Spinse la porta facendo attenzione a non colpire nessun ubriacone al di là della soglia, non voleva di certo far scoppiare una rissa e ritrovarsi con un occhio nero, o la cipria non sarebbe bastata a coprire la sua scappatella serale.

Era la prima volta che disubbidiva agli ordini del Re e mai si era sentita così elettrizzata. Proprio per caso si era diretta nel posto di cui aveva sentito tanto parlare dalla servitù:

«uno dei locali più caotici e divertenti della città»

Così l'avevano etichettato, e Rebeca ovviamente voleva e doveva verificare con i suoi stessi occhi. Difatti era l'unico luogo strettamente proibito che le rimaneva più comodo da scoprire. Non si poteva di certo addentrare nei sette mari da sola, così di punto in bianco, e quella piccola scappatella le parve perfetta per una ripicca al padre.
Doveva esserle grato di aver pensato in piccolo.

La musica aumentò al solo entrare. Un forte odore di tabacco, alcol e oppio le pizzicò le narici, ma stranamente non le diede per nulla fastidio.
Un enorme balcone si presentava dall'altro capo della stanza, dove barriste a dir poco svestite rifilavano ai clienti alcolici e smancerie. La gente intorno a lei sembrava divertirsi parecchio.

Rebeca iniziava ad avere caldo lì dentro, non tanto per l'atmosfera, piuttosto per l'afa, la calca e il fumo intenso degli oppiacei che annebbiava la sala. Fece qualche passo, schivando alla perfezione chiunque si mettesse sulla sua strada. Alcuni erano incuriositi da lei, un estranea sospetta e incappucciata che irrompeva nella loro bolla di quotidianità, ma perdevano l'interesse quasi subito non appena avventi ragazze richiamavano la loro attenzione. Dopo averlo adocchiato, si sedette su uno sgabello libero, leggermente scossa per quella nuova realtà a cui non aveva mai partecipato. Cominciava ad avere dubbi anche sul perché fosse finita lì, ma al contempo la sua curiosità e l'idea di star rompendo le regole la eccitava troppo per farla andar via a gambe levate.

«Cosa ti porto dolcezza?» Una voce smielata e calda le arrivò alle orecchie, e dovette far più attenzione nel rendersi conto che la cameriera ce l'aveva proprio con lei. Una bellissima ragazza dai capelli neri e mossi come le onde del mare, lasciati liberi sulle spalle scoperte. Rebeca puntò le pupille sulla provocante scollatura impossibile da non notare, e sul neo del seno altrettanto visibile, fino a tornare agli occhi di lei, azzurri come il cielo più limpido che avesse mai visto. La donna sembrò sorpresa quando si rese conto di star parlando con una giovane ragazza nascosta sotto un mantello, ma scrutandola meglio le sorrise e Rebeca dovette tirare leggermente il lembo del suo cappuccio per non farsi vedere bene in volto.

«Allora ragazzina? Qui non ci si viene a divertire a sbafo, o si consuma o la porta è quella»

Si irrigidì a quel tono sferzante che con lei non era mai stato usato. E si chiese come avrebbe reagito al contempo quella donna se avesse minimamente saputo di star parlando alla sua futura regina. Cosa di cui poi, a lei, in realtà non fregava un fico secco.

«Mi porti un bicchier d'acqua» Rispose solamente, evitando lo sguardo incuriosito della donna.
Il sopracciglio le salì quasi fino alla fronte con sospetto, e Rebeca la guardò con la coda dell'occhio finché non scoppiò in una fragorosa risata.
«Una novellina di buone maniere» la prese in giro. «Non serviamo acqua qui dolcezza, hai minimamente idea di dove ti trovi?»
Rebeca si guardò meglio attorno: uomini, anziani e giovani festeggiavano chissà cosa, mentre le ballerine vestite di corti abiti e scollature da capogiro flirtavano con i clienti imbevuti di Rum.
Alcune li abbracciavano e chiacchieravano lascivamente, altre salivano al piano di sopra portandoli in chissà quale luogo di perdizione.

Sbiancò.

«Esatto ragazzina, questo è un bordello. Per l'esattezza il Sirène, il posto di perdizione più gettonato della capitale. Non credo tu debba essere qui»

Rebeca non credeva alle sue orecchie, proprio come aveva letto in alcuni libri a lei sconsigliati, quella era una casa del piacere, e lei ci era finita dentro con tutti i suoi connotati da vergine.
Un occasione d'oro le era balenata in testa all'istante.
«Rum» Disse all'improvviso interrompendo il civettare della donna. «Portami del rum allora, ho un'improvvisa voglia di festeggiare» La barista la guardò per un attimo, finché con un alzata di spalle non fece schioccare i tacchi sul pavimento in modo da darle ciò che voleva e raccattare la prima bottiglia che le era capitata a tiro. Fece scorrere un pesante bicchierino in vetro sul bancone di legno e stappò il tappo di sughero con i denti, versandole una dose abbondante.

«Fanno tre scellini, hai per pagare, si?»
Rebeca tirò fuori da sotto la tunica un pesante borsello, stando ben attenta a non far vedere quanto in realtà fosse stracolmo, e appoggiò le monete richieste sul legno. La ragazza se ne andò con i soldi, lasciandola da sola con il suo bicchiere. Non aveva mai provato a bere qualcosa di così forte che non fosse vino raccattato di nascosto dalle cucine e assaggiato per curiosità. Dovette ammettere, che quella volta le era anche piaciuto. Non poté dire lo stesso di quel liquido ambrato, che appena lo ingerì, le bruciò la gola facendola anche tossire malamente. Si nascose dietro la manica, cercando di ingoiare quella brodaglia senza dare troppo nell'occhio, non era quello il modo migliore per celare la sua inesperienza.

«Quindi la mia scappatella mi ha portata dritta dritta in un bordello?»

Ghignò, ridendo per la situazione in cui si era cacciata. Rebeca sapeva perfettamente cos'era il sesso, ne aveva letti parecchi di romanzi osé e origliava spesso i pettegolezzi della servitù, specialmente quelli piccanti. Peccato che, ogni qual volta la beccassero, gli inservienti imbarazzati, diventavano muti come pesci e cambiavano argomento.

Come se non sapesse della dolce Ornella, sempre impeccabile e pura tranne che per il giovane stalliere Corner, o della cuoca Ginevra, che si scambiava occhiate di fuoco con una delle guardie reali di cui le sfuggiva il nome. Pensavano veramente che fosse così ingenua?

Beh in un certo senso non aveva mai avuto esperienze, nessuno si avvicinava a lei anche solo per paura di fare un torto al Re e finire alla gogna, ma si era ben informata di sua spontanea volontà, e nessuno le impediva di sperimentare quando rimaneva da sola in camera. Aveva pur sempre i suoi ventidue anni adesso, e la sessualità era qualcosa che andava scoperta man a mano, tremava al solo pensiero di doverla condividere con un bastardo nobile, che di li a poco, sarebbe diventato suo marito solo per salire al trono.

Se pensava di averla pura e intatta si sbagliava di grosso.

Quello era un altro torto che avrebbe volentieri fatto al padre. Avrebbe rischiato, tanto. La verginità era qualcosa di essenziale importanza per una principessa obbligata a perderla solo per mano di un futuro sposo approfittatore. Forse il Rum stava iniziando a fare effetto, o forse era merito degli oppiacei che passivamente le avevano fatto galleggiare i pensieri.

Fatto sta, che Rebeca non era una giumenta obbediente e non lo sarebbe mai stata.

Si scoprì il capo, sciolse la lunga treccia che le arrivava fino al sedere e la strigò con le dita lasciando cadere a terra il mantello. Il corpetto elegante poteva anche andar bene, ma la gonna troppo lunga non le serviva ad alcun ché, per questo la arrotolò sotto la veste accorciandola quel tanto per scoprire le gambe avvolte dalle calze bianche. Le accavallò bevendo un altro sorsetto di liquore e non si sorprese nel ricevere un immediata compagnia.

Un uomo le si era affiancato chiedendo al cameriera un giro di bevute per entrambi, ma Rebeca aveva fatto male i suoi conti perché non era proprio quello che andava cercando.

«Ciao piccoletta, che ci fai qui tutta sola?» Sbiascicò l'uomo con voce impastata.
Puzzava tremendamente di alcol e aveva si e no una quarantina d'anni in più di lei, non era schizzinosa, ma il viscido sguardo di lui le era bastato per farle capire che non fosse quello giusto. «Grazie, ma ho già bevuto abbastanza» Rispose, passandogli educatamente il bicchiere che le era stato servito.

L'uomo storse l'angolo delle labbra in disappunto, mostrandole i denti marci.

«Sei nuova? Non si trattano così i clienti affezionati specialmente quando sono disposti a pagare un sacco di soldi» Insinuò, indicandole con un cenno del capo il tariffario appeso dietro il bancone.
Rebeca lo guardò, rabbrividendo per quanto poco in realtà le prostitute di quel posto erano disposte a vendere il proprio corpo. Poi alzò le spalle, lei non era nessuno per giudicare quando era disposta a farlo solo per disubbidire agli ordini della corte e macchiare di vergogna il padre.
Sentì un leggero spostamento d'aria, e nella calca qualcuno le si sedette di fianco per ordinare qualcosa da bere.

«No messere, semplicemente sono già occupata» Colse la palla la balzo, facendo intendere al tipo che avesse un impegno con lo sconosciuto incappucciato che le si era seduto di fianco, ignaro ovviamente di tutto.

Il viscido spostò di poco il busto per guardare alle spalle di lei, prima di tornare a fissarla. «Sono disposto a pagare di più, un bel visino come il tuo merita un prezzo maggiorato» Insistette afferrandole le guance con le dita luride. Rebeca strinse i denti, rischiando di spaccarseli ma sfilò via dalla sua presa. «Ho detto di no, sei sordo?!» Rispose stizzita, sperando di aver sottolineato per bene il fatto di non essere interessata.
Spacciarsi per una prostituta non era stata poi una così sfavillante idea.

Fece per andarsene ma l'uomo l'afferrò per i lunghi capelli tirandosela contro.

«Ehi puttanella! Come ti permetti di rispondermi in questo modo?!» Ringhiò, innescandole un coniato di vomito per l'alito pessimo.
«Lasciami schifoso!» doveva aspettarselo, in fin dei conti se l'era cercata, e adesso non poteva che finire nel peggiore dei modi: uno schiaffo in piena faccia la costrinse a piegare il capo. Nessuno in sala se ne curò, ovviamente abituati a quei comportamenti rudi.
Gli occhi di Rebeca si infiammarono per le lacrime causate dal dolore, ma soprattutto dalla rabbia. Era impotente rispetto a quell'armadio dal cervello offuscato dall'alcol e l'unica cosa che poté fare, fu quella di divincolarsi da quella stretta salda che non sembrava volerla lasciare andare.

«La signorina ha già specificato che sta con me, e detto mi pare, che non gradisce la tua compagnia»

Si sorprese nel sentire una voce peculiare dallo stravagante accento provenire dallo sconosciuto dietro lei, che ancora con il cappuccio, si stava tranquillamente bevendo il suo Rum.
Si fermarono entrambi ad osservarlo, o meglio, lei riuscì solamente a vedere i numerosi anelli a fasciargli le dita magre e l'indice tinto dallo smalto nero. Metteva una certa inquietudine senza nemmeno aver bisogno di lanciargli uno sguardo, mentre continuava a far roteare il liquido bruno nel bicchiere.

«Fatti i cazzi tuoi, non ho chiesto il tuo parere, coglione» Masticò il viscido battendo la mano sul bancone e stringendo la presa a sangue sulle sue ciocche.
Rebeca gemette per il dolore «Lasciami!» Gridò, calciandogli lo stinco, per un attimo pensò veramente di avergli fatto male quando l'uomo lasciò effettivamente la presa guaendo. Si rese conto tuttavia, che la causa di quell'atroce urlo che ne seguì, fu causato dal coltellaccio dello sconosciuto: La lama gli aveva perforato la carne, trapassato il palmo e inchiodato l'arto al legno del bancone dove era appoggiato.
L'incappucciato si era mosso talmente tanto veloce che non era riuscita a
vederlo e con destrezza aveva pugnalato la mano del viscido che gli era a portata.

«Penso che tu non abbia afferrato bene le mie parole, forse mi sono spiegato male o la confusione ha offuscato la mia voce, quindi te lo ripeto. Lasciala. andare.»

Le iridi nocciola di Rebeca si sgranarono quando lo straniero si scoprì il volto.
Non si aspettava di vedere un ragazzo di etnia diversa, dai neri e freddi occhi dal taglio a mandorla e i capelli corvini, rasati sui lati e più lunghi sopra. Le labbra erano rosa, dal ghigno saccente stampato sopra, le orecchie cariche di piercing e orecchini in pendant con le collane oro e argento ad appesantire il collo.
Era fottutamente bello, particolare e..spaventoso al contempo. Non sembrava amichevole, tantomeno un bravo ragazzo, fatto sta che l'aveva aiutata in qualche modo... anche se brusco.

Il viscido come lei, rimase di stucco, sicuramente non per la sua bellezza o per la perdita ingente di sangue dalla mano, ma perché aveva intravisto sul polso scoperto e abbronzato un tatuaggio raffigurante due trapezi posizionati verticalmente e paralleli l'un l'altro. Fece due calcoli mentali: Il particolare disegno, i tratti asiatici, il solo indice della mano sinistra tinto di nero, Il settimo dito a partire da destra

«Tu sei..sei il uno della flotta del Cigno Nero, Jeon Jungkook!» Disse, facendo qualche passo indietro. Era spaventato molto più di prima ed ora il dolore della mano sembrava scomparso a quella scoperta.
Rebeca d'altro canto, rimase a bocca aperta, quasi spalancata.
Conosceva i Cigni neri o meglio, la loro nomea li precedeva. Una flotta coreana di pirati folli, sconsideratamente pericolosi per chiunque gli desse rogne, tutto pensava fuorché le capitasse un incontro simile.

«Allora hai ancora qualche rotella che gira in quella tua testa di cazzo. Sparisci adesso!»

Il viscido senza farselo ripetere due volte si sfilò il coltellaccio dalla mano e Rebeca pensò per un attimo che lo avrebbe usato per difendersi, ma quando lo lasciò cadere sul bancone e scappò via, dovette rimangiarsi i pensieri.
Quel codardo si era dato alla fuga.

Accennò un sorrisetto soddisfatto, che sfumò non appena si ricordò con chi adesso avesse effettivamente a che fare. «Grazie per avermi salvato» Disse nervosamente.

Jungkook per sua sorpresa tornò con lo sguardo annoiato al suo Rum.
«La prossima volta che immischi qualcuno nei tuoi problemi, assicurati almeno che non possa dartene altri» La riprese, scoppiando l'intero contenuto del bicchiere tutto in sorso. Si pulí la bocca con la manica della giacca e sbatté il bicchierino ormai vuoto sul bancone.
«Adesso..come può una prostituta ripagarsi del suo debito?» Domandò, mostrandole i denti bianchi in un ghigno.
Rebeca lo guardò bene: Era di bell'aspetto, pericoloso, le aveva salvato la pelle e soprattutto era il peggior nemico del regno e l'ultimo uomo con cui suo padre l'avrebbe voluta. Si leccò le labbra rosa, rispondendo al sorrisetto con uno tutto suo, quello che le venne meglio da interpretare.

«Con quello che sa fare meglio, messere»

°°°

🏴‍☠️Angolo autrice:

Eccoci qui, con il primo capitolo della mia storia piratesca!!🌴
Che dire, questa è una piccola introduzione ai personaggi: della principessina ribelle Rebeca, e del pirata poco raccomandabile Jungkook.
Sembrerà un cliché, ma vi ricrederete con il passare del tempo che non è così.
Qui non si scrivono storie scontate e telefonate, ma solo puro e sano trash misto a spicy e una forte dose romanticismo e colpi di scena. Caricherò anche i capitoli con scene abbastanza forti, sia di violenza che sesso, quindi fate attenzione a quello che andrete a leggere🔥
Ormai chi mi conosce saprà che è un marchio tutto mio. Non scandalizzatevi per imprecazioni o dettagli ben messi in evidenza per favore, stiamo parlando di pirati e non certo del principe azzurro. Aggiungo che ci saranno anche scene comiche per strapparci qualche sorriso e vedrete che, mano a mano, alla fine vi affezionerete alla scellerata ciurma del Cigno Nero tanto quanto me.

Bene!Ci vediamo al prossimo capitolo, che come ho scritto nella prefazione, uscirà ogni martedì💪🏻
Mi raccomando commentate e fatemi sapere cosa ne pensate!!

Vi si ama, ciurma!🖤😭

ChiarazZz 💜

 

   
 
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