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Autore: NyxTNeko    15/05/2023    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 149 - Libertà, uguaglianza sono parole magiche -

21 maggio

- Finalmente sono arrivate - emise Napoleone alzandosi di scatto dalla sedia, aveva bisogno di muoversi, specialmente dopo un'altra giornata di lavoro intenso e fruttuoso. Sollevò lo sguardo e vide il suo fedele Muiron avanzare con due missive, provenivano da Parigi - Sono un po' lenti i direttori, non trovate Muiron? - poggiava la testa su una mano, tamburrellando con l'altra la piccolissima parte libera della scrivania, piena di scartoffie.

- Be' sì comandante... però alla fine hanno risposto - riferì il suo aiutante, accennò ad un sorriso complice, allungando le mani - Non potevano di certo ignorare quanto avete fatto...

- Quando si tratta delle opere d'arte e dei soldi, improvvisamente, diventano rapidi - disse sarcastico al sottoposto, prendendo quelle preziose missive. Si fermò a guardarle e un fiume di pensieri prese a scorrere in quella mente mai ferma. Seppur mostrasse tranquillità esteriormente, il suo animo era agitato, il cuore gli batteva forte, però stava imparando sempre più ad avere autocontrollo. Anche se per un uomo emotivo ed espressivo come lui non era affatto facile - Spero abbiano compreso la mia posizione e in particolare la loro

Muiron lo vedeva aprire la prima lettera quasi di getto, la sua naturale impazienza emergeva prepotente. Lo conosceva bene, erano passati anni dal primo incontro e il loro legame era sempre più forte e stabile. Per il ragazzo, Bonaparte non era solo il comandante e il generale, ma era prima di tutto il suo amico più caro, e pur spaventato ancora da quel sogno, sapeva che non si sarebbe mai tirato indietro e lo avrebbe aiutato sempre: "Darei la vita per lui, se fosse necessario".

Si sedette su uno sgabellino, osservando ancora il piccolo caporale, non riusciva a star dietro a quegli occhi rapidi; era già alla seconda missiva. Riuscì a scorgere il repentino cambio di espressione: pareva quasi illuminarsi, man mano che proseguiva nella lettura. Erano sicuramente risposte positive! - Buone notizie, comandante? - domandò per conferma.

- Più che buone, direi ottime, Muiron - gli occhi grigi brillavano intensamente, rispecchiavano il suo umore, era senza dubbio migliorato con quelle notizie - Mentre noi entravamo qui, il 26 floreale - ossia il 15 maggio - a Parigi firmavano la pace con il Piemonte, accettando tutte le clausole stabilite a Cherasco, l'armistizio può quindi essere considerato definitivo, per cui ora abbiamo soltanto un nemico da affrontare

- Ma è meraviglioso! - Muiron era davvero contento, tutti i loro sforzi per ottenere quelle vittorie erano state ricompensate, tutti quegli uomini valorosi, sacrificati in nome della gloria e della Rivoluzione, potevano davvero riposare in pace. Quasi si commosse - E nella seconda? Scusate se mi intrometto...

- Non c'è alcun problema Muiron - rispose il corso tranquilizzandolo - La curiosità fa parte della natura umana e poi voi mi siete molto vicino, sapete molte cose private, per cui non vedo perché tenervi all'oscuro del contenuto della seconda lettera - gli sorrise. Muiron ricambiò. Napoleone si fidava di lui come di pochi altri al mondo, anche se non credeva nel concetto di amicizia, non poteva negare di essergli davvero affezionato e poiché usare il termine amico gli risultava fastidioso, preferiva considerarlo quasi un fratello minore. Aveva più o meno la stessa età di Luciano.

La seconda lettera era stata scritta dal ministro della Guerra, Carnot, il quale ricopriva di gloria il 'conquistatore di Lodi', avendo saputo dell'esito della battaglia e dei risultati che stava portando non soltanto alla Francia. Per questo gli aveva completamente lasciato carta bianca 'il vostro piano è l'unico da mettere in atto': per Bonaparte era una vittoria totale, schiacciante. Il ministro non aveva nemmeno accennato, questa volta, alla proposta di dover dividere l'esercito con Kellermann - Tuttavia l'unico punto su cui il ministro insiste riguarda lo Stato Pontificio - un'ombra scese sui suoi occhi - Secondo lui è utile occupare certi territori che sono sotto il potere del Santo Padre, soprattutto per l'economia - riferì per poi riflettere "E soprattutto per certe ricchezze inestimabili, che vorranno usare ancora per le casse dello Stato completamente prosciugate dalla politica, tutt'altro che economica e parsimoniosa del Direttorio".

- La Chiesa non è di certo il regno della povertà, lo sappiamo questo comandante - il ventiduenne si mise a braccia conserte - E il confine è tutt'altro che lontano

- Penso che sia inevitabile entrarci a contatto, anche se mi auguro di non doverci perdere ulteriore tempo ed energie - emise Bonaparte effettivamente infastidito, poggiando la gamba sinistra sul ginocchio destro - Ho fatto di tutto per eliminare un peso come il Piemonte, per poterci concentrare interamente contro gli austriaci a Mantova... - già il dover affrontare un assedio non lo rendeva tranquillo. Aveva partecipato ad un assedio, quello di Tolone per l'appunto, se l'era cavata egregiamente, da lì era iniziata la carriera vera e propria, ma non amava quel tipo di guerra. Specialmente da quando non era più a capo della sola artiglieria, quanto di un intero esercito: prediligeva la rapidità d'azione e l'inganno.

Muiron lo seguiva con lo sguardo, senza aggiungere altro, aveva imparato a capire quando intervenire e quando no, aveva notato il suo essere impensierito, ma scometteva che non lo fosse più di tanto. Avrebbe reagito in maniera decisamente peggiore, lo conosceva fin troppo bene. E infatti Muiron non era andato lontano: per quanto sovrappensiero, Bonaparte era tendenzialmente tranquillo, si era agitato soltanto per una piccola frazione di secondo, sapeva di avere la situazione sotto controllo, sotto tutti i punti di vista.

Con le innovazioni della città di Milano non si era di certo fermato, la modernizzazione erano soltanto all'inizio, la spinta verso il progresso stava innescando quel processo di risveglio delle coscienze, che si sarebbe diffuso in tutta Italia, ne era certo. Attraverso il generale Despinoy aveva potuto attuare le ultime modifiche che aveva in mente, volendo eliminare le cariche e istituzioni obsolete degli austriaci: aveva abolito le tariffe interne e pensato ad una precisa ristrutturazione finanziaria per abbattere il debito di stato.

Aveva posto fine, così, al sistema delle gilde, chiamato anche corporazioni di mestieri, nate per regolamentare e tutelare gli appartenenti ad un determinata professione e che, quindi, portavano ancora il rimasuglio di un Medioevo e di una feudalità che nel XVIII secolo e nell'era del libero mercato, non era più possibile sostenere. Alcuni sovrani illuminati lo avevano già fatto in altri stati italiani: tra questi il ducato di Toscana nel 1770 - Eppure anche qui erano state abolite, già nel 1787, ma in gran segreto continuavano a riunirsi certi individui, ebbene esigo che siano chiuse concretamente - aveva ordinato imperiosamente. E fu eseguito all'istante.

Dovendo eliminare ogni forma di oscurantismo e di burocrazia inutilmente lenta, cariche concesse non per merito ma solo ed esclusivamente per titolo, non pago di quanto aveva già fatto, aveva preso la decisione di abolire il consiglio dei decurioni, un'istituzione conservatrice e patrizia che era nata nel XVI secolo, che aveva nelle mani, tra le tante attività, la gestione dei commerci e che era strettamente legata alle gilde. Non era la prima volta che il consiglio veniva attaccato, aveva perduto parte dei propri poteri sotto gli austriaci, ma Napoleone gli avrebbe dato il colpo di grazia. Anche nella politica Bonaparte dimostrava di essere un uomo che andava sempre fino in fondo, a costo di suscitare reazioni negative e infatti non aveva esitato nell'arrestare i più contrariati e burrascosi, fra questi vi era Melzi d'Eril, senza perdere la calma.

E dopo la situazione finanziaria e amministrativa aveva deciso di rispettare la parola data riguardo la questione religiosa: nessuno sarebbe dovuto più essere discriminato, allontanato, costretto a risiedere in zone precise, delimitate o addirittura costretti a rinunciare al proprio culto. Credeva nei valori della libertà, dell'uguaglianza e soprattutto della tolleranza; Voltaire era stato uno dei filosofi più apprezzati dal corso, il suo Trattato sulla Tolleranza non poteva di certo mancare tra le proprie letture. Ciò aveva segnato profondamente la personalità, il pensiero di Napoleone e l'atteggiamento moderato verso le opinioni altrui.

Ed era questa caratteristica ad aver reso Bonaparte, pur inconsapevolmente all'inizio, un vero francese: come quasi tutti gli oltralpe era anch'egli convinto della missione civilizzatrice della Francia, lo scoppio della Rivoluzione aveva dato la conferma dell'importanza di tale compito. Napoleone voleva essere uno dei protagonisti, se non addirittura il principale, non aveva più intenzione di restare nell'ombra, di contribuire soltanto a piccoli eventi che confluivano in quelli grandi. Non sarebbe mai stato l'artista disdegnato di un'accademia, come aveva scritto, quasi profetico, anni prima al padre.

In virtù di questo concesse la piena libertà di circolazione agli ebrei, fino a quel momento limitata a quartieri esclusivi, oltre al volerli impiegare attivamente per sistemare l'economia. Mentre per quanto riguardava i cristiani procedeva alla nazionalizzazione dei beni ecclesiastici: pur essendo un anticlericale convinto e scettico non era ateo e, a differenza di altri rivoluzionari, non perseguitava personalmente nessun cattolico o religioso, pur non avendo in simpatia certi appartenenti al clero. Anzi aveva persino vietato ai suoi uomini di rubare nelle chiese: il suo ultimo desiderio era di passare per un capo di briganti. Su tale aspetto sarebbe rimasto categorico e lo avrebbe ribadito sino allo sfinimento.

"L'inquisizione deve essere debellata il più possibile" aveva pensato nel mentre firmava della sua abolizione "Essa non è soltanto uno strumento usato dalla religione per tenere sotto controllo il popolo in modo oppressivo, ma anche e, soprattutto, direi per gli uomini di cultura, i preti, o meglio la Chiesa in generale dai tempi di Galileo teme la scienza e la cultura, da quando sono sfuggite al loro controllo, sono diventate una minaccia per il loro potere" sorrideva divertito "Ma gli studiosi non devono temere più nulla, non devono più nascondersi, al contrario, possono godere della luce della ragione, alimentata dal supporto francese, liberandoli dalla censura" ai suoi occhi qualsiasi uomo di genio, a prescindere dalla nazionalità, diventava automaticamente francese.

22 maggio

- Bene, per il momento il mio ruolo qui a Milano è terminato - emise il generale Bonaparte, dopo un lungo silenzio, con le braccia dietro la schiena. Aveva stabilito ogni singolo elemento, la sua maniacalità per i dettagli era davvero utile in questi casi. Aveva posto nei ruoli più prestigiosi della città persone dalla grande esperienza e dalla ferma volontà di cambiare la società, eppure la sua diffidenza non era cessata e gli aveva permesso di prendere le giuste decisioni, in maniera imparziale.

Tuttavia si riteneva soddisfatto, stava plasmando la realtà come desiderava, anche il Direttorio aveva iniziato a comprendere che mettersi contro l'unico generale vittorioso non fosse la scelta migliore "Ovviamente sono ben consapevole del fatto che devo continuare a vincere e avanzare..." Si voltò e vide il generale Despinoy, che era stato appena convocato dal comandante e stava in posizione, in attesa di ordini - Generale, riposo - gli fece segno - Ho preso la decisione di tornare sul campo e prima di tutto a Lodi, dal capo di Stato Maggiore Berthier

- Faccio preparare la carrozza allora comandante? - domandò il sottoposto, rimanendo sempre fermo, aspettava soltanto che fosse Bonaparte a dirgli di andarsene.

- Sì... sì - annuì convincendosi - Mentre voi rimarrete qui a presidiare il castello e la città con 5000 uomini, dovrebbero essere sufficienti per tenere sotto controllo la situazione - si sedette - Andate pure - Despinoy obbedì, dileguandosi quasi all'istante, lasciando solo Napoleone, immerso come sempre nei suoi pensieri "I miei uomini, in particolare i generali si sono riposati abbastanza, non vorrei si infiacchissero con tutto questo divertimento continuo" poggiò i piedi sulla scrivania e si dondolò "Non devono perdere la concentrazione..."

Nonostante il lavoro quasi incessante non smetteva mai di controllare le azioni dei suoi sottoposti, aveva permesso loro di svagare, di godere della città, dalla musica al teatro, all'arte, e anche delle belle donne italiane: un bravo capo sapeva come e quando premiare i propri uomini vittoriosi. Ovviamente neanche a Bonaparte erano mancati elogi e inviti da parte del gentil sesso, che aveva declinato, molte volte con fatica, non era immune al fascino femminile, ma aveva promesso di restare rigorosamente fedele alla sua adorata Josèphine.

"E inoltre so benissimo che mi vogliono perché sono il vincitore e avrebbero di che vantarsi nelle loro chiacchiere, non di certo per reale stima" sospirò profondamente, sperava di cuore che la moglie avesse letto la sua ultima lettera e che fosse riuscito a convincerla per raggiungerlo. Iniziava a sentire la sua mancanza, il ritratto non le bastava più "Se non dovesse farlo continuerò a tempestarla di lettere" mise le mani sul petto, arrossendo leggermente sulle guance. Non poteva credere che l'amore potesse fargli provare più sensazioni nello stesso momento, dall'attesa alla dolcezza, dal tremore alla felicità, dall'insonnia al sogno costante, quasi lucido, dal quale non voleva svegliarsi; tali sentimenti aveva soltanto immaginati in passato, illuso del fatto che mai e poi mai ne sarebbe stato toccato.

Dovette ricomporsi immediatamente e prepararsi, Lodi non era lontana, come gran parte delle città e dei paesini dell'Italia Settentrionale, infatti erano poco distanti l'uno dall'altro. Ciò costituiva un vantaggio perché permetteva di poter vivere attraverso le risorse che il territorio offriva, specialmente per un esercito come quello di Bonaparte, avendo poche risorse, nonostante i soldi ottenuti, non era mai sufficienti.

Doveva continuare su quella strada, quel tipo di battaglia era capace di disorientare gli austriaci, abituati ad un modo di fare la guerra che Napoleone considerava ormai vecchio, più scenografico che concreto "Ci si deve affidare all'antico, non al vecchio, possono sembrare due termini simili, in realtà non possono essere più diversi". Gli sarebbe dispiaciuto abbandonare quel magnifico palazzo, quella splendida città, il dovere, però, veniva sempre prima di qualsiasi altra cosa. Il nemico per quanto colpito non era stato del tutto sconfitto, doveva solo sperare che Beaulieu proseguisse con la sua tattica della prudenza.






 

 

   
 
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