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Autore: pampa98    15/05/2023    3 recensioni
[Questa storia partecipa alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da Severa Crouch sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna” – aggiornamenti ogni 15 del mese]
What-if? 1x10 ~ Aegon/Jace, Aemond/Luke.
Quando Jace si presenta al cospetto di Borros Baratheon per ricordargli il giuramento fatto a sua madre, Aemond decide di sottrarre ai Neri ciò che hanno di più prezioso: il loro erede. Jace diventa prigioniero nella Fortezza Rossa, dove i Verdi sentono di avere la vittoria in pugno – purché lui accetti di inginocchiarsi al cospetto di Aegon, che, da parte sua, è più propenso a rivedere in lui l’amico di infanzia che non il figlio della sua nemica.
La vicinanza forzata tra Aegon e Jace riuscirà a ricucire il loro rapporto? E che conseguenze avrà per il futuro del regno?
(Warning: Character death)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Aemond Targaryen, Jacaerys Velaryon, Lucerys Velaryon
Note: What if? | Avvertimenti: Incest, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2



 

Aegon continuava ad attaccare, con il solito sorrisetto divertito dipinto in volto. Lo aveva ricambiato, all’inizio, quando si era vantato che quel giorno lo avrebbe battuto, ma era svanito nel momento in cui aveva realizzato che, ancora una volta, suo zio avrebbe avuto la meglio. 

Jace si impegnò al massimo per resistere, respingere i suoi attacchi e colpirlo a sua volta; bastò un altro affondo perché cadesse a terra, sentendo il terreno duro colpirgli il sedere. Strinse i denti quando, provando ad attutire la caduta, il palmo della sua mano sinistra strusciò contro la ghiaia.

«Va bene. Basta così.»

Jace si alzò, evitando lo sguardo di Ser Harwin. Venire sconfitto in quel modo davanti a lui era ancora più umiliante. Anche se l’uomo era sempre pronto a confortarlo e complimentarsi per i suoi progressi, per quanto piccoli fossero, Jace aveva la costante sensazione di essere una delusione.

Sentì una mano affondargli tra i capelli e scompigliarli. 

«Bravo, oggi hai resistito più del solito» disse Aegon, ridendo.

Jace strinse le labbra. «Un giorno ti batterò, stanne certo!»

«Sì, sì. Magari quando diventerai alto» lo schernì.

«Ho l’altezza perfetta per la mia età!» rispose, allontanando la mano che continuava ad arruffargli i capelli. Si lasciò sfuggire un piccolo gemito e, guardandosi il palmo sinistro, notò tre graffi rossi che svettavano sulla pelle.

«Ti sei fatto male?» Harwin fu subito da lui, ma prima che potesse esaminare la sua ferita, Jace nascose la mano dietro la schiena.

«È solo un graffio, sto bene.»

Harwin gli rivolse uno sguardo incerto, poi sospirò e lasciò ricadere la mano che aveva teso verso di lui. 

«Va bene» disse. «Credo che il vostro allenamento possa concludersi per oggi. State facendo ottimi progressi, entrambi.»

«Merito del nostro sangue Targaryen» disse Aegon, avvolgendo un braccio intorno alle spalle di Jace. «E di un buon insegnante.»

«Mi lusinghi, mio principe.»

«Ha ragione» mormorò Jace, alzando la testa per rivolgere un piccolo sorriso a Ser Harwin. A differenza di Ser Criston, lui non era crudele e non prestava attenzione solo all’allenamento di Aegon. Era severo, ma anche gentile e comprensivo. Con entrambi.

«Bene. Quindi, se abbiamo finito, possiamo andare a divertirci?» chiese Aegon.

«Purché siano divertimenti salutari» rispose Harwin, scoccando un’occhiata d’avvertimento verso Aegon. 

«Agli ordini! Andiamo dai nostri draghi, Jace?»

L’imbarazzo e la vergogna per la sconfitta di poc’anzi svanirono appena l’immagine di Vermax si fece strada nella sua mente. Ormai era cresciuto abbastanza da essere alto quanto lui e Jace era certo che presto avrebbe potuto reclamarlo ufficialmente e volare insieme ad Aegon e Sunfyre. 

«Sì!»

«A chi arriva primo?» propose Aegon – e iniziò a correre prima che Jace potesse rispondere. 

«Non vale così!» urlò, buttando a terra la spada e correndogli dietro, ricordandosi solo a metà strada di salutare Ser Harwin. Si voltò e vide l’uomo scuotere la testa, un sorriso divertito sulle labbra mentre gli rammentava ancora una volta di comportarsi bene.

 

Jace aprì gli occhi mentre il sole iniziava a illuminare il mondo con i suoi raggi caldi, spazzando via la notte. Si strofinò il viso e si mise seduto, stirando le braccia intorpidite dal sonno. Guardò alla sua destra per controllare se Luke stesse ancora dormendo, ma non vide nessun letto accanto a sé. Sbatté le palpebre, confuso. 

Poi i ricordi degli ultimi giorni si fecero strada tra la nebbia dei sogni. 

Per un attimo aveva creduto di essere tornato indietro di sei anni – ma la corsa alla Fossa del Drago e il sorriso di Harwin erano un ricordo custodito nel suo cuore, che non poteva più esistere nel presente.

Sospirò e si voltò su un fianco, dando le spalle alla luce. Avrebbe voluto chiudere gli occhi e tornare di nuovo nel sogno – nel passato – per fingere, anche se solo per pochi minuti, che la sua famiglia era ancora unita e che tutti stavano bene. 

Ma non poteva farlo.

Non aveva più visto nessuno dopo la visita di Helaena. Non che ne fosse dispiaciuto, ma era snervante non conoscere il suo destino. Era chiaro che fosse un prigioniero ed era chiaro che, se i Verdi non volevano scatenare l’ira di sua madre, non avrebbero potuto ucciderlo. Dunque quali erano le loro intenzioni? Torturarlo fin quando Rhaenyra non avrebbe accettato le loro condizioni? Isolarlo in quella stanza fino a farlo impazzire? Recitare la farsa di una famiglia felice? 

La porta si aprì e Jace scattò in piedi, non volendo farsi trovare in una posizione vulnerabile. Ser Arryk entrò accompagnato da una serva, che teneva tra le mani un vassoio con una tazza di té e un dolcetto al limone. 

«La regina vi manda la colazione» spiegò il cavaliere, mentre la ragazza posava il vassoio sul tavolo e, dopo un veloce inchino, lasciava la stanza. 

Jace guardò il dolce e annuì, ma non si mosse.

«Puoi ringraziare mia zia, ser» disse, storcendo le labbra su quell’ultima parola.

«Lo farò, mio principe» rispose lui con un piccolo inchino.

Jace inarcò un sopracciglio. «Noto che riconosci che sono un principe.»

«Naturalmente. Siete il figlio della principessa Rhaenyra, pertanto-»

«La regina Rhaenyra.»

Arryk si irrigidì, poi lasciò andare un sospiro. 

«Fate colazione, principe» disse. «Il re desidera incontrarvi al più presto.»

Jace annuì, cercando di mantenere un’espressione neutrale. Era felice di poter parlare con Aegon: avrebbe potuto chiedergli quale sarebbe stato il suo destino e, soprattutto, perché?
Perché aveva usurpato il trono di sua sorella? Perché lo aveva chiamato bastardo quando erano ancora amici? Perché si era trasformato in un uomo sprezzante e crudele?

«Ne sono lieto» disse. «Digli che anch’io voglio parlargli.»

«Potrete farlo voi stesso. Mangiate, per favore. Poi vi condurrò nella Sala del Trono.»

Jace aggrottò le sopracciglia. «La Sala del Trono?»

«Sì, mio principe.»

Jace credeva che avrebbero parlato da soli, lontani dalle vipere che lo avevano addobbato come un re e che, da sempre, si impegnavano per contrastare la loro amicizia.

«Preferirei incontrarlo qui» tentò, sperando che il suo titolo gli concedesse il privilegio di avanzare qualche piccola richiesta.

«Il re ha molte questioni che richiedono la sua attenzione, non può perdere tempo concedendovi una visita privata. Sarete ricevuto come tutti gli altri.»

Jace strinse i pugni. Lui non era come tutti gli altri: era suo nipote, era sangue di drago. Non meritava di essere umiliato e oltraggiato davanti alla corte fasulla che i Verdi avevano formato.
Ma forse era proprio quello il loro scopo: mostrarlo fragile, spezzato –
bastardo – e, tramite lui, indebolire l’immagine di sua madre.

Se credevano che avrebbe contribuito ad allontanarla ancora di più dal suo trono, avrebbero avuto una brutta sorpresa. 

«Capisco» disse dunque. Si aggiustò la giacca e si sistemò i capelli, avvicinandosi poi a Ser Arryk. «Fai strada. Andiamo subito.»

Il cavaliere scoccò un’occhiata incerta verso la colazione intonsa.

«Non ho fame» spiegò. Apprezzava il gesto di Helaena e non era sua intenzione mancarle di rispetto, ma sapeva che non sarebbe riuscito a ingerire nemmeno una briciola in quel momento.

Ser Arryk annuì. Senza aggiungere altro, si incamminò verso la porta e uscì, seguito a ruota da Jace. 

 

~

 

L’ultima volta che era entrato in quella stanza, sua madre, Daemon e Luke erano accanto a lui. Ricordava che suo fratello era stato nervoso per tutto il tempo e lui aveva cercato di tranquillizzarlo. “Sei un principe Targaryen e il legittimo erede di Driftmark, non hai motivo di essere agitato” gli aveva ripetuto, infastidito da quell’apprensione che lui trovava eccessiva e fuori luogo. 

Mentre percorreva il tragitto che lo separava dal trono, Jace si ripromise di scusarsi con suo fratello: non era semplice sentirsi coraggiosi quando si veniva presi di mira dalle vipere. 

Gli sguardi della folla riunita nella sala lo penetravano fin dentro le ossa, ma lui non intendeva lasciarsi intimidire.
Un drago non deve interessarsi dell’opinione di una pecora. 

La giustizia sarebbe arrivata per tutti loro, era solo questione di tempo. Per loro e per i Verdi che li avevano chiamati a raccolta, forse nel tentativo di mostrargli quanto Aegon fosse amato e rispettato – obiettivo non semplice da raggiungere, se il loro re non si faceva vedere.

Arryk gli fece cenno di fermarsi a pochi passi dal Trono di Spade e Jace eseguì. Guardò verso la sua sinistra, dove erano radunati la famiglia e il concilio ristretto di Aegon. Helaena lo salutò con un piccolo sorriso, ma fu Alicent a rivolgergli la parola.

«Bentornato nella capitale, principe Jacaerys» lo salutò cordialmente. «Il re sarà molto felice di vederti. Desidera incontrarti da quando ha saputo del tuo arrivo.»

Jace alzò lo sguardo verso il trono, quasi aspettandosi che Aegon comparisse all’improvviso lì sopra. 

«Anch’io desidero parlargli» rispose, tornando a guardare la donna. «Di persona, se possibile.»

Il piccolo sorriso di Alicent tremò e lo sguardo che corse alla porta tradì il suo nervosismo. Forse anche lei credeva che Aegon dovesse già essere lì e che il suo ritardo avrebbe mostrato ai lord e le lady radunati nella stanza che suo figlio non era così degno di indossare la corona. 

Sembrava in cerca di qualche scusa per giustificare l’assenza del re, quando le porte si spalancarono, facendo affiorare un sospiro di sollievo alle sue labbra. Jace seguì il suo sguardo, conoscendo l’identità del nuovo arrivato prima ancora che le guardie la annunciassero.

«Aegon della Casa Targaryen, Secondo del suo Nome, Re dei Rhoynar, degli Andali e dei Primi Uomini, Signore dei Sette Regni e Protettore del Reame.»

Aegon entrò nella sala a testa alta e Jace dovette riconoscere che, almeno in apparenza, sembrava davvero un re. La chioma bionda era ornata dalla corona del suo omonimo e i colori Hightower erano stati sostituiti dal nero Targaryen della tunica, sulla quale svettava lo stemma della loro casata. 

Sembrava davvero la reincarnazione del Conquistatore. 

La sua apparizione aveva attirato l’attenzione dei presenti, tutti pronti a chinare il capo e porgere i loro rispetti al sovrano. Aegon passò in mezzo ai suoi sudditi senza degnarli di uno sguardo: i suoi occhi erano puntati dritti su di lui. 

Jace strinse le labbra e raddrizzò le spalle. Quali che fossero le intenzioni dei Verdi per quell’incontro, non si sarebbe mostrato debole.

«Jace!» Aegon lo salutò con più allegria di quanta si sarebbe aspettato. Si avvicinò a lui e gli posò le mani sulle spalle, stringendole amichevolmente. «È un vero piacere vederti. Spero che il viaggio con Aemond non sia stato troppo tedioso.»

Sorrise, di quel sorriso divertito e beffardo che un tempo Jace ammirava – forse perché di rado era rivolto a lui.

«Non ho avuto tempo di annoiarmi» rispose. «Ero impegnato a pensare al momento in cui mi sarei trovato faccia a faccia con l’usurpatore.»

Il sorriso sul volto di Aegon si fece più freddo, mentre un mormorio concitato si sollevò dalla folla circostante.

«Modera i toni quando parli al re» sibilò Criston Cole, dietro di lui. 

Aegon sollevò una mano per fargli cenno di tacere.

«Mio nipote è solo un po’ confuso, ser. Comprensibile, del resto.»

Gli diede una pacca sulla spalla, poi lo superò. Jace lo seguì con lo sguardo mentre saliva i gradini del Trono di Spade. Rimase per un momento a fissare lo scranno di ferro, poi vi si sedette, facendo attenzione a posizionarsi il più lontano possibile dalle lame, e tornò a puntare il suo sguardo su di lui.

«Hai visto tua madre indossare una corona ed essere chiamata regina» disse. «Capisco che sia strano vedere me nelle stesse condizioni, ma come puoi notare, solo uno tra noi due siede sul Trono di Spade. Temo che l’usurpatrice sia Rhaenyra.»

Jace strinse i pugni. Chiunque avrebbe potuto sedersi su quel trono, ma ciò non sarebbe bastato a renderlo un re. 

Intorno a lui, intanto, la folla aveva iniziato ad annuire, mostrando il suo supporto ad Aegon. 

«Proprio in questa sala» disse, cercando di mantenere un tono neutrale, «venti anni fa mia madre è stata nominata come erede di Viserys, decisione che il re ha ribadito ancora una volta solo pochi giorni addietro. Quel trono è l’eredità di Rhaenyra Targaryen, non la tua. E questo, zio, fa di te l’usurpatore.»

Aegon fece spallucce. «Sì, mio padre ha mantenuto la sua parola fino a poco prima che spirasse, quando ha confidato alla regina» – e indicò Alicent – «che il suo vero desiderio era di vedere me sul trono.»

«È così» confermò la donna, facendo un passo verso di lui. «Mi ha detto che è sempre stato Aegon a dover regnare. Sono state le sue ultime parole. Se amavi tuo nonno – se Rhaenyra lo amava –, non puoi ignorare le sue ultime volontà.»

Jace inarcò un sopracciglio. «Viserys avrebbe cambiato idea sulla successione… appena prima di morire?»

Quando Alicent annuì, Jace non riuscì a nascondere il suo divertimento. 

«In vent’anni non ha mai cambiato idea, eppure all’ultimo secondo ha detto proprio a voi, la madre di Aegon, che sarebbe dovuto salire lui sul trono?»

«Metti in dubbio la parola della regina?» intervenne Otto.

«Ho qualche difficoltà a crederci, sì.»

Non poteva affermare che Alicent si fosse inventata tutto – magari Viserys aveva solo pronunciato delle parole a cui lei aveva attribuito il significato che voleva –, ma di certo il re aveva sempre desiderato che fosse Rhaenyra a prendere il suo posto. Se davvero era stato Viserys a volere Aegon sul trono, sarebbe stato sufficiente comunicarlo a Rhaenyra, dopo averle dato il tempo di piangere suo padre. La celerità con cui i Verdi avevano rimpiazzato Viserys era, ai suoi occhi, la prova schiacciante del fatto che il vecchio re non aveva davvero cambiato idea.

«Che tu ci creda o no, non ha importanza» disse Aegon, picchiettando con le dita su uno dei pomelli che sporgevano dal trono. «L’unica cosa che conta è che il legittimo re, adesso, sono io. Ma non temere, non ho dimenticato che siamo una famiglia. Non voglio fare del male né a te, né a mia sorella. Ti ha parlato dell’offerta che le ho fatto? Non ho ancora ricevuto una risposta.»

«Sì, conosco le condizioni che hai offerto.» Rhaenyra aveva chiesto consiglio a lui, dal momento che “conosceva Aegon meglio di chiunque altro”. Avrebbe voluto davvero che fosse così. «E mia madre è del tuo stesso parere: non vuole fare del male ai suoi fratelli. Togliti la corona, riconoscila come tua regina e lei sarà felice di riaccogliere tutti voi a braccia aperte» disse, rivolgendosi anche ad Aemond, Helaena e Alicent. La sua attenzione si focalizzò in particolare su quest’ultima. «So che eravate amica di mia madre. Lei vi ama ancora, non vuole-»

«Aegon Targaryen è l’unico re che i Sette Regni hanno» lo interruppe Otto. Alicent abbassò lo sguardo e Jace sospirò: per un momento, aveva creduto che lo stesse ascoltando davvero. «È un fatto, ragazzo. Puoi vederlo con i tuoi occhi. Il popolo, qui riunito, ha acclamato lui come suo sovrano. In quanti si sono inginocchiati al cospetto di tua madre?»

Jace si guardò intorno. Era certo che l’incoronazione di Aegon fosse stata più maestosa di quella di sua madre, nominata regina davanti ai resti della sua unica figlia. Tuttavia…

«Quando ha ricevuto la corona di Viserys? Solo i pochi soldati e parenti che stavano presenziando al funerale di mia sorella» rispose. «Nel corso degli anni? Tutti loro.» Indicò le persone riunite lì intorno. Non conosceva tutti quanti, ma aveva scorto qualche volto familiare nella folla – ed era deciso a ricordare loro a chi avessero giurato lealtà. «Lord Bracken, ricordate quando siete venuto a porgere omaggio alla nascita di mio fratello Joffrey? Avete detto che era una benedizione che la futura regina avesse tanti eredi forti e in salute. Lord Reyne, siete stato gentile a ospitarci per una battuta di caccia, e lo siete stato ancora di più a invitarci a ripetere la bella esperienza anche dopo l’ascesa al trono di mia madre – parole vostre, se ben ricordo. Lady Swyft, come sta vostra figlia? La ricordo come una ragazza molto dolce. Mi spiace che non sia stato possibile un nostro fidanzamento, ma spero che siate riuscita a trovare un partito, come avevate detto?, altrettanto regale…»

«Adesso basta!» tuonò il Primo Cavaliere. Jace non si curò della sua furia, troppo impegnato a godersi gli sguardi mortificati dei traditori attorno a sé. «Ser Criston, scortalo di nuovo nelle sue stanze. È evidente che il ragazzo non ha ancora capito la sua posizione.»

«L’ho compresa molto bene, invece» rispose Jace, mentre il cavaliere lo afferrava per un braccio, pronto a portarlo via. «Siete riusciti a corrompere queste persone, ma io non sono abituato a rimangiarmi la parola data. Mia madre è la vera regina e combatterò…» Strinse i denti: la presa sul suo braccio si era fatta dolorosa, ma non si lasciò fermare, «… finché avrò fiato per difenderla.»

«Allora basterà toglierti quello, bastardo» sibilò Criston. Jace lo fissò con tutto l’odio che aveva in corpo. Provò a liberarsi dalla sua morsa, ma riuscì solo a farla stringere di più.

«Cole, lascialo andare. Subito!» 

Il cavaliere obbedì un attimo prima che fosse Aegon stesso ad allontanarlo da lui. Jace sentiva il braccio pulsare, ma non tentò di alleviare il dolore con un massaggio: si era già mostrato debole gemendo.

«Jace, è davvero una cosa molto semplice» gli disse Aegon, avvicinandosi a lui. «Ti metti in ginocchio, io ti perdono ed è tutto finito.»

«Rhaenyra Targaryen è l’unica vera regina dei Sette Regni.»

Aegon strinse le labbra. Quell’incontro non era andato come sperava – e Jace ne era felice.

«Un’altra notte per pensare ti farà bene» disse. «Ser Arryk, riporta il principe nella sua stanza.»

Il cavaliere annuì. Si avvicinò a Jace, ma non lo toccò, limitandosi a fargli cenno di precederlo. Il ragazzo guardò un’ultima volta il suo amico d’infanzia, poi uscì dalla stanza, tra gli sguardi contriti e colpevoli dei presenti.

 

~

 

Rhaenyra congedò i suoi consiglieri, che si ritirarono lasciandola da sola nella Sala del Tavolo Dipinto. Sospirò, rilasciando la tensione che la avvolgeva sempre durante quegli incontri. Si allontanò dalla tavola, su cui era ancora adagiata la lettera giunta quello stesso pomeriggio con cui Dalton Greyjoy confermava la sua lealtà a lei, e guardò il cielo fuori dalla finestra. Lo faceva ogni volta che ne aveva l’occasione ed era certa che non si sarebbe tolta quell’abitudine finché Jace e Luke non fossero tornati a casa. 

Non era la prima volta che stava lontano da loro – e quando erano volati a Nord per rinforzare i rapporti tra Targaryen e Stark erano anche più piccoli di adesso –, ma saperli da soli, in un momento di grande incertezza come quello che stavano vivendo, al cospetto di potenziali nemici, le toglieva il sonno e il respiro.

“Nessun uomo nei Sette Regni oserebbe versare sangue di drago” l’aveva rassicurata Daemon, la sera della loro partenza.

Rhaenyra voleva credergli, perché sentiva che era la verità, ma allo stesso tempo sapeva che non si sarebbe tranquillizzata davvero fino a quando non li avrebbe riavuti entrambi tra le sue braccia. 

Era soprattutto Luke quello che la faceva stare in pensiero. Jace, sebbene ancora molto giovane, era già un uomo: avrebbe saputo affrontare qualunque difficoltà gli si fosse parata davanti. Suo fratello, invece, aveva una natura molto più mite e insicura, e Rhaenyra non ricordava una sola volta in cui avesse affrontato la vita da solo, senza lei o Jace al suo fianco. Era anche certa che Luke avesse accettato di andare a conferire con Lady Jeyne solo per non deludere suo fratello. 

“Sei troppo duro con lui, Jace” lo aveva rimproverato una volta, dopo che Luke si era slogato un polso a seguito di un loro allenamento.

Jace aveva abbassato lo sguardo, mortificato, e aveva stretto i pugni. “Non volevo fargli male” aveva detto, con voce flebile. “Ma un giorno prenderà il posto di Corlys Velaryon sul trono di Driftmark, deve essere in grado di combattere e proteggere la sua gente. Se continua di questo passo, resterà un debole e io non potrò stare sempre accanto a lui, i miei doveri mi porteranno altrove. Non voglio che si trovi impreparato o…”

Rhaenyra aveva sospirato. Gli aveva posato le mani sulle spalle, spingendolo ad alzare lo sguardo.

“Hai ragione, Luke ha ancora molto da imparare per poter diventare Lord delle Maree. Esattamente come te, che avrai delle responsabilità ancora più gravose delle sue.” Gli aveva sorriso, passandogli una mano tra i capelli. “Ma il lato positivo è che siete ancora due ragazzi, e io e Corlys siamo in perfetta salute. I vostri doveri non vi attenderanno prima di un paio di decenni – anzi, spero che i tuoi tarderanno ancora di più: non ci tengo a morire giovane.”

Jace aveva sgranato gli occhi, impallidendo. “C-Certo che non devi morire! Lo so, lo so, passerà ancora molto tempo… Ma allenarsi è importante!”

“Certo che lo è, ma come ogni cosa serve moderazione. Lascia a tuo fratello il tempo di imparare. Aiutalo, ma senza esagerare.”

Jace aveva annuito, prima di salutarla per andare a vedere come stava Luke.

Rhaenyra sorrise, ripensando al suo bambino – Jace non voleva che lo chiamasse così, ma non poteva esercitare alcun controllo sui suoi pensieri. 

«Mia regina.» Ser Erryk entrò nella stanza, rivolgendole un profondo inchino.

Rhaenyra chinò il capo in segno di saluto e gli rivolse un piccolo sorriso. Stava per chiedere cosa volesse da lei, quando vide un ciuffo di capelli scuri spuntare dietro di lui. Il suo cuore saltò un battito, mentre un grande sorriso si aprì sul suo volto. 

«Mam- Mia regina.» Luke, i capelli arruffati e le guance arrossate per il volo, le rivolse un inchino impacciato. 

Rhaenyra corse verso di lui e lo strinse tra le braccia, respirando il suo familiare profumo.

«Bentornato a casa» gli disse.

Luke si irrigidì un momento, poi ricambiò l’abbraccio, affondando il volto nell’incavo del suo collo. 

«Com’è andato il viaggio?» gli chiese poi, separandosi da lui. «Immagino sarai stanco.»

Luke scosse la testa. «No, no. È andato tutto bene» disse. «Lady Jeyne è stata molto gentile, mi ha offerto ospitalità e mi ha raccontato tutta la storia della sua famiglia.»

Rhaenyra rise: dalla sua espressione, sembrava che non fosse stato un racconto entusiasmante.

«Naturalmente ha subito riconosciuto te come sua regina» disse Luke. Rhaenyra annuì, lieta della lealtà della Valle, ma rimase in silenzio perché ebbe l’impressione che suo figlio avesse altro da aggiungere; lui però abbassò lo sguardo, incerto se proseguire o meno.

«Questa è una bella notizia» disse Rhaenyra, posandogli una mano sulla spalla. «Cos’altro ti ha detto?»

«Ecco… Ha detto che tra donne avete bisogno di sostenervi, e che l’affetto che provava per nonna Aemma le impediva di voltare le spalle alla sua unica figlia, ma… aveva qualche riserva su… Daemon. Però non si è tirata indietro, ecco, è-è leale a te!» aggiunse subito, forse temendo che avrebbe reagito male sapendo che Lady Jeyne non aveva stima di suo marito. 

Come avrebbe potuto? Daemon non lo aveva mai confessato, ma lei non aveva bisogno di chiedere per sapere cosa – chi – aveva ucciso Rhea Royce. Si era aspettata la diffidenza della Valle nei suoi confronti, ma aveva sperato che la memoria della regina Aemma, a cui Luke somigliava tanto, l’avrebbe portata a dimenticare ciò che era accaduto tra Daemon e la sua prima moglie; e così era stato.

«Tuo padre ha avuto qualche… incomprensione, con la famiglia di Lady Jeyne» disse, non volendo entrare nei dettagli di ciò che aveva fatto. «Ma sono lieta che lei abbia scelto di metterli da parte per sostenermi.»

Luke annuì. «C’è un’ultima cosa. Ha chiesto di inviare dei draghi a proteggere la Valle e ho acconsentito. Ho fatto bene?» 

Le aveva parlato come un emissario adulto, riportando con precisione gli accordi presi, ma quell’ultima domanda tradì la sua insicurezza e inesperienza. Rhaenyra gli diede un bacio sui capelli.

«Certo che hai fatto bene, mio dolce ragazzo» disse, e la sua approvazione fece comparire un sorriso sul volto di Luke. «Adesso vai a riposare, te lo meriti. Appena tuo fratello sarà tornato, riunirò il concilio per stabilire come dividerci la protezione del regno. Immagino che anche Lord Borros la chiederà.»

Luke annuì. «Ehm, avevo visto che Vermax non c’era, ma pensavo… Quindi Jace non è ancora tornato?» chiese, chiaramente dispiaciuto. Era probabile che si aspettasse di poter riabbracciare suo fratello appena tornato a casa.

«No, ma immaginavo che la visita dai Baratheon sarebbe stata più lunga. Di certo Lord Borros non si sarà lasciato sfuggire l’occasione di ospitare un principe nella sua casa il più a lungo possibile» rispose, cercando di mettere a tacere la sua stessa angoscia. «Vedrai, tornerà molto presto.»

Luke annuì, prima di rivolgerle un piccolo inchino e lasciare la stanza. Rhaenyra lo guardò uscire, poi tornò a osservare il cielo fuori dalla finestra.



 

Note: Vorrei intanto cogliere l’occasione per ringraziare chi ha letto fin qui e sta seguendo questa storia ❤
Ci tengo poi a fare un paio di precisazioni su quello che avete letto nel capitolo. Ho aggiunto un altro piccolo what-if, ovvero il fatto che Jace e Luke conoscono già Cregan e sono suoi amici. Per quanto riguarda i lord nominati da Jace, i fatti che racconta sono inventati da me, mentre i nomi li ho presi dall’elenco delle famiglie che si sono schierate dalla parte dei Verdi. 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, è una storia più difficile da scrivere di quanto pensassi e ci terrei molto a conoscere la vostra opinione ❤ 
Ci risentiamo il prossimo mese, statemi bene!

 
   
 
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