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Autore: genius_undercover    21/05/2023    1 recensioni
[...] “Cos’è stato?!” La voce della prima donna rimbombò sulle pareti distrutte della struttura fatiscente.
“Topi schifosi.” Fu la risposta disinteressata dell’altra.
“Sì.” Confermò la Bestia. “Topi schifosi a forma di ladro inglese con arco e frecce.”
__
AU post S4a
OutlawQueen, CaptainSwan, Snowing, Rumbelle (minor)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Mills, Regina Mills, Robin Hood
Note: AU, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Broken Hearted  

Nella tranquilla cittadina di Storybrooke, Maine, si era diffuso uno strano, tuttavia piacevole periodo di calma. 

L’estate si stava timidamente ritirando per lasciare il posto all’autunno e niente sembrava avere il potere di rovinare quella pace perfetta. 

Nell’arco di quei sei mesi, però, c’era stato chi aveva dovuto rimettere insieme i pezzi. 

Il mondo di Belle French aveva perso ogni colore dalla notte terribile al confine della città, ed aveva cominciato a crollarle addosso ad ogni passo che aveva compiuto per allontanarsi da esso. 

La vita che aveva condotto fino a quel tragico momento si era rivelata una crudele bugia, così come lo era stato il suo matrimonio.

L’uomo che lei amava -che aveva sempre creduto di amare- non aveva smentito la sua subdola natura, e non c’era stato niente da fare: la Bestia che lei aveva cercato di salvare con tutta l’anima e alla quale aveva dedicato la propria anima, non aveva fatto altro che ingannarla, facendo tramutare il suo immenso amore nel suo più grande dolore. 

Tremotino le aveva spezzato il cuore per l’ennesima volta. Belle si era stancata di doverlo sempre riparare da sé. 

Era rimasta sola, triste, senza un briciolo di fiducia per il futuro, e convinta che nemmeno i suoi adorati libri avrebbero potuto salvarla dall’esistenza disperata che le si sarebbe prospettata, quella volta. 

Eppure, proprio quando stava per perdere ogni speranza e rassegnarsi al suo destino, un giovane malfattore era apparso quasi dal nulla, evitandole di cadere completamente nello sconforto. 

Will Scarlett era il suo nome, e faceva parte dell’Allegra Brigata di Sherwood, una piccola comunità di uomini che da tempo viveva accampata nella foresta che circondava la città. 

Quello strano ragazzo che Belle aveva continuato ad incrociare casualmente ogni giorno, la stava inesorabilmente salvando, addirittura senza che lei gliel’avesse chiesto.

Non ce n’era stato bisogno, in effetti: era stato chiaro sin dalla volta in cui Will era entrato da Granny, in una mattinata particolarmente piovosa. 

Per il braccio sinistro di Robin Hood, i giorni erano diventati tutti uguali. Invece quella mattina era accaduto qualcosa di diverso: era seduto sciattamente sullo sgabello aspettando di consumare la solita colazione, quando aveva notato una ragazza incredibilmente bella disperarsi sulla bevanda versata sul tavolo. 

Ora, Belle era abituata ad incidenti del genere: le succedeva sempre di versare o rompere qualcosa, quando beveva o si spostava con il naso tra i libri. Era sciocco piangere. Eppure, anche se si sentiva patetica e ridicola non aveva potuto trattenersi.

Will le si era avvicinato con fare pratico, l’aveva osservata solo per un altro attimo ed infine aveva esordito con una frase semplicemente assurda, riguardante il fatto che Belle stesse sbagliando tutto: avrebbe dovuto piangere “sul latte versato, non sulla cioccolata!”

Inavvertitamente, la bibliotecaria aveva alzato la testa per guardarlo in faccia e scoppiare a ridere subito dopo…poi aveva continuato a piangere di nuovo, ma Will non si era perso d’animo. Si era seduto con lei tutti i giorni. Aveva tentato e ritentato di farla ridere e sorridere ogni volta che la incrociava per strada a costo di risultare pazzo o inquietante, ma dopo mesi, il cuore della dolce ragazza aveva finalmente smesso di far così male. 

Adesso pensava di aver trovato un altro amico, un’anima gentile che la stava aiutando a risollevare la sua. 

Pesava che, forse, non era ancora finita per lei. 

Nero, rosso. 

Buio. Luce. 

I raggi del sole erano la prima cosa che vedeva da sei mesi a quella parte, non appena i primi sprazzi di coscienza rientravano nel suo corpo, impietosi ad ogni singola alba. 

Lo sforzo per mettere a fuoco i dettagli della grande stanza in cui si trovava -la sua camera da letto, le procuravano sempre un dolore sordo alla testa, ma lei non ci prestava più attenzione da giorni. 

Regina Mills era abituata al dolore. Conviveva insieme ad esso da tempo ormai immemore e niente e nessuno avrebbe potuto fare qualcosa per cambiare quella condizione. 

Ma lei ci aveva provato. Diamine, se ci aveva provato. 

Per la seconda volta in vita sua, la famigerata Regina Cattiva aveva cercato di essere una persona giusta, aveva tentato di riparare a tutti gli errori e alle atrocità che aveva commesso in passato, anche se non le sarebbero bastate dieci vite per farlo e lo sapeva. 

Eppure, nonostante tutto, aveva nutrito una speranza…cosa di cui si era pentita amaramente: aveva compiuto un errore, sperando, e stava continuando a pagare il prezzo di quell’errore ogni qualvolta che sentiva il battito del proprio cuore spezzato rimbombarle nelle orecchie, ogni volta in cui la mente la riportava al confine della città, proprio lì, dove aveva visto la sua felicità scomparire dietro una barriera invisibile. 

Non aveva potuto fare niente per trattenerla a sé. 

Se doveva essere sincera, Regina aveva realizzato la partenza di Robin lentamente e così piano, che all’inizio non l’aveva neanche concepita. 

Poi, quando finalmente aveva razionalizzato, il dolore era stato così lacerante che non aveva più potuto stare ferma: aveva strappato quella pagina -pagina XXIII- con rabbia, rassegnazione, cattiveria e tutta l’intenzione di non rivederla mai più. 

Non voleva più speranze.

Regina aveva capito che il suo futuro si era dissolto tra le dita invisibili di quel vento che aveva spazzato via il foglio. 

Non aveva mai pianto davanti a nessuno, lei: si era costretta a lasciare il confine con la testa alta e le spalle dritte, nella dignità totale che le conferiva il suo status di sovrana e di Sindaco della città più straordinaria che esistesse.

Tuttavia, una volta arrivata al sicuro della grande villa dove abitava, si era decisamente lasciata andare e la sua disperazione era stata così grande da farla mancare in municipio il giorno dopo.

I giorni si erano poi lentamente trasformati in settimane, e nel tentativo di riprendersi il prima possibile, Regina si era isolata nella preoccupazione di chi aveva conosciuto la sua storia con il ladro gentiluomo più famoso d'Inghilterra.

Nessuno l’aveva cercata, all’inizio. 

Nessuno aveva osato disturbarla dal giorno in cui Robin Hood aveva lasciato Storybrooke per andare a New York. 

Con il passare del tempo, però, l’apprensione era inesorabilmente cresciuta. Emma Swan, Mary Margaret e David avevano strenuamente tentato di contattare la Regina Cattiva, presentandosi addirittura davanti alla sua casa, ma quando avevano visto che era tutto inutile, e che lei non avrebbe concesso loro alcuna udienza, avevano rinunciato uno dopo l’altro…

Henry invece no. 

Gli ci erano voluti molti giorni per convincerla a farsi aprire la porta: un pomeriggio piovoso aveva bussato con tutte le sue forze sul legno bianco, e non aveva mollato fino a quando era giunta la sera. 

MAMMA!” Aveva gridato, dopo l’ennesima risposta silenziosa. “Mamma, lo so che sei lì. So anche che sei orgogliosa e non vorresti che qualcuno ti vedesse soffrire, ma io non ti vedo da settimane! 
Mi manchi! 
Mi manca casa mia, e sono molto arrabbiato, perchè non posso più sopportare di essere trattato così, non da te, quindi apri questa porta o giuro che mi invento un modo per buttarla giù!” 

Regina non se l’era più sentita di lasciare suo figlio arrabbiato e quasi piangente fuori di casa. 

Ostentando una calma che chiaramente non aveva, l’aveva abbracciato forte e gli aveva chiesto perdono almeno cento volte, accettando consapevolmente di farsi aiutare. 

Più tempo trascorreva in presenza di Henry, però, più lei faticava a mantenere la sua facciata: era inquieta, ancora più silenziosa e piuttosto triste.

Una sola volta, il ragazzino era riuscito a strapparle l’accenno di un sorriso -il più mesto che Henry le avesse mai visto in volto- ma era stato comunque felice di vederlo.

Ad ogni modo, la preoccupazione del Credente si accentuava ogni qual volta doveva andarsene: era abbastanza sicuro che in quei momenti, l’assenza di Robin diventasse davvero insostenibile per sua madre e non era affatto lontano dalla verità.  

Regina, nelle passate notti di solitudine, quelle in cui aveva pianto fino ad addormentarsi, aveva stabilito di non essere fatta per i sentimentalismi. Tutto ciò che finiva per amare le veniva sempre strappato per il bene di qualcun altro e il fatto che non ci fosse nessuno da incolpare per la perdita del suo vero amore la mandava inesorabilmente su tutte le furie. 

Peraltro, cercare di scaricare ogni responsabilità sulla Salvatrice si era rivelato completamente inutile: Emma Swan aveva salvato una vita, e non la si poteva certo biasimare per questo…

Quindi, l’unica cosa logica da fare per Regina era stata di auto convincersi con tutta l’anima di non aver bisogno di nessuno, tantomeno di Robin Hood.

Forse Cora aveva avuto ragione sin dall’inizio. Forse l’amore non era altro che una debolezza per davvero…

Ma a lei non importava più. Stava continuando ad obbligarsi a credere che, alla fine, aveva avuto un accenno di quella che sarebbe potuta essere la sua vita, e con tutto quello che aveva fatto avrebbe dovuto ritenersi fortunata ad averla vissuta, anche se per poco. 

Forse la Regina del passato sarebbe rassegnata e sarebbe riuscita ad andare avanti…invece per la Regina del presente era tutto problematico e difficile: da confusa che era inizialmente, tutte le convinzioni e i sentimenti contrastanti che le avevano dilaniato il cuore, avevano finito per farla rinchiudere ulteriormente in se stessa. 

Le sue giornate erano diventate improvvisamente così piene di incarichi da rasentare l’incubo. 

Regina aveva infatti preso ad occuparsi di qualunque cosa le capitasse a tiro, a lavorare ininterrottamente all’interno nel suo ufficio, dimenticandosi spesso e volentieri anche di mangiare ed il tempo che non passava in veste di sindaco, lo trascorreva nella sua cripta sigillata. 

O meglio, c’era potuta rimanere fino a che i ricordi di ciò che di meraviglioso era accaduto dentro quelle fredde mura non avevano preso a distruggerla dentro.

Allora aveva deciso che fosse una buona idea trasferire all’interno della sua villa tutto ciò di cui aveva bisogno per impedire alla testa di pensare al passato e a Robin: i libri. 

Li aveva trasportati all’interno del salone senza usare la magia. Tutti i volumi che aveva potuto tenere tra le braccia, li aveva posti nella grande libreria a muro che prima serviva meramente a scopo ornamentale. 

Quando lo spazio si esaurì ed ogni mensola divenne occupata, si ritrovò costretta ad impilarli ordinatamente a terra. 

Anche nei rarissimi momenti in cui rimaneva senza nulla da fare, Regina leggeva il più possibile. Seduta sul divano, divorava una parola dietro l’altra con così tanta concentrazione che le sue notti si trasformavano sempre in albe, e lei, non appena se ne accorgeva, ricominciava a lavorare ancora e più freneticamente, fino a crollare giusto qualche ora per riposare gli occhi stanchi. 

Ovviamente, con Henry in casa non poteva continuare a condurre quelle abitudini, e la verità era che nonostante tutto, prendersi cura di lui le stava facendo davvero bene. 

Così, le altrettanto sporadiche volte in cui si degnava di farsi vedere dagli abitanti della città e fuori dal municipio, Regina sembrava aver ritrovato un equilibrio. 

Chiunque, avrebbe potuto dire che il Sindaco di Storybrooke fosse tornato in grande stile…peccato che il timore reverenziale che era da sempre esistito verso di lei, adesso avevano cominciato a svilupparlo anche Emma, Mary Margaret, e tutti gli altri Eroi. 

Si erano resi conto che, per tutto il tempo in cui Robin era uscito dalla sua vita, la Regina Cattiva non aveva perso la calma o compiuto una cattiva azione neanche una volta.

La faccenda li aveva destabilizzati a tal punto da farli diventare persino incapaci di avvicinarsi a lei. Lei, che di contro, era sempre arrogante e fuggevole nei loro confronti, perché totalmente e sinceramente disinteressata a qualsiasi idiozia avessero da dirle…ma era tranquilla. Ai limiti dell’inquietante. 

Magari il caffè lungo di Granny e la mancanza di sonno avevano contribuito a renderla meno incline a perdere le staffe. Eppure, persino Capitan Uncino e David si erano resi conto che qualcosa non andava. 

Quell’arrendevolezza, quell’apatia non apparteneva affatto a Regina Mills. 

Le stonava addosso. 

La temibile sovrana era consapevole che qualcuno avrebbe potuto insospettirsi, ma non se ne faceva un cruccio: ciò che pensavano quei piantagrane non era un suo problema, il suo unico scopo era di riuscire a nascondere loro il suo personale logoramento e soprattutto continuare a tentare di essere una madre decente per suo figlio. 

Quel che non sapeva, era che i suoi sforzi erano tutti vani e che l’apprensione nei suoi riguardi non era diminuita. Una sera, lontano da occhi e orecchie indiscrete, proprio il giovane Henry aveva affermato di non aver mai visto sua madre piangere per Robin. 

La Salvatrice aveva allora deciso di andare a trovarla di nascosto insieme anche a Biancaneve. 

Come prima cosa, i tre erano passati in municipio, trovando la scrivania colma di documenti ma maniacalmente ordinata. 

Della signora Sindaco nemmeno l’ombra.

Quando avevano raggiunto Villa Mills, invece, avevano trovato la cripta sigillata e le luci della casa accese, segno che, nonostante l’ora alquanto tarda, la padrona di casa fosse ancora sveglia. 

Proprio quando stavano per bussare, Henry aveva deciso di lasciar perdere. Non voleva rischiare di farla arrabbiare, dopo tutto ciò che stava passando. 

Non è caduta nell’oscurità, ne sono sicuro.” Aveva sussurrato. 

Emma e Mary Margaret avevano lanciato comunque uno sguardo al di là di una delle finestre che davano sul salone. 

Trovarono Regina in piedi, appoggiata con entrambe le mani sul tavolino. 

Stava leggendo un volume alto e spesso nel silenzio più totale, o meglio, lo stava studiando.

Ad un tratto aveva alzato lo sguardo verso un punto indefinito davanti a sé, e aveva continuato a fissarlo intensamente finché un bagliore non aveva cominciato a rischiarare la stanza.

La luce si era concentrata in una sfera galleggiante ferma a mezz’aria, proprio dinanzi a lei: magia bianca. 

Emma l’aveva riconosciuta immediatamente. 

Regina aveva toccato la sfera con una mano e, immediatamente, la luce le aveva inghiottito interamente il palmo, fino al polso.

Dopo diversi attimi le divenne impossibile continuare a guardare. Era esausta. 

Una volta richiuso il libro di schianto, la luce si era dissolta all’istante, facendo piombare la stanza nella penombra. La donna aveva poi portato una mano agli occhi, respirando profondamente un paio di volte. 

Quando li aveva riaperti, era crollata sulla sedia dietro di lei. 

Non v’era stata alcuna traccia di pianto sul suo viso, solo un’enorme stanchezza.

“Abbiamo sbagliato a lasciarla sola.” Aveva sentenziato Mary Margaret con voce rotta, durante la strada del ritorno. “La aiuteremo, anche se non vuole. Anche a rischio di farla infuriare.”

Non ci farà del male.” Aveva esclamato Henry con veemenza. 

Per quanto Regina possa essere forte,” aveva aggiunto pensosamente Emma, “non può continuare così.”

   
 
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