Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    23/05/2023    6 recensioni
[BodyOfProof!AU]
Quando il detective Overland decide di tornare a casa, il medico legale Bleket non ne è particolarmente felice, soprattutto perché alcuni misteriosi omicidi li costringono ad essere a stretto contatto. Ferite mai rimarginate tornano a sanguinare, mentre un nuovo tipo di giustizia si fa largo in città.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 8

*Attenzione!*

Questo capitolo tratta di tematiche delicate che potrebbero disturbare. Data la loro natura spoilerosa, però, sono nascoste in questo pannello. Se pensate che qualcosa possa turbarvi, selezionate tutto il testo di questa box e appariranno due righe più sotto.

Razzismo, ossessione, misoginia, violenza, descrizione di un cadavere bruciato.

 

E' una stanchezza innaturale quella che le impedisce di aprire gli occhi. E' una confusione artificiale quella che non le fa comprendere se sia sveglia o stia ancora dormendo. Possibile che quella mattinata che le sembra di aver vissuto sia, in realtà, solo un sogno partorito dalla sua mente ancora addormentata?
Eppure, perché, nonostante sia al riparo nel calore del suo letto, le sembra di sentire così freddo? Perché il cuore le pare come raggelato in una morsa di terrore? E' un sogno oppure un incubo?
Un mugolio le esce dalle labbra, non è piacere, è sofferenza. Prova a girarsi ma c'è qualcosa che la blocca in posizione supina. E' allora che lo sente: un fruscio, c'è qualcuno lì con lei.
E' decisamente un incubo, il cuore accelera i battiti ma perché gli occhi non si vogliono aprire?
Avverte una scarica di ghiaccio lungo il braccio: incredibilmente il cuore si placa e c'è il nero dell'oblio pronto ad attenderla. Lo percepisce ma lotta, non vuole caderci. Si arrampica con tutte le sue forze ma è come scalare un muro ricoperto di melma viscida che la fa scivolare. Non le lascia alcun appiglio, anzi, le si appiccica addosso: le imbratta le mani, il viso; le copre gli occhi, si insinua nelle sue narici. Soffoca, soffoca.
- Suvvia, faccia una pausa: le offro un caffè!
E' proprio l'aroma di quella bevanda ad esploderle nel cervello e, chissà perché, poco prima di abbandonarsi all'oscurità le sembra di sentire le parole di un'Ave Maria.

§
 

Se il cercare fra le forze dell'ordine e i medici legali che, a loro tempo, si erano occupati dei casi Fitzwater e Greystoke non portò a nessuna corrispondenza in particolare, fra persone diverse o nomi privi di rilevanza, virare verso l'ambito giudiziario fece trillare un insistente campanello d'allarme.
Tuttavia , il terreno su cui i due detective - perché sì, Jackson era stato riammesso sul caso - stavano per muoversi era estremamente instabile, dato che il rischio di fare una mossa falsa ed inimicarsi l'intera procura era qualcosa che la centrale di polizia voleva, a tutti i costi, evitare.
Per questo avevano deciso di agire separati: il primo aveva optato per seguire la via professionale, mentre il secondo per quella personale.
Kristoff si presentò, così, in tribunale, dato che la sua visita in procura si era risolta con un buco nell'acqua.
Questa volta, tuttavia, non gli servì neanche raggiungere il bancone dell'accoglienza che un buffo ometto dai baffi bianchi gli si avvicinò trafelato.
«Scommetto che lei è il detective Bjorgman! » Affermò deciso, mostrandogli un sorriso bonario.
Kristoff inarcò un sopracciglio, stupito. «Sono io, sì... »
«Giudice Weselton. » Si presentò porgendogli la mano. «Ero molto amico dei genitori di sua moglie. »
Lui si illuminò. «Certo! Anna mi ha parlato di lei: mi scusi se non l'ho riconosciuta. »
«Non si preoccupi. Purtroppo non vedo Anna da anni ormai ma, per via del lavoro, ho avuto modo di mantenere i contatti con Elsa. » Rafforzò la stretta, che ancora non aveva abbandonato, con l'altra mano. « Come state? Siete riusciti a riprendervi un po' da quella brutta faccenda? »
Kristoff non fece fatica a comprendere a cosa si riferisse. «Ci proviamo. »
«Sono sicuro che ci riuscirete! E, come ho già detto ad Elsa, potete contare su di me per qualsiasi cosa. »
«Lei è molto gentile, grazie. »
«Mi dica: cosa la porta qui, oggi? » Gli chiese, poi, sinceramente curioso. «Lavoro? Cielo, spero nulla di personale... »
Il detective fece un mezzo sorriso imbarazzato. «Lavoro, lavoro: non ho nessun conto in sospeso con la legge. Anche perché sarebbe il colmo, non crede? »
Weselton si unì alla sua risatina «Il caso dei Fearling? La cattura di quei due ha dato i suoi frutti? »
«Forse... » Si tenne sul vago. «Per lo più acerbi, temo. Ero giusto venuto a chiedere aiuto per farli maturare. »
«Cercava qualcuno in particolare? »
«In effetti, sì!» Confessò, sulle spine. «Durante i nostri vari approfondimenti, abbiamo notato che il procuratore Frollo aveva seguito alcuni dei casi legati ai nostri omicidi. » Sospirò. «Speravamo potesse darci una mano ad uscire dal vicolo cieco in cui siamo incappati. »
Weselton annuì. «Sempre molto frustrante quando succede. » Si prese, poi, qualche secondo per pensare. «Se non sbaglio, Claude non aveva udienze oggi. E’ venuto presto, per alcuni documenti e se n’è andato subito. So che sembra incredibile dirlo ma, penso, avesse la giornata libera. »
«Sa, per caso, dove posso trovarlo? »
Il giudice scosse il capo. «Mi dispiace, non ha condiviso con me i suoi programmi. Ma, se posso darvi un consiglio spassionato, vi conviene prendere un appuntamento con la procura: Claude non ama particolarmente le sorprese. »
Kristoff annuì. «Questo è decisamente un ottimo consiglio, credo che lo seguiremo. Grazie. »

§

Dall’altra parte della città, Jackson aveva dato fondo a tutto il suo fascino per convincere la giovane concierge – dello stabile di lusso, dove il procuratore Frollo aveva un appartamento – che non era davvero necessario disturbarlo, avvisandolo che sarebbe salito, d’altra parte doveva solo consegnarli un documento che stava aspettando e no, non poteva mostrarglielo in quanto sotto segretezza assoluta. Ma la ragazza, una giovane rossa dalla capigliatura ribelle e dall’accento improbabile, non si era smossa di un millimetro: né davanti al suo distintivo, né davanti al suo sorriso più brillante.
Solo una geniale intuizione – in fin dei conti, non era detective capo solo per caso – gli aveva consentito di salire al piano senza essere annunciato: certo, parte del suo prossimo stipendio se ne sarebbe andato per l’acquisto di due biglietti in prima fila per una partita di hockey dei Bears ma, almeno, aveva raggiungo il suo scopo. Arrivato alla porta, però, si era ben presto accorto che tutti i suoi sforzi erano risultati vani: il procuratore Frollo non era in casa.
Dal sorriso che la ragazza gli aveva rivolto, quando era sceso per andarsene, aveva capito: lei lo sapeva.
Irritato per essersi fatto fregare come un pollo, prese il cellulare e selezionò il numero del suo compare fra le telefonate recenti. «Quanto credi sia sconveniente per un detective di polizia non mantenere la parola data? »
La voce di Kristoff trasecolò dall’altro lato.
Jack sbuffò. «Lascia perdere. Il procuratore Frollo non è nemmeno a casa… » Ascoltò per un attimo «Oh no, non credo proprio che aspettare di prendere appuntamento in procura sia una buona idea… Come possiamo rintracciarlo se nessuno sa dov’è? Bella domanda! Mmm… » Rimuginò, tamburellando un poco il piede sull’asfalto. «Beh, ma noi la persona adatta ce l’abbiamo! »
Scostò il telefono dall’orecchio, travolto dalle preoccupazioni del detective Bjorgman. «Lo so che è una faccenda delicata… No, non la metterò nei guai… Stai tranquillo, mi prenderò tutta la colpa, nel caso: lo sai. » Riagganciò che l’altro stava ancora blaterando.
Inspirò a fondo e selezionò un altro numero. «Principessa, ho un favore da chiederti. » Sorrise nel sentire la sua risposta. «Fai bene a non farti piacere il mio tono di voce: ti sto per chiedere una cosa molto delicata… Sì, per delicata intendo priva di qualsiasi autorizzazione. » Tirò le labbra di lato, mentre ascoltava i dubbi di lei. «Questa volta è la pista giusta! Ne sono convinto, ne siamo convinti! Abbiamo tenuto in considerazione tutto! » Annuì, anche se l’altra non poteva vederlo. «Ascolta, nell’improbabile caso che avessimo preso un granchio grosso come una casa -  e non l’abbiamo preso – dirò che ti ho costretta, mostrato un mandato falso, quello che vuoi. Se una testa dovrà cadere, sarà la mia. »
La ascoltò ancora per un attimo, poi, sorrise. «Quindi rintraccerai il suo telefono? »
Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte: una flebile esternazione positiva arrivò alle sue orecchie. «Sapevo di poter contare su di te, principessa! Appena hai novità, aggiornami subito. Io, intanto, raggiungo Kristoff. »

 §

«Dai, zia, fai la magia! »
Elsa alzò lo sguardo, protetto da trasparenti occhiali di plastica, verso la sorella che, ben aperta la porta del garage per fare entrare luce e aria, la ricambiò con un’espressione complice.
Perciò infilò una mano guantata in un sacchetto e si rivolse alla nipote, anche lei protetta da una versione ridotta di occhiali. «Pronta? »
Freja annuì estasiata, salterellando trepidante da un piede all’altro.
Quando il ghiaccio secco entrò in contatto con l’acqua bollente, una densa nuvola di fumo si levò dalla superficie e si sparse nel locale, sospinta verso l’esterno dalla corrente d’aria creata appositamente.
La bimba esplose in un gridolino estasiato per assumere, poi, un’aria tetra ma che, sul suo visino, risultava vagamente buffa. «Ecco che gli spiriti arrabbiati nascondono la foresta! » Disse con voce misteriosa. «Valoroso Signor Bunny, Cavalier Olaf: dobbiamo salvare i suoi abitanti! » E si buttò all’esterno, in mezzo alla rada nebbia artificiale.
Elsa si avvicinò alla sorella, ancora appoggiata all’ingresso del garage, lo sguardo concentrato su ogni mossa della piccola. «Le hai raccontato la storia della Foresta Incantata di papà? » Le chiese, con un sorriso malinconico.
«Sì! » Le rispose Anna, ricambiandolo. «Ma temo che, al momento, abbia una visione delle cose più simile alla tua che alla mia. » Sghignazzarono assieme nel ricordare come la maggiore si concentrasse sempre sul fattore avventura, mentre l’altra sull’amore. «Sei certa che questa cosa sia sicura, sì? » Le chiese, poi, vedendo la figlia lanciarsi verso un cumulo più denso degli altri.
«Certo: è all’aperto e le quantità sono ridotte. Nessun pericolo per, a quanto pare, un massimo divertimento. » La rassicurò, non riuscendo a nascondere un nuovo sorriso di fronte alle peripezie della nipote.
«Grazie. » Le disse Anna all’improvviso, stringendo le braccia al petto. «Aveva davvero bisogno di qualcosa di diverso dal solito. »
Elsa le posò una mano su una spalla, nel tentativo di darle un po’ di conforto. «Come sta andando? »
L’altra scosse appena il capo. «Non così male, in realtà, almeno credo. La notte è il momento più difficile per lei, il non averla sott’occhio è quello più difficile per me. Ho così paura che possa capitare di nuovo, capisci? »
Elsa annuì. «E’ normale, è passato ancora così poco tempo. Ma passerà vedrai, supererete tutto, ne sono certa. Così come sono sicura che non ricapiterà. »
Anna sorrise, confortata da quelle parole, mentre una lacrima di tensione le sfuggiva dalle ciglia. «Chi l’avrebbe mai detto che sarei stata in debito a vita con l’idiota? » Buttò lì, mascherando con una mezza risata quel singhiozzo che le era salito dalla gola, abbandonandosi al suo fianco, in cerca di un abbraccio.
Per quanto cercò di dissimulare la cosa, il solo riferimento a Jack causò in Elsa un’impercettibile rigidità. Anna, però, conosceva bene la sorella per non scorgerla, tanto più ora che erano a stretto contatto. «Ho detto qualcosa che non va? » Chiese, inarcando le sopracciglia perplessa.
«Niente… » Cercò di tagliare corto l’altra.
«E’ uno dei tuoi soliti niente che vuol dire tutto? » Oh sì, decisamente troppo bene. «Che cosa ha combinato questa volta? »
Elsa si morse il labbro inferiore, nervosa. «Abbiamo litigato. »
Anna sgranò gli occhi. «Litigat… Come? Quando? »
«E’ venuto a casa mia, un paio di sere fa. »
«A casa tua?!? » Continuò l’altra, sempre più agitata: tanto che si allontanò dal suo abbraccio quasi saltando, in un modo sin troppo simile a quello della figlia.
«Credo che abbia una relazione con l’agente Sunlight. » Bloccò sul nascere ogni sua possibile errata conclusione.
Anna rimase senza parole per un attimo, il che la stupì non poco. «Con Punzie? » Disse dopo qualche secondo, stranita anche al solo pensiero. «E’ poco più di una ragazzina… »
«Una ragazzina molto carina. » Precisò l’altra.
«Cosa ti fa pensare che stiano insieme? »
«Quando sono andata a trovarlo in ospedale, lei era già da lui. Li ho visti baciarsi… »
«Baciarsi?!? » Esclamò. «Lo ha fatto di nuovo? » Strinse i denti, ripensando al loro passato.
Elsa annuì. «Almeno credo… »
«Credi? » La incalzò la sorella. «Lui che ti ha detto al riguardo? »
«Che sono solo colleghi ed amici… »
«E non pensi possa essere la verità? Elsa, dai, non puoi non esserti accorta che è pazzo di te: non lo vedi come ti guarda? »
«Come mi guarda? » Chiese, sperando di dissimulare, con un certo tono di noncuranza, l’effettiva curiosità che le solleticava il petto.
«Come un uomo innamorato, zuccona! » le svelò, avvicinandosi nuovamente per poterle dare un deciso buffetto sulla fronte. «E anche come un uomo che non vede l’ora di recuperare tutto il tempo perso, non so se mi spiego. »
«Anna! »
«Che c’è? » Ridacchiò quella. «Hai ragione, Punzie è molto carina ma non può, di certo, competere con una Regina dei Ghiacci come te!»
Elsa si portò una mano a coprire la risatina che le era salita spontanea alle labbra. «Regina dei Ghiacci? »
«Beh sì, mi pare lampante che – fra le due – la più focosa e passionale sia sempre stata io… » Si pavoneggiò, portando una mano a lisciarsi i capelli ramati, giusto per rimarcare il concetto.
«Ah sì? » Le rispose l’altra, alzando un sopracciglio. «E questo l’hai stabilito come? Di certo non puoi saperlo… » Stette al gioco, maliziosa.
Anna spalancò la bocca stupita. «Stai davvero rispondendo alle mie battute a sfondo sessuale? Oh mamma, ti devo sembrare proprio un caso disperato! »
Elsa alzò gli occhi al cielo e ricambiò il colpetto in fronte di poco prima. «Ma quanto sai essere sciocca? »
In tutta risposta, l’altra le si buttò fra le braccia. «Elsa? » Le mormorò sul petto.
«Mmh? »
«Ti voglio bene. »

 §


L'indagine clandestina di Rapunzel aveva generato un risultato a metà: era riuscita a rintracciare gli spostamenti del procuratore Claude Frollo ma, con estremo disappunto di tutti e tre, il dispositivo era sparito da ore, dopo essersi connesso ad un'ultima cella verso i boschi fuori città. Sebbene la zona non fosse particolarmente coperta, non risultava neanche del tutto priva di segnale, perciò c'era una spiegazione soltanto: aveva spento il telefono.
La portiera dell'auto rimbombò nel silenzio degli alberi, non avrebbero potuto più utilizzarla per andare avanti.
«Seriamente, Jack: cosa ci facciamo qui? » Chiese Kristoff, guardandosi attorno. «Siamo nel bel mezzo del nulla. »
Jackson scrutò lo schermo del cellulare, studiando con attenzione l'immagine satellitare della zona appena condivisa da Punzie. «Nulla che nasconde un rifugio di caccia dove, sono sicuro, si trova il nostro uomo. »
«E una volta trovato cosa gli diremo? Procuratore, la caccia all'alce in questo periodo dell'anno è vietata: la dichiaro in arresto! » Si grattò la nuca, nervoso. «Finiremo in un mare di guai per questo, me lo sento. »
Il detective Overland sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo. «Il procuratore Frollo è alla stregua di una macchina nel suo lavoro: nella sua carriera ha sempre - e dico sempre - ottenuto la massima pena per tutti i suoi indiziati. Eppure, quando era ancora agli inizi, ha macchiato indelebilmente il suo curriculum di vittorie. Ti va di ricordarmi di quale caso parliamo? »
«L'omicidio dei signori Greystoke. In più ha supervisionato anche il processo Fitzwater... » Grugnì in risposta.
«Esatto! » Lo incalzò l'altro. «Aveva un solo modo per pulire questa macchia e ha, per qualche motivo, trovato il coraggio di farlo: si è trasformato in giustiziere, il capo dei Fearling. Sa esattamente come la polizia lavora, gli iter che dobbiamo seguire, i metodi della scientifica e dei medici legali: tutto! E' un uomo colto, con rudimenti di chimica e medicina, da sempre circondato da criminali e ha abbastanza soldi da comprarsi tutto il distretto, non solo la De Vil e i suoi scagnozzi. » Si portò le mani ai fianchi. «Eppure mi sembravi convinto tanto quanto me. »
«Lo sono, infatti! » Ribatté Kristoff. «Ma ciò non toglie che non abbiamo uno straccio di prova, solo ferme supposizioni. »
«Sono sicuro che questo rifugio ci darà le risposte che cerchiamo: d'altra parte, dubito molto che abbia ucciso le sue vittime nel suo appartamento, no? »
Il detective Bjorgman fu colto da un'intuizione che lo fece tremare. «Se così fosse, perché è qui? Potrebbe non essere solo... »
«Motivo in più per sbrigarci! »
«Tu giochi con il fuoco: è il fiore all'occhiello della procura. »
Jackson ghignò. «Mi piacciono le sfide, che vuoi farci? » Gli disse, prima di addentrarsi nel fitto degli alberi.
«A me no. » Borbottò Kristoff, nonostante il suo compagno non potesse più udirlo. Lo seguì comunque.

 §


La giovane donna uscì dall'oblio, richiamata come da tante piccole formiche che le percorrevano curiose una gamba e le solleticavano il collo. Quando avvertì due narici aspirare profondamente il profumo dei suoi capelli, però, capì: non erano insetti a lambire la sua pelle ma le dita di una mano. Sgranò gli occhi, in preda al terrore.
«Ti sei svegliata, di nuovo. » Disse una roca voce di uomo al suo fianco.
Questa volta si ritrovò abbastanza lucida da riconoscerla. «Procuratore... » Sussurrò, la gola quasi chiusa dalla paura. Provò ad alzarsi dalla fredda superficie su cui era sdraiata, ma si riscoprì bloccata da alcune fascette di plastica. «Perché sono qui? Che cosa vuole da me? »
«Perché hai peccato, zingara. »
«Peccato? » Ribatté, provando a divincolarsi ma sempre invano. «Ho un lavoro onesto in tribunale, lo sa bene. »
La luce era poca e flebile, ronzante. L'ombra la faceva da padrona, scorgerne l'espressione era pressoché impossibile, ma il ghigno sulla sua faccia se lo poteva quasi immaginare.
«Quelle come te peccano sempre. »
«Quelle come me? » Chiese, la voce incrinata.
«Uscite dall'Inferno per tentare gli uomini di fede e giustizia - come sono io - e portarli alla perdizione. Siete come sirene ammaliatrici lungo la strada della dannazione eterna. » Le afferrò il mento con una mano. «Che colpe ho io, zingara, se non so resisterti? »
Lei scosse il capo di colpo, per liberarsi: gli sputò in faccia. Dal verso di disgusto che gli sfuggì dalle labbra, capì di averlo colpito. «Resistermi? Io non ho mai fatto nulla per tentarla, sono stata solo gentile, come con chiunque altro. Se si comporta così è, unicamente, perché è un animale: ecco cosa è. »
Claude Frollo sghignazzò. «Sentiti! Questo fuoco che ti brucia dentro, anche ora che sei in trappola, non può che essere quello del demonio! »
«Voi siete pazzo! » Gli urlò contro, riprendendo la sua lotta per la fuga, ferendosi la pelle ambrata.
«Pazzo di te, zingara: diventa mia o morirai! »
La giovane donna soppesò quelle parole, poi, aprì la bocca e urlò. «Aiuto! Qualcuno mi aiuti, vi prego! »
Un manrovescio la colpì dritta sul viso. «E' inutile che gridi, meretrice. Nessuno ti troverà, qui. » Le tappò la bocca con una mano, il viso stravolto dalla collera. «Dunque hai scelto la morte. » Le soffiò sugli occhi sgranati dal terrore. «Sappi che mi divertirò con te. Sarà soddisfacente tanto quanto... » Si bloccò, l'altra mano ad un soffio dal suo bassoventre.
Le liberò la testa e si allungò verso un tavolino lì vicino. Quando si voltò di nuovo verso di lei, fra le dita guantate stringeva una siringa.
«Qualcuno mi aiuti... » sussurrò nuovamente, ormai rassegnata al suo destino.
«Neanche Dio può aiutarti, zingara: perché questo è il suo disegno per te! »
Ma, prima che riuscisse a calare l'ago nella sua carne, un fascio di luce li investì in pieno.
«Procuratore Frollo, la getti! » Gli intimò Kristoff, la pistola puntata su di lui.
«Sappiamo cosa ha fatto: lasci andare la ragazza e si arrenda! » Lo incalzò Jackson, tenendolo sotto tiro a sua volta.
Claude Frollo sbatté le palpebre per un attimo, disorientato da quel cambio repentino di luminosità. Quando comprese l'inutilità del suo timore, dacché quella luce non aveva nulla di divino ma era semplicemente frutto dell'arrivo di due sciocchi poliziotti, ghignò in risposta e calò il fendente.
Fu allora che Kristoff sparò: non avrebbe saputo dire se l'avesse preso in pieno o di striscio, poiché il procuratore indossava un'ampia tunica nera, inquietante memento del suo potere, ma non poté indagare meglio perché, se lui era forte il suo compagno era veloce, e - prima ancora che potesse rendersene conto - si era già lanciato sul sospettato in una serrata lotta per disarmarlo.
Jackson era più giovane e più lesto ma Claude era atletico per la sua età e, scoperto, non aveva più niente da perdere: riuscì ad assestargli una testata, facendogli abbassare la guardia, cercando di approfittarne per colpirlo con l'ago della siringa. Il detective, fortunatamente, riuscì a bloccarlo: l'ago gli lambì la pelle del collo ma non la penetrò.
Con un fendente improvviso, colpì il gomito del procuratore, facendogli allentare la presa: la siringa gli scivolò di mano. D'istinto la fece diventare una sua arma e la calò sulla spalla di Claude Frollo vuotandone il contenuto; per colpirlo, poi, con un pugno dritto in faccia.
L'altro crollò a terra, immobile.
Tirò il fiato per un secondo soltanto. «Kristoff! La ragazza! » Gridò e, in un attimo, le furono entrambi al fianco.
«Ehi! Tranquilla, ci siamo noi adesso. » le disse quello, cercando di darle un po' di conforto: quella giovane tutto sembrava tranne che una criminale. «Come ti chiami? » Le chiese, armeggiando con il suo fidato coltello che non abbandonava mai in caso di avventure nei boschi. La prima fascetta cedette.
«Esmeralda... » Gli rispose, massaggiandosi il polso, ora che anche l'altro era stato liberato.
«Esmeralda. » Ripeté lui con un sorriso. «Ora ti portiamo fuori di qui. Ce la fai a camminare? »
Lei annuì ma, quando cercò di portarsi a sedere, un forte capogiro la costrinse a sdraiarsi nuovamente, soffocando a stento un conato di vomito.
«Dobbiamo portarla noi. » Concluse Jackson: chissà che cosa le aveva dato quel bastardo.
«Ve ne andate così presto? » Gracchiò la voce del procuratore: il viso stravolto, lo sguardo spiritato. La droga era entrata in circolo. Nel vedere il fucile che teneva fra le mani, tremarono: era un rifugio di caccia, come avevano potuto essere così sciocchi da non pensare che potesse essere armato? Senza aspettare oltre, sparò.
L'istinto, nient'altro che quello, guidò Kristoff nel proteggere Jackson ed Esmeralda, ancora troppo esposti per salvarsi: venne colpito in pieno petto.
Jack registrò a malapena l'urlo della ragazza al suo fianco, la fece scivolare ai piedi del bancone e ci trascinò anche il corpo inerme del suo compagno, mettendoli al riparo: un altro colpo saettò sulle loro teste.
«Ehi, amico, non farmi scherzi: dimmi che ci sei! » lo implorò, preoccupato.
Quello tossì in risposta. «Giubbotto antiproiettile... » balbettò con un mezzo sorriso: era provato ma sembrava cavarsela.
Jack tirò un sospiro di sollievo. «Ok che eri in debito ma non c'era bisogno di essere così plateali, per rimetterti in pari. » Ghignò, prima di rivolgersi ad Esmeralda. «Te lo affido, state qui dietro al riparo: al nostro pazzo ci penso io! » Caricò la pistola e uscì dal nascondiglio, scaricò alcuni colpi come diversivo e si spostò in un altro punto: doveva allontanare Frollo da quei due ad ogni costo.
Nel suo folle delirio, infatti, il procuratore sembrava comunque sparare con una certa lucidità, doveva essere davvero un cacciatore invidiabile per essere così preciso anche sotto agli effetti della droga.
«Egli castigherà i perversi... » Sentenziò, caricando ancora una volta il suo fucile, nascosto dal raggio di tiro del detective. «E li precipiterà in una voragine di fiamme! »
Jack capì troppo tardi a cosa si riferisse quell'apparente frase senza senso: riuscì a malapena a gridare: «Giù! » Sperando che Esmeralda e Kristoff lo sentissero. Il proiettile colpì la bombola del gas sul fondo dell'interrato: ci fu un'esplosione e tutto fu buio.

Il detective Overland recuperò i sensi e, per un attimo, gli sembrò di essere davvero precipitato all'Inferno: c'erano fiamme e un denso fumo nero dappertutto e le urla, Dio, erano strazianti. Tossì un paio di volte e aprì gli occhi lacrimosi per rendersi conto che quelle grida non erano che i terribili lamenti di dolore della figura del procuratore Frollo che andava a fuoco, la sua tunica completamente avvolta dalle fiamme.
Si alzò a fatica e tornò dove aveva lasciato il suo compagno e la ragazza, fortunatamente salvi. Si tastò la testa, nel vano tentativo di ordinare alle orecchie di smettere di fischiare: la mano gli si sporcò di sangue. Con le ultime forze rimastegli, cercò di rimettere in piedi Kristoff e, assieme, trascinarono fuori Esmeralda, ancora troppo esausta.
Caracollarono poco distanti, il telefono in una mano a chiamare i soccorsi: il rifugio stava ancora bruciando.

 §


La dottoressa Bleket e la sua assistente Jane Porter arrivarono al rifugio di caccia che i vigili del fuoco, assieme alle guardie forestali, avevano già domato l'incendio: del modesto edificio era rimasto ben poco, sventrato a metà dall'esplosione nel sottosuolo, i detriti sparsi ovunque.
Kristoff, Jackson e l'inserviente del tribunale, che avevano salvato, erano stati portati d'urgenza all'ospedale più vicino ma le loro condizioni erano stabili e non sembravano critiche. Era chiaro che qualcuno non avesse imparato niente dalle sue recenti disavventure e qualcun altro gli era andato dietro.
Dalla ricostruzione che i due agenti le riportarono, Elsa scoprì che i due detective avevano raggiunto il rifugio dopo essersi convinti che Claude Frollo fosse il loro uomo. Non avevano specificato, ancora, come avessero fatto a rintracciarlo ma era piuttosto sicura che sotto ci fosse lo zampino dell'agente Sunlight.
Per quanto le costasse ammetterlo, le era chiaro perché i due idioti avessero deciso di agire così: non avrebbero mai ricevuto il giusto supporto nell'accusare il procuratore sulla base di prove indiziarie, anzi, avrebbero rischiato di vedere bloccate le loro azioni sul nascere. Quello che non le andava giù era il non essere stata messa al corrente dei loro piani, visto che quello era anche il suo caso e gli aveva sempre fornito la massima collaborazione: ok, con Jack non si parlava ma Kristoff...
Rilasciò un piccolo sbuffo, quello non era il momento di pensarci, doveva concentrarsi. Si infilò i guanti e invitò la sua assistente a seguirla. Se c'era una cosa nella sua carriera a cui non si era mai abituata era l'odore della carne umana bruciata. Si portò una mano al viso, nella speranza che il profumo che aveva sul polso potesse mitigare quella morsa che le stringeva lo stomaco. Da come serrava le labbra, si accorse che Jane era in difficoltà. Guardando il cadavere del procuratore Claude Frollo non poteva darle torto. Le conseguenze degli impatti da energia termica erano devastanti: il corpo era completamente ricoperto da ustioni di vario grado che, in più parti, raggiungevano lo status di carbonizzazione. Non era immediato distinguere dove finisse la carne e cominciassero i rimasugli degli abiti che l'uomo indossava. La cosa più inquietante di tutte, però, era la testa dove il fuoco aveva reso il teschio ben visibile fra i tessuti sciolti, le orbite vuote e gelatinose, qualche capello ustionato superstite e quel ghigno inquietante dei denti esposti.
«Convengo che non sia facile ma ti chiedo lo sforzo di resistere. Non dobbiamo lasciarci sfuggire nemmeno un dettaglio. Non voglio rischiare che la nostra ricostruzione non combaci con la versione di Jack e Kristoff. »
Jane inarcò un sopracciglio. «Pensi che possano metterla in discussione? »
Elsa le fece segno di fotografare alcuni particolari. «Stiamo pur sempre parlando della punta di diamante della procura. Non mi stupirebbe se, ad esempio, mi affiancassero un altro medico legale dato che Kristoff è mio cognato. Il fatto, che il caso dei Fearling fosse mio, ci ha permesso di essere più rapide di una qualsiasi possibile reazione ma è meglio essere preparate. »
«Era un pazzo! » Esclamò l'altra, guardando con una smorfia di disgusto il risultato di un primo piano. «Stava per uccidere una ragazza innocente. »
«Che l'abbiano salvata, oltre ad essere un'ottima notizia, è anche cruciale: non potranno mettere in discussione la sua testimonianza più di tanto... »
«Questo non ha senso. »
Elsa scosse il capo. «Credi davvero che lavorare per la giustizia sia garanzia dell'essere privi di orgoglio, ambizione e vendetta? » E, per un attimo, non poté fare a meno di pensare a tutte quelle sensazioni negative che, nelle sue collaborazioni con lui, il procuratore Frollo le aveva sempre inviato.
«Dottoressa Bleket! » La richiamò un ragazzo della scientifica. «Venga qui! Abbiamo trovato quel che resta della siringa menzionata dal detective Overland. »
Li raggiunse solerte. «Ottimo! Classificatela e mandatela subito ad analizzare: se ha tracce di fenilciclidina sarà un passo in più per dimostrare che Claude Frollo fosse davvero il capo dei Fearling. »
In quel momento, una vibrazione insistente - proveniente dalla sua borsetta - la costrinse ad allontanarsi un poco. «Anna? » Rispose allarmata. «E' successo qualcosa a Kristoff? E' peggiorato? » L'altra la inondò di parole concitate. «Calmati, non capisco se parli così veloce: c'è poco campo qui. » Le stesse parole le vennero ripetute con più calma. «Che cosa hai detto? »


 §


Davanti alla porta divelta di quella che era stata la casa della loro infanzia, le due sorelle non poterono altro che farsi coraggio ed entrare per valutare la scia dei danni che quei balordi si erano lasciati alle spalle, una volta scoperto che di valore, in quella casa, non era rimasto praticamente nulla. Restarono strette e in silenzio nel vedere le poltrone e i divani, del grande salone, stracciati. I vetri dei portafoto in milioni di pezzi, il tavolino distrutto.
Salirono con il cuore in gola per constatare che, purtroppo, neanche il piano superiore era scampato alla loro furia. Entrare nella camera dei loro genitori straziò il cuore di entrambe.
Elsa si fece forza e trascinò la sorella in quella che era stata la sua camera: non avevano risparmiato nulla, neppure i pupazzi.
«Ehi, guarda! » Le disse, lo sguardo puntato sul loro vecchio baule dei giochi: il coperchio in legno era stato divelto ma il resto era ancora intero.
«Te lo ricordi questo? » Le chiese, mentre un sorriso malinconico le increspava le labbra.
«Sì! » Annuì Anna, lo sguardo acceso dal solito sentimento. «Funzionerà ancora? »
Elsa si abbassò. «Non ci resta che scoprirlo. » Fece scivolare una mano lungo il bordo: ci fu un piccolo scatto e uno scompartimento nascosto si aprì. «Guarda un po'! »
Le passò i fogli che c'erano dentro: disegni per la migliore sorella del mondo e omini di neve ovunque, c'era anche un piccolo portachiavi. «Vedi? Se i pupazzi di neve mi piacciono tanto, è solo colpa tua! »
Anna si strinse nelle spalle e, nonostante tutto, trovò la forza di sorridere. «Andiamo a vedere cosa c'è nel mio? »
A differenza di quello della sorella, dipinto sui chiari toni del blu, il suo era colorato su quelli del verde ma aveva le stesse dimensioni e lo stesso identico meccanismo nascosto. Anche quello non si era sottratto alla furia vandalica, dato che lo trovarono completamente capovolto e fuori posto ma, anche in questo caso, il loro comparto segreto aveva retto egregiamente alle angherie.
Lo girarono assieme, una da un lato e una dall'altro. Quando Anna lo fece scattare, però, le sue sopracciglia si inarcarono stupite. «E questi? »

 §

Quando Jack vide la figura di Elsa ad attenderlo dietro allo spioncino, non poté fare a meno di sospirare prima di andare ad aprire. «Sei venuta perché ti sei pentita di avermi cacciato? » La accolse, tutt'altro che compiacente.
Lei lo guardò dritto negli occhi. «Hai intenzione di scusarti per quello che mi hai detto? »
«No. »
«In questo caso non ho alcun ripensamento. »
Il detective alzò le spalle. «Allora perché sei venuta? Vista la mia incredibile influenza sulla tua acidità di stomaco... »
Elsa sospirò stanca. «Credo tu possa immaginare cosa significhi per me essere qui. Possiamo, per una volta, mettere da parte qualunque cosa siamo e comportarci come semplici colleghi ed amici? »
Jack anelava ad essere amico di Elsa tanto quanto prendersi una pallottola dritta in fronte: qualunque cosa siamo. Si fece da parte. «Prego... »
Lei entrò e, solo in quel momento, aprì le braccia che teneva strette al petto e le portò lungo i fianchi, con un breve fruscio di carta. «Come stai? »
L'altro inarcò le sopracciglia. «Bene. » Rispose, sorpreso di quella improvvisa premura. «Ho firmato per venire a casa: per un po', ho dato con gli ospedali. » Ghignò appena, tastandosi la fronte fasciata. «Cos'hai lì? » Chiese, poi, sinceramente curioso: era, di sicuro, per quello che era venuta.
«Hai saputo che cosa è successo alla casa dei nostri genitori? » Lo vide annuire dispiaciuto. «Io e Anna siamo andate a controllare l'entità dei danni. » Gonfiò il petto. «Hanno distrutto tutto ma, nel girare fra una stanza e l'altra, abbiamo trovato questi. »
«Cosa sono? » Chiese, mentre prendeva fra le mani la busta che lei gli stava porgendo.
«Guardalo da solo, per favore. Voglio sapere cosa ne pensi tu. » Gli rispose, mordendosi un labbro.
Era maledettamente nervosa e, con tutta probabilità, anche un po' disperata per essere lì, nonostante il loro ultimo litigio. Annuì. «Siediti qui. » La invitò, accompagnandola verso il divano.
Elsa obbedì, mentre lo osservava estrarre i documenti dalla busta e dirigersi verso la cucina. Ne tornò poco dopo e le si sedette accanto, passandole senza nemmeno guardarla - completamente assorto dalla lettura - una bottiglia di birra ghiacciata. La accettò con gratitudine e rimase in trepidante attesa di un suo riscontro.
«I tuoi stavano seguendo un caso? » Le chiese dopo quello che parve un interminabile momento. «Come mai questi documenti sono saltati fuori solo ora? »
«Erano nascosti in camera di Anna. Io e lei avevano dei bauli dove tenevano i nostri giochi. Entrambi avevano uno scompartimento segreto dove ci lasciavamo dei messaggi o piccoli regali: è lì che li abbiamo trovati. » Deglutì. «Hai visto la data degli appunti? »
Jack annuì cupo. «Risale a poco prima del loro incidente... »
Elsa cercò di dare aria a tutti quei pensieri che stava cercando di mettere a tacere fin da quando era entrata, ma la mano di lui le si posò sulla bocca, a zittirla, bloccandola in un rossore che, forse, non arrivava solo dall'eccitazione della scoperta o dall'alcol della birra.
«Stavano indagando su qualcosa, qualcosa di grosso... » Le spiegò la sua teoria, senza lasciare che lei lo influenzasse con la propria. «Indagavano da soli, non si fidavano di nessuno e avevano paura di essere stati scoperti: altrimenti non avrebbero nascosto questi in un posto così inusuale. »
Lei annuì e il sfiorargli la pelle con le labbra le fece uno strano effetto: non disse niente e aspettò che continuasse, in trepidazione.
«Stai pensando che, chiunque abbia distrutto casa vostra, non fossero semplici ladri ma fossero lì per questi, perché potrebbero essere la prova di quello che sospetti da sempre: la morte dei tuoi genitori non è stata un incidente. »
«E' così! » Si drizzò sul divano, ormai incapace di trattenersi. «E' sempre stato tutto troppo sospetto: nessun testimone, telecamere fuori uso, dinamiche incerte, autopsia frettolosa... » Le lacrime le salirono agli occhi. «Li hanno uccisi... » Disse a fatica, un nodo alla gola. «Li hanno uccisi prima che potessero portare a termine le loro indagini. »
Jackson scattò ancor prima di rendersi effettivamente conto di quel che stesse facendo, offrendole il conforto delle sue braccia. Inaspettatamente, lei accettò quel segno di tregua, travolta dal proprio dolore e ricambiò la sua stretta, bagnandogli la maglia del pigiama.
Nel sentirla singhiozzare, Jack inghiottì una buona dose d'orgoglio, la strinse ancora di più e abbassò il capo per lasciarle un bacio fra i capelli.
«Perché pensi che si siano mossi adesso? Dopo tutto questo tempo. » Le chiese, continuando a cullarla ma cercando di catalizzare quei cupi sentimenti verso un obiettivo.
Elsa tirò sul col naso: per quanto le costasse ammetterlo, se c'era una persona con cui poteva mostrare tranquillamente il suo lato meno elegante, ad esclusione della sorella, era proprio l'uomo che aveva di fronte. «L'unica cosa che mi può venire in mente, è l'idea di Anna di vendere la casa... »
Lui inarcò le sopracciglia. «Vi eravate decise alla fine? »
«In realtà, no. Ma come io ne ho parlato con te, lei lo avrà fatto con qualche amica, così come Kristoff: le voci girano. Tu... » Alzò lo sguardo, la domanda negli occhi ancor prima che sulle labbra.
«Non l'ho detto a nessuno. » Le confermò, un pelo risentito per quel sospetto. «Non era già stata perquisita all'epoca? »
«Sì ma, in particolare, si concentrarono sul loro studio, il resto della casa fu controllato sommariamente. Pensavano a qualche regolamento di conti con qualche famiglia criminale ostacolata dal loro lavoro: non trovarono niente. Almeno così ci dissero. »
«Anche se, al momento, sembrano criptici, questi documenti devono essere fondamentali per la soluzione del caso, altrimenti non li avrebbero nascosti con così tanta cura. »
Elsa si staccò un poco, per guardarlo negli occhi. «Stai dicendo che mi aiuterai? »
Lo vide inspirare a fondo prima di rispondere. «Perché sei venuta da me e non sei andata da Kristoff? »
«Io... » Balbettò, presa in contropiede. « Con tutto quello che hanno passato, non volevo dargli ulteriori pensieri. » Distolse lo sguardo. «Anna vuole che vada avanti, che lasci perdere. Non capisce, non ha mai capito... » Riportò lo sguardo nel suo. «Tu sì. »
Jack scosse appena la testa, arruffandosi i capelli come faceva ogni volta che era combattuto sul prendere una decisione piuttosto che un'altra. «Ti aiuterò. »
Lei, finalmente, sorrise, mettendo da parte i singhiozzi. Si allungò un poco, quel tanto che bastava per arrivare a posare le labbra sulla sua guancia. «Grazie. »



E no, non è ancora finita!
Ma ciao! Sono abbastanza incredula di me stessa per essere riuscita a partorire questo capitolo in tempi, tutto sommato, in linea con le pubblicazioni iniziali.
Sarà stato il momento topico da descrivere ma non riuscivo a pensare ad altro, con buona pace delle ore di sonno perse.
Come avrete notato, è più lungo degli altri ma, converrete con me, che ci fosse veramente tanto da dire: ebbene sì, il nostro pazzo assassino di assassini pare che fosse proprio il fiore all'occhiello della procura e qualcuno di voi si era fatto venire i giusti dubbi.
Inizialmente non era previsto l'inserimento di Esmeralda ma, dopo che mi è stata nominata da Spirit, ci ho rimuginato un sacco e, alla fine, ho pensato che non ci fosse modo migliore per far cadere il procuratore, sempre così attento con tutto ma non con la sua ossessione per lei.
Per sicurezza, preciso che non condivido assolutamente tutto quello che Frollo dice (e fa) nei confronti di Esmeralda.
Anche se avevo detto a Teony che Merida non sarebbe apparsa, alla fine c'è stato uno spazio per un suo piccolo cameo, dove - anche senza essere stata nominata - ha dato del filo da torcere al nostro Jack. Spero vi abbia fatto piacere!
Jack che non ha proprio imparato a non rischiare l'osso del collo, anzi, si è trascinato dietro Kristoff.
E, incredibile ma vero, Elsa (sì, proprio lei!) sembra aver messo un attimo da parte l'ascia di guerra! Miracolo!
Come dite? Che fine ha fatto Pitch? Non preoccupatevi, non mi sono dimenticata di lui... d'altra parte, questo non è l'ultimo capitolo ù_ù.
Grazie davvero per aver letto fino a qui (note deliranti comprese) e per tutto il supporto che mi date! <3
Spero davvero che questo nuovo tassello vi sia piaciuto.
Un abbraccio e alla prossima (che come sempre arriverà!)
Cida

  
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