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Autore: DanceLikeAnHippogriff    24/05/2023    0 recensioni
Il silenzio, l'arma più forte di cui si è servita per tutta la vita, può ben poco quando incontra un silenzio altrettanto testardo. Compagni di viaggio improbabili, forse opposti, eppure accomunati dalla necessità e una strana amicizia. O meglio, questo è quello che spera Asra, ancora scombussolata da una rocambolesca fuga dalla città che, con crudele ironia, l'ha tenuta tenuta rinchiusa e al contempo ignorata per anni.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I Figli delle Stelle'
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Lo guardò con la coda dell’occhio e si sorprese a studiare le emozioni nascoste dietro quel volto composto. Waseem stava seduto nella cuccetta di fronte alla sua, immobile e statuario come una delle miriadi di colonne monumentali del palazzo di Shuruq, intento a saggiare la stoffa della veste che gli aveva confezionato, il pollice che passava con una delicatezza inaspettata sui ricami degli orli.

Un servo qualunque, per chi lo guardava da fuori e lo sfiorava con occhiate blande, se non sprezzanti. Lo sfregiato, inviso anche dalla stessa servitù che lavorava con lui nelle cucine. Un uomo di poche parole, a primo acchito forse scontroso, a cui era difficile strappare reazioni minime, figurarsi eclatanti. Diligente e instancabile come i golem delle antiche leggende, annidati nelle rovine di templi dimenticati, e forse anche per questo così isolato dal resto del mondo.

Il suo salvatore, che non aveva esitato a macchiarsi le mani di sangue per lei, ai cancelli del palazzo, per poterle donare la libertà che tanto agognava. Un dono per cui si era detto disposto a morire, quella notte di luna piena.

Un amico…

Anche se era riverberata solo nella sua mente, le suonò comunque alle orecchie come tremolante di un misero autoconvincimento. Ma quella era la sua speranza; nonostante la reverenza che le riservava, il rispetto che le portava, il modo in cui la chiamava “Mia signora”. Perfino quando gli aveva fatto notare con un lieve sorriso, celando l’amarezza che le avvelenava la gola, che a lei non era dovuto, l’uomo aveva ribattuto che la nobiltà risiede nell’animo e non nel lignaggio. E che per lui, Asra era degna di rispetto.

Non aveva menzionato nemmeno una volta, da quando l’aveva conosciuta, il fatto che era una tiefling. Benedetta dalla Luna, certo, ma non di meno toccata dal Vuoto. Eppure, per lui sembrava non contare e alimentava così quella flebile fiamma che Asra aveva tenuto accesa nel petto per tutti quegli anni. Per la prima volta da quando aveva lasciato la gentilezza, il calore e le storie della nonna paterna, le era sembrato di tornare a respirare. Con lui, il mondo sembrava prendere un colore diverso, più vivido, rendendo fisiche cose e persone che fino ad allora l’avevano attorniata danzandole grottescamente accanto come disgustose ombre di marionette. La realtà tornava filtrando dalle crepe del mondo ovattato che si era costruita attorno per tenerlo a bada, lontano da lei, dove non poteva farle male, dove sguardi e sussurri non la sfioravano. La costante nausea che provava si era placata, lasciando spazio a emozioni che aveva sopito da tempo immemore tra gli strati delle maschere che aveva imparato a indossare con grazia e naturalezza.

Il suo sguardo seguì il movimento delle dita di Waseem, il respiro silenzioso perfino per le proprie orecchie, le gambe lievemente inclinate con grazia alla giusta angolazione per farle apparire più affusolate e lunghe di quanto non fossero. La coda adagiata in una morbida voluta alle sue spalle, immota. Le mani poggiate in grembo, le spalle dritte eppure non rigide. L’unico elemento che stonava con quel quadro erano gli occhi che si spostavano dalle mani dell’uomo al suo volto con lentezza.

Ogni parte di sé, dalla punta delle corna incurvate dolcemente a mezzaluna fino ai reconditi recessi del suo animo, era stata plasmata, limata, rifinita per essere l’immagine della perfezione. Suo padre la guardava e vedeva in lei il successo del proprio lignaggio solo per poi spedirla senza troppe cerimonie in una città sconosciuta in mezzo a gente che sapeva di essere migliore di lei e che non si faceva problemi a ricordarglielo. Sua madre la guardava e spostava poi lo sguardo sul fratello maggiore, Nuray, luce dei suoi occhi; quel poco che vedeva di Asra sembrava non preoccuparla minimamente. Emre la guardava coi suoi occhi grandi e scuri come la notte, rivolgendole i suoi sorrisi sdentati e tendendo le manine paffute verso di lei, quando glielo lasciavano vedere; ricordava poco altro del fratello minore. Sua nonna, la sua cara e dolce Isra, la guardava e vedeva una bambina, sangue del suo sangue, che portava in sé il segno di un antico dolore e per questo la amava.

Waseem la guardava e vedeva colei che gli aveva salvato la vita e la sua Signora. Ironico come l’unico che le avesse riservato un briciolo di umanità era lo stesso che si ostinava a tenerla garbatamente a distanza. Sentì un moto di rabbia bruciarle il petto, strisciarle su per la gola come un groviglio di serpenti velenosi e la sua coda ebbe un moto di stizza che non si curò di reprimere se non una frazione di secondo più tardi.

Perché sono diversa anche per te?

Sbatté le palpebre, istupidita da quel repentino pensiero, e abbassò lo sguardo a terra sentendosi stranamente intorpidita, dolorante. Poteva sentire sulla lingua il retrogusto amaro della delusione e i cocci taglienti della sua speranza infranta. Cosa sperava, poi? Allontanarsi da quella gabbia dorata, dalle cupole splendenti e accecanti di Shuruq, non avrebbe certo cambiato cos’era. Non lo avrebbe mai cambiato né sarebbero mutati gli sguardi di fredda tolleranza che accompagnavano il suo passaggio. Aggrottò lievemente la fronte, imponendosi una calma che non le apparteneva, ma il fiele che sentiva ribollire nel petto le inondò la gola, esondò sulla lingua, superò i denti sbattendoci contro come una violenta risacca e le impregnò le labbra.

Se Waseem aveva scorto i suoi occhi argentei fissi su di lui anche solo per un istante, non aveva dato segno di averlo notato. Vedeva molte cose, quell’uomo, ma sceglieva cosa rivelare e come con una precisione disarmante. A volte, ingenuamente, credeva che potesse leggerle perfino i pensieri e in certi momenti non le sembrava così distante dalla realtà. Un minimo movimento di coda, un guizzo dello sguardo, un accennato movimento delle labbra. Capiva cosa provava. Cosa mostrava. Anche se era così brava a nascondersi, a camminare in punta di piedi, a trattenere il proprio respiro, ad ammantarsi di silenzio.

Eppure, si ostinava a non capire.

Avrebbe voluto odiarlo, urlare, mettergli le mani addosso, fargli male, così tanto male, ordinargli con sprezzo di smetterla di tenerla costretta su quel piedistallo dorato che tanto odiava. Waseem non l’aveva mai giudicata per cos’era, allora perché sembrava non curarsi della sua crudele gentilezza nell’impedirle di crearsi da sola chi era?

Ma non disse niente. Com’era arrivata, quella marea amara si ritirò, tornando in un angolo recondito del suo cuore, acquattata come una lurida bestia di male, pronta a mostrarsi con rinnovata forza nei momenti in cui avrebbe abbassato la guardia. E non disse niente. Come sempre. Come aveva fatto per anni. Chiusa nel suo silenzio. Chiusa nel suo mondo, di nuovo in quella gabbia dorata, in un angolo a essere quello che sapeva fare meglio: un grazioso e muto soprammobile a cui riservare qualche occhiata distratta per poi dimenticarsi della sua esistenza.

*** 

Note dell'autrice: Tornare su EFP dopo lunghi periodi di pausa ha sempre un che di particolare, mi prende un misto di nostalgia e tenerezza al vedere le storie che ho scelto di condividere su questo sito. Rileggendo questa parte di storia, un'avventura ancora in essere, mi sono detta "Perché no?" e quindi eccola qua, senza contesto né spiegazioni, in una strana medias res di cui voi lettori presumo avrete capito ben poco. Come mio solito, mi concentro più su ciò che ribolle sotto la superficie che su ciò che circonda i personaggi.

Asra e Waseem fanno parte di una campagna di DnD che ho iniziato da poco e per aiutarmi a immedesimarmi meglio nella loro dinamica ogni tanto metto su "carta" pensieri ed emozioni che li riguardano. Potrebbero arrivare altri ritagli di avventura, come potrebbe arrivare la loro storia al completo, se le Stelle mi grazieranno con il continuare (e chissà, finire?) una campagna.
Nel mentre, qui rimarrà un pezzo di loro.

L'ambientazione è stata pensata dal Master e il personaggio di Waseem non è mio.

  
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