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Autore: J85    26/05/2023    0 recensioni
Seguito del mio primo racconto in assoluto, con il ritorno dei fenomenali calciatori espulsi dall'Istituto Fota e l'esordio di nuovi personaggi.
Da Revisionare.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I MIGLIORI 2”




Era passato un anno dalla leggendaria partita giocata dai cosiddetti Migliori della scuola Fota.

Ad Engla, il campo da calcio che era stato teatro di quell’impresa fu risistemato completamente, comprese le tribune per il pubblico e un playground in cemento dove giocare a street basket.

Proprio su quest’ultimo, verso le dieci del mattino, stava ora palleggiando svogliatamente Luca Jani. Dopo altri tre rimbalzi della sfera, effettuò un tiro da tre punti, insaccandolo facendo a malapena muovere la retina. Con un improvviso scatto sotto canestro, il pivot raggiunse la palla a spicchi mentre gli arrivava ad altezza petto e la schiacciò di prepotenza, aggrappandosi per qualche secondo all’anello.

Di nuovo al suolo e con la sfera nuovamente tra le mani, si voltò verso l’esterno del rettangolo di gioco, con la sua pettinatura da un lato che rimaneva ben fissata grazie ad una generosa quantità di gel.

Sicuro che non ti do fastidio, Roby?”.

Seduto su di una panchina in legno, con i gomiti appoggiati su di un tavolo altrettanto ligneo, a reggere il capo reclinato su di un libro scolastico, vi era invece Roberto Crosti.

Assolutamente” rispose sbrigativo lui.

Non pensavo di trovarti qui per questa nuova partitella…” proseguì il cestista “Oddio, come non pensavo che avresti saltato l’esame di cinque anni fa per partecipare alla finale”.

Esatto, però ora non voglio assolutamente sbagliare questo di esame, chiaro?” lo studente alzò appena la sua chioma di capelli mossi e scuri.

Il portiere sorrise divertito “A proposito, che stai stu… ”.

Una sgommata sul ghiaino attirò l’attenzione delle coppia. Una Porsche si era appena parcheggiata di traverso a pochi metri da loro.

Al suo interno, i due fratelli Mazzini, Patrizio e Paolo, erano impegnati in una loro discussione.

“… Quindi, prendila comunque come un’opportunità per staccare un po’ dagli allenamenti al Milan e divertirti con i tuoi ex-compagni” concluse il maggiore.

Ok. Basta che, nel frattempo, voi del Milan non comprate qualcuno che giochi al mio posto!” lanciò la frecciatina il minore.

Ma falla finita!” gli diede un pacca sulla spalla il capitano dei rossoneri “Dai che ora devo andare a portare agli allenamenti Christian e Daniel!”.

Giusto. Dai un abbraccio ai miei nipotini”.

Sarà fatto”.

Il terzino più giovane uscì dall’auto. Chiuso lo sportello, andò ad aprire la bauliera e ne estrasse un borsone sportivo. Chiusa anche la bauliera si avvicinò ai due.

Buongiorno signori, come state?”.

Non ci lamentiamo” rispose Luca “e te, Paolo?”.

L’altro non fece in tempo a rispondere che una valanga di improperi iniziò a riempire l’aria.

Pochi attimi dopo, dalla strada principale, giunse Giorgio Basti.

Il giovane, con i capelli scuri e fluenti che gli ricadevano oltre il giubbotto di pelle griffato Red Devils, stava faticando non poco a spingere a piedi la sua Harley Davidson.

Appena fu vicino agli altri tre, alzò il capo sudato.

No merde tranquille, faccio da solo”.

Dai che ti do una mano io”.

A rispondere al suo poco velato appello fu Franco Bechi, appena arrivato anche lui.

Mettila qui sul cavalletto che gli do un’occhiata…” gli indicò il meccanico e libero.

L’ala destra obbedì ai comandi del compagno.

Ci sei arrivato fin da Manchester con quel trabiccolo?” lo sfotté l’estremo difensore.

Fottiti, Luca! Mi girano così tanto le palle che mi ci vorrebbe proprio qualcuno da picchiare. Quasi come…”.

Buongiorno miei cari amici, come state? Giorgio, ti prego, datti una regolata con le parolacce. Te lo chiedo come favore personale”.

Uscito da una chiesa nelle vicinanze del complesso sportivo, Gianni Riva regalò un sorriso a tutti i suoi compagni di squadra.

E tu non hai perso il brutto vizio di pregare, eh?” replicò il teppista.

A proposito di vizi” il religioso con i capelli a spazzola castani posizionò il suo sguardo oltre le spalle del suo interlocutore “tu Diego non lo perdi mai quello del fumo… ”.

Uelà! Ciao a tutti, gente!” il trequartista con la folta chioma di capelli neri salutò i presenti agitando la mano.

Ormai erano già in sette che avevano risposto all’appello.

Su Gianni, non ne fare una tragedia” sdrammatizzò il fumatore “Questa a Napoli me le regalano, e poi oggi sono particolarmente nervoso…”.

Come mai?” domandò Paolo.

Oggi alla partita dovrebbe venire il mio fratellastro Dario. È da anni che non ci vediamo” si rabbuiò il fantasista.

Ti capisco, Diego” lo appoggiò Bechi, mentre si puliva le mani sporche dalla moto ad un fazzoletto “A Monaco di Baviera è venuto anche mio fratello Stefano. Solo che io continuo a giocare nel Bayern, mentre lui si è dovuto accontentare del Monaco 1860”.

Beh, è già un bel traguardo, non ti pare?” s’intromise nella discussione Marco Vanni, che camminava leggermente claudicante.

No, Marco! Sei di nuovo infortunato?! È ancora la caviglia destra?” fu shockato Marano.

A non essere sorpresi erano chiaramente i suoi compagni di club al Milan, Mazzini e Riva.

Sì ma, tranquilli, non è niente di grave” minimizzò immediatamente il centravanti.

Quindi, a questo punto chi manca?” chiese a sé e agli altri il numero 1.

In lontananza, ma con la netta sensazione di avvicinarsi, si udiva un battere ritmato.

Palleggiando un vecchio pallone di cuoio imbottito, non facendogli mai toccare terra, si palesò ai presenti il loro numero 10.

Facendo parlare esclusivamente i suoi piedi, il fenomeno tenne tutti fissi a guardarlo per minuti e minuti.

Hai finito?” lo canzonò il suo collega mancino, praticamente equipollente.

Lui invece sì che c’è arrivato davvero da Madrid così!” ghignò Giorgio.

Emanuele Pellegrini alzò finalmente il capo, con i suoi immancabili capelli corti e crespi.

Ne mancano solo due per riformare i Migliori”.

Sbagliato, amico mio. Ne manca uno solo”.

Tale voce pareva essere stata emessa da un albero solitario vicino ai calciatori.

Tutti gli altri, tranne Crosti sempre impegnato nello studio, si mossero oltre il tronco che aveva parlato.

In totale silenzio, vi era Michele Plato che, in piedi, con un berretto sulla testa che gli schiacciava i capelli mossi e scuri, e con tutto l’occorrente per la pittura, stava eseguendo un ritratto dello scorcio urbano che aveva d’innanzi.

“E tu da quanto eri qui?” gli chiese il terzino sinistro.

L’artista attese di aver dato l’ultima pennellata per rispondere “Abbastanza”.

“Chi manca allora?” faceva la conta Marano.

“Colui che ci ha riuniti tutti l’altra volta, Giacomo Paci. Purtroppo, temo proprio che questa volta non verrà…”.

“Perché?” chiesero all’unisono quasi tutti gli invitati.

“A quanto ne so” si mise a spiegare la seconda punta “Ora lui è impegnato a Parma con la sua attrice americana preferita, o qualcosa del genere… ”.

“E ora come si fa, amici miei?” il viso del regista era decisamente preoccupato.

“Più che altro, chi gioca al suo posto?” l’ala sinistra aveva appoggiato delicatamente il pennello sul bordo della tela da rifinire.

“Non possiamo richiamare il vecchio capitano, Gabriele Cento?” propose il difensore centrale.

“Figurati!” Basti stroncò l’idea sul nascere “quel coglione ora gioca nella Fiorentina”.

“Le parolacce, Giorgio!” lo rimproverò nuovamente il centrocampista centrale.

“Se volete, posso darvi una mano io”.

Questa volta, davvero tutti e dieci i Migliori si voltarono verso quella voce che era davvero sconosciuta.

Di fronte a loro vi era un ragazzo, praticamente loro coetaneo, con occhi verdi, dei capelli biondi lunghi fino alle spalle, un fisico mingherlino ma abbastanza alto e vestito con una tuta sportiva.

“E tu chi saresti?” il portiere diede voce al quesito dei compagni.

“Mi chiamo Giovanni Crudi” si annunciò lo sconosciuto.

“Questo nome non mi è nuovo…” bisbiglio un Vanni pensieroso.

Crosti, che si era finalmente alzato dalla panchina per raggiungere la squadra, s’illuminò.

“Ma sì, è stato nostro compagno alle elementari, non ti ricordi, Marco?”

A tale rivelazione, la prima punta annuì ogni secondo sempre più deciso “Giusto!”.

“Però mi mancherà la mitica mountain bike di Giacomo” scherzò nostalgico Franco.

“E cosa ti fa credere di essere degno di giocare insieme a noi?” gli si fece davanti, come a sfidarlo, il centauro.

“Oggi datemi l’occasione per mostrarvelo e non ve ne pentirete!”.

I dieci migliori si consultarono e, non vedendo altre alternative possibili, accettarono l’arrivo in squadra di quel misterioso tizio.


Ma altri due tizi strambi stavano per fare la loro comparsa, coinvolgendo appunto due esponenti della leggendaria squadra dell’Istituto Fota.

Davanti a Paolo Mazzini si presentò un giovane dai tratti somatici decisamente asiatici.

“C-Ciao, tu sei ” domandò lui, in un italiano stentato.

“Sì. Mi stavi cercando?”.

“M-Mio nome è Hafiz Sun. Vengo da Singapore, gioco anch’io terzino nella scuola Golden Dream e sono un tuo grande fan!”.

“Mi ci mancava solo questa… ”.


L’altro calciatore coinvolto da una visita inaspettata fu Emanuele Pellegrini. Questa volta, al contrario del precedente, fu proprio il fantasista a riconoscere l’uomo che gli veniva incontro sorridente.

“Ma tu sei Davide Enrichi! Come stai bello?”.

“Tutto bene e tu?”.

“Non mi lamento, lo sai. Ma che ci fai qui? Io sapevo che eri in Trentino o sbaglio?”.

“Esatto. Mi hanno convocato con la nazionale italiana di bob. Sono qui giusto perché l’allenatore ci ha concesso alcuni giorni di vacanza”.

“E sei venuto fin qua giù per vedermi giocare?”.

“No beh, sono qui per la partita e per il concerto di Giacomo”.

“Cioè?”.

“Lo sai che anch’io, come Luca e Marco, ho dei cugini musicisti nel Gruppo Diapason”.

“Senti che storia assurda!”.


Il calcio d’inizio era fissato per le 15:00, ma i nostri eroi erano già pronti dentro gli spogliatoi, ciascuno impegnato negli ultimi preparativi prima dei novanta minuti di gioco.

Il nuovo arrivato, in calzoncini e a petto nudo, si stava rilassando ascoltando dall’i-pod una compilation del rapper olandese Mr. Probz.

Non c’è problema, ho già la maglietta giusta per me”.

Dicendo ciò, il biondo tirò fuori dal borsone una maglia, identica nella foggia e nel colore a quelle indossate dagli altri dieci, con dietro stampato il numero 14.

Aspetta un attimo” intervenne Gianni “Come mai hai la 14 e non la 5?”.

Semplice, perché il quattordici è un numero che mi ha sempre portato bene. Poi è giusto che la numero 5 rimanga a Giacomo”.

Ma sentilo il matematico! E delle altre due maglie di riserva cosa dovremmo farne?” gli chiese Franco.

Beh, la 13 diciamo che appartiene a Gabriele, mentre la 12 non può che andare al nostro pubblico straordinario, il dodicesimo uomo in campo!” si esaltò infine Giovanni.

Che leccaculo!” concluse la discussione Giorgio.

L’uscio si aprì di colpo e fece da sipario all’entrata in scena di Carlo Bianchi.

“Che fate ancora qui dentro?! Uscite fuori e andate a riscaldarvi!”.


Negli spalti, tra i vari spettatori festanti, vi erano anche i tre ospiti illustri di oggi.

“Anche tu giochi calcio come tuo onorato fratello?” domandò curioso Hafiz Sun.

“Ah no, io ho preferito buttarmi nel beach soccer. E tu, Davide?” proseguì Dario Marano.

“Io invece ho preferito la neve!” replicò Davide Enrichi.


Dopo appena dieci minuti di gioco, Luca Jani aveva già salvato i suoi compagni con almeno tre salvataggi provvidenziali.

Verso il quarto d’ora, un nuovo attacco da parte dell’Alstra mise la sua punta più veloce a tu per tu con il numero 1 del Fota. l’attaccante stava per scoccare un tiro, che questa volta sarebbe finito in fondo alla rete. Ma l'intervento fondamentale in scivolata, completamente sul pallone e quindi totalmente regolare, dell’ultimo difensore, fece finire la sfera in calcio d’angolo.

Quest’ultimo difensore era, con sorpresa di tutti, proprio l’ultimo arrivato: Giovanni Crudi.

“Vi volete dare una svegliata, cazzo!” urlò furioso il numero 14, appena rialzatosi “D’ora in avanti questa squadra giocherà con il calcio totale! Non aspettate il pallone sui piedi ma venitevelo a prendere voi stessi! Non esistono più ruoli fissi! Si corre dall’inizio alla fine!”.


Il primo a giovare di questa novità tattica fu senza dubbio Franco Bechi. Difatti, il numero 6 ora poteva anche giostrare da centrocampista centrale, ruolo che aveva ricoperto agli inizi della sua carriera calcistica.


Verso la mezz’ora ci fu un lampo di genio. Pellegrini raccolse la palla sulla trequarti. Con un sombrero si liberò di un primo avversario, poi con un tunnel di un secondo e con una semplice finta di corpo del terzo e ultimo difensore. Scartato lateralmente anche il portiere, sebbene appena defilato, il numero 10 appoggio di piatto la palla verso la porta sguarnita. Fu solo per l’intervento di una zolla dispettosa che la sfera incredibilmente uscì a fil di palo. Per i tifosi quello rimarrà il più bel non gol eseguito in quel campo sportivo.


A tre minuti dalla ripresa del gioco, già il ritmo pareva decisamente diverso.

Roberto Crosti, vedendo il centravanti smarcarsi defilandosi leggermente sulla sinistra, gli lanciò immediatamente la sfera.

Spalle alla porta, Vanni fece appena in tempo a stoppare il pallone di petto che il difensore lo atterrò con una brutta entrata da dietro. Tale fallo andò a colpire proprio una delle sue caviglie.

Mentre il numero 9 iniziò a percepire qualcosa che non andava sulla sua articolazione, la mattonella era quella giusta per Michele Plato.

Con il suo solito destro ad effetto a superare la barriera, esattamente come fece l’anno prima, il trequartista portò in vantaggio finalmente l’Istituto Fota.


Al 53’, la palla giunse nuovamente sui piedi del numero 11. Appena alzato il capo, decise che era venuto il momento di restituire il favore.

Con una sciabolata a cambiar gioco, la sfera stava arrivando verso il numero 9, questa volta defilatosi sulla destra. Nessuno seppe se fu pura magia o mera fortuna, sta di fatto che Marco Vanni colpì al volo la parabola ascendente. Il pallone, colpito di mezzo collo esterno, come radiocomandato, planò verso il palo più lontano. Il portiere le tentò di tutte per sfiorarlo, e magari pure ce la fece. Infine, si andò ad adagiare nel sette sotto la traversa alla destra dell’estremo difensore. 2-0 per l’Istituto Fota.


Al 67’, Gianni Riva si dilettava con un possesso di palla a centrocampo, mentre gli avversarsi si affannavo inutilmente. Appena vide lo scatto del numero 8 verso il limite dell’area, lo servì.

Il trequartista si portò avanti la sfera con i suoi brevi tocchi tutti mancini, saltando come birilli subito due avversari. Memori del suo straordinario gol dell’anno prima, l’ultimo difensore cercò un anticipo disperato direttamente sul calciatore. La palla carambolò tra i due e si impennò verso il centro dell’area.

In quell’istante si vide tutta l’astuzia di Diego Marano. Saltato in aria all’altezza del dischetto, sapeva perfettamente che non sarebbe riuscito ad anticipare il portiere, in uscita a braccia alzate. Per cui, dove non arrivò con la sua folta capigliatura, arrivò con un tocco malandrino della mano. La stessa con cui esultò subito a pugno chiuso.

Chiaramente, essendo essa un’amichevole, la presenza del VAR non era assolutamente contemplato. Un gol dei più disonesti per il 3-0 dell’Istituto Fota.


Al 75’, Giorgio Basti parve ridestarti da un’apatia che lo aveva accompagnato per tutta la partita.

Convergendo dalla destra, lasciò dietro di sé tre avversari, per poi scartare lateralmente anche il portiere e proseguire la corsa verso la porta sguarnita.

“Così è troppo facile” esclamò il numero 7 bloccandosi di colpo, lasciando sorprendentemente la sfera sopra la linea di porta.

In un attimo, i giocatori dell’Alstra calciarono via il pericolo.


Tre minuti dopo, nuovamente Basti si impossessò della sfera. Questa volta però scelse di fare ciò che tutti si aspettavano dall’ala destra: scartò il terzino sinistro, si allungò verso il fondo e la crossò in mezzo.

Con il centravanti impossibilitato a volare, nessuno pensò al numero 10. con uno stacco imperioso, tanto da sembrare bloccato in volo come un angelo, Emanuele Pellegrini colpì il pallone di piena fronte, nonostante una disperata marcatura con tirata di maglia da parte del difensore centrale.

Il guardiano dei pali non tentò nemmeno il tufo e l’Istituto Fota si portò sul 4-0.


Al 81’, la stanchezza era ormai evidente nelle gambe di molti giocatori. Uno che invece proseguiva imperterrito con le sue sgroppate sulla sinistra era Paolo Mazzini.

Il terzino giunse nuovamente in zona cross, scegliendo questa volta per un traversone rasoterra.

Onde evitare di infierire ulteriormente, nessuno degli altri nove originali dei Migliori penetrò in area. Fu però il nuovo arrivato che non aveva alcuna voglia di fermarsi.

Con la palla che passò indenne quasi tutta l’area piccola, Giovanni Crudi ci si allungò nell’unico modo possibile: in scivolata.

La cosa che stupì tutti fu come, in quella posizione non certo comoda per dare potenza al tiro, il numero 14 riuscì comunque a dargli quel tanto di forza che bastava, facendola insaccare a fil di palo.

Il risultato era ora di 5-0 per l’Istituto Fota.


A pochi secondi dai minuti di recupero, la punta centrale dei Migliori fu falciata con violenza in area di rigore. Il direttore di gara non poté che decretare il penalty.

Scoccato il novantesimo, Vanni non ce la faceva più. La caviglia destra era ormai troppo gonfia e inutilizzabile per quel pomeriggio. Con gran fatica, uscì dal campo aiutato da Plato.

Di sicuro, in quell’occasione nessuno dei presenti assistette al tipico tiro dagli undici metri del numero 9, con annesso caratteristico saltello iniziale.

D’un tratto, dagli spogliatoi si emanò una luce intensa. Tutti i presenti voltarono il proprio sguardo verso tale direzione, appena era possibile senza rimanerne accecati.

La luminosità cessò di colpo. La porta dell’edificio si aprì e ne uscì un uomo, l’età apparente era maggiore rispetto a quella dei Migliori. I capelli ricci e scuri, che parevano quelli caratteristici di Bechi e Plato, sormontavano due paia di occhi furbi e neri.

Il nuovo arrivato, con indosso un completo identico al team che stava vincendo, compresa una nuova maglia numero 9, entrò corricchiando nel rettangolo di gioco. Finché non raggiunse la maggior parte dei giocatori al centro dell’area.

Tranquilli ragazzi, entro io al suo posto”.

Con calma olimpica, spiazzando il portiere mandandolo dalla parte opposta di dove rotolò la sfera, realizzò il rigore che concluse il risultato sul 6-2.

Penso che, se le cose rimangono così, me ne ritornerò alla mia ultima squadra da professionista: lo Stade Reims In Francia”.

  
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