Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: BlackMoonRising    14/09/2009    2 recensioni
Talvolta rabbrividiva, guardando negli occhi suo figlio. Quelle iridi nere, di un nero soffocante, opprimente, che gridava di dolore e morte, ma così spente,
[a sette anni!]
così smorte: le sembrava di vedere gli occhi di un cadavere.
C’era molto più in quello sguardo di quanto fosse possibile vedere. In quel nero nuotavano i misteri più oscuri dell’universo.
Tributo ad Itachi.
Genere: Triste, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IL SOLDATINO DI PIOMBO





La porta si spalancò improvvisamente. Fuori infuriava un violento temporale e le gocce di pioggia iniziarono a bagnare l’ingresso della casa tipicamente giapponese. Per strada, piccoli rigagnoli d’acqua scorrevano impetuosamente, infilandosi tra ciottolo e ciottolo e rumoreggiando cupamente.
Mikoto si affacciò dalla cucina, per vedere chi fosse: contro il cielo plumbeo si stagliava una figura scura, di media altezza ed esile. Si stava togliendo i sandali bagnati per non infangare il lindo pavimento casalingo, piegato in due nel suo intento, ma comunque in perfetto equilibrio: non tentennava, né aveva bisogno di reggersi alla parete per trovare stabilità. Teneva gli occhi bassi, fissi ai tatami scuri dell’abitazione.
- Itachi! – esclamò con sollievo, quando lo riconobbe – Entra dentro, sei totalmente fradicio!
I capelli neri grondavano di gocce di pioggia, che colavano a terra formando disegni fantasiosi, così fastidiosamente simili a
[macchie di sangue]
Ma a lui non importava. Il viso era rigato d’acqua come se avesse pianto, ma la sua espressione era quella di sempre, fredda e dura come un diamante, senza la minima traccia di stanchezza o cedimento. La piega delle sue labbra
[così infantili, così morbide, così pallide]
era rigida e immobile, impassibile, quella di un ninja modello.
- Vieni - ordinò Mikoto sollecita, avvicinandosi - Ti do un asciugamano.
- No, grazie - disse il ragazzo con asprezza, socchiudendo gli occhi - Faccio da solo.
La donna strinse le labbra, in una smorfia contrita. Suo figlio aveva un carattere chiuso e riservato per natura, lo sapeva. Tuttavia, aveva sempre l’impressione che lui le nascondesse qualcosa. Guardava quegli occhi, nei quali stava lentamente affiorando lo Sharingan, soprendendosi che iniziasse già a padroneggiarlo a soli tredici anni. Suo figlio era considerato un genio, un bambino prodigio, ma lei vedeva altro in quello sguardo. Si addolorò, pensando che suo figlio, a tredici anni, potesse già raccontare la morte di un uomo.
[La guerra è il peggior cancro del mondo dei ninja]
Talvolta rabbrividiva, guardando negli occhi suo figlio. Quelle iridi nere, di un nero soffocante, opprimente, che gridava di dolore e morte, ma così spente,
[a sette anni!]
così smorte: le sembrava di vedere gli occhi di un cadavere.
C’era molto più in quello sguardo di quanto fosse possibile vedere. In quel nero nuotavano i misteri più oscuri dell’universo.
- Va bene – concesse infine a malincuore - Ma fai piano. Sasuke sta dormendo. Vedi di non svegliarlo, altrimenti chi lo addormenta più?
Il giovane Uchiha osservò per un momento il viso di sua madre: due pieghe, appena accennate, ma perfettamente visibili, dividevano la fronte trasversalmente e altre meno marcate cominciavano a delineare la dolce curva degli occhi. Nonostante fosse ancora giovane, i segni della stanchezza e della prima vecchiaia erano ben visibili in lei.
Impegnata a fornire eredi a un Clan in cerca di guerra e distruzione solo per soddisfare un desiderio di potere personale” pensò.
- D’accordo – promise, con voce incolore - Farò attenzione.
Itachi si avviò verso la camera con lentezza, stando attento a non scrollare troppo i vestiti. Già con questa precauzione, lasciava dietro di sé una scia argentata, come la scia di sangue che un ferito lascia al suolo mentre striscia per sfuggire alla morte.
Suo padre apparve nel corridoio. Vedendolo, il suo sguardo si ravvivò.
- Come sono andati gli allenamenti, Itachi?
L’interrogato lo degnò di una sola occhiata.
Ecco l’uomo che vuole uccidere migliaia di persone solo per ottenere una carica di maggiore importanza nel mondo. Tanto preso dal suo proposito da relegare in secondo piano ogni desiderio di suo figlio.”
Questo pensiero non lo turbava minimamente. Sapeva già di essere nato con lo scopo di sublimare gli Uchiha. Era stato addestrato a non covare ambizioni che non coincidessero con quelle a cui era stato destinato. Non poteva ribellarsi e non poteva: la  ribellione porta guerra e la guerra è male.
Anche suo padre era male, perché voleva la guerra.
- Bene. Ho quasi ottenuto lo Sharingan.
Come se avesse dato la risposta giusta alla domanda di un quiz a premi, Fugaku piegò le labbra in un leggerissimo sorriso di soddisfazione.
- Bravo. Continua così. Sei la speranza del Clan.
Sì. La speranza di una guerra favorevole al Clan.
Itachi socchiuse di nuovo gli occhi e proseguì.
- Avrai un ruolo fondamentale per risollevare questa gente.
E ucciderne altra.”
Non lo ascoltava nemmeno. Non lo voleva ascoltare.
- Itachi, mi stai ascoltando?
Niente. Come se quell’uomo non esistesse.
- Itachi, rispondimi subito!
La mano spinse la maniglia verso il basso.
- ITACHI!
- Ta-chi nii-san?
Itachi si voltò; dall’interno di una delle camere, qualcuno scostò con fatica il pannello di legno e carta di riso che faceva da porta. Sbucò la testa nera di un bambino di circa un anno, ancora traballante sulle sue gambette. Il suo viso era l’incarnazione della gioia. Corse incontro al fratello; quando il piccolo gli abbracciò con foga le tibie, mancò poco che cadesse a terra.
- Ta-chi nii-san! Ta-chi nii-san!
- Oh, no – sospirò Mikoto, contrariata – Si è svegliato. Ora chissà quanto tempo ci rimetterà ad addormentarsi.
Fugaku, leggermente infastidito di essere stato interrotto, gelò il primogenito con un’occhiata molto significativa; poi, si ritirò definitivamente nella sua stanza, chiudendo la porta con uno schiocco secco.
- Aabbiato? – domandò Sasuke al fratello, fissandolo con occhi interrogativi. Era incredibile quante parole avesse imparato in un anno e quanto velocemente stesse progredendo nel camminare. Lo guardava e provava una sorta di stupore. Osservava il suo viso felice e sentiva un lievissimo tepore abbracciarlo da cima a fondo.
Un bambino. Un bambino che cerca di attirare l’attenzione del suo fratello maggiore.
- No - rispose la madre prima che Itachi potesse dire niente, scuotendo il capo - Solo un po’ stanco.
Ma il bambino si era già disinteressato alla faccenda. Si aggrappò alla tenuta ninja del fratello, incurante dell’acqua che colava sul suo braccino bianchissimo.
- Ta-chi nii-san, giochiamo?
- No, Sasuke! - lo rimproverò Mikoto perentoria - Devi dormire! Giocherai domani con Itachi!
- No! - strillò il bambino, prossimo alle lacrime. Ma quando il suo “Ta-chi nii-san” posò una mano sul suo capo arruffando i suoi capelli, qualsiasi accenno di pianto sparì e il mondo cominciò a ruotare di nuovo solo intorno al suo fratellone.
- Dai, ti accompagno a letto - disse, con un sorriso appena abbozzato - Se vuoi, ti leggo anche una favola.
- Favoa! Favoa! - urlò, felice, saltellando. Filò in camera come un razzo, improvvisamente impaziente di mettersi a letto. Il ragazzo lo stava raggiungendo, quando sua madre gli domandò, dubbiosa:
- Ma non devi allenarti ancora? Tuo padre vuole che ti impegni al massimo per… quella missione.
- Mi sono allenato tutto il giorno - replicò lui, lievemente seccato - Sono vicino ad apprendere l’uso dello Sharingan. Se leggo una storia a Sasuke, non penso che manderò tutto all’aria.
Socchiuse i suoi occhi, nuovamente di ghiaccio. A Mikoto, tuttavia, parve di vedere un velo sottile di pace in quello sguardo tormentato, opaco ma comunque visibile, come una tiepida cataratta che fa da sipario a un brutto spettacolo. Rincuorata nel vedere un accenno di vita negli occhi del primogenito, cedette con un sorriso.
- Ok, hai il permesso. Fallo addormentare, mi raccomando, altrimenti chiamo ancora te per stargli dietro.
Itachi sparì nella camera, spingendo con delicatezza il pannello. Sua madre, dalla cucina, udì due voci: l’una eccitata e acuta, l’altra
[così fredda, così melodica]
che cominciava a raccontare una fiaba, cercando di farsi ascoltare sopra i gridolini di gioia:
- C’era una volta un soldatino di piombo, che era stato messo in una scatola con tanti altri soldatini di piombo per essere regalato a Natale. Il soldatino di piombo non poteva disobbedire agli ordini: per questo era fatto di piombo…





FINE



NA:
Questa era la prima shot della fanfiction che doveva partecipare al concorso "Itachi centric". Purtroppo, la storia doveva essere formata di tre momenti diversi e... quella simpatica dell'Ispirazione non è venuta a trovarmi xD. Però questa mi piaceva e l'ho pubblicata ugualmente. I pensieri di Itachi sono complicati come complicata è la sua mente. Qui è ritratta quando già l'autorità paterna cominciava a cancellare ogni sorta di volontà, avviandolo a diventare una semplice arma umana. Ancora non era in combutta con Madara.
Piccolo tributo ad Itachi, dopo un casino di tempo dall'uscita del capitolo 402 xD.
Marti
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: BlackMoonRising