Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: Ulissae    14/09/2009    5 recensioni
Seconda classificata al contest "Lullaby of death" indetto da storytellerlover.
[One shot su Caius. Il rapporto di un vampiro sanguinario e l'Oscura Dama, la signorina Morte]
Io non sarei morto.
Caius, come mai tremi?
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sapori Italiani' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
~Mors



[Guida alla lettura: questa fan fiction è stata per me la più grande sfida. Caius non è un personaggio che mi piaccia più di tanto, anzi, lo trovo molto animale e quindi un po’ privo di spessore psicologico quindi mi è risultato difficile, molto, scrivere su di lui. Ho ipotizzato che lui fosse l’assassino di Didyme, come tutte le perone come lui è usato da Aro.
La storia affronta due argomenti distinti: la presa di coscienza della morte come qualcosa di ingiusto e il riconoscere che nessuno è veramente immortale. Da qui si rende conto che forse l’unico modo per non soccombere alla morte è morire; desiderare di morire, per non essere debole o, per lo meno, di non fingere di non esserlo con se stesso –è complicata come cosa-. Ho inserito molte volte il soggetto “IO” anche se poteva benissimo essere sott’intesto; il fatto è che vedo Caius molto egocentrico, quindi propenso a sottolineare la sua persona.
Alla fine però credo di aver riportato sulla scena il vecchio Caius, dittatore e prepotente. Buona lettura]


Ultimamente mi dedico un sacco di storie.
Il mio Ego continua a gonfiarsi, gli ho dato un nome, sapete?
Si chiama Pallino.
Non gli piace molto.
Comunque la storia me la dedico.
Perché tutti abbiamo una maschera, il fatto è quello di riuscire a recitare bene la parte.
Caius lo fa.
Io lo faccio.
Per quanto idiota possa essere... bhé, un po' mi assomiglia.





E' l'uomo colui che veramente teme la morte? E' veramente lui l'essere che più ne è atterrito, al punto tale da ricercare in modo spasmodico l'antidoto? L'antidoto per la morte, questo veleno impossibile da debellare, che colpisce il mortale con la sua spada nera e tagliente.
Io sono un immortale; io, Caius, non temo la morte, non cerco di scapparne, di sgusciare via dalle sue mani sottili e stritolanti. No, non faccio niente di tutto questo. Per un semplice motivo: sono già morto da troppo tempo.
Eppure non faccio che tremare.

Continuavo a chiedermi come fosse possibile che tutto si potesse essere risolto in modo così semplice. I problemi, le preoccupazioni di anni spazzati via in pochi attimi; i discorsi, le litigate gettate nel fuoco insieme ai resti di quella povera ragazza.
Era morta, era stata uccisa e tutto si era risolto. Ironicamente macabro.
Non riuscivo a rimanere in quella stanza, mentre Aro continuava a parlare e consolare Marcus, quel bozzolo che ne era rimasto; non riuscivo a sopportare il peso che aleggiava in tutti gli ambienti nei quali ero rinchiuso.
Il masso che schiacciava tutti sembrava gravare unicamente su di me; dovevo uscire e fuggire, almeno per poco, almeno per non impazzire.
Senza dire nulla scansai la tenda che copriva la porta, mentre una sensazione di soffocamento mi attanagliava la gola e sembravo affogare tra il tessuto rosso. Ne uscii di colpo, respirando a fatica e, senza guardarmi dietro, iniziai a camminare velocemente.
Mentre mi avvicinavo all'uscita il rumore dello scrosciare dell'acqua mi giungeva sempre più forte ed insistente, una volta fuori mi accorsi veramente di quanto la tempesta potesse essere potente.
I rivoli di acqua, sempre secchi o maleodoranti, ora gorgogliavano, trascinando via questo fiume in piena che si era venuto a creare.
Mi guardai intorno scocciato poi, dopo aver tirato il cappuccio nero sui miei capelli, mi incamminai verso l'unico posto che ero sicuro di trovare vuoto e, soprattutto, capace di ristorare la mia coscienza; che, come una ferita cosparsa di sale, pulsava dolorante e prepotente.
L'odore che mi accolse nella cattedrale mi fece trasalire: morte. Non riuscivo a liberarmene, quella dama nera voleva continuare un ballo che io avevo deciso di abbandonare da molto tempo.
Fui quasi tentato dall'uscire e scappare, abbandonare questa cittadella infernale; eppure, qualche strana forza mi trattenne, spintonandomi verso la navata laterale.
Passai accanto alle vetrate semplici e poco lavorare, attaccate dalla forza della pioggia, di quelle gocce prepotenti e dittatoriali.
Le candele emanavano una luce tremolante e insicura, alcune, con la mia entrata, si erano spente, soccombendo al vento che soffiava, una voce tenebrosa che accompagnava il soprano dell'acqua.
Giunsi nella stanza dietro la cappella seguendo questa strada di cera; la porta grossolana era appena accostata, la spinsi leggermente, facendo scivolare via dalla mia testa il mantello e entrando in quella camera, proprietà di chi problemi come il mio non ne avrà più.
Guardai la piccola figura avvolta in un telo bianco, gli occhi e la bocca socchiusi, un leggero sorriso a solcargli il volto pallido -quanto il mio-.
Era un bambino, piccolo, innocente e morto.
Boccheggiai senza capirne il perché: io, Caius, non avevo mai avuto problemi del genere. Uccidevo, conoscevo la gravità dell'azione, ma, nonostante tutto, non riuscivo a farne al meno.
L'uccisione di qualcuno porta sempre a qualcosa: potere, soldi, amore. Tutto, in qualche modo, scaturisce dalla morte.
Si nasce per sostituire chi muore, ci si nutre uccidendo, si respira, si vive, si sogna uccidendo.
Mai avrei creduto che la morte fosse ingiusta. Che potesse colpire qualcuno innocente, togliere senza dare.
Mi sentivo sporco, lurido come mai in secoli di esistenza. Non riuscivo neanche a guardare le mie mani che subito si cospargevano di sangue immaginario -vero fino a pochi giorni prima-.Le orecchie si riempivano di quegli strepiti, che, come una frustra, mi colpivano dritto in quella parte di me che credevo di aver perso: l'anima.
Didyme era morta, ed io l'avevo uccisa.
Didyme era morta, proprio come quel bambino davanti ai miei occhi, che sembrava dormire; caduto in un sonno piacevole, in balia di maree dolci e carezzevoli.
Ed un coltello mi colpì, affondando nella carne della mia coscienza.
Ero io un assassino? Vero e crudo? Ero io, immortale, la morte stessa? Cieca e indiscutibile; vendicativa e ingenua. Morte.
Tremai, guardandomi intorno agitato, il respiro divenne più corto, non riuscivo a pensare a nulla se non alla mia colpevolezza.
Come un mostro, di una mitologia lontana ed antica, questa era riemersa dal mare di indifferenza che mi circondava ed ora, feroce e aggressiva, mi mordeva, lacerava, distruggeva.
Fui costretto ad accasciarmi, caddi in ginocchio –sintomo di debolezza umana e spregevole- e chiusi gli occhi, desiderando una sola cosa: morire.
Volevo morire, scomparire, io, l’uomo dal carattere di pietra, dal cuore di marmo, io, Caius! L’insensibile animale, volevo scappare da tutto questo.
Coscienza.
Sfiorai il volto placido del bambino, rabbrividendo. In quella stanza, apparentemente dimenticata da tutti, stavo finalmente rivelandomi per quello che ero: un debole.
Un piccolo giunco scosso dal vento, che è costretto a piegarsi, a rimpicciolirsi per un unico e solo sentimento: paura. E mentre la raffica continua a percuotermi, a sballottarmi, ho il terrore di essere strappato, sradicato dalla mia vita; per essere sollevato e poi riposto in un luogo sconosciuto, adagiato in prati lontani, esanime e morto.
Mi alzai da terra, un moto di rabbia mi invase le vene, le assoggettò al suo volere, costringendomi a ringhiare furioso. Io non potevo essere un debole. Io non potevo avere paura.

Ma la Morte, oh sì! La Morte, quella donna dai lunghi capelli neri e demoniaci, io la temevo.

Perché io sarei dovuto soccombere ad una così folle fobia?
Perché avrei dovuto tremare di fronte ad essa?
Non ero forse io stesso un immortale? Non ero la testimonianza della sua di debolezza, della sua incapacità?
Io ero immortale, ero il negativo della Morte, il suo annullamento, la sua paura stessa.
Eppure, non era questo bambino il più grande sfregio ad essa?
Con il suo volto candido, il sorriso disteso, come il riflesso di una vita passata a vivere, e basta. Senza preoccupazioni, senza timori. Semplicemente vita. La brezza d’estate che entra nelle narici, le assuefa, le rende schiave, dolcemente, però, con grazia. La neve che cade leggera per le strade, ricoprendole di una bianca mantella, come quella delle bambine. Un milione di cose che avevo scordato e che rivedevo ora nel viso di quel piccolo umano.
Ma lui era destinato a morire; lui era mortale. Lui. Non io.
Poiché la certezza della morte è l'unico segreto che conosciamo a proposito di tutti i nostri simili e di noi stessi, anche se, intimamente, non riusciamo a credere in questa fatale prospettiva.
Noi cerchiamo di scampare ad essa, ci nascondiamo dietro nuvole di sicurezza e folle ignoranza, eppure, questa arriverà a prenderci.
Tutti, senza esclusione.
Perfino me.
Perché in quel momento, mentre la pioggia continuava a scendere, in un’orchestra di suoni potenti e rumorosi, mi resi conto di quest’unica e semplice verità: l’immortalità non esiste.
Tutti, alla fine, sono costretti a ritornare in quella sala da ballo che è la Morte, a prenderla per mano e continuare quel valzer infernale, fatto di note stonate e pericolose, nocive. Verremo rinchiusi in quella stanza, per l’eternità; perché dovremmo saperlo, l’unica cosa eterna è la morte.
Vedremo il suo vestito lussuoso volteggiare, il suo ghigno darci il benvenuto, le sue mani accarezzarci, le sue labbra baciarci.
Moriremo; senza esclusione.
Mi fermai, di nuovo; oramai singhiozzavo, accasciato a terra.
Credete che ad un cieco piaccia riacquistare la vista? Ritrovarsi nuovamente lo schifo del mondo davanti agli occhi, la luce del sole accecarlo?
Io no. Penso che il buio sia molto meglio, là, tra le tenebre dell’ignoranza, si vive tranquillamente, si più fingere, si può lasciar correre affianco anche la Morte; si può far finta di non vederla.
Forse la vera soluzione a tutta questa angoscia era anticipare le mosse di quella giocatrice?
Sacrificare la regina per salvare il re?

Inizio a sentire il suo richiamo. Morte! Sì, ti sento!

Potevo veramente continuare ad esistere con questi fardelli? La Coscienza e la Paura?
Mi aggrappai a quelle coperte grezze, il peso del bambino le teneva ferme; una volta in piedi iniziai a camminare lentamente, osservando gli oggetti semplici e scialbi che mi circondavano. Non erano molti, ma tutti, indistintamente, trasudavano quell’unica Padrona.
Spalancai la finestra, quell’odore mi stava soffocando, anche lui; tutto, in quel momento, mi sembrava troppo. Mi sentivo stanco, ad un passo dalla fine. Sfinito.
Avrei potuto chiedere, lo avrei potuto fare. Chiedere la morte, oppure, più eroicamente, trovarla e non scansarla, magari recitando di odiarla, ma, in verità, correndo incontro alle sue braccia, per lasciarmi stringere.
Come con un’amante, la quale si nega davanti alla propria coniuge ma che nel letto proibito si ama, intensamente e senza rimorsi.
Esatto, volevo affogare nelle forme di quella donna lussuriosa, volevo cibarmene e farmi mordere allo stesso tempo, volevo abbracciarla e farmi soffocare dalla sua stretta, dai suoi baci, da lei.
E dimenticare, sì, dimenticare tutto.
Per un attimo Caius, quel Caius bramoso di potere non voleva altro che divenire un debole o, perlomeno, esserlo senza preoccupazioni. Perché me ne ero accorto pure io, senza troppi problemi, se non per il mio orgoglio, che io, in quella ragnatela che era Volterra non ero altro che il filo; il vero predatore, il ragno, il padrone, era un altro: Aro.
La pioggia entrò, in un turbinio, mista alla grandine e alle foglie, strappate dalle loro dimore; queste ballerine aggraziate volteggiarono in aria, depositandosi poi a terra ed in parte sul corpo del morto lì vicino.
Rimasi fermo, lasciandomi accarezzare da quelle gocce prepotenti e, allo stesso tempo, carezzevoli. I capelli bagnati si attaccarono al mio viso coprendomi gli occhi. Finalmente potevo non vedere.
Sospirai e rimasi così: gli occhi chiusi, pensieroso.
Veramente avrei voluto essere in quel modo: senza possibilità di rivalsa; definitivamente e totalmente morto?
Avrei lasciato a quel folle il potere su tutto? Avrei potuto abbandonare la mia partita, la scacchiera che io avevo creato, che io avevo ideato?
Ce l’avrei potuta fare?

Dolce bambina, ti sei persa?
Io non voglio aiutarti, vattene!

No! Io non potevo fermarmi davanti alla paura, a quel sentimento tanto vile.
Lo scoscio dell’acqua mi invase le orecchie e conquistò il mantello, appesantendolo, facendolo aderire al mio corpo.
Le candele, l’infinita distesa di luce che mi aveva dato il benvenuto nella stanza, ora erano dimezzate; le fiammelle tremolanti si chinavano alla potenza del vento, alla sua volontà.
Ero come la fiamma di una candela, io? Così infimamente inutile?
Oppure ero la pioggia, la tempesta? Impetuosa, potente e vincente.
Volevo continuare a sorseggiare la vita, come con un vino stantio, arricciando il naso o, al contrario, berla tutta d’un fiato. Viverla senza paura, senza timore.
Potevo ritornare a credere di essere veramente e totalmente immortale?
In un moto istintivo passai le mani su uno stoppino e misi fine all’agonia di quel piccolo fuoco.
Uno.
Bastava dimenticare. Scordarsi di quella notte, di quei pensieri. Lasciare che la coscienza se ne andasse.
Altro passo, altra candela.
Due.
Didyme era morta per un motivo: era morta per il potere. Non ingiustamente, affatto. La sua morte era la mia vita, e si sa, in natura vince più forte; il fatto era solo questo.
La stanza ormai oscura preservava le sue ultime luci con cupidigia, negli angoli più remoti. Le raggiunsi.
Tre.
L’indice ed il pollice schiacciarono la piccola fiammella. Il fumo iniziava a spargersi nell’aria, l’odore di incenso si fece più forte.
Dalla fine nasce sempre qualcosa, forse meno nobile, ma pur sempre qualcosa.
L’unico modo era scordare, aspettare che il rimorso divenisse come il fumo, per poi sparire.
L’ultima luce mi guardava impaurita. Un attimo.
Quattro.
Io non sarei morto.

Caius, come mai tremi?

[Noticina: Tutte le voci di lato possono essere interpretate con quella di Caius, l’ultima, invece, l’ho pensata come quella di una donna ;)]







Angolo autrice:
Oh, sì *w* la mia adorabile zitella stitica è arrivata seconda al contest di storytellerlover Lullaby of Death a pari merito con Gaara92.
Precisiamo moooolte cose:
1- Amo e Odio caius, lo faccio in modo... non so neanche io come, ma lo faccio.
2- la storia si basa sulla mia teoria: nessuno è immortale.
3- Tutti hanno paura, tutti sono deboli.
4-Nonostante possa considerarsi come un insensibile e orredno vampiro credo che anche lui abbia paura di morire. O meglio, abbia paura di Aro; sì, una cosa del genere.
5- Non sono riuscita a renderlo malinconico. Oh, ya, lui è tutto tranne che malinconico.
Oh, ya. Ora vi lascio ai giudizi, smetto di rompervi perché la storia credo ci sia già riuscita.
Eccoli qui, tutti per voi, i giudizi.
II classificata:
Mors di princess of vegeta6

Frase scelta: La certezza della morte è l'unico segreto che conosciamo a proposito di tutti i nostri simili e di noi stessi, anche se, intimamente, non riusciamo a credere in questa fatale prospettiva.
Personaggio sorteggiato: Caius
Correttezza grammaticale e sintattica(ortografia): 14/15 punti
Stile e forma: 7,5/7,5+ 6,5/7,5= 14/15 punti
Originalità: 9/10 punti
Caratterizzazione del vampiro/a: 8,85/10 punti
Contestualizzazione del personaggio umano: 4/5 punti
Attinenza alla traccia e alla frase scelta: 7/7,5+7,3/7,5= 14,3/15 punti
Giudizio personale: 5/5 punti

Per un totale di 69,15/75 punti.
Correttezza grammaticale e sintattica(ortografia): Dal punto di vista sintattico non ho trovato nessun errore, quindi posso dire di essere davvero soddisfatta. Ho trovato solo due errori di grammatica, le virgole andavano veramente bene, quindi, ho assegnato un bel punteggio.
Stile e forma: Lo stile è davvero bello. È fluido e scorrevole per tutto il testo e devo dire che sei stata davvero molto brava. Complimenti, non mi capita spesso di dare il massimo punteggio nella voce “stile”. La forma andava bene, anche se ho trovato delle espressioni a volte un po’ poco adatte. In ogni caso il punteggio è ottimo^^.
Originalità: Parametro ben rispettato. Mi è piaciuta soprattutto la parte che si svolge nella chiesa, poco prima che Caius entri nella camera mortuaria.
Caratterizzazione del vampiro/a: Hai sviluppato una buona analisi del personaggio. Il flusso di pensieri è veramente curato e ben articolato. Il personaggio è analizzato in ogni singolo particolare. L’ho trovato tuttavia un po’ OOC perché, nonostante la situazione dell’assassinio di Dydime come premessa, appare effettivamente troppo provato. Sarebbe stato meglio sviluppare il senso di colpa fin dall’inizio e poi introdurre il tema della morte una volta che si entra nella camera mortuaria. L’ho trovato per così dire eccessivamente terrorizzato.
Contestualizzazione del personaggio umano: Molto bene anche in questo caso. La descrizione è stata fatta molto bene. L’unica pecca, secondo me, è che potevi sfruttarlo un po’ di più. Molto bene in ogni caso.
Attinenza alla traccia e alla frase scelta: molto buono il primo parametro. Davvero bene, sul serio. Anche in questo caso manca il finale, cioè il momento in cui lui dimentica le riflessioni fatte, ma per il resto mi trovo molto soddisfatta. L’unica cosa che devo sottolineare è il fatto che il flusso di pensieri è stato un po’ sviato da quelle che erano le richieste. In alcune parti sembra quasi che Caius abbia delle credenze mistico religiose. Il flusso di pensieri sulla morte, doveva iniziare solo nella camera mortuaria. La farse scelta è stata trattata molto bene.
Giudizio finale: Una storia molto bella. Consiglio a tutti di leggerla. Scritta benissimo, fluida e interessante. La trama è semplice quanto bella e interessante, il personaggio, o i personaggi, coerenti con se stessi e con gli avvenimenti narrati. Descrizioni sottili ma efficaci, con un tocco noir ed elaborato. Complimenti.


Banner *O*




Come sempre: au revoir!
Spero in un vostro parere.

Notizia inutile: La scuola è iniziata. Odio la scuola. Pure voi?
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Ulissae