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Autore: notladydeath    30/08/2023    2 recensioni
Dopo l'ultima guerra, in una terra devastata dalle radiazioni, i Bad Omens, prima terroristi e ora resistenza, combattono contro GAIA, ultimo baluardo della civiltà che nasconde mille verita, a partire proprio dall'Ultima Guerra.
Chi è l'Omen, leader della resistenza? Cosa nasconde dietro la maschera da teschio?
Velvet, alla ricerca del fratello Duncan, riuscirà mai a trovarlo nel'immensità delle Terre Selvagge?
E nelle profondità di Althea, quartiere della scienza a Gaia Prime, cosa nascondono i vertici di GAIA? Soprattutto, chi nascondono?
Nella desolazione di un pianeta distrutto dall'avidità, non ci sono trionfatori. Solo sopravvissuti.
Perciò, che la vostra sopravvivenza sia lunga, che la vostra morte sia veloce.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’inconfondibile suono della sirena, quella del mezzogiorno.
Lo sportello della parete di vetro temperato si aprì e una delle guardie gli porse il vassoio con il pranzo.
Duncan si alzò con fatica dalla sua branda, ringraziò la guardia con un cenno e si mise a tavola. Anche quel giorno avevano preparato polpettone ripieno con patate. Non poteva essere più felice.
Con le enormi mani deformate da scaglie e dagli enormi artigli afferrò faticosamente le posate, ringhiando con frustrazione, ma l’ottimo sapore del pasto lo confortò un poco.
Peggiorava sempre di più. La sua mutazione. Per non parlare di quel dannato collare, sdi giorno in giorno più stretto intorno al suo collo. Non c’era modo di allargarlo e dunque si ritrovava ad annaspare più spesso di quanto sarebbe stato salutare. Fortunatamente le scaglie lo aiutavano a non sentire troppo la morsa dell’orrenda targhetta di proprietà che era costretto a portare.
“Ancora tenti di rimanere umano, Tremor?”
Al suono di quella voce, Duncan non potè trattenere un gorgoglio di rabbia.
Oltre la porta della sua cella, impeccabile e stupenda come sempre, stava la direttrice di Althea. Testa di Rame la chiamavano, la dottoressa che dirigeva non solo il gigantesco ospedale e centro di ricerca di Gaia Prime, ma anche la prigione dei Makyr e tutti gli esperimenti condotti sugli Infetti che diventavano schiavi soldati di GAIA. Il diavolo in persona.
Era la donna più bella che avesse mai visto, con il suo caschetto di capelli color rame e gli occhi nocciola degni di un cerbiatto. Ma quella bellezza nascondeva una malvagità e un genio senza pari. Per scalare la gerarchia ed essere il capo della fonte di potere di Gaia Prime, non poteva essere altrimenti.
Le leggende su di lei erano pressochè infinite, ma una sola era sicura : era di una crudeltà impensabile, che l’aveva portata sulla vetta di Gaia Prime in un batter d’occhio. Oltre ad essere la prima donna ad aver conquistato quela posizione, era anche il dottore più giovane che avesse raggiunto la direzione. Un record non da poco e di cui, con i suoi sottoposti troppo arroganti, si vantava spesso.
Duncan la guardò di sbieco, senza risponderle. Testa di Rame sorrise sornione mentre compilava la sua cartellina. Non lo guardava nemmeno.
“I tuoi dolori migliorano?”
Duncan scosse la testa.
“Allora nella sessione pomeridiana aumenteremo l’antifiammatorio dopo il trattamento.”
Il Makyr si voltò di scatto, mostrandole i denti in un ringhio che risuonò in tutto il corridoio. C’era un motivo se l’avevano soprannominato Tremor. Ben più di uno. Il suo ruggito faceva tremare il petto di chiunque fosse così sfortunato da ascoltarlo.
Chiunque, tranne Testa di Rame, che ghignò divertita.
“Se non fossi un mostro, questa brutalità attrarrebbe molte donne.”
La direttrice strizzò l’occhio e se ne andò, i tacchi delle scarpe che echeggiavano nel corridoio silenzioso della prigione di Althea.
Come ogni giorno, si ripeteva che prima o poi le avrebbe squarciato la gola e mangiato gli intestini. Forse allora avrebbe smesso di chiedergli se si sentiva ancora umano. E la risposta, comunque, era no.
Infettato dalle radiazioni ormai un anno prima, durante una battaglia nelle Terre Selvagge, la sua mutazione era risultata in una crescita incontrollata di materia ossea. Sopra le orecchie presentava due coppie di corna enormi e appuntite, i denti lunghi e affilati, quasi zanne. Il resto del suo corpo era ricoperto da scaglie di ossa durissime, impenetrabili, e da piccole corna che nel combattimento lo rendevano una macchina da macello.
Gli esperimenti di Althea l’avevano ulteriormente modifcato, facendogli crescere artigli spessisimi sulle mani, mentre le braccia e le gambe si erano allungate e contorte fino a diventare come zampe di predatori. Aveva imparato a correre a quattro zampe per essere più rapido e per attaccare con più ferocia.
Di tutti i Makyr, vivi o morti, da quanto ne sapeva, era il più riuscito. Non solo la sua mutazione era quasi completamente naturale, ma si evolveva senza gravi ripercosse sulla sua salute, solo qualche dolore che poteva tranquillamente sopportare con gli antidolorifici e l’adrenalina della battaglia.
Di tutti i Makyr, vivi o morti, lui era il migliore. Indistruttibile, feroce, con una forza sovrumana. Nessuna battaglia era persa se lui veniva inviato al comando della squadra Makyr. Era il mostro perfetto, quello che per anni e anni avevano tentato di creare nei laboratori di Althea, ma senza successo, poiché tutti gli Infetti erano stati catturati dopo troppo tempo pasato nelle Terre Selvagge. La loro mutazione era troppo avanzata per essere controllata.
Lui era l’ultima risorsa, che veniva inviata solo ed esclusivamente per guadagnarsi una vittoria schiacciante contro i Bad Omens. Quel momento, lo sapeva, sarebbe giunto presto.
Durante una delle ultime sessioni nel laboratorio aveva origliato Testa di Rame e uno dei capitani dell’Armata. Era tornato di recente da un blitz e sembrava che avessero incontrato un gruppo molto consistente di Bad Omens, una truppa troppo ben formata perché fosse solo di passaggio. In quel sito nascondevano qualcosa. Diceva che era stato avvistato il Presagio in persona. Roba grossa, il boss non si muoveva per proteggere piccole spedizioni.
Duncan finì il suo pasto con aria mesta, gli occhi di un vivido azzurro come il cielo d’inverno fissi sulle sue mani mostruose.
Pensava a Velvet, sua sorella. Era felice, tutto sommato, che pensasse che fosse ancora disperso nelle Terre Selvagge. Voleva che si ricordasse di lui come un essere umano normale, non come il mostro assassino perfetto.
Eppure avrebbe tanto voluto rivederla, anche solo per un momento, per dirle addio e che era fiero di lei e che l’avrebbe amata fino al suo ultimo respiro.
Era ogni giorno nei suoi pensieri. Dopo la morte dei loro genitori, avevevano deciso di arruolarsi e cercare un futuro migliore a Gaia Prime. Lei era nell’intelligence, aveva sempre avuto fiuto per cospirazioni e investigazioni, mentre lui era diventato molto presto un capitano. Aveva vinto molti scontri e riacquistato parecchio terreno, sia dai Bad Omens che dai Wild Rot insieme alle sue squadre e una consistente promozione era vicina. Sarebbe stata la svolta che lui e Velvet aspettavano da molto.
Quel grado fu dimenticato molto presto il giorno in cui lo riportarono infetto ad Althea. Quando chiese di vedere Velvet, gli risposero che lui era morto, non era più Duncan, ma un Makyr. E i Makyr sono mostri senza famiglia, soltanto delle belve da combattimento.
Così Duncan era diventato. Continuava a vivere quella prigionia giorno dopo giorno nella speranza di rivederla, nella speranza che Gaia Prime venisse rasa al suolo e che potesse scappare.
Non aveva idea di quanto presto quel giorno stesse per arrivare.
Finito il lauto pranzo, Duncan si rimise sulla sua branda, tenendo tra le enormi mani un volume di una bizzarra saga d’amore. Dopo aver letto quasi tutti i libri della biblioteca della prigione, aveva cominciato ad apprezzare persino i romanzetti rosa.
Era l’unico Makyr che leggeva. L’unico che in qualche modo riusciva a restare umano. Era fortunato.
Le mutazioni degli Infetti, lo aveva visto, non colpivano solamente il corpo, ma anche la mente. Nella maggior parte dei casi, se non curate in tempo le mutazioni delle radiazioni raggiungevano il cervello e proprio come un cancro lo scioglievano pezzo per pezzo, trasformando innocui esseri umani in belve senza coscienza, mosse soltanto dalla fame e dall’istinto.
La maggior parte dei Makyr era costituita da quel tipo di Infetti. Venivano catturati durante delle spedizioni nelle Terre Selvagge e venivano sottoposti a centinaia di esperimenti per aggiustarli in modo che diventassero come cani, fedeli al padrone, ma feroci e senza scrupoli nei confronti del nemico.
Per Duncan, fortunatamente, non era stato così. Non appena avevano scoperto che era stato infettato, l’avevano sottposto alle cure necessarie per non farlo impazzire. L’ultimo mostro con una coscienza.
Non faceva altro che pensarci tutto il giorno, non che avesse qualcosa di meglio da fare. Pensava a sua sorella, alla sua condizione. Pensava a come scappare. Pensieri senza nessuhna possibilità di diventare realtà.
Eppure… se fosse scappato durante una spedizione…
In fondo, il collare stava diventando troppo stretto. Troppo debole per resistere alla sua forza. E le scosse elettriche non avevano più effetto sulla sua pelle coriacea. Chi l’avrebbe fermato? Le pallottole non potevano ferirlo, le lame non potevano tagliare le scaglie dure come quelle di un drago.
La realizzazione lo colpì come una granata.
Era invincibile. Nemmeno GAIA l’avrebbe potuto fermare.
   
 
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