Il mio cuore e la mia mente sono nel regno di Nimai
La penna è il prolungamento della mia mano.
L'anima che brilla trascinata dall'inchiostro che rende viva la fantasia
La penna è il prolungamento della mia mano.
L'anima che brilla trascinata dall'inchiostro che rende viva la fantasia
Prologo
Le due lune del regno di Shankara illuminavano la notte del deserto. In una casa di Mieren capitale del grande reame un giovane uomo percorreva freneticamente avanti e indietro con passi nervosi il breve corridoio della sua camera da letto. Dal regno di Nimai era giunta la più orribile delle notizie: l’erede al trono era morto assassinato come un comune ladro, sgozzato dopo una rissa. Il cavaliere lanciò la lettera sedendosi sul letto e prendendo il viso tra le mani. Un cane seduto sotto al letto gli leccò la gamba nel tentativo di consolare il padrone. Il regno di Nimai sconvolto dalla tragedia chiedeva il ritorno dell’ultimo erede maschio dei Tempest ancora in vita. Soffocò nella gola il grido di rabbia. Maledisse Ivan Harold Magno IV Tempest per avergli giocato quell’orribile scherzo. Solo pochi giorni prima aveva ricevuto una missiva segreta in cui dichiarava che era diventato padre di un maschio, la madre era una nobile decaduta Beatrice Bardi, una ragazzina di sedici anni che per sopravvivere lavorava come cameriera nella peggior bettola di Corak. Al neonato era stato dato il nome di Regan. Sentì il peso delle responsabilità piombare sulle spalle. Una mano di donna gli sfiorò il collo, passando le dita tra i capelli chiari. Alister Tempest girò il viso verso la compagna che alzandosi in ginocchio sul materasso di piume e paglia gli cinse la schiena sprigionando calore dalla carne nuda e dalla protuberanza appena accennata del ventre. «Scusami» disse con un filo di voce Alister stringendo la mano della donna. Diamante trascinò con sé sotto le coperte il giovane cavaliere. «Domani, domani penseremo a tutto» disse baciandogli la fronte con voce assonnata. Alister si lasciò cullare dalla donna mentre un cattivo presentimento aleggiò nella mente.
I
La promessa
La promessa
Un vascello di modeste dimensioni approdò al porto di Corak mentre il sole giungeva al tramonto. Le suole delle scarpe lasciavano timide impronte sulla sabbia. Alister si voltò verso il mare pensò che Mieren adesso era davvero lontana. Dinnanzi a sé ora aveva Corak e il regno di Nimai. Il suo fidato cane, un meticcio senza una zampa seguiva i passi strascicati del suo padrone. Un manipolo di uomini seguiva il giovane cavaliere che con passi lenti avanzava verso la fine del molo. Le case modeste dei pescatori gli ricordavano l’abitazione che aveva appena lasciato, la sua adorata barca, il suo amato giardino e i bambini della spiaggia. La tomba di Diamante. Ingoiò saliva e rabbia. Proseguì. Un gruppo di pescatori che preparavano la rete per la pesca scrutarono torvi i tre uomini, stranieri. Sputarono in terra al loro passaggio, gli sconosciuti non erano ben visti. Le donne portarono in casa i bambini più piccoli. Uno dei cavalieri della scorta stufo delle parolacce e gli sfottò srotolò il vessillo della Volpe Rossa Incoronata, uomini, donne e bambini si inchinarono. Alister sollevò il capo e continuò a camminare, ignorò i commenti sul suo aspetto poco regale e del suo cane poco pulito. Stava sudando sotto gli strati dei vestiti, il caldo era asfissiante nonostante l’ora crepuscolare. Salirono delle scale sdrucciole che accorciarono il tragitto portando gli uomini in arme nella piazza della meridiana. Ad attenderli vi erano gli uomini fidati del re di Nimai. Haster Tempest, comandante del regno guidava la scorta, gli stava accanto Serafino Tempest. Poco distanti due giovani cavalieri, Robert e Rea Caliani. Dietro Rea si nascondeva la principessa di Nimai, Eva Tempest. Sua madre Iris affiancava il re, insieme a un uomo basso e dalla pelle grinzosa, il consigliere Omarki. Harald Magno III Tempest accolse con un abbraccio il giovane uomo. Alister ricambiò stentatamente quel caloroso benvenuto mentre il sovrano sorrideva mostrando tutta la sua felicità. «Questo è un gran giorno» disse stringendo le mani sulla spalla del cavaliere che abbozzò un finto sorriso. «Forza Eva, vieni avanti. Vieni ti presento il tuo futuro marito». Eva, una ragazza timida, dal seno appena pronunciato, dagli occhi celesti e dai capelli color dell’oro e il viso costellato da lentiggini scrutava da distanza il cavaliere arrivato da lontano. Pensò che Alister fosse alto ma non troppo, dal fisico asciutto e prestante, i capelli di un castano chiaro erano legati in una coda e due ciuffi ribelli gli incorniciavano il volto. Rimanendo incantata da gli occhi grandi e cangianti dal color dell’ambra. Era bello sebbene il suo aspetto non fosse così curato. Gli abiti cadevano larghi sulle spalle e in vita, profonde occhiaie solcavano le palpebre e la barba era incolta e ispida. Eva sollevò il viso verso il cavaliere. «Rea, non voglio sposarmi» disse in un sussurro. Rea aprì e chiuse la bocca, osservò il re e la scorta che attendevano, capì che la pazienza dei presenti si stava esaurendo e la principessa doveva presentarsi a quel ragazzo che aveva la stessa faccia di un condannato a morte. Le sfiorò la mano con una lieve carezza. Non avrebbe mai voluto che Eva fosse costretta a sposare quel cavaliere dagli abiti orientali e mai avrebbe voluto pronunciare parole che la spingessero tra le braccia dello straniero ma fu costretta. Rea era l’unica persona che Eva ascoltava, strinse i pugni per la rabbia. «Principessa deve presentarsi. Deve farlo ma ci sarò sempre io al suo fianco» disse con le parole che le morivano in gola. Eva annuì e facendosi coraggio si presentò con un inchino. Alister fu spinto dal re verso la principessa. I loro sguardi si incrociarono. Entrambi erano carichi di tristezza. Non ebbero il tempo di capirsi un po' di più che il sovrano ancora una volta prese la parola. «Si sigilla la futura unione che avverrà tra cinque anni a partire da oggi, dopo la festa della fondazione del regno. Ora invito il futuro marito a dare un bacio alla sua futura sposa per consolidare questo momento con lo scambio dei doni». Alister reagì accorciando le distanze da Eva e poggiò le labbra su quelle di lei. Tutti i presenti applaudirono. La promessa di matrimonio era stata sigillata, tra cinque anni sarebbero diventati re e regina di Nimai. Alister pensò che fosse meglio un cappio intorno al collo mentre Robert Caliani gli consegnava il dono della principessa: uno splendido destriero dal manto bianco e celeste. Il cavallo apparteneva a una razza rara che viveva e cresceva solo nelle Lande di Holk del regno di Rin. «Dovresti dargli un nome. Per augurio» disse. Alister prendendo le redini annuì. Il cane abbaiò al cavallo tirandosi indietro «Sta buono Cosmo. È solo un cavallo e si chiamerà Ciel». Cosmo abbaiò ancora. Due dei cinque uomini che accompagnavano Alister trasportarono a fatica una cassa d’oro massiccio e d’argento a Robert che aprì lo scrigno, al suo interno posta su un cuscino di raso rosso vi era una perla, la più bella mai vista. Era stata raccolta dalle profondità del mare di Viji un’isola ai confini del regno di Shankara. Eva ammirò la perla, non ne aveva mai visto una luccicare così intensamente ma l’attimo di curiosità durò poco. Robert chiuse lo scrigno e aiutato da Serafino lo portarono alla carrozza. Eva salutò con ulteriore inchino Alister. Gli occhi della principessa erano colmi di lacrime e il labbro inferiore tremava. Rea avvolse Eva in un mantello per nasconderle il viso. La principessa salì in carrozza e scoppiò in un lungo e silenzioso pianto. I presenti si ritirarono verso i loro destrieri. Alister prima di montare sullo splendido cavallo dal manto bianco, inginocchiandosi si rivolse al re «Maestà, grazie per aver accettato la mia umile richiesta». Harald massaggiò la folta barba annuendo pensieroso. «In fondo è giusto così ma se dovessi cambiare idea…». Alister scosse il capo. «Dobbiamo andare, maestà prima che qualcuno scopri il nostro incontro» richiamò l’attenzione del sovrano il consigliere Omarki. Harald congedò il giovane cavaliere scortato da Haster Tempest. Alister strinse i pugni alla vista del padre. La rabbia pervase ogni minuscolo nervo del corpo. Giurò al cielo che avrebbe ottenuto la sua vendetta.
***
La carrozza reale sfrecciò sulle strade di Nimai. Il cielo grigio minacciava pioggia. Nessuno a parte la cerchia fidata del re doveva venire a conoscenza del ritorno di Alister Tempest, primo genito del fratello Haster e ora erede al trono. Harald credeva che la morte del figlio era voluta da qualcuno. Il modo in cui era morto era infamante e non poteva, voleva, crederci. Quindi, si aggrappava alla convinzione dell’assassinio come si aggrappava al braccio di Iris che accarezzava il viso segnato dalle lacrime di Eva. Il re spostò lo sguardo dal vetro della carrozza alla figlia. Gli occhi celesti erano arrossati per il pianto, le guance segnate dalle lacrime, cercava di ingoiare la saliva. Aveva solo tredici anni eppure la stava consegnando in sposa a suo nipote; un giovane uomo che nella sua breve vita, fino a quel momento, aveva conosciuto probabilmente solo violenza. Non sapeva cosa lo avesse spinto a tornare a Nimai, oltre le sue insistenze. sapeva solo che Harald e Serafino sei mesi prima erano partiti dal porto di Corak per convincerlo a rimettere piede in patria ma avevano ricevuto un sonoro rifiuto. Poi con gran sorpresa la lettera del suo ritorno, accettando a malincuore il matrimonio impostogli. Harald pensò che a entrambi avesse dato il giusto tempo, cinque anni, per conoscersi, per apprezzarsi e forse per amarsi. Omarki gli aveva consigliato di procedere subito al matrimonio ma si era opposto. La sua gamba sebbene dolorante non lo aveva reso pazzo, non ancora almeno. La pioggia aveva iniziato a battere sul vetro della carrozza in sintonia con i singhiozzi di Eva. Si chiese quali sogni aveva distrutto o stava distruggendo. Eppure, non poteva fare altrimenti era il destino dei re. Sarebbe toccato a Ivan se non fosse morto ma per suo figlio sarebbe stato tutto più semplice, accettava la vita con un sorriso e una imprecazione. Eva no. Haster si permise un gesto paterno, accarezzò il volto della figlia scostando la ciocca di capelli biondi dalle guance, umida per le lacrime. «Bambina mia» disse in un sospiro. Eva gli rivolse il più gelido degli sguardi. «Perché, Padre?» domandò. Haster Sussultò. Omarki gli lesse nel pensiero, sbatté in terra il bastone distogliendolo da cattivi pensieri. «Così vuole la legge» rispose il vecchio. La principessa scostò lo sguardo su Rea che cavalcava accanto alla carrozza mentre sua madre la stringeva tra le braccia, baciandole la fronte e promettendole che tutto sarebbe andato bene.
***
Alister cavalcava affiancato da Serafino che aveva chiesto il permesso di lasciare la scorta per accompagnare il ragazzo da sua madre che lo attendeva da anni. Il giovane uomo aveva lo sguardo fisso sulla strada. Le case della piazza centrale di Corak erano belle, costruite con pietra bianca e dura sembrava che illuminassero la città. La guardia cittadina perlustrava le vie noiose. Qualche gatto solitario miagolava al cielo. Alister pensò che Corak era davvero una città ordinata e banale, nulla paragonata al alla vita caotica delle strade di Mieren anche di notte. L’odore delle spezie, del cibo, dei mercanti e degli animali che sin confondevano in una deliziosa miscellanea di profumi, a volte disgustosi e le persone erano sempre gentili e sorridenti. La capitale di Shankara vantava anche il miglior postribolo e uomini venivano da ogni città, anche quelle al confine per trascorrere una notte con le più belle ragazze del reame. A Mieren era stato un assiduo frequentatore di quel bordello. Alcol, droghe, cibo e donne, no una donna. Né aveva amata una fin dall’inizio. Si toccò il viso con il polpastrello, la pioggia si era mischiata alle lacrime. Tirò con un colpo veloce il cappuccio sul viso. Serafino osservò il cavaliere. Quei mesi di navigazione lo avevano trascinato nei più profondi oscuri pensieri. Il viso sorridente che aveva visto a Shankara non esisteva più. Voleva parlargli ma il ragazzo che gli cavalcava accanto era immerso nei suoi ricordi. Era ancora a Shankara. Cosmo, il cane li seguiva soffermandosi solo di tanto in tanto per fare le cose da cani per poi riprendere la marcia insieme al padrone, il moncherino non lo rallentava. «Ha perso la zampa quel giorno» ruppe il silenzio. Serafino restò ad ascoltare. «Era con me quando è accaduto. Quando Diamante è stata… e le altre ragazze quasi tutte uccise». Alister prese fiato abbassando gli occhi verso il cane che scodinzolò alla carezza del padrone. «Quel bordello non esiste più. Ho fatto costruire un cimitero prima di partire. Cresceranno i fiori?» rivolse quella domanda più a sé stesso che al suo compagno d’armi. «Sì, credo proprio di sì» rispose Serafino. Alister rimase in silenzio fino al bivio che li avrebbe condotti fuori la città ma verso la collina dove sorgeva la tenuta dei Tempest. «Spero che crescano i girasoli e fiori blu. Amava entrambi». Il buio della notte non permetteva ai due uomini di guardarsi. Serafino era conoscenza di ciò che era successo ma non aveva potuto fermare la tragedia. Ferito a morte due giorni prima. Per questo Alister non era furioso con lui e gli parlava di Diamante, la più bella prostituta di Mieren innamoratasi di un ragazzino di ventitré anni senza barba e dal quale aspettava un figlio. Ora entrambi dormivano un sonno eterno sotto terra. Serafino non credeva nel regno dei morti. Alister con gli occhi ancora gonfi cambiò argomento, era inutile parlare di chi non c’era più e domandò dei due cavalieri che scortavano il corteo reale. Il cavaliere più anziano parlò prima di Robert, rampollo della famiglia Caliani, abile con la spada, orgoglioso e cinico come un vecchio. A Serafino non piaceva molto anche se lo conosceva poco. Fino a qualche mese fa era ad Alesta, regno dell’estremo Nord. Rea invece era una ragazza forte, nata per combattere, anche se preferiva rintanarsi nella grande biblioteca del castello per dedicarsi alla lettura che agli allenamenti. Era cresciuta alla corte di Iris e Harald dopo la morte della madre avvenuta quando aveva tre anni. Il padre si era risposato poco dopo e la nuova moglie mal sopportava quella bambina alta dallo sguardo malinconico e un giorno Rea era stata lasciata al castello e divenuta da giovanissima cavaliere. Era una delle poche donne in tutto il regno di Nimai a cui le era stato concesso di abbracciare la via della spada grazie alla sua innata capacità. Rea aveva anche visto nascere Eva e per volere del sovrano era diventata la guardia del corpo della principessa, divenendo così inseparabili. «Girano voci su Rea» aggiunse l’uomo dalla barba nera. Alister incuriosito tese l’orecchio «di che tipo» domandò. Serafino scrollò le spalle «si dice che si infili nel letto delle donne». Il giovane cavaliere ridacchiò. Era la prima vera risata da molto tempo. Serafino continuò. «Si dice anche che sia follemente innamorata della nostra futura regina. Tuttavia, sono solo voci ma perché non ti diverti a scoprire se sono vere?». Alister sbuffò non provava interesse nei pettegolezzi, se non riguardavano lui. Cavalcarono ancora per un buon tratto e la stanchezza iniziava a pesare sulle palpebre e sul corpo. Aveva dormito male in quei due mesi di navigazione. Gli avevano tenuto compagnia i suoi incubi e Cosmo. La pioggia aveva smesso di cadere e le nuvole iniziarono a diramarsi spostate dal vento. I panni dei cavalieri erano zuppi e le strade di campagna fangose. Procedevano a posso moderato finché Alister non rallentò l’andatura del cavallo. Serafino se ne accorse e rallentando tornò indietro, il ragazzo abbassava e alzava la testa, era al limite e con una mano prese le redini per condurre cavallo e cavaliere a casa. «Prima che mi addormenti – disse il ragazzo con voce profonda – ho una cosa da chiederti». Serafino restò in ascolto. Il silenzio regnava sovrano nel bosco intorno a loro. «Conosci Beatrice Bardi?». Un ultimo lampo squarciò il cielo illuminando per un solo istante il viso dei due uomini. Serafino annuì. Alister fidandosi del cavaliere più anziano gli consegnò le due lettere che aveva ricevuto da Ivan prima di morire. Il principe deceduto aveva avuto un figlio da Beatrice Bardi una nobile decaduta. Serafino raccontò la tragica storia dei Bardi che avevano partecipato alla congiura del rovesciamento del re e delle alleanze con le creature magiche e ne erano usciti sconfitti. I loro possedimenti incendiati, tutti i figli maschi uccisi e il loro denaro confiscato. Serafino aveva anche salvato la vita a Beatrice, quando Haster voleva passarla a fil di spada per il solo fatto di appartenere ai Bardi. «Non ebbi il coraggio di lasciar morire una bambina piangente, sporca e affamata. La portai con me al castello e badai a lei facendola lavorare al mio servizio. Fnché un giorno Ivan e Beatrice non si innamorarono» continuò a raccontare la triste storia con voce spenta. Dopo aver consumato la fugace passione Omarki li scoprì. Ivan non ebbe il coraggio di prendersi le colpe e Beatrice fu allontanata dal castello. Dopo una ricerca disperata Serafino aveva scoperto che la ragazza lavorava nella locanda Al Maiale dove Ivan le faceva visita ogni notte. Non era un mistero che il principe l’amasse ma non poteva sposarla per ovvie ragioni. «E così ha deciso di mettere al mondo un nuovo bastardo ma vero erede al trono» commentò Alister. Serafino alzò le spalle «non più vero di te». Cosmo abbaiò interrompendo il discorso. I due uomini sollevarono lo sguardo, di fronte a loro si ergeva finalmente la torre dei Tempest. Le torce poste sui bastioni illuminavano la strada dando modo ai cavalieri di seguire il percorso nella notte. «Domani mi porterai da Beatrice» disse con un ultimo sospiro prima di addormentarsi. Serafino tenendo le redini condusse Ciel fino alla dimora dei Tempest. Era un cavallo facile da governare e dal temperamento docile, non ebbe difficoltà. Dopo un ulteriore quarto d’ora il ponte del maniero venne abbassato e Serafino condusse finalmente Alister a casa. Donna Mirena accorse ai cancelli e vide arrivare trascinato sulle spalle del cavaliere più anziano, dopo sedici lunghi anni di lontananza, suo figlio. Er accompagnò la donna ed aiutò il cavaliere nel trasportare il giovane fino alle sue stanze. Mirena dopo aver lasciato Alister a letto scoppiò in un lungo e disperato pianto, consolata dalle braccia di Serafino e di Er. Er era il figlio bastardo di Harald ma adorava donna Mirena come se fosse la sua vera madre. Era una donna buona che lo aveva accolto in casa a sette anni, senza troppe spiegazioni, si era presa cura di lui e lui si era preso cura di lei. Era un cavaliere del regno, un uomo alto e dalla muscolatura ben definita, dagli occhi profondi e neri. Era davvero bello e tutte le donne gli facevano la corte ma nessuno gli dava in sposa le figlie per il suo stato di bastardo. Soccorse Serafino per far accomodare donna Mirena sulla grande poltrona in sala dove troneggiavano i dipinti dei Tempest e tende rosse. Mirena strinse le mani di Er «vai a riposare piccolo, anche tu sarai stanco. Sei tornato da poco da quella brutta missione». Er sorrise per l’appellativo piccolo «ma» ribatté lui timidamente. «Vai caro, c’è Serafino con me». Er obbedì congedandosi. Salendo le scale passò accanto alla stanza di Alister gli gettò un veloce sguardo, proseguì aprendo la porta della sua camera che con un cigolio si richiuse alle sue spalle. Mirena accarezzò il volto di Serafino baciandolo sulle labbra. Lui la scostò afferrandole i polsi. Per poi stringerla a sé. Le accarezzò i lunghi capelli sciolti, baciandole il viso asciugandole le lacrime. Mirena sussurrò a Serafino tra i singhiozzi «è tornato a casa».
***
Nel luogo sacro della foresta si ergeva un trono fatto di tronchi d’albero e foglie verdi. La foresta circondava tutto il regno di Nimai e in quel luogo vivevano ogni genere di creature magiche. Alena Shimai fata della notte era la sovrana di quel luogo incantato. Le fate della notte erano state potenti, avevano regnato fino all’arrivo dei Tempest. Le creature magiche temevano e odiavano profondamente un solo uomo più degli altri Haster Tempest, soprannominato dal regno magico sgozza fate. Alena ticchettava i piedi nervosamente in terra, voleva sapere se le voci giunti fino al cuore della foresta fossero vero, che Alister Tempest figlio di Haster era tornato a Corak per regnare su Nimai. Un arfai guerriero dalle possenti ali azzurre si fermò innanzi alla regina. Alena attendeva ansiosa le notizie dal mondo degli uomini. L’arfai gli raccontò tutto: dall’arrivo di Alister, allo scambio dei doni e al ritorno fino al maniero. La regina strinse lo scettro così tanto da far diventare bianche le nocche. Tutti i Tempest e tutti gli uomini erano loro nemici che li avevano resi schiavi ma disprezzava visceralmente solo Harald Tempest e con lui tutta la sua progenie. L’odio nasceva da radici profonde. Alena durante la guerra del rovesciamento dell’alleanza aveva perso il suo adorato sposo e tutta la loro libertà. Sarebbe stata costretta a pagare un ingente somma di tributi, dopo la sconfitta, se Harald non gli avesse concesso di pagare ciò che il regno degli uomini chiedeva ogni cinque anni. Una grazia ricevuta ma l’orgoglio del popolo magico ferito. Non poteva tollerare in nessun modo che il figlio di Haster sarebbe diventato presto re. «Tuttavia, Maestà sembra che sia nato un bambino dal vero principe di Nimai» disse l’arfai come se le leggesse nel pensiero. Alena guardò il guerriero per un attimo poi lo congedò. La regina restò sola a contemplare la luna rivolgendole preghiere. Pensò a sua figlia, Menf Shimai e all’antica profezia che la voleva sposa di un figlio degli uomini venuto da Oriente. Giurò alla luna che mai si sarebbe avverata.
Angolo Autrice:
Era da molto tempo che desideravo pubblicare questa storia che ha visto molte correzioni dal 2012 fino a oggi. Era un peccato tenerla nascosta nel cassetto. Ho deciso di unire insieme prologo e primo capitolo per non spezzare subito la storia. Spero cari lettori che vi possa piacere almeno un po'.
Un caro saluto Mai Valentine.
***
La carrozza reale sfrecciò sulle strade di Nimai. Il cielo grigio minacciava pioggia. Nessuno a parte la cerchia fidata del re doveva venire a conoscenza del ritorno di Alister Tempest, primo genito del fratello Haster e ora erede al trono. Harald credeva che la morte del figlio era voluta da qualcuno. Il modo in cui era morto era infamante e non poteva, voleva, crederci. Quindi, si aggrappava alla convinzione dell’assassinio come si aggrappava al braccio di Iris che accarezzava il viso segnato dalle lacrime di Eva. Il re spostò lo sguardo dal vetro della carrozza alla figlia. Gli occhi celesti erano arrossati per il pianto, le guance segnate dalle lacrime, cercava di ingoiare la saliva. Aveva solo tredici anni eppure la stava consegnando in sposa a suo nipote; un giovane uomo che nella sua breve vita, fino a quel momento, aveva conosciuto probabilmente solo violenza. Non sapeva cosa lo avesse spinto a tornare a Nimai, oltre le sue insistenze. sapeva solo che Harald e Serafino sei mesi prima erano partiti dal porto di Corak per convincerlo a rimettere piede in patria ma avevano ricevuto un sonoro rifiuto. Poi con gran sorpresa la lettera del suo ritorno, accettando a malincuore il matrimonio impostogli. Harald pensò che a entrambi avesse dato il giusto tempo, cinque anni, per conoscersi, per apprezzarsi e forse per amarsi. Omarki gli aveva consigliato di procedere subito al matrimonio ma si era opposto. La sua gamba sebbene dolorante non lo aveva reso pazzo, non ancora almeno. La pioggia aveva iniziato a battere sul vetro della carrozza in sintonia con i singhiozzi di Eva. Si chiese quali sogni aveva distrutto o stava distruggendo. Eppure, non poteva fare altrimenti era il destino dei re. Sarebbe toccato a Ivan se non fosse morto ma per suo figlio sarebbe stato tutto più semplice, accettava la vita con un sorriso e una imprecazione. Eva no. Haster si permise un gesto paterno, accarezzò il volto della figlia scostando la ciocca di capelli biondi dalle guance, umida per le lacrime. «Bambina mia» disse in un sospiro. Eva gli rivolse il più gelido degli sguardi. «Perché, Padre?» domandò. Haster Sussultò. Omarki gli lesse nel pensiero, sbatté in terra il bastone distogliendolo da cattivi pensieri. «Così vuole la legge» rispose il vecchio. La principessa scostò lo sguardo su Rea che cavalcava accanto alla carrozza mentre sua madre la stringeva tra le braccia, baciandole la fronte e promettendole che tutto sarebbe andato bene.
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Alister cavalcava affiancato da Serafino che aveva chiesto il permesso di lasciare la scorta per accompagnare il ragazzo da sua madre che lo attendeva da anni. Il giovane uomo aveva lo sguardo fisso sulla strada. Le case della piazza centrale di Corak erano belle, costruite con pietra bianca e dura sembrava che illuminassero la città. La guardia cittadina perlustrava le vie noiose. Qualche gatto solitario miagolava al cielo. Alister pensò che Corak era davvero una città ordinata e banale, nulla paragonata al alla vita caotica delle strade di Mieren anche di notte. L’odore delle spezie, del cibo, dei mercanti e degli animali che sin confondevano in una deliziosa miscellanea di profumi, a volte disgustosi e le persone erano sempre gentili e sorridenti. La capitale di Shankara vantava anche il miglior postribolo e uomini venivano da ogni città, anche quelle al confine per trascorrere una notte con le più belle ragazze del reame. A Mieren era stato un assiduo frequentatore di quel bordello. Alcol, droghe, cibo e donne, no una donna. Né aveva amata una fin dall’inizio. Si toccò il viso con il polpastrello, la pioggia si era mischiata alle lacrime. Tirò con un colpo veloce il cappuccio sul viso. Serafino osservò il cavaliere. Quei mesi di navigazione lo avevano trascinato nei più profondi oscuri pensieri. Il viso sorridente che aveva visto a Shankara non esisteva più. Voleva parlargli ma il ragazzo che gli cavalcava accanto era immerso nei suoi ricordi. Era ancora a Shankara. Cosmo, il cane li seguiva soffermandosi solo di tanto in tanto per fare le cose da cani per poi riprendere la marcia insieme al padrone, il moncherino non lo rallentava. «Ha perso la zampa quel giorno» ruppe il silenzio. Serafino restò ad ascoltare. «Era con me quando è accaduto. Quando Diamante è stata… e le altre ragazze quasi tutte uccise». Alister prese fiato abbassando gli occhi verso il cane che scodinzolò alla carezza del padrone. «Quel bordello non esiste più. Ho fatto costruire un cimitero prima di partire. Cresceranno i fiori?» rivolse quella domanda più a sé stesso che al suo compagno d’armi. «Sì, credo proprio di sì» rispose Serafino. Alister rimase in silenzio fino al bivio che li avrebbe condotti fuori la città ma verso la collina dove sorgeva la tenuta dei Tempest. «Spero che crescano i girasoli e fiori blu. Amava entrambi». Il buio della notte non permetteva ai due uomini di guardarsi. Serafino era conoscenza di ciò che era successo ma non aveva potuto fermare la tragedia. Ferito a morte due giorni prima. Per questo Alister non era furioso con lui e gli parlava di Diamante, la più bella prostituta di Mieren innamoratasi di un ragazzino di ventitré anni senza barba e dal quale aspettava un figlio. Ora entrambi dormivano un sonno eterno sotto terra. Serafino non credeva nel regno dei morti. Alister con gli occhi ancora gonfi cambiò argomento, era inutile parlare di chi non c’era più e domandò dei due cavalieri che scortavano il corteo reale. Il cavaliere più anziano parlò prima di Robert, rampollo della famiglia Caliani, abile con la spada, orgoglioso e cinico come un vecchio. A Serafino non piaceva molto anche se lo conosceva poco. Fino a qualche mese fa era ad Alesta, regno dell’estremo Nord. Rea invece era una ragazza forte, nata per combattere, anche se preferiva rintanarsi nella grande biblioteca del castello per dedicarsi alla lettura che agli allenamenti. Era cresciuta alla corte di Iris e Harald dopo la morte della madre avvenuta quando aveva tre anni. Il padre si era risposato poco dopo e la nuova moglie mal sopportava quella bambina alta dallo sguardo malinconico e un giorno Rea era stata lasciata al castello e divenuta da giovanissima cavaliere. Era una delle poche donne in tutto il regno di Nimai a cui le era stato concesso di abbracciare la via della spada grazie alla sua innata capacità. Rea aveva anche visto nascere Eva e per volere del sovrano era diventata la guardia del corpo della principessa, divenendo così inseparabili. «Girano voci su Rea» aggiunse l’uomo dalla barba nera. Alister incuriosito tese l’orecchio «di che tipo» domandò. Serafino scrollò le spalle «si dice che si infili nel letto delle donne». Il giovane cavaliere ridacchiò. Era la prima vera risata da molto tempo. Serafino continuò. «Si dice anche che sia follemente innamorata della nostra futura regina. Tuttavia, sono solo voci ma perché non ti diverti a scoprire se sono vere?». Alister sbuffò non provava interesse nei pettegolezzi, se non riguardavano lui. Cavalcarono ancora per un buon tratto e la stanchezza iniziava a pesare sulle palpebre e sul corpo. Aveva dormito male in quei due mesi di navigazione. Gli avevano tenuto compagnia i suoi incubi e Cosmo. La pioggia aveva smesso di cadere e le nuvole iniziarono a diramarsi spostate dal vento. I panni dei cavalieri erano zuppi e le strade di campagna fangose. Procedevano a posso moderato finché Alister non rallentò l’andatura del cavallo. Serafino se ne accorse e rallentando tornò indietro, il ragazzo abbassava e alzava la testa, era al limite e con una mano prese le redini per condurre cavallo e cavaliere a casa. «Prima che mi addormenti – disse il ragazzo con voce profonda – ho una cosa da chiederti». Serafino restò in ascolto. Il silenzio regnava sovrano nel bosco intorno a loro. «Conosci Beatrice Bardi?». Un ultimo lampo squarciò il cielo illuminando per un solo istante il viso dei due uomini. Serafino annuì. Alister fidandosi del cavaliere più anziano gli consegnò le due lettere che aveva ricevuto da Ivan prima di morire. Il principe deceduto aveva avuto un figlio da Beatrice Bardi una nobile decaduta. Serafino raccontò la tragica storia dei Bardi che avevano partecipato alla congiura del rovesciamento del re e delle alleanze con le creature magiche e ne erano usciti sconfitti. I loro possedimenti incendiati, tutti i figli maschi uccisi e il loro denaro confiscato. Serafino aveva anche salvato la vita a Beatrice, quando Haster voleva passarla a fil di spada per il solo fatto di appartenere ai Bardi. «Non ebbi il coraggio di lasciar morire una bambina piangente, sporca e affamata. La portai con me al castello e badai a lei facendola lavorare al mio servizio. Fnché un giorno Ivan e Beatrice non si innamorarono» continuò a raccontare la triste storia con voce spenta. Dopo aver consumato la fugace passione Omarki li scoprì. Ivan non ebbe il coraggio di prendersi le colpe e Beatrice fu allontanata dal castello. Dopo una ricerca disperata Serafino aveva scoperto che la ragazza lavorava nella locanda Al Maiale dove Ivan le faceva visita ogni notte. Non era un mistero che il principe l’amasse ma non poteva sposarla per ovvie ragioni. «E così ha deciso di mettere al mondo un nuovo bastardo ma vero erede al trono» commentò Alister. Serafino alzò le spalle «non più vero di te». Cosmo abbaiò interrompendo il discorso. I due uomini sollevarono lo sguardo, di fronte a loro si ergeva finalmente la torre dei Tempest. Le torce poste sui bastioni illuminavano la strada dando modo ai cavalieri di seguire il percorso nella notte. «Domani mi porterai da Beatrice» disse con un ultimo sospiro prima di addormentarsi. Serafino tenendo le redini condusse Ciel fino alla dimora dei Tempest. Era un cavallo facile da governare e dal temperamento docile, non ebbe difficoltà. Dopo un ulteriore quarto d’ora il ponte del maniero venne abbassato e Serafino condusse finalmente Alister a casa. Donna Mirena accorse ai cancelli e vide arrivare trascinato sulle spalle del cavaliere più anziano, dopo sedici lunghi anni di lontananza, suo figlio. Er accompagnò la donna ed aiutò il cavaliere nel trasportare il giovane fino alle sue stanze. Mirena dopo aver lasciato Alister a letto scoppiò in un lungo e disperato pianto, consolata dalle braccia di Serafino e di Er. Er era il figlio bastardo di Harald ma adorava donna Mirena come se fosse la sua vera madre. Era una donna buona che lo aveva accolto in casa a sette anni, senza troppe spiegazioni, si era presa cura di lui e lui si era preso cura di lei. Era un cavaliere del regno, un uomo alto e dalla muscolatura ben definita, dagli occhi profondi e neri. Era davvero bello e tutte le donne gli facevano la corte ma nessuno gli dava in sposa le figlie per il suo stato di bastardo. Soccorse Serafino per far accomodare donna Mirena sulla grande poltrona in sala dove troneggiavano i dipinti dei Tempest e tende rosse. Mirena strinse le mani di Er «vai a riposare piccolo, anche tu sarai stanco. Sei tornato da poco da quella brutta missione». Er sorrise per l’appellativo piccolo «ma» ribatté lui timidamente. «Vai caro, c’è Serafino con me». Er obbedì congedandosi. Salendo le scale passò accanto alla stanza di Alister gli gettò un veloce sguardo, proseguì aprendo la porta della sua camera che con un cigolio si richiuse alle sue spalle. Mirena accarezzò il volto di Serafino baciandolo sulle labbra. Lui la scostò afferrandole i polsi. Per poi stringerla a sé. Le accarezzò i lunghi capelli sciolti, baciandole il viso asciugandole le lacrime. Mirena sussurrò a Serafino tra i singhiozzi «è tornato a casa».
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Nel luogo sacro della foresta si ergeva un trono fatto di tronchi d’albero e foglie verdi. La foresta circondava tutto il regno di Nimai e in quel luogo vivevano ogni genere di creature magiche. Alena Shimai fata della notte era la sovrana di quel luogo incantato. Le fate della notte erano state potenti, avevano regnato fino all’arrivo dei Tempest. Le creature magiche temevano e odiavano profondamente un solo uomo più degli altri Haster Tempest, soprannominato dal regno magico sgozza fate. Alena ticchettava i piedi nervosamente in terra, voleva sapere se le voci giunti fino al cuore della foresta fossero vero, che Alister Tempest figlio di Haster era tornato a Corak per regnare su Nimai. Un arfai guerriero dalle possenti ali azzurre si fermò innanzi alla regina. Alena attendeva ansiosa le notizie dal mondo degli uomini. L’arfai gli raccontò tutto: dall’arrivo di Alister, allo scambio dei doni e al ritorno fino al maniero. La regina strinse lo scettro così tanto da far diventare bianche le nocche. Tutti i Tempest e tutti gli uomini erano loro nemici che li avevano resi schiavi ma disprezzava visceralmente solo Harald Tempest e con lui tutta la sua progenie. L’odio nasceva da radici profonde. Alena durante la guerra del rovesciamento dell’alleanza aveva perso il suo adorato sposo e tutta la loro libertà. Sarebbe stata costretta a pagare un ingente somma di tributi, dopo la sconfitta, se Harald non gli avesse concesso di pagare ciò che il regno degli uomini chiedeva ogni cinque anni. Una grazia ricevuta ma l’orgoglio del popolo magico ferito. Non poteva tollerare in nessun modo che il figlio di Haster sarebbe diventato presto re. «Tuttavia, Maestà sembra che sia nato un bambino dal vero principe di Nimai» disse l’arfai come se le leggesse nel pensiero. Alena guardò il guerriero per un attimo poi lo congedò. La regina restò sola a contemplare la luna rivolgendole preghiere. Pensò a sua figlia, Menf Shimai e all’antica profezia che la voleva sposa di un figlio degli uomini venuto da Oriente. Giurò alla luna che mai si sarebbe avverata.
Angolo Autrice:
Era da molto tempo che desideravo pubblicare questa storia che ha visto molte correzioni dal 2012 fino a oggi. Era un peccato tenerla nascosta nel cassetto. Ho deciso di unire insieme prologo e primo capitolo per non spezzare subito la storia. Spero cari lettori che vi possa piacere almeno un po'.
Un caro saluto Mai Valentine.